I nuovi media rendono possibile la generazione / autoproduzione di contenuti da mettere a disposizione del pubblico.
Si e' quindi contemporaneamente produttori di contenuto (informazione , entertainment, approfondimento...) e consumatori.
La cosa sta prendendo piede: i blog hanno negli US una audience maggiore di quanto abbia la radio via satellite, siti personali generano audience importanti, i forum di discussione catalizzano le opinioni e le esperienze d'uso dei consumatori che le condividono, il podcasting è una realtà con cifre rispettabili, considerando i costi e gli sforzi di produzione (zero).
Va da se' che, specialmente dopo l'introduzione dell'ipod video, manca pochissimo al Tvpodcasting, in cui il pubblico, gente come tu ed io, armata di una videocamera, si produrra' il suo programmino e lo potra' mettere on line a disposizione di tutti.
Si accompagni questo con una diffusione (negli US) dell'abitudine di registrare i programmi TV per riguardarseli dopo (saltando la pubblicita'?) tanto in crescita che la stessa Nielsen sta lavorando per dare dati di audience anche sulla fruizione in differita dei programmi TV, in modo da dare guidelines piu' oggettive a centri media e investitori pubblicitari.
L'autoproduzione di contenuti, indubbiamente porta via spazio, attenzione e audience ai media tradizionali: sia perche' se produci non fruisci, sia perche' sempre piu' gente fruisce di questi mezzi alternativi in aggiunta (ma anche in sostituzione) dei mezzi classici.
Specialmente negli US l'erosione dei media digitali rispetto alle audience di quelli tradizionali si sta facendo sentire, si puo' vedere a livello di numeri.
C'e' da scommettere pero' che il mondo del marketing e della comunicazione riuscirà a trovare una via d'uscita: in realta' questi mezzi alternativi possono proprio essere dei nuovi media che possono essere utilizzati (con maggiore sforzo) dagli inserzionisti - chi l'ha capito bene ad es e' Google, con le sue Adwords all'interno di siti e di blog.... e del resto questo e' il modello di business che permette di tenere in piedi il sistema che permette a tutti noi di pubblicare gratuitamente i nostri contenuti...
La campagna ruota intorno al concept “sempre e dovunque”. Con i cellulari Walkman® è possibile ascoltare la propria musica preferita in qualsiasi momento.
Grazie alla scelta nel piano outdoor di Sonic, prodotto IGPDecaux Innovate, questo concetto è stato esplicitato in quindici fermate ATM di Milano. Dalle 8 alle 20, è possibile scaricare via Bluetooth™ Hurt sul proprio cellulare, l’ultimo singolo di Christina Aguilera, vivendo direttamente l’esperienza Walkman®, anche grazie alla diffusione della musica sotto la pensilina.
La pianificazione per l’esterna curata da Kinetic prevede maxiaffissioni a Milano e Roma dalla metà di novembre alla prima settimana di dicembre. A Milano, oltre alle pensiline ATM e alle maxi affissioni, è prevista anche una station domination alla stazione metro di Montenapoleone che include una floorgraphic.
Un trend in forte sviluppo che coinvolge diverse aree del largo consumo è rappresentato dalla spesa per l'acquisto di prodotti etici, che in Italia nel solo 2005 è cresciuta di oltre il 27%. Partito come un fenomeno di nicchia, relegato in pochi negozi specializzati, l'acquisto etico ha raggiunto nel corso di pochi anni dimensioni rilevanti.
Questa tendenza non è sfuggita ai grandi gruppi, che stanno progressivamente adeguando la propria offerta in modo da includere anche prodotti etici nel proprio portafoglio. La lista di prodotti equo-solidali disponibili sul mercato si è allungata di conseguenza fino ad includere le più svariate categorie merceologiche: dai tradizionali caffè the e cioccolato fino a prodotti come jeans e carte di credito.
Anche l'acqua minerale ha il suo marchio etico: per ogni bottiglia di acqua Ethos venduta a un dollaro e ottanta Starbucks destina 5 centesimi a favore dei bambini nei paesi in via di sviluppo. American Express ha recentemente lanciato la Carta Red: con ogni acquisto effettuato tramite questa carta si contribuisce al Fondo per la lotta all'Aids ideato da Bono Vox, il leader degli U2. Questa collaborazione ha destato l'interesse anche di altre multinazionali, al punto che Armani, Nike e Converse e numerose altre aziende hanno aderito all'iniziativa contrassegnando una serie di prodotti con un apposito marchio rosso. Tutti i prodotti così contraddistinti contribuiscono con una percentuale del prezzo pagato al sostentamento del fondo citato.
Ma l'interesse per il solidale coinvolge un po' tutti: la prestigiosa catena di grandi magazzini Marks & Spencer propone sui propri scaffali solo caffè e the equo-solidali, mentre Nestlè ha recentemente lanciato un caffè in polvere certificato che garantisce adeguati guadagni ai produttori locali e ne tutela le condizioni di lavoro. Anche il gigante dei jeans Levi's ha dichiarato di selezionare i propri fornitori di cotone scegliendo esclusivamente tra i produttori "organici" certificati.
Oltre agli evidenti vantaggi in termini di immagine (molte multinazionali sono state chiamate al banco degli imputati più di una volta per motivi di carattere etico legati alle condizioni di lavoro che alcuni loro fornitori impongono nei paesi dove avviene la produzione) c'è anche la possibilità di rivolgersi ad un target nuovo e per molti aspetti promettente. Recenti studi evidenziano nfatti come il consumo di prodotti solidali sia in forte espansione nella fascia di età che va dai 15 ai 24 anni, un segmento decisamente appetibile per molte aziende.
Il futuro di YouTube potrebbe passare, almeno in parte, per il mobile. L’integrazione con la telefonia mobile sembra infatti essere uno degli obiettivi che Chad Hurley, co-fondatore e CEO di YouTube ha recentemente individuato come particolarmente strategici.
"Speriamo, entro il prossimo anno, di poter offrire qualcosa per i dispositivi portatili: sta diventando un mercato enorme e, specialmente per la tipologia di video con cui lavoriamo, è una transizione naturale".
Ma questa convergenza tra web e mobile non è auspicata solo dal CEO di YouTube, visto che Verizon Wireless (il secondo operatore americano nella telefonia mobile) ha annunciato proprio in questi giorni l’intenzione di offrire una selezione di videoclip provenienti proprio da YouTube, in contemporanea al lancio nel mercato statunitense di un nuovo cellulare di terza generazione, lo smartphone LG enV, in offerta a 149 $ contro i 300 $ di modelli equivalenti. I videoclip accessibili tramite cellulare saranno comunque una selezione di quelli già disponibili su YouTube, anche se non sono stati ancora resi pubblici i criteri in base ai quali sarà effettuata la scelta.
La telefonia mobile in ogni caso è già importante per YouTube, visto che una parte significativa dei video presenti è realizzata tramite telefonini di ultima generazione, tanto da spingere il sito di social broadcasting a realizzare nuove funzionalità (come il Mobile Profile) proprio per consentire l’upload dei filmati direttamente da cellulare.
Si parla molto in questi giorni di contenuti prodotti da privati cittadini (film con il telefonino, blog, foto messe in rete), non senza una certa preoccupazione per alcune derive violente o devianti.
Di sicuro, come ho avuto modo di scrivere diverse volte in passato, nelle nuove tecnologie il successo rispetto al consumo viene determinato sempre più spesso dai contenuti offerti.
Per il consumatore finale infatti è inutile avere bande larghissime, schermi ad altissima definizione e decine di formati multimediali se poi non può disporre di nessun contenuto adeguato tale da giustificare il costo del passaggio al nuovo standard.
Il reale passaggio epocale in questo senso è dato dal fatto che i mass media, tradizionalmente unidirezionali nella produzione del messaggio, sono sempre più aperti e permeabili ai contenuti prodotti dal basso dagli utenti che li rilanciano nel grande circuito mediatico.
Infatti l’interattività e la possibilità concreta per gli utenti di creare e condividere materiali è un’altra delle caratteristiche che si sono rivelate vincenti per la Rete prima e per i nuovi media poi, grazie allo sviluppo di strumenti che hanno reso sempre più accessibile la pubblicazione, la diffusione e la gestione di contenuti anche da parte di utenti non tecnici.
Videotelefoni, macchine digitali, strumenti di creazione di audiovisivi sempre più piccoli, potenti, facili da usare e di costo accessibile hanno dunque reso una realtà un concetto che qualche anno fa sembrava futuribile:i “prosumer”.
Il consumatore (consumer) di media diventa attore e produttore (producer) di quello che poi fruirà in rete o su altri supporti digitali insieme alle creazioni di altri come lui, non subendo più il contenuto dei media ma contribuendo a crearlo.
Questa grande opportunità naturalmente ha in sé dei rischi di devianza, testimoniati, ad esempio, dai molti casi di bullismo messi in rete da minorenni desiderosi di pavoneggiarsi di atti tutt’altro che edificanti davanti ad una platea più o meno grande, in rete o sui cellulari.
Sicuramente è un fenomeno preoccupante che pone anche il problema del controllo degli upload da parte di siti, come ad esempio YouTube, che consentono la diffusione planetaria di tali contenuti.
Bisogna però che più di un ente di socializzazione ed educazione primaria e secondaria si faccia un serio esame di coscienza prima di crocifiggere tali tecnologie che sono solo degli strumenti il cui valore morale dipende dall’uso che se ne fa.
Come tutti i fenomeni sociali dunque bisognerebbe prima di tutto rivedere i modelli che la tv e gli altri media broadcasting offrono già da tempo con i reality show e con una serie di starlette maschili e femminili pagate non per le loro capacità ma per il loro vuoto e i loro difetti.
Inoltre la violenza e la rissa via massmedia non sembrano essere delle rarità nei palinsesti che ancora sono decisi unilateralmente dalla produzione dei network editoriali.
Chiusa la parentesi etica bisogna anche dire che c’è già chi ha intuito il business e si appresta a sfruttarlo, basti pensare agli investimenti milionari in social network e community (tra cui la stessa YouTube) messi in campo dai giganti della rete come Google e Yahoo.
Quello che però ancora probabilmente manca è un reale format efficace di inserimenti di break pubblicitari e di inserzioni all’interno di questi contenuti autoprodotti dagli utenti, spesso e volentieri fruiti in real time dal loro pubblico via rss feed e podcast.
Per questa la sfida del mercato dei prosumer è davvero solo all’inizio.
Nell’approccio del social shopping si possono scegliere all’interno della comunità dei recensori quelli più affini a noi per gusti, età, caratteristiche e ottenere il parere, su un prodotto o un servizio, da parte di qualcuno che ci assomiglia, che condivide certe cose e la cui suggerimento può quindi essere molto più significativo per noi come individui ( e non come target segmentato sociodemograficamente).
La teoria è semplice, la messa in pratica è un po’ più complicata – e coinvolge almeno 3 grandi classi di attori: le marche, i comunicatori e gli inventori / gestori dei siti /strumenti di Social Shopping.
Nella pratica dei siti che si occupano di social shopping, esistono vari approcci e vari strumenti. Spesso si parte da un motore di ricerca del prodotto, che dal risultato permette poi di accedere a delle pagine di riassunto e confronto, di comparazione dei prezzi e delle caratteristiche, alle recensioni degli altri utenti, a pagine editoriali redatte da una redazione interna, ad una evidenziazione di particolari offerte speciali in corso sui vari siti di e-commerce.
Si può invece partire dalla pagina personale di un membro della comunità che pubblica una lista con i propri preferiti e la raccolta delle proprie recensioni. Si può arrivare a forum e spazi di dibattito, dove si può richiedere il consiglio e il supporto degli altri membri della comunità, chiedendo un parere a chi ha già provato un prodotto o è un esperto del campo.
Su altri siti si può ottenere l’accesso ad un database comparativo di tutti (o quasi) i prodotti esistenti in una certa categoria, costruito con il contributo dei membri della comunità che recensiscono i prodotti quando escono, come nel caso del social shopping enologico di Cellartracker, un software/ database arricchito continuamente da una community di entusiasti.
Un approccio molto focalizzato su un target di alto spendenti è quello di Stylehive, un sito che si descrive come un servizio mirato verso gli ''shopping obsessed'', che possono segnare sotto forma di bookmark i propri prodotti favoriti e condividerli con tutti coloro che condividono questa passione ( in pratica segnalando o raccomandando prodotti considerati "caldi"). Un luogo di aggregazione e interazione per gli utenti Fashion conscious e per i trend setter (o gli early followers) dove i consumatori possano condividere il piacere di scoprire e di condividere la scoperta di nuovi prodotti. E dove l'obiettivo è di trasformare il sito in uno dei motori della creazione di mode e trend attraverso l'interazione dei consumatori più attenti, sensibili ed influenti, rendendo facile poi al resto del mercato venire informati sui nuovi prodotti emergenti, sulle nuove, irrinunciabili oggetti del desiderio del mercato.
Moltissimi altri sono gli approcci differenti tentati dagli operatori in cerca di successo nel mondo del social shopping; dai siti che combinano interazione sociale e sconti come Yub.com alle piazze virtuali dove il pubblico è invitato a definire quali siano i migliori prodotti del mercato attraverso una votazione collettiva del tipo di Crowdstorm - arrivando a pubblicare liste e classifiche molto credibili e in grado di influenzare significativamente le decisioni d'acquisto.
In maniera abbastanza scontata e proiettata verso un futuro ormai molto vicino, molti operatori sono poi già proiettati verso il mondo dell’Internet mobile, configurando un facile accesso via telefono, palmare o tablet ai servizi di comparazione, per poter ad esempio effettuare una ricerca del miglior prezzo mentre l’utente magari è sul punto vendita e desidera esseere sicuro non ci sia un negozio nelle vicinanze ( o un e-commerce) che offra lo stesso prodottto ad un prezzo migliore.
Con tutte le conseguenze sulla rete distributiva e le politiche di marketing e promozione di cui abbiamo già parlato più volte in passato.
Secondo il presidente di Eurisko si profila un neomarketing che dovrà dominare i feedback degli utenti sempre più avvezzi alla Rete.
Il consumatore è mobile. E' veloce, ha più possibilità di confronto tra offerte e marche e ha a disposizione luoghi di acquisto sempre più inediti. Giuseppe Minoia, presidente di Eurisko sintetizza così la situazione del “consumatore-utente” nel seminario sul consumatore e la rete svoltosi nei giorni scorsi a Milano. Secondo Minoia i consumatori da semplici lettori sono diventati anche coautori (citizen journalism, blog e altro) con approfondimenti sempre più personalizzati e virali. In più il consumatore mobile è diventato prosumerista (produttore-consumatore) ed è “più capace di saltare passaggi obbligati effettuando acquisti disintermediati risparmiando tempo e denaro”.
Questa quota in più di sapere a disposizione si traduce in maggiore precisione e profondità delle richieste, più tempo a disposizione per nuove esperienze e più energie da dedicare alle esperienze che diventano di valore. Il prosumerismo è sotto gli occhi di tutti attraverso le varie forme di protagonismo in rete che vanno dai blog ai siti personali al social networking. Un protagonismo che colpisce i giornalisti, più di prima sotto l'occhio dei lettori, ma coinvolge anche le aziende. Come è il caso di Fiat che con il progetto “500 wants you” ha cercato di coinvolgere i clienti sul progetto della nuova vettura.
Anche la pubblicità rimane coinvolta in questo passaggio. Gli utenti rischiano di impossessarsi della comunicazione dell'azienda, mentre la viralità da guerrilla marketing diventa modus operandi. “La velocità comunicazionale del mondo Internet e la sua customizzazione - osserva Minoia - non possono che mettere in crisi i “vecchi” format e le pianificazioni mediatiche “classiche”: si profila così un neomarketing della neocomunicazione, con nuovi contenuti/linguaggi/format/target di riferimento”. Compito del nuovo marketing sarà di dominare i feedback degli utenti prosumer, individuare programmi di analisi delle nuove forme di knowledge (blog, community, etc.), procedere per trasversalità e orizzontalità culturali, ricorrendo alle intersezioni di genere e di prodotto, di esperienza e di sapere esperto dell'utente/consumatore.
Dopo il roadshow estivo e un ambient media che, negli ultimi due mesi, ha ‘vestito' i muri di Milano, Cayenne declina il claim “Fatevi Spazio” di Skoda Roomster in un'attività di guerrilla in atto al Motorshow di Bologna. Dove i conducenti delle auto parcheggiate nelle zone limitrofe alla fiera hanno trovato sul vetro un Car Volume Enlarger, un adesivo elettrostatico dotato di una valvola che invita ironicamente il proprietario ad aumentare il volume disponibile nella propria vettura, soffiandovi all'interno. In caso di insuccesso, l'invito diventava quello di ‘farsi spazio' al padiglione 16, oppure sul sito www.fatevispazio.it.
Ma il Motorshow è stato solo la prima fase di un'attività di guerrilla che coinvolgerà nei prossimi mesi, e con diverse modalità, diverse città italiane. Parallelamente, il sito www.fatevispazio.it offrirà contenuti interattivi volti a creare attenzione intorno a Skoda Roomster. La creatività è di Matteo Airoldi (art) e Federico Bonriposi (copy), sotto la direzione di Giandomenico Puglisi.
Un tema decisamente “caldo”, che fa molto discutere addetti ai lavori e non, sono i blog aziendali. Il grande successo riscosso nella rete dai blog personali stimola il dibattito su quanto questo strumento di comunicazione possa essere esteso anche alle aziende e possa favorirle grazie al confronto diretto con gli utenti ed alla reale interattività. Ma la difficoltà di conciliare comunicazione istituzionale e commenti liberi degli utenti è certo l'aspetto che viene attualmente valutato con più attenzione e che ha finora più di tutti contribuito a tenere molte aziende lontane dalla realizzazione di un blog.
Da una parte quindi c’è il comprensibile interesse delle aziende a non perdere il controllo della propria strategia di comunicazione, tutelando brand e prodotti, dall’altro la tendenza in crescita da parte di molti utenti alla produzione autonoma di contenuti e al social networking, rivendicando un ruolo di “protagonista” all’intero della rete.
Alcune aziende, nel tentativo trovare una “terza via” che sfrutti questa interattività senza rischiare di compromettere la propria immagine, optano per la realizzazione di blog “segreti”, dove si parla dei loro prodotti ma in maniera “furtiva”. Interventi e commenti sono quindi per la maggior parte prodotti dall’azienda stessa o da una sua agenzia e sono tesi a “pilotare” il confronto all’interno dei siti, in modo tale che quanto pubblicato non possa rivelarsi controproducente. Si tratta però di una scelta decisamente rischiosa, che se scoperta può rivelarsi un pericoloso “boomerang”.
Proprio in questi giorni la Sony e la sua agenzia Zipatoni hanno sperimentato l’enorme dissenso che la realizzazione di un finto blog può generare. La multinazionale giapponese ha dovuto chiudere in tutta fretta il blog realizzato per promuovere la sua PSP e gestito da due finti autori, Charlie e il cugino Pete. Alcuni esperti di navigazione on-line sono infatti riusciti, dopo numerose ricerche, a risalire ai dati di registrazione del sito, riconducendolo all’agenzia Zipatoni. La scoperta è stata pubblicata tra i commenti dello stesso blog.
Nel giro di poche settimane ilsono piovute pesanti critiche da parte di numerosi appassionati di videogiochi e siti di settore, che una volta scoperto l’inganno hanno preso una posizione netta contro questo tentativo di “manipolazione” inserendo commenti critici all’interno delle pagine stesse del sito e di altri con argomenti correlati.
Tra gli aspetti più criticati la decisione di utilizzare uno slang “hip-hop”, culminato nella realizzazione di un finto video amatoriale dove due ragazzi parlavano a tempo di rap della loro intenzione di farsi regalare dai genitori una PSP per Natale.
Il finto blog, www.alliwantforxmasisapsp.com, dopo la pioggia di critiche è stato chiuso, mentre il video dei due rapper appassionati di videogiochi è sopravvisuto su YouTube.
I visitatori si sono anche lamentati della scarsa trasparenza dimostrata oltre che dell’idea di utilizzare testimonial un po’ cresciuti che con un improbabile slang a metà strada tra l’hip hop e il tecnologico chiedevano ai genitori una console in regalo e che a detta di molti non contribuiva a dare un’immagine positiva degli appassionati della PSP. Anche la presa di distanza della Sony dall’iniziativa non è stata apprezzata, così come la decisione di filtrate tra i commenti termini come marketing” e “advertisement.”
Le reazioni degli utenti non sono mancate anche sul sito personale di Zipatoni e nei siti di settore, dove si è parlato a lungo di questo poco riuscito tentativo di viral marketing, mentre i diretti interessati non hanno per ora rilasciato commenti ufficiali.
Sony comunque non è nuova ad iniziative di marketing non convenzionale. In passato, proprio per il lancio della PSP, aveva tappezzato di graffiti i muri di alcune importanti città americane, anche in questo caso scatenando numerose polemiche.
Gli eventi, siano essi di comunicazione, promozionali o commerciali, hanno assunto al giorno d’oggi la valenza di vero e proprio nuovo “media” , posizionandosi con un ruolo di primaria importanza nei piani di comunicazione e nelle strategie di marketing delle grandi, medie e piccole imprese, per il loro carattere poliedrico e modulare, per la relazione one-to-one con i consumatori, e per il potenziale di comunicabilità multimediale.
Gli eventi, in particolare quelli promozionali, e le iniziative di field marketing indoor e outdoor, in store e on the road, ribaltano i modelli del vecchio marketing , che r.i.p: riposa in pace, e la visione ed il rapporto con il mercato: non è più il consumatore ad andare verso il prodotto/azienda , ma è l’azienda ovvero il prodotto che va dal consumatore nel suo ambiente, dove vive, dove acquista, dove consuma, lo prende per mano, lo conosce, instaura dapprima un contatto ed una connessione eppoi un legame. Cioè una relazione personale e personalizzata, one-to-one, ma ancoe meglio one-to-each. E finalmente il prodotto o servizio per il consumatore ha un volto “umano”.
E’ il diretto interessato aziendale (sia esso di vendita, di comunicazione, di marketing) che va a conoscere personalmente il singolo consumatore. Ascolta dal vivo le sue aspettative, vede de visum le sue necessità, avverte i suoi stati reali d’animo rispetto al prodotto o al servizio proposto, capisce il vissuto(emotivo e razionale) del prodotto da parte del singolo e da questi sondaggi o ricerche sul campo nasce una esperienza unica, inimitabile dalla quale si traggono dati molto più veritieri, sinceri e corretti rispetto alle classiche indagini quali-quantitative d’opinione nelle quali è un interlocutore diverso, seppur esperto e professionista a dialogare con l’intervistato.
Un altro vantaggio deriva dalla possibilità di verificare "sul campo" le reazioni ed i commenti del proprio target sia al prodotto, sia alla marca , sia all’evento stesso, migliorando di conseguenza il grado conoscenza reciproca ma anche utilizzando tale feedback per tarare le successive iniziative di marketing relazionale e modificare prodotti e servizi nella sostanza e nella forma (packaging) rendendoli più vicini alle aspettative e necessità del target di riferimento.