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  mymarketing.it: l'isola nell'oceano del marketing... di Admin
 
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Errare è umano, ma per incasinare davvero tutto è necessario un computer.

Arthur Bloch
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\\ : Storico (inverti l'ordine)
Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
 
 
Di Max Da Via' (del 31/07/2006 @ 07:15:50, in Marketing, linkato 3237 volte)
Se amate avere un look unico personalizzando capi di abbigliamento e accessori, o semplicemente se vi sentite particolarmente creativi nel campo della moda, può valere la pena di fare una vistata su Threadless.com.
Nato da un’idea di Jake Nickell e Jacob Dehart questo negozio, che vende esclusivamente on-line, rivoluziona il tradizionale concetto di rapporto azienda-cliente: sono infatti i visitatori a sottoporre i nuovi modelli di t-shirt, che potranno poi essere commercializzati e acquistati dagli altri navigatori.

Le varie proposte sono esposte in una sorta di catalogo virtuale e possono essere votate con un punteggio che varia tra 1 e 5. In funzione del gradimento ottenuto ogni settimana vengono messe in produzione da 5 a 7 nuove t-shirt, ad un prezzo medio di 15 $.

Gli ideatori dei modelli effettivamente messi in produzione ottengono un premio di 1.500 $ oltre a 500 $ in prodotti Threadless. Tutti i modelli esposti possono essere liberamente commentati dagli utenti registrati, che ricevono buoni sconto se segnalano altri possibili acquirenti o se inviano una foto in cui indossano una delle magliette acquistate nel negozio.

Un altro aspetto interessante dell’iniziativa è che Threadless va oltre il concetto di negozio, creando una vera e propria community di utenti che si cambiano consigli di moda, propongono le loro creazioni e si frequentano all’interno delle pagine del sito, grazie anche alla presenza di un blog.

In questo caso sono gli stessi consumatori a guidare l’innovazione nei prodotti, anticipando quella che secondo acuni sarà una rivoluzione nel commercio moderno: la personalizzazione di molti capi d’abbigliamento e oggetti di design. Non a caso anche grandi multinazionali, come ad esempio la Nike, non stanno in vetrina a guardare ma offrono già da tempo ai clienti la possibilità di realizzare i prodotti da acquistare su misura, in base alle proprie preferenze.



Via Economy
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Di Matteo B. (del 02/08/2006 @ 06:45:38, in Pubblicità, linkato 4190 volte)
Grande idea di Leo Burnett per l’outdoor di Mc Donald's. Un orologio solare indica lo snack migliore per soddisfare l’appetito. E se è nuvoloso?



Via Adverblog
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Di Altri Autori (del 05/08/2006 @ 11:19:06, in Marketing, linkato 6024 volte)
Centri commerciali verso l'omologazione con gallerie sempre più simili, stesse insegne per lo più catene,stessi format,medesimi servizi, arredi e ambientazioni clonate.

Appare veramente difficile scovare elementi di differenziazione. Il know-how delle migliori pratiche è diffuso, la tecnologia è a disposizione di tutti gli operatori del settore e le emulazioni dei concept di successo si susseguono;ciò ha prodotto una uniformità di approccio progettuale, commerciale e gestionale.

Laddove non è l'elemento dimensionale o architettonico, a fare la differenza, si riscontra una generale standardizzazione degli shopping centre, che non consente una vera differenziazione nei confronti delle strutture concorrenti (mestamente uguali) sempre più agguerrite con cui condividere aree di attrazione sempre più ristrette.

Le diverse strategie di marketing sviluppate al fine di creare valore aggiunto per tutte le componenti del sistema,appaiono anch'esse troppo similari. Quelle messe in atto negli anni recenti,hanno considerato come un postulato imprescindibile la ricerca della loyalty a fronte di un cliente che oggi appare sempre più diffidente,nomade, infedele, che sembra adattarsi ad nuovo contesto di consumo sulla base di una marcata presa di distanza (ciò che alcuni autori definiscono come de-fidelizzazione ) del punto vendita,dalla marca,in ultimo dal Centro Commerciale.

La maggior parte delle strategie pongono un' enfasi forsennata sul concetto di offerta e immagine di convenienza migliore rispetto ai propri competitors ;concetto del quale il Centro Commerciale spesso si appropria, con una comunicazione generica e sommaria, qualsiasi sia il posizionamento del Centro ,la piattaforma alimentare presente, le ancore di riferimento e il mix dei negozi e servizi .

In molti casi analizzati, alla comunicazione è stato affidato un solo, unico e ripetitivo messaggio: "Da noi c'è più convenienza!". Ma l'eccesso di comunicazioni e promozioni, per spingere i consumatori all'acquisto, ha generato una saturazione del mercato e un effetto boomerang dannoso per tutto il settore della Gdo.

Non è un caso se aumentano le offerte e diminuisce l'appeal sul consumatore. Negli ultimi 5 anni il numero di promozioni è cresciuto costantemente (+1,5%) ed il loro ritorno è andato via via assottigliandosi (-13% dell'efficacia).

Probabilmente questo orientamento sulla convenienza, appare un riferimento forse più ossessivo per le aziende che per il consumatore, che alla fine chiede si il prezzo, ma non come minimizzazione della spesa, ma bensì come massimizzazione del risultato: non interessa spendere poco in assoluto,ma ottenere il massimo dallo scambio:prezzo,qualità, servizi accessori, relazione con l'azienda,caratteristiche del luogo di acquisto.

Ed è proprio la focalizzazione sul luogo di acquisto, che ha ispirato

un secondo filone di strategie di marketing, che, tendono ad enfatizzare attraverso la comunicazione, concetti più o meno vaghi di shopping experience unica ,termine ormai inflazionato che negli ultimi anni è stato troppo spesso citato più per moda che per reale applicazione dei contenuti concettuali di tale approccio.

In verità, nel panorama dei Centri Commerciali italiani,tranne qualche rara eccezione,sarebbe più corretto parlare di "shopping experience replicante" con un eccessiva banalizzazione del concetto, che invece di rappresentare qualcosa di memorabile rischia di appiattirsi verso sviluppi parziali, modesti,troppo affini, tali da evocare nel ricordo del cliente, una esperienza tutto sommato ripetitiva e di scarso valore. Ma c'è di più, l'esperienza pregressa, ancorché positiva, sembra un capitale sempre meno cumulabile e spendibile in futuri acquisti. Se l'esperienza e il luogo di acquisto appaiono cruciali ai fini della realizzazione di una nuova situazione di scambio,il cliente sembra orientato a mantenere valore alla marca ma a rivederne profondamente le logiche di rapporto,che sul piano dei comportamenti si manifesta anzitutto nella ricerca di luoghi (concept store,nuove ambientazioni e atmosfere nel punto vendita e nel mall), occasioni, (sconti, saldi,programmi di fedeltà) segnali (condizioni esclusive e riservate,customer club,vantaggi), servizi (accessori,post vendita),relazione (informazione,comunicazione one to one, condivisione core values aziendali). Il cliente sarà disponibile a pagare per quello che la marca Centro Commerciale gli saprà dare come interlocutore attivo propositivo ma generoso, trasparente, nel corso di una relazione d'acquisto.

In questo quadro di riferimento i Centri Commerciali sono costretti a ripensare le proprie strategie accentuando lo sforzo volto a comprendere le reali attese del cliente ed a soddisfare nel modo migliore bisogni reali e desideri in parole povere: la fidelizzazione.

E'opportuno pertanto per i Centri ridefinire mission, assets, leve e riposizionamento, per riconiugare il mix dei negozi, offerta, qualità, servizi e infine per ripensare a strategie promo-pubblicitarie che facciano leva su tutti gli strumenti del marketing mix. Un marketing mix innovativo per un'esperienza d'acquisto duplice e completa:

1) Proporre tutto ciò che è scritto nella lista della spesa ed anche quello che ancora non c'è ma che ci sarà!!

2) Costruire una shopping relation con le persone:reale nelle proposte, trasparente nei rapporti,attenta alle esigenze,creativa nelle soluzioni,funzionale nei servizi.

Le persone soddisfatte dalla relazione, premieranno il Centro Commerciale,conferendogli nel tempo la propria fiducia e il proprio legame,divenendo dei clienti affezionati ma sempre attenti.

Due soggetti così diversi,distinti per vocazione, per ruolo, finiscono per camminare fianco a fianco lungo un sentiero normalmente anonimo e buio che ora appare vivibile,attraente e misteriosamente illuminato...

Stefano De Robertis
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Di Altri Autori (del 09/08/2006 @ 07:22:07, in Prodotti, linkato 7099 volte)
La nuova bevanda piatta si rivolge ad un target adulto. Ballottaggio tra i consumatori per lo spot

Continua la strategia di diversificazione di The Coca-Cola Company: meno bevande gassate, più bibite piatte e più acqua minerale e, se proprio i prodotti devono avere le bollicine, che siano zero, low o mind calories.

Il leader mondiale dei carbonated soft drink (csd) ha deciso di lanciare anche in Italia Aquarius, la bevanda piatta al gusto di limone già commercializzata da oltre un decennio in Spagna, Giappone - dove è il terzo brand di bibita analcolica -, Belgio e Paesi Bassi. "La campagna - precisa Alessandro Fedele, responsabile marketing bevande non gassate di Coca Cola Italia - indica che anche il consumatore italiano desidera una bevanda caratterizzata gusto leggero ma definito per mantenersi idratato. Aquarius si rivolge principalmente a un target adulto".

Il formato prescelto per Aquarius è il pet da 50 cl, il packaging con la marginalità più alta per i produttori, adatto al consumatore on-the-go e al posizionamento nelle frigovetrine per l'acquisto d'impulso.

A supporto del lancio è partita questo mese la campagna "decidi tu lo spot tv". "In questo modo - spiega Francesca De Finis, responsabile innovazione e marketing per l'area del Mediterraneo - diamo la pubblicità ai consumatori, attraverso il sito www.votaquarius.it, di votare lo spot migliore". In lizza il film "Stay Fluid" realizzato dall'agenzia Nitro di Londra e "Musical" di Saatchi&Saatchi Milano.



Via Marketing Journal
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Di Altri Autori (del 21/08/2006 @ 10:52:17, in Marketing, linkato 4747 volte)

Tutte le cose che hanno un valore hanno un costo. I professionisti della comunicazione dovrebbero sapere quanto costano le parole, ma non lo sanno. E' paradossale, ma proprio oggi che la comunicazione sta assumendo toni e livelli parossistici (un diluvio comunicazionale di questi gorni sta toccando il vertice storico) non esiste nessuno studio che stabilisca in dettaglio il costo delle parole suddiviso per contesto.

Opero da quarantuno anni nei settori del giornalismo, delle relazioni pubbliche, della  pubblicità, del marketing, delle ricerche e della didattica e mi sono trovato a collaborare con molte centinaia di organizzazioni di primo livello, dalla banca centrale ai maggiori enti e aziende nazionali, tanti che ne ho perso il conto. Ebbene: non mi risulta che nessuna di queste organizzazioni abbia mai affrontato un calcolo scientifico sul costo della comunicazione nel suo dettaglio. Intendiamoci: non sto parlando dei costi delle campagne pubblicitarie o delle azioni di relazioni pubbliche, investimenti sui quali esistono valanghe di studi e di dati. Mi riferisco al calcolo del singolo costo delle parole. Si ritiene infatti, molto banalmente, che le parole abbiano un costo solo quando questo è ufficialmente previsto dai vettori o dalle concessionarie dei mezzi: infatti sappiamo quanto costa una parola per spedire un telegramma, oppure quanto costa far pubblicare un annuncio commerciale su di un quotidiano; sappiamo il costo dell"inoltro di sms, dei fax, in via approssimativa delle e-mail, il costo di gestione di un sito, oppure i costi dei tempi di collegamento che i call center fatturano ai loro clienti, ecc. Ma non sappiamo quanto costa (né quanto vale), ad esempio, la singola parola di una lettera, di un libro, di un bilancio aziendale, di una circolare, del verbale di una riunione, di una tesi universitaria, e via dicendo.

Si assiste così ad un paradosso: da un lato ci si preoccupa in modo maniacale, a costo di creare dei mostri linguistici, di ridurre le parole quando si usano alcuni strumenti, come i telegrammi, gli annunci di vendita, i messaggini telefonici: automunito, militesente, pentacamere, trilocale, TVMB, U.R. ok, cmq, 6xke.

In altri casi si è inutilmente prolissi (nelle circolari, nelle leggi, nella relazioni) mezzi dei quali non viene calcolato né il costo di scrittura, né quello di lettura. Ecco un testo ministeriale che comunicava un ritardo nell'avvio di una riforma:

"Non è possibile non evidenziare, con riferimento al progetto 564/b avanzato da codesta Direzione di concerto con le autorità competenti in data 10.08.2003 con protocollo n°46/MT afferente alla LQ n°23 del 12.07.94 ex art.45 comma B e succ. mod., che talune implicazioni di carattere procedurale, sorte a far data dal 18 corrente mese, significativamente preludono ad un probabile differimento dei tempi operativi della ventilata ipotesi di implementazione dei programmi di ristrutturazione strategica ipotizzati ai fini sia di un potenziamento infrastrutturale che dell'adeguamento gerarchico-funzionale delle risorse e dei contributi.”

In molti di questi casi vale il concetto opposto alla contrazione, poiché pare che conti quanto si è abile nel dilungarsi. Ricordate il vecchio motto dell'ambiente accademico? Se copiate cento righe da un testo commettete un plagio, se copiate cento righe da cento testi… fate una tesi universitaria. 

Quindi, si oscilla tra una folle contrazione ed un eccesso di parole ed alcune volte queste due caratteristiche sono presenti insieme. Capita infatti di trovare, in una circolare inutilmente lunga, una serie di abbreviazioni che, oltre ad essere poco garbate, sono anche senza senso. Qualche esempio? Vostro viene scritto Vs/, con la V maiuscola (in segno di rispetto) senza però trovare abbastanza rispetto per scrivere tutta la parola. Lo stesso per i titoli: se volete fare omaggio ad un docente dell'aggettivo magniloquente di Chiarissimo Professore, che senso ha abbreviarlo in Chiar.mo  Prof.? E i vari c.m. per Corrente mese, u.s. per Ultimo Scorso, rif, per riferimento, ecc.?

Torniamo al costo delle parole. 

E' chiaro che il costo di ogni parola è determinato da una serie di fattori, primo fra tutti il contesto in cui viene usata. Se scrivete tre parole in una cartolina ad un amico (ad esempio, “Roma ti assomiglia”) per quanto gradite, queste parole avranno un costo e soprattutto un valore ben diverso da quelle contenute in un claim pubblicitario del tipo Liscia, Gassata, Ferrarelle?

Con tre parole, Jacque Sequela riuscì a far eleggere, a suo tempo, Mitterand, lanciando il celebre claim elettorale del candidato: “La force tranquille”.

Ovvio quindi che dipende da contesto a contesto e soprattutto dal costo del mezzo che veicola il messaggio: 10 parole su di un volantino distribuito in mille copie non sono la stessa cosa di 10 parole in uno spot durante il campionato del mondo di calcio visto da miliardi di persone.

Ma anche tre righe di testo pubblicitario, che come si sa costa e vale molto, hanno ben poco valore rispetto a tre righe di elogio che un significativo quotidiano internazionale ipoteticamente vi potrebbe dedicare, in modo spontaneo, per meriti culturali.

Un calcolo molto approssimativo del costo/parola viene fatto nell'editoria in base al prezzo di vendita di una pagina pubblicitaria da parte dell'agenzia concessionaria. Poniamo che una pagina, che potrebbe essere venduta a 30.000 euro, venga destinata alla redazione anziché alla pubblicità. Virtualmente, dividendo il mancato introito per il n°parole/pagina si dovrebbe conoscere il costo virtuale di una singola parola di quella pagina

I soli altri metodi che si conoscono sono quelli usati per l'analisi della redemption , cioè quanto hanno reso le campagne stampa: si calcola, ad esempio, l'Indice Globale di Visibilità (cioè quanto un ritaglio stampa sia stato visto) incrociandolo con l'indice Qualitativo di Visibilità, vale a dire come il ritaglio è apparso, dividendo questo indice in tre categorie: Visibilità Minima (non in prima pagina, nessun titolo, un trafiletto inferiore a 50 righe, massimo una colonna, senza immagini, non firmato, ecc.) Visibilità Standard (non in prima pagina, solo titolo sotto forma di servizio inferiore alle 80 righe, ecc.) sino alla Visibilità Massima (in prima pagina, titolo completo, inchiesta di oltre 200 righe, minimo 5 colonne con foto, firmato, ecc.)

Ma anche in questo caso è un calcolo sul valore della posizione dell'articolo e solo indirettamente sul costo/valore delle singole parole.

In sostanza: non si quanto costano le parole, al massimo si può azzardare un costo medio. Però sarebbe bello sapere quanto potrebbero costare le 1.078 parole di questo articolo. Chi prova a fare il conto?

Enrico Cogno

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Di Altri Autori (del 23/08/2006 @ 20:22:30, in Brand, linkato 11906 volte)
Interbrand ha pubblicato la classifica dei 100 brand globali a più elevato valore economico. Giunta alla sesta edizione, ‘Best Global Brands’ identifica i marchi che hanno ottenuto e mantenuto le migliori performance competitive sul mercato mondiale.

“Nella maggior parte dei casi, sono state premiate quelle realtà che hanno dimostrato di saper gestire proattivamente il loro business attraverso il loro brand. Queste aziende sono consapevoli del fatto che i loro brand devono rappresentare il principio fondamentale della loro organizzazione, dato lo straordinario valore che essi rappresentano” ha affermato Jez Frampton, ceo di Interbrand.

“La classifica 2006 dimostra che nel caso in cui le aziende non gestiscano il proprio marchio proattivamente, sarà il mercato stesso a farlo al loro posto, lasciandoli in una situazione di estrema vulnerabilità - ha affermato Manfredi Ricca, business director Interbrand Italia -.

Coloro che hanno migliorato la propria perfomance o, in generale, sono saliti nella graduatoria hanno adottato specifiche strategie per sfruttare e accrescere il valore dei propri brand”. Rispetto al 2005, non cambiano le posizioni dal primo al sesto posto: Coca-Cola, Microsoft, IBM, GE, Intel e Nokia, primo brand non statunitense.

Perdono però sia Coca-Cola (-1%, valore del brand di 67 milioni di dollari) e Microsoft che rimane al secondo posto, ma perde il 5% (56,927 milioni di euro). “Questo fatto - ha spiegato Ricca - è dovuto a un mercato che punta a un nuovo modello di business, al ritardo del lancio di Vista, erede del sistema Windows, e l’espansione di Linux nei mercati in via di sviluppo. Segnalo invece l’ottima performace di Nokia che ha raggiunto un successo su due fasce di mercato della telefonia cellulare: quella economica e quella premium, grazie al lancio di modelli con design accattivante, rinvigorendo il brand”.

Allo stesso modo, Motorola (n. 69) beneficia del fenomeno Razr. Un grande successo, che negli ultimi tempi ha aiutato il brand a consolidare la seconda posizione nel settore. Il primo brand di auto è Toyota (n. 7, 13%, 27,941 milioni di dollari). “E’ notevole che con un solo brand la casa automobilistica giapponese copre fasce di mercato diverse tra loro”. Lexus, auto di lusso, entra per la prima volta in classifica al 92° posto, e mostra, in controtendenza, un brand che dall’Oriente spopola in Occidente. Il primo brand italiano in classifica è Gucci in 46esima posizione (+8%, 7,158 milioni di dollari). Bulgari (n. 95, +6%, 2,875 milioni di dollari) ha conseguito una crescita del 6% ottenuta confermando il proprio posizionamento di ‘luxury brand’ globale in diversi settori, da quello storico dei gioielli a quello, in espansione, degli hotel. Prada (n. 96, +4%, 2,874 milioni di dollari) cresce del 4% anche grazie ai forti investimenti nella store architecture e a collezioni focalizzate su un messaggio ai confini dell’ambito artistico. In aumento anche il valore del brand Armani (n. 97, +4%, 2,783 milioni di dollari) che ha inaugurato diverse estensioni, quali A/X e Armani Privé, e ha visto l’espansione di Armani Casa.

“Tutti e quattro i brand – ha puntualizzato Ricca – appartengono ai comparti moda-lusso. E’ lo specchio di un Paese sia in senso positivo, cioè per la capacità di esprimere uno stile che diventa tendenza globale, sia negativo perché l’Italia stenta a ottenere buoni risultati, attraverso la ricerca e lo sviluppo, in ambito tecnologico e informatico”. E’ Google (n. 24, +46%, 12,376 milioni di dollari) a far segnare un’impennata di valore più consistente rispetto al 2005. Un aumento registrato grazie anche a un posizionamento antitetico rispetto alla più istituzionale Microsoft.

La crescita complessiva dell’e-commerce ha promosso il consenso dei consumatori verso l’acquisto di beni e servizi online facendo aumentare il valore di eBay (n. 47, +18%, 6,755 milioni di dollari), caratterizzata dalla terza maggiore crescita di quest’anno. Al secondo posto per crescita (+20%), Starbucks (n. 91) ha ottenuto un successo finanziario sfruttando il brand mediante un’offerta premium nell’ambito del fast food e l’estensione della propria offerta alla musica e all’editoria. La crescita dei retailer di massa ha conquistato una quota di mercato tradizionalmente appartenuta a brand di abbigliamento come Gap (n. 52). Con la maggiore perdita di valore (-22%), Gap non è stata in grado di dare un’immagine chiara del proprio brand; con un posizionamento meno distintivo il brand ha meno efficacia commerciale e questo implica una minore stabilità nel lungo periodo. Ford (n. 30) continua a perdere su ogni veicolo venduto e il valore del brand diminuisce anno dopo anno (-16%, 11,056 milioni di dollari).

Con una riduzione del 12%, Kodak (n. 70, 4,406 milioni di dollari) ha mosso passi coraggiosi verso il mondo digitale, ma la concorrenza è alta e la profittatibilità molto ridotta rispetto al mercato delle pellicole. La classifica è stata pubblicata in collaborazione con BusinessWeek per il sesto anno consecutivo.



* Dati in milioni di dollari

Via Pubblicità Italia



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Di Roberto Venturini (del 28/08/2006 @ 12:36:22, in Marketing, linkato 3030 volte)
Qualche giorno fa avete potuto leggere qui un pezzo sulle possibilità di comunicazione geocontestuale dei lettori MP3.
Ancora più interessanti per la comunicazione sono le possibilità legate agli sviluppi delle tecnologie della telefonia cellulare.

In questo campo è all'avanguardia il Giappone. In questo paese una legge ha imposto che i telefonini vengano dotati dall'anno prossimo di un sistema GPS per permetterne la localizzazione in caso di emergenza: e al segnale GPS si affianca un segnale radio non satellitare, che permette una precisione di pochi metri nella localizzazione, anche in zone affollate di alti edifici dove il segnale GPS è spesso mascherato.

Su questa piattaforma la società GeoVector ha sviluppato un sistema che permette (grazie alla connessione del cellulare ad internet) non solo di visualizzare mappe della zona in cui ci si trova, ma anche di essere guidati passo a passo verso un punto di interesse (ad esempio un museo) e di ottenere informazioni semplicemente puntando il cellulare in direzione del luogo, monumento o esercizio commerciale che ci interessa.

E' anche possibile, grazie a questo sistema, ottenere informazioni / suggerimenti su temi di proprio interesse, ad esempio trovare un particolare tipo di ristorante oppure - puntando il telefonino su un gruppo di edifici - ottenere una lista degli alberghi presenti in quella zona, con tanto di distanze rispetto alla nostra posizione e, una volta scelto l'albergo di nostro gradimento venir guidati fino all'entrata.

Il servizio offre già informazioni descrittive e pubblicità per oltre 700,000 locations in Giappone, tutte disponibili agli 1,5 milioni di utenti che già dispongono dei nuovi modelli di cellulare abilitati per questo servizio.

Le estensioni potenziali del sistema sono notevoli: si potrà puntare il proprio telefono verso un poster per venire trasportati sul sito web relativo al prodotto pubblicizzato, puntarlo verso un cinema per poter leggere orari e recensioni. Con uno scenario futuro di mobile commerce (prenotare il ristorante, comprare i biglietti del cinema) ed uno scenario contemporaneo di buoni sconti/offerte promozionali inviati direttamente al cellulare (sperimentazioni di questo tipo sono attualmente in corso negli USA).
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Di Cesare Amatulli (del 01/09/2006 @ 07:44:08, in Marketing, linkato 3149 volte)
La vita, noi, gli altri: mille sfaccettature del mondo. Mille realtà, mille risposte. In questa molteplicità, la moda è viva; nasce, si manifesta, avvolge tutto, è segno della storia, è segno del presente, è segno di quello che verrà: è un intero sistema di segni da apprendere e rielaborare.

Per questa sua profondità e particolarità il mondo della moda ha oggi bisogno di persone "dedicate" a questo settore, capaci di agire con un approccio multidisciplinare, che tocchi il marketing, il branding, la semiotica, le risorse umane e l'etica. Dire moda è dire uomo, con il suo istinto, il suo talento e la sua creatività. È dire storia, filosofia, ricerca, associazione di valori e di significati: valori stilistici, economici, emotivi ed estetici. Avvicinarsi al mondo della moda, sia sul piano degli strumenti teorici sia in una prospettiva più operativa, implica la capacità di attuare sapienti giochi d'incastro tra cultura, arte e strategie d'impresa.

La moda oggi si afferma con linguaggi nuovi rispetto al passato, un passato inconsapevole dell'importanza dell'intervento in questo campo delle scienze sociali. La moda è caratterizzata dalla comunicazione intesa come dialogo, linguaggio, ascolto, interpretazione, riflessione e osservazione insieme. La moda è con noi, per noi, in noi. Colui che si occupa di moda, di brand della moda, deve saper instaurare un rapporto "dialogico" tra mondo della marca e mondo dei clienti-consumatori, deve saper ascoltare l'altro per poter entrare in empatia con lui, tanto da immedesimarsi nella sua realtà. Comunicare nella moda significa "mettere in comune" dei valori. É creatore di moda colui che si identifica nel cinese, giapponese, croato, africano, ne comprende le attitudini, le esigenze, le differenze culturali, gli interessi ed instaura con lui un contatto aperto, leale, atto a favorire la crescita, l'innovazione, l'originalità, l'andare controcorrente necessari all' "idea moda".

Il moderno manager della moda si trova di fronte a delle sfide complesse, multiculturali, multietniche, con il compito di osservare, interpretare e rendere quel mondo di segni che lo circonda valido sia economicamente che esteticamente. In tale contesto anche il consumatore diventa attore principale in quanto è posto in condizioni di interpretare i segnali ed i messaggi dell'identità di marca e di poter scegliere di acquistare quei prodotti capaci di soddisfare i suoi desideri e di arricchire le sue emozioni. La moda: mondo che porta a sognare. Il fashion brand: marca che genera e stimola il sogno, l'aspirazione. La moda è scelta, la strategia di marketing è scelta, entrambe hanno al loro centro l'individuo, la conoscenza, il sapere, la comunicazione e la valorizzazione delle proprie idee.
"L'abbigliamento non è altro che il riflesso del cuore" (Coco Chanel).

Il management della moda deve auto-generare un'evoluzione degli approcci, la moda deve essere studiata nella sua funzione espressivo-comunicativa, nel suo essere linguaggio, arte e gioco, "gioco di segni". Gli strumenti di base del marketing operativo e strategico necessitano di una particolare attenzione nel loro utilizzo nel settore dell'abbigliamento. Nella moda, oggi più che mai, il significato dei "segni" e del "brand" è diventato fondamentale e la figura del "fashion brand manager" sta in metà tra l'artista e l'uomo d'impresa.

Moda come creatività e marketing come razionalità trovano la loro perfetta sinergia e simbiosi nel linguaggio del brand. Potrebbero sembrare staccati ma nella moda sono due realtà inscindibili, che si integrano, si arricchiscono, si completano e si richiamano a vicenda. É il brand che "racchiude quell'autentico capitale semiotico intangibile, che identifica e valorizza il prodotto rendendolo veramente unico tra la concorrenza".Nella moda il marketing e la competitività si basano sempre più su un know how intellettuale , ed il rapporto fra moda, cultura e marketing deve essere valorizzato proponendo "conversazioni di moda".

Parlare di moda, di brand e di marketing è indispensabile, oggi, anche perché dobbiamo cercare di capire un mercato particolare: il lusso. I luxury goods sono il futuro e devono essere concepiti e creati con una sapiente strategia unita ad una grande qualità. Parlare di luxury brands significa parlare di " brand DNA ": cioè di quella sostanza fondamentale che viene rappresentata e trasferita in ogni singolo prodotto attraverso dei codici genetici . Le suggestioni più moderne, in questo ambito, ci provengono dal cosiddetto "nuovo lusso" di cui ci parlano Silverstein e Fiske. L'Italia è il Paese con un innato senso del bello e del gusto, questo è l'asset principale dal quale partire per ogni progetto di trading-up : il made in Italy è nella cultura e nella personalità italiana.

"Il bello è lo splendore del vero" (Platone).

Il savoir-faire ed il savoir-être italici sono indissolubili. Nella moda italiana è in fermento un Nuovo Rinascimento , che ha bisogno di essere recepito e comunicato; dobbiamo perciò sviluppare anche un faire-savoir . Creatività e flessibilità sono state le maggiori qualità del nostro genio rinascimentale: Leonardo Da Vinci; bisogna riprendere questo modello rinascimentale e riadattarlo al mercato globale. È così, che in quei sette "Principi Vinciani" delineati da Gelb possiamo ricercare la personalità del neo fashion manager:

- Curiosità : insaziabile interesse alla vita, al nuovo ed al miglioramento.
- Dimostrazione : mettersi sempre umilmente in gioco per verificare le conoscenze attraverso l'esperienza pratica.
- Sensazione : sviluppare i sensi innati, aguzzare l'ingegno e l'intuito, recependo gli stimoli ma riflettendo su di essi, senza cadere in una innovazione fine a se stessa.
- Sfumato : avere familiarità con l'incertezza, abbracciare il dubbio della sfida continua.
- Arte/Scienza : equilibrio tra logica ed immaginazione, logaritmo e spirito creativo.
- Corporalità : saper creare una stretta relazione causa-effetto tra elementi materiali ed elementi corporali umani. La moda si fa con il tangibile e l'intangibile, sull'uomo e con l'uomo.
- Connessione : saper collegare il tutto, ragionare e pensare in modo trasversale su una base di continua coerenza.

È importante essere coscienti del fatto che la moda ha sempre "segnato" il cammino della società; la moda, l'arte e la cultura sono un tutt'uno, sono legate, vincolate e compenetrate. Una grande passione ed una solida competenza sono i presupposti indispensabili per il successo in questo settore.
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Di Altri Autori (del 05/09/2006 @ 12:56:20, in Marketing, linkato 4385 volte)

Centri commerciali verso l'omologazione con gallerie sempre più simili, stesse insegne per lo più catene,stessi format,medesimi servizi, arredi e ambientazioni clonate.

Appare veramente difficile scovare elementi di differenziazione. Il know-how delle migliori pratiche è diffuso, la tecnologia è a disposizione di tutti gli operatori del settore e le emulazioni dei concept di successo si susseguono;ciò ha prodotto una uniformità di approccio progettuale, commerciale e gestionale.

Laddove non è l'elemento dimensionale o architettonico, a fare la differenza, si riscontra una generale standardizzazione degli shopping centre, che non consente una vera differenziazione nei confronti delle strutture concorrenti (mestamente uguali) sempre più agguerrite con cui condividere aree di attrazione sempre più ristrette.

Le diverse strategie di marketing sviluppate al fine di creare valore aggiunto per tutte le componenti del sistema,appaiono anch'esse troppo similari. Quelle messe in atto negli anni recenti,hanno considerato come un postulato imprescindibile la ricerca della loyalty a fronte di un cliente che oggi appare sempre più diffidente,nomade, infedele, che sembra adattarsi ad nuovo contesto di consumo sulla base di una marcata presa di distanza (ciò che alcuni autori definiscono come de-fidelizzazione ) del punto vendita,dalla marca,in ultimo dal Centro Commerciale.

La maggior parte delle strategie pongono un' enfasi forsennata sul concetto di offerta e immagine di convenienza migliore rispetto ai propri competitors ;concetto del quale il Centro Commerciale spesso si appropria, con una comunicazione generica e sommaria, qualsiasi sia il posizionamento del Centro ,la piattaforma alimentare presente, le ancore di riferimento e il mix dei negozi e servizi .

In molti casi analizzati, alla comunicazione è stato affidato un solo, unico e ripetitivo messaggio: "Da noi c'è più convenienza!". Ma l'eccesso di comunicazioni e promozioni, per spingere i consumatori all'acquisto, ha generato una saturazione del mercato e un effetto boomerang dannoso per tutto il settore della Gdo.

Non è un caso se aumentano le offerte e diminuisce l'appeal sul consumatore. Negli ultimi 5 anni il numero di promozioni è cresciuto costantemente (+1,5%) ed il loro ritorno è andato via via assottigliandosi (-13% dell'efficacia).

Probabilmente questo orientamento sulla convenienza, appare un riferimento forse più ossessivo per le aziende che per il consumatore, che alla fine chiede si il prezzo, ma non come minimizzazione della spesa, ma bensì come massimizzazione del risultato: non interessa spendere poco in assoluto,ma ottenere il massimo dallo scambio:prezzo,qualità, servizi accessori, relazione con l'azienda,caratteristiche del luogo di acquisto.

Ed è proprio la focalizzazione sul luogo di acquisto, che ha ispirato

un secondo filone di strategie di marketing, che, tendono ad enfatizzare attraverso la comunicazione, concetti più o meno vaghi di shopping experience unica ,termine ormai inflazionato che negli ultimi anni è stato troppo spesso citato più per moda che per reale applicazione dei contenuti concettuali di tale approccio.

In verità, nel panorama dei Centri Commerciali italiani,tranne qualche rara eccezione,sarebbe più corretto parlare di "shopping experience replicante" con un eccessiva banalizzazione del concetto, che invece di rappresentare qualcosa di memorabile rischia di appiattirsi verso sviluppi parziali, modesti,troppo affini, tali da evocare nel ricordo del cliente, una esperienza tutto sommato ripetitiva e di scarso valore. Ma c'è di più, l'esperienza pregressa, ancorché positiva, sembra un capitale sempre meno cumulabile e spendibile in futuri acquisti. Se l'esperienza e il luogo di acquisto appaiono cruciali ai fini della realizzazione di una nuova situazione di scambio,il cliente sembra orientato a mantenere valore alla marca ma a rivederne profondamente le logiche di rapporto,che sul piano dei comportamenti si manifesta anzitutto nella ricerca di luoghi (concept store,nuove ambientazioni e atmosfere nel punto vendita e nel mall), occasioni, (sconti, saldi,programmi di fedeltà) segnali (condizioni esclusive e riservate,customer club,vantaggi), servizi (accessori,post vendita),relazione (informazione,comunicazione one to one, condivisione core values aziendali). Il cliente sarà disponibile a pagare per quello che la marca Centro Commerciale gli saprà dare come interlocutore attivo propositivo ma generoso, trasparente, nel corso di una relazione d'acquisto.

In questo quadro di riferimento i Centri Commerciali sono costretti a ripensare le proprie strategie accentuando lo sforzo volto a comprendere le reali attese del cliente ed a soddisfare nel modo migliore bisogni reali e desideri in parole povere: la fidelizzazione.

E'opportuno pertanto per i Centri ridefinire mission, assets, leve e riposizionamento, per riconiugare il mix dei negozi, offerta, qualità, servizi e infine per ripensare a strategie promo-pubblicitarie che facciano leva su tutti gli strumenti del marketing mix. Un marketing mix innovativo per un'esperienza d'acquisto duplice e completa:

1) Proporre tutto ciò che è scritto nella lista della spesa ed anche quello che ancora non c'è ma che ci sarà!!

2) Costruire una shopping relation con le persone:reale nelle proposte, trasparente nei rapporti,attenta alle esigenze,creativa nelle soluzioni,funzionale nei servizi.

Le persone soddisfatte dalla relazione, premieranno il Centro Commerciale,conferendogli nel tempo la propria fiducia e il proprio legame,divenendo dei clienti affezionati ma sempre attenti.

Due soggetti così diversi,distinti per vocazione, per ruolo, finiscono per camminare fianco a fianco lungo un sentiero normalmente anonimo e buio che ora appare vivibile,attraente e misteriosamente illuminato...

Stefano De Robertis

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Di Altri Autori (del 08/09/2006 @ 13:40:52, in Marketing, linkato 6181 volte)
Innovazione ma che bella parola!!! Sì, innovazione è veramente una parola che ci dà soddisfazione, inventare non è da tutti e le aziende che innovano sono ancora di meno.

Innovare, infatti, è costoso, è inutile nascondere le cifre. Se si vuole un prodotto nuovo, che nessuno abbia mai visto sul mercato, è necessario spendere qualche cosa in più, se non per l'attività innovativa, che potremmo avere la fortuna di avere in casa (un dipendente piuttosto creativo o il lampo di genio che è venuto a noi stessi) quantomeno per i costi di produzione dovuti a nuovi stampi, nuovi metodi o nuovi materiali.

Gli oggetti innovativi sono tutti quei prodotti che non si sono ancora visti sul mercato che, nessuno ha ancora visto e, possibilmente, non hanno ancora avuto alcuna diffusione. Ovviamente esistono diversi gradi di innovazione, il picco si ha nella situazione descritta prima, poi, allargando i filtri, si arriva a considerare innovazione l'utilizzo di un prodotto già presente sul mercato ma che non è ancora stato usato in termini di articolo promozionale.

Avendo un buon budget a disposizione potremmo fare una ricerca di mercato sul target cercando di individuare le nuove tendenze, a livello di prodotti, che possono interessare al nostro cliente.

Una volta individuato il prodotto di tendenza è necessario passare alla produzione, a seconda del prodotto che si deve sviluppare si potrà intervenire in misura più o meno rilevante anche nello stampo. Trattandosi, per esempio di un prodotto informatico come una pen drive (vedi box grandi budget) la forma non sarà modificabile in maniera sostanziale, potremo però intervenire sui colori e sulla stampa. Parlando invece di altri oggetti avremo la libertà di scegliere le forme con la massima flessibilità.

Se prendiamo, per esempio, i collezionabili che hanno reso famosi gli Ovetti di cioccolato Dolci Preziosi (che hanno dato filo da torcere agli Ovetti Kinder) comprendiamo quanto sia possibile applicare la personalizzazione, Dolci Preziosi studia, infatti, a tavolino le sorprese che devono essere messe all'interno dell'ovetto, ne fa i disegni e realizza vere e proprie sculture finalizzate alla costruzione dello stampo. In questo caso si ottiene, quindi, un prodotto innovativo che ha un grado di personalizzazione molto elevato a costi tutto sommato contenuti. Ovviamente, in questo caso, non si può parlare di merchandising puro, per gli ovetti di cioccolato così come per le patatine siamo abituati a considerare la sorpresa parte integrante del prodotto, in realtà "filosofando" si tratta sempre di un regalo che deve incentivare l'acquisto del prodotto e, quindi, ci siamo permessi di farlo rientrare nella categoria.

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INNOVAZIONE PER GRANDI BUDGET

Un'operazione innovativa è stata quella condotta da SMART che, per legarsi ancor di più al concetto di "divertimento e tecnologia" ha scelto, in occasione del lancio di Forfour 2005, di regalare una chiave USB (uno strumento per memorizzare file e portarli con se). L'uso di questo gadget ha permesso a SMART di prendere bene la mira e coinvolgere direttamente un target specifico.

Mirare l'operazione ha, generalmente, senso soprattutto se si rileva un interesse spontaneo di un segmento di clientela per il prodotto commercializzato; partendo da questo "zoccolo duro" di clienti si possono aumentare le vendite comunicando su un target dello stesso tipo.

L'operazione di SMART non utilizzava un oggetto nuovo, in ogni caso può essere considerata innovativa, in quanto pochi hanno usato tale gadget per comunicare con un target specifico, anche perché il costo di una pen drive è piuttosto alto e non sempre, tale investimento, può avere senso economico.

Ancora più innovativa è l'operazione che ha condotto MENTADENT che ha regalato, per l'acquisto di due pacchetti di chewingum, un pendaglio da appendere al cellulare.

Quest'operazione, pur non essendo completamente innovativa (il prodotto già esisteva sul mercato basti pensare al fenomeno già citato nell'articolo di Aprile dei Winnie The Pooh) permetterebbe di sfruttare un'onda modaiola per coinvolgere il target ritenuto interessante per il prodotto, inoltre, nella miglior logica comunicativa, i simboli scelti sono quelli che da anni sono parte integrante del marchio.

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INNOVAZIONE PER PICCOLI BUDGET

Purtroppo avendo a disposizione piccole cifre non è possibile fare grandi innovazioni, potremo, però, appoggiarci ad agenzie che cercano di essere all'avanguardia e, spesso, trovano prodotti che non fanno parte del settore o che non si sono ancora visti sul mercato. Alcune di queste società puntano, come fattore competitivo, ad essere le più innovative ed inseriscono a catalogo periodicamente prodotti nuovi e che non sempre si sono visti sul mercato.

Personalmente non ritengo che l'innovazione sia un punto chiave per piccole aziende, a meno che il proprio target apprezzi particolarmente questa leva. Al contrario considero molto importante l'utilizzabilità che, insieme alla coerenza dell'oggetto col target sul quale si vuole comunicare, rappresenta il fulcro del successo di un'operazione.

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MERCHANDISING & DESIGN

Un'altra considerazione da fare, soprattutto per quantità limitate è l'introduzione del design a livello promozionale. Questa leva non è, infatti, stata particolarmente usata, e, spesso, i prodotti che si vedono in giro sono poco innovativi e poco differenziati uno dall'altro!

Concentrandosi sugli zainetti tutti, ormai, hanno copiato il "modello eastpack" che ha il vantaggio di essere poco costoso ma lo svantaggio di essere estremamente banale!

Introdurre il design in ambito promozionale permette di distinguersi maggiormente dalla massa e, aumentando il valore percepito del prodotto, di rendere, con più facilità, il prodotto usabile.

Noi di comunicando abbiamo scoperto una linea di borse molto particolari, eleganti e sportive al tempo stesso, con una forma nuova frutto di uno studio di design e ci siamo divertiti ad inventarci la personalizzazione. - (Nota a parte) **L'intervista del nostro target è uno strumento che non va assolutamente sottovalutato, il consumatore, spesso, vuole dare informazioni perché è sempre più desideroso di vedere soddisfatt i i suoi desideri . Nel cas o ci fossero i tempi per realizzare una piccola ricerca (anche "fatta in casa") potremmo individuare un'infinità di prodotti che il nostro target chiede e che a noi, probabilmente, sono sfuggiti. -

Proviamo, ora, a fare un degli esempi o:

Queste borse non sono, infatti, nate per il mercato del promozionale ma, una loro particolare caratteristica, le rende flessibili anche per questo scopo, l'importante è non confondere il marchio del prodotto col marchio della promozione!

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- ( Nota a parte ) **L'intervista del nostro target è uno strumento che non va assolutamente sottovalutato, il consumatore, spesso, vuole dare informazioni perché è sempre più desideroso di vedere soddisfatt i i suoi desideri . Nel cas o ci fossero i tempi per realizzare una piccola ricerca (anche "fatta in casa") potremmo individuare un'infinità di prodotti che il nostro target chiede e che a noi, probabilmente, sono sfuggiti. -

Proviamo, ora, a fare un degli esempio :

CASO 1: Azienda bTc


Tipo di azienda

Produzione zaini.

Obiettivo

Far circolare il proprio marchio e immagine.

Target

Maschi, 14/20 anni, sportivi e dinamici.

Distribuzione

Durante un concerto


CASO 2: Azienda bTb

Tipo di azienda

Cartotecnica specializzata nella stampa .

Obiettivo

Far conoscere le proprie qualità ed aumentare la conoscenza del proprio marchio ( nome dell'azienda ).

Target

Responsabili degli acquisti .

Distribuzione

Spedizione mirata.

ipotizziamo che siate un'azienda, il cui consumatore è descritto di seguito, e dobbiate pensare dei gadget da dare durante un concerto.

• I nostri consumatori sono giovani "di strada", liberi dalle regole ed ai quali non dà fastidio essere notati.

• Sono, in prevalenza, ragazzi che hanno voglia di cambiare, che non amano le regole e che amano apparire.

• Hanno un'età tra i 14 - 20 anni, un'istruzione di base e vivono in contesti urbani.

• Sono sportivi, dinamici, vivono la novità con il gusto del bello e amano apparire con quello che fanno o con quello che indossano. Sono stufi dei soliti prodotti.

O.k., se questo è il vostro cliente vi diciamo nella prima situazione dobbiamo dirvi , innanzitutto, in bocca al lupo. i ragazzi sono, infatti, i consumatori più difficili da colpire, sono instabili e cambiano velocemente idea!

In ogni caso è il vostro cliente ed oltre a doverlo soddisfare coi vostri prodotti, dovete fargli un piccolo regalo che possa spingere il vostro marchio nel set di scelta.

Ma cosa scegliere?? Una penna? Mmnh. Un grembiule da cucina? Eh sì. Stiamo parlando di ragazzi, non di uomini di una certa età o casalinghe e soprattutto stiamo parlando di un ragazzo che non ama cose standard! Questo target ama oggetti tecnologici, musica, magliette ed altri oggetti di abbigliamento, soprattutto se sono molto particolari ed unici. La nostra ricerca dovrebbe, quindi concentrarsi su questi elementi che dovranno, poi, essere vagliati alla luce delle altre variabili che abbiamo accennato.

Sicuramente oggetti tecnologici andranno benissimo e, ancora meglio, soprattutto se il budget è scarso, articoli che non sono ancora diventati di moda o sono sulla cresta dell'onda .

Oggi vanno ancora di moda si stanno diffondendo sempre più i Winnie The Pooh da cellulare, piccoli orsetti con una specie di abito di gomma da appendere al cellulare, personalizzandoli col proprio marchio si potrebbe avere un prodotto accattivante, ricercato, visibile, di moda etc. insomma, un articolo con tutte le caratteristiche di successo.

Un'altra idea potrebbe essere creare una suoneria per il cellulare da regalare con un sms ma attenzione a come la si personalizza.

Nella seconda situazione le cose saranno sicuramente più facili , innanzitutto sappiamo che i responsabili degli acquisti hanno una scrivania, si spostano per visitare i fornitori ma tornano sempre in ufficio a relazionare ed archiviare le informazioni raccolte.

Possiamo quindi "attaccarli" su diversi fronti: Ufficio - Archivio - Automobile.

In tutti e tre i casi dovremo trovare un oggetto che rimane sempre in vista e che sia utilizzato. Sicuramente avranno bisogno di un oggetto per archiviare i biglietti da visita, ce ne sono molti, sia da scrivania che da cassetto. Con altrettanta probabilità ( sempre che non abbiano un navigatore satellitare ) avranno bisogno di un supporto per tenere in auto e "a portata d'occhio" le infor mazioni per raggiungere le aziende dei potenziali fornitori , potremo, quindi, inventarci , magari in cartotecnica, un supporto che permetta di tenere le informazioni che ci siamo scritti o la mappa che abbiamo stampato ben in vista p e r una facile consultazione.

Infine potremo "attaccarli" in ufficio e proporre, per esempio, un cubo un po' particolare che colpisca la vista ed il tatto, ricoprendo una forma di plastica piena con le vostre più avveniristiche stampe e con le immagini più emotive possibili!
ZAINO DESIGN

E' uno zaino con i lati irrigiditi da una plastica. Proprio questa plastica laterale, ricoperta da un elastico, può essere personalizzata, basta inserire un foglio di pvc stampato con le grafiche preferite e fustellato secondo le misure in questo modo si preserva il design il marchio e la nostra personalizzazione emerge maggiormente grazie all'immagine di design.

• Compatibile col target

Dedicato a quelle persone che desiderano essere eleganti e al tempo stesso sportive . Target 25/45. da scrivania, piacevole da tenere in mano e da guardare, può rientrare nella categoria antistress ma può essere usato anche come fermacarte o come oggetto che aiuta a pensare. E' dedicato a tutte quelle persone che stanno sedute alla scrivania ed a cui piace avere un po' di colore intorno a se.

• Facile da personalizzare

Basta stampare un foglio di pvc, ritagliarlo ed inserirlo sotto gli elastici . Nasce per essere personalizzato, si possono scegliere i disegni o le foto da mettere su ogni faccia del cubo.

• Innovativo

Ha una forma nuova e può essere regalato ai più importanti clienti aziendali. , non è più una novità ma suscita ancora un buon interesse.

• Impattante

Ha una forma diversa dai soliti zaini, si fa notare sia da fermo che in movimento.

• Utilizzabile

Può essere usato come anti-stress grazie alla gradevolezza nel tenerlo in mano E' uno zaino che si adatta particolarmente alla "vita da ufficio" ma anche al tempo libero .

• Visibile

Una buona grafica sulla personalizzazione lo rende ancora più visibile.

• Emozionale

Viene data dal tipo di stampa e dalle immagini che sono rappresentate, in ogni caso come anti-stress genera sensazioni positive Questo zaino è stato ritagliato da una giacca, il solo indossarlo fa sentire "a posto".

• Lanciabile

Un po' duro come oggetto . visto il target potremo anche consegnarlo a mano Stiamo parlando di design e di alta gamma ... ! il lancio è fuori discussione!

Lorenzo Iazzetti

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