Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
In occasione dei Mondiali di Calcio, la crema da spalmare Nutella, Fornitore Ufficiale della Federazione Italiana Giuoco Calcio, propone nuove confezioni per celebrare l'evento calcistico più atteso dell'anno.
Novità assoluta è proprio il formato sferico a forma di pallone da calcio, da 850 g di prodotto, in edizione limitata, e avvolto da una fascia azzurra realizzata con la tecnica sleever che riproduce, oltre al logo Nutella, immagini dei giocatori della Nazionale. Anche il tappo richiama il pallone da calcio, con i caratteristici esagoni. Il formato in edizione limitata sarà venduto soltanto nei mesi di giugno e luglio e solo nei supermercati.
Altra novità sono i bicchieri da 200 grammi, realizzati in quattro decori, che raffigurano i calciatori della nazionale, ritratti in alcuni momenti di esultanza. Oltre a queste novità di prodotto, Ferrero ha anche realizzato il libro ‘Nutella alimenta lo sport' che racconta del pluriennale rapporto che lega Nutella al mondo dello sport e del calcio in particolare.
Ricco di aneddoti, curiosità, fotografie, il libro sarà regalato a tutti i componenti della Nazionale in partenza per l'avventura tedesca.
Via Marketing Journal
A fronte di tutto questo fermento sul fronte del Consumer Generated Marketing, c'è chi già le spara e sostiene (un'altra volta) la fine delle Agenzie.
Io direi che, almeno per il presente, non spariranno. Intanto perchè godono di un potere troppo istituzionale nel mondo dei media, che occorrerebbero anni a disintegrare.
Ma anche perchè mancano al consumatore quegli skills e sopratutto quella visione oggettiva e trasversale al mercato che ha il (buon) professionista della comunicazione.
Il consumer rischia di creare quello che piace a lui e non quello che piace (e funziona) al mercato. Oddio, però a pensarci bene... lo fanno anche tanti creativi di lusso che conosco...
Di certo però, il coinvolgimento del consumatore nelle attività della marca crea quei legami affettivi e di interazione che sono spesso preziosi per trasformare un brand “normale” in una superstar.
Non solo: l’autoproduzione di contenuti, che rappresentano molto esplicitamente il proprio modo di essere e la propria visione (o reportage) sul mondo reale che circonda l’uso e la percezione di un prodotto di marca, potrà aiutare molto il lavoro dell’azienda – fornendo una serie di utili spunti al marketing su come il consumatore (o una avanguardia) vede la marca, come la vede usata e commentata, come ritiene dovrebbe comportarsi e comunicare con il pubblico … dando quindi segnali ed informazioni altrimenti ben più difficili da cogliere con altri strumenti di ricerca di mercato o di analisi etnografica.
Roberto Venturini
Con il Proximity Marketing, o marketing di prossimità, si distribuiscono contenuti multimediali a cellulari e dispostivi personali che si trovano nelle vicinanze del punto di distribuzione, ad esempio i punti vendita, i cartelloni pubblicitari, le fiere. La ricezione dei contenuti, che possono essere audio, video, immagini, testo, giochi, card ecc. è autorizzata dagli utenti che liberamente decidono di attivare il collegamento. I costi di trasmissione, grazie alla tecnologia Bluetooth, sono completamente gratuiti. Un innovativo canale di comunicazione, quindi, che permette di realizzare quelle strategie di marketing multimediali che si stanno ormai affermando come modalità alternativa a quella tradizionale per stabilire un filo diretto con gli interlocutori Una dimostrazione dal vivo di Bluetooth marketing verrà presentata da Slash in anteprima a EBA Forum l’8 Giugno a Milano, dove tra i contenuti che verranno proposti a chi vorrà attivare il collegamento BlueTooth sul proprio telefonino, ci saranno anche delle sorprese relative al grande evento che partirà il 9 di Giugno: i Mondiali di calcio in Germania.
Via Wireless
Dalla moda alla musica, dal cinema all'arredamento, dall'alimentazione alla politica e naturamente il marketing e la comunicazione non ne sono immuni. Il desiderio di riscoprire il passato è molto fertile: un trend che si traduce con la voglia di vintage o di retrò.
I capi d'abbigliamento e gli oggetti d'arredo ammiccano agli anni trascorsi, così come la musica rifà il verso agli evergreen ed il cinema propina remake come se piovesse. In politica poi ci attendevamo un rinascimento ed invece abbiamo subito un risorgimento: Prodi sfiora i settanta, il neo Presidente della Repubblica supera gli ottanta, Andreotti ha l'età di Matusalemme ed anche il Presidente del Senato non è di primo pelo. E' il vecchio che avanza, altrochè il nuovo tanto acclamato!
Sono i corsi e ricorsi storici di Giovan Battista Vico. La cosiddetta "vintagemania" si ritrova anche nel settore food: un fenomeno che coinvolge i prodotti di largo consumo, ma anche il packaging. Non si tratta di una iniziativa di revival commerciale, ma di un fenomeno che sottende la nostalgia dei gusti dell'infanzia, degli aromi autentici, dei profumi tradizionali della propria memoria.
Una archeologia dei sapori che sta coinvolgendo l'industria alimentare, con ovvie ripercussioni sulle confezioni. In un mercato rapido e mutevole, gli scaffali propongono etichette e marche storiche, caratterizzate da soluzioni creative affascinanti per il ricercato gusto d'altri tempi, tratti grafici distintivi della personalità e packaging design in stile più attuale. Il doppio concentrato di pomodoro Mutti, la pastiglie Leone, il liquore Cherry Stock, i filetti di tonno Callipo in vasetti di vetro, il fruttino Zuegg, il latte a lavorazione tradizionale inglese di Latte Milano, la pura liquirizia extravergine Saila in astuccio di latta, si presentano oggi sostanzialmente con la stessa immagine del tempo che fu. Prodotti che raccontano la loro storia attraverso i pack. Rassicurano il consumatore (come tutto ciò che ha un vissuto ed una esperienza), rassicurano i marketing manager, e il mood vintage, contribuisce a costruire la tracciabilità della marca: il brand diventa narrativo, capace di evocare, nell'immaginario collettivo, il ricordo di atmosfere del passato che nobilitano la marca.
Largo dunque all'uso di latta, vetro e cartoni multistrato, di preziosimi grafici a blasoni ed insegne araldiche, con codici cromatici in oro e argento e lettering classici, per accrescere il capitale di brand image, dando vita ad uno stile retrò con caratteristiche di unicità: un vero e proprio point of difference, rispetto ai competitor, per quelle marche che hanno una storia radicata nelle menti dei consumatori.
Il tutto s'intende con buona pace per l'innovazione. La quale viene sì sbandierata ai quattro venti come cura efficace per risolvere i problemi che affliggono il mercato industriale e del commercio nazionale, salvo poi essere riposta nel cassetto, in attesa di tempi migliori, con la scusa della mancanza di risorse e di energie. Siamo alle solite: piuttosto che inventare, meglio rifare. Il nuovo spaventa ed è quasi sempre a rischio, il vecchio conforta, rassicura e ripara da eventuali alee. Meglio quindi l'operazione nostalgia.
Ed ancora, si crede che il marketing culturale stia muovendo i suoi primi passi: troppo pochi per parlarne senza rischiare errori di valutazione o ipotizzare scenari errati. Si dice anche che l'eccesso di mercificazione uccide la merce. Troppo prodotto e troppa materia non favoriscono il desiderio ed il sogno.
Noi sappiamo , come afferma Lorenzo Marini, che la nuova frontiera della pubblicità non è più vendere merci, ma creare desideri e che la guerra tra i vari prodotti è diventata guerra tra i vari segni, tra i differenti simboli. da un certo punto di vista possiamo dire che la comunicazione ha successo quando incarna la sociologia del momento e possiamo affermare che il futuro della pubblicità commerciale è quello di diventare sociale , culturale, valoriale. Una assicurazione non venderà più polizze, ma sarà promotrice di una campagna di sicurezza, un detersivo non laverà più bianco, ma salverà i pesci dall'inquinamento e una caramella alla menta salverà gli orsi polari. Sempre meno oggetto, sempre più servizio. Non abbiamo più bisogno di cose, ma di valori.
Continua Marini: "Possiamo affermare con certezza che il futuro valore che la comunicazione affronterà sarà quello culturale. Arte avunque attorno a noi. Marketing culturale ancora poco. Eppure i musei stanno diventando luoghi di consumo così come i luoghi di commercio si stanno trasformandoin posti di coinvolgimento multisensoriale ed i luoghi di transito in spazi commerciali: aeroporti, stazioni. Se da una parte abbiamo il prodotto che diventa marca che diventa valore che diventa esperienza, dall'altra abbiamo l'esperienza artistica che diventa marca che diventa prodotto.
Nessuno si scandalizzi se si parla d'arte nei centri commerciali, se si fa cultura sui giornali, poichè è nei nostri cromosomi. Più artisti che santi, poeti e navigatori." Il marketing culturale esisteva prima che lo conoscessimo, come la legge di gravità: operava prima che l'uomo lo scoprisse. Nel Rinascimento ha avuto il suo principe precursore: Lorenzo De' Medici, direttore marketing dell'universo artistico.
Ma non basta. Tre sono i livelli nella comunicazione: Il primo è il prodotto oggetto. la categoria valoriale più utilizzata e perciò stessa più ovvia, quella che in stammpa chiamiamo "annunci vetrina" dove si ritiene sufficiente mostrare il prodotto eroe che punta essenzialmente sulla notorità. Esisto dunque comprami. Il secondo livello è più evoluto e usa la promessa come gancio ed il prodotto come reason why. Qui il prodotto diventa marca, parla, comunica, interagisce.
Promette e mantiene, supera la sua fisicità intrinseca e diventa linguaggio. Il terzo livello è l'essenza della marca, la sua capacità di intrattenere, di divenire empatica, catartica, avvenimento mediatico, amica sincera che non dice più "comprami", ma "sono con te", creando un metalinguaggio tutto suo con il quale il fine ultimo (l'acquisto) rimane in secondo piano. Ecco, in Italia si è spesso fermi ai primi due livelli e quasi mai si tocca quello successivo.
Perchè noi in Italia spieghiamo, spieghiamo sempre ogni cosa, e come afeermava Voltaire: "il segreto per annoiare è dire tutto!". Raramente i trenta secondi di uno spot televisivo si trasformano in spettacolo, relegando il prodotto alla risposta finale. Il nuovo trend è appunto questo. Proprio come si faceva ai tempi di Carosello. Molti ne sentono la mancanza. Il paradosso è che il nuovo è il vecchio.
Anche il marketing e la comunicazione non convenzionale, estremamente all'avanguardia ci propongono una tecnica assolutamente innovativa: il TRYVERTISING: ovvero l'unione delle due parole inglesi TRY (prova) + ADVERTISING (pubblicità), che è di moda tra i marketers. Molta creatività nella forma (naming) e poca nel contenuto. Si dice che essendo il mondo una sfera, tutto prima o poi ritorna. Niente di nuovo, dunque, sotto al sole: è la moderna riedizione ( riciclo) del vecchio e collaudato "prova e compra". Siamo oramai, infatti, ampiamente abituati ai sample: a quei campioni omaggio di prodotti del largo consumo. Tecnica promo-pubblicitaria quella del sampling sempre estremamente efficace , funzionale e d'attualità. L'unica vera fattore innovativo sta nel fatto che questa politica di sperimentare prima di acquistare la si può applicare agli ambiti più disparati: non solo al food ma nanche al non food. Come ad esempio ai mobili dell'Ikea o alle auto di lusso.
Diceva Verdi: Ritorniamo al passato e sarà il futuro!". Dico io, mutuando l'incipit di una nota poesia, guarda caso della nostra giovinezza: "C'è qualcosa di nuovo, oggi, nel marketing e della comunicazione, anzi d'antico" Nulla è come appare......
Secondo la società di ricerca Gartner Motorola, reduce dai successi del fortunato Razr, ha bisogno di lanciare sul mercato un modello altrettanto forte, in grado di ereditarne l’enorme popolarità. I consensi che il Razr ha saputo suscitare, infatti, hanno permesso alla multinazionale americana di raggiungere una market share del 20,3% nel mercato consumer americano, in netto miglioramento rispetto al 16,7% dell’anno precedente ma pur sempre distante dal leader di mercato Nokia, che si attesta al 34% in crescita del 3,6% sul 2005.Il mercato della telefonia mobile, come in generale l’elettronica di consumo, è caratterizzato da una vita media dei prodotti molto breve e proprio per questo motivo, quando orma il Razr ha dato il meglio di sé, è arrivato il tempo preparare il lancio del suo successore.In attesa di questo nuovo fantomatico modello, che indiscrezioni dicono potrebbe chiamarsi SCPL (Scalpel, cioè bisturi), Motorola segue l’esempio di LG e si lancia in un’operazione di co-branding coinvolgendo i noti Stilisti Dolce e Gabbana, ridonando allo stesso tempo una momentanea giovinezza al collaudatissimo Razr.Ecco allora comparire il nuovo Razr V3i Dolce & Gabbana, prodotto in un’edizione limitata di 1.000 esemplari. Dal punto di vista tecnico si tratta dell’ultima versione del Razr, appunto la V3i, che rispetto al modello standard presenta un inedito involucro in oro e argento metallizzato con il numero dell’esemplare scritto sul retro. Anche il software è stato in parte personalizzato, con suonerie e animazioni dedicate e un curioso video nel quale sono illustrati i 20 anni di storia del marchio Dolce e Gabbana. La confezione oltre al cellulare include anche un ciondolo con le iniziai dei due stilisti in oro, ed è in vendita esclusivamente in selezionate boutique della griffe.Uno degli aspetti più importanti da valutare nel momento in cui si ricorre ad un’operazione di co-branding è la compatibilità tra i marchi/prodotti che si intende abbinare: entrambi devono beneficiare dall’operazione, senza sovrapporsi ma sfruttando al contrario al massimo le possibili sinergie. Il RAZR è un modello decisamente modaiolo con uno dei look più indovinati degli ultimi anni (che non a caso ha dato origine ad un vero e proprio esercito di cloni) e si sposa molto bene ad una griffe di alta moda. L’abbinamento esclusivo e l’edizione limitata e numerata fanno il resto, contribuendo a rendere questi telefonino un oggetto molto ricercato da collezionisti e semplici appassionati.
Internet sembra davvero un media senza misura: o cresce in modo esponenziale o crolla miseramente. Almeno questa è l'impressione seguendo le cronache economiche che riguardano la rete.
Sul boom prima e lo scoppio poi della bolla speculativa della New (o Net) Economy si è scritto tanto e si è capito quasi tutto, ossia all'epoca si è pensato che qualsiasi progetto in rete fosse una miniera d'ora, indipendentemente dalle sue basi economiche.
E invece anche in rete i conti e i bilanci devono tornare.
Ma oggi qual è la reale situazione del business di Internet?
La diffusione della rete internet in Italia cresce, questo è indubbio, la banda larga è sempre più presente e gli utenti aumentano costantemente (oggi sono 16,6 milioni, dati Nielsen//NetRatings).
Quello che non si capisce invece è il reale stato delle attività imprenditoriali sulla rete.
Sicuramente da questo punto di vista non c'è una grande cultura del mezzo e le aziende ne fanno un uso limitato e diffidente, impaurite dopo i tonfi della new economy o semplicemente poco interessate ad uno strumento che ritengono marginale.
Eppure la rete internet non sembra certo aver esaurito le proprie potenzialità. Le tecnologie attuali permettono infatti di svincolare l'utilizzo di molte funzioni dei siti dalla mediazione dei tecnici, il loro costo si è enormemente abbassato e con esso anche molte barriere competitive all'ingresso nel settore.
Anche la tanto famigerata pubblicità online mostra segnali di ripresa incoraggianti, il dato italiano circa gli investimenti pubblicitari in internet parla di un aumento, in linea con quanto accade nel resto del mondo.
Ci sono poi i business legati ai motori di ricerca che sono la seconda applicazione per utilizzo su Internet dopo la posta elettronica.
I navigatori del pianeta infatti svolgono mediamente 550 milioni di interrogazioni al giorno ed il mercato delle ricerche sponsorizzate si aggira oggi sui 2 miliardi di dollari, con un tasso di crescita annuo del 35% che consente di prevedere un valore di 5,6 miliardi nel 2007 (fonti: Time, ComScore Networks, First Albany Capital).
Il leader Google da solo ha ricavi circa 1 miliardo di dollari ed un utile percentuale notevole (si parla del 30% circa del fatturato).
Ancora, c'è tutto il mondo dei blog, che oltre ad essere miniere di informazioni sui consumatori, iniziano ad essere anche una possibile fonte di business.
L'agenzia americana Burst infatti ha lanciato a gennaio 2005 un circuito pubblicitario costituito da 20 blog selezionati con circa 9 milioni di pagine viste totali mensili.
Questo fatto, anche se limitato, dimostra come anche questi strumenti, nati per dare libero sfogo alle proprie idee sulla rete, stiano diventando d'interesse commerciale.
Ci sono poi tutte le idee imprenditoriali innovative, in termini di prodotti e servizi, che molte aziende sviluppano ogni giorno attraverso la rete.
Si potrebbe obiettare però che mancano mediamente i fondi, erogati un tempo generosamente dai venture capital.
Questo, almeno in Italia, tende ad essere vero, anche se non mancano casi in contro tendenza, come ad esempio quello della Regione Lombardia, che un pò più di anno fa insieme con Banca del monte di Lombardia finanziò con 200mila euro in 18 mesi il progetto "Match di competenze per lo start up".
Il progetto offriva a laureati, ricercatori, docenti, start up e altri soggetti provenienti dai centri di ricerca, dall'industria e dall'università, l'opportunità di consolidare il proprio gruppo di lavoro per avviare una propria attività imprenditoriale (fonte: Sole 24 Ore).
In generale dunque sembra necessario superare la paura della tecnologia sapendo che internet non è un luogo miracoloso dove i soldi si generano da soli ma nemmeno un buco nero che inghiotte le proprie finanze.
E tanto meno la rete non è solo un luogo di svago o di informazione dove non si può pensare di fare business, ultima fra gli interessi (e gli strumenti del media mix) di un'azienda.
Occorre invece concepire Internet come un qualsiasi settore competitivo dove occorre strategia, pianificazione anche creatività e dove davvero gli spazi per il business sono ancora ampi.
Gianluigi Zarantonello
L’iPod, nonostante l’età che avanza, continua a rimanere al vertice delle preferenze dei giovani americani. La notizia curiosa arriva però dal sondaggio biennale Student Monitor Lifestyle & Media, che ha monitorato gusti e preferenze di oltre 1.200 studenti di campus americani.Quest’anno infatti l’oggetto considerato più cool dal campione di studenti intervistati è proprio il lettore della Apple, che si attesta al primo posto delle preferenze espresse, scavalcando addirittura la birra. Solo una volta la birra era stata sconfitta negli ultimi dieci anni, quando nel 1997 aveva dovuto cedere il podio a internet.Il coordinatore dello studio, Eric Weil, per quanto consapevole dell’ampia diffusione dell’iPod in tutti gli strati sociali, ha ammesso il proprio stupore per questa inaspettata vittoria. Tra i più fanatici sostenitori del player spiccano gli studenti ispanici (77%) e le ragazze (76%).
Si discute ormai da decenni, nella comunità scientifica, sull'esistenza o meno nella specie umana di forme di comunicazione anomale: anomale rispetto, ovviamente, ai modelli di comunicazione dati per acquisiti.
Tali modelli acquisiti implicano la comunicazione sensoriale e motoria, sia nei suoi aspetti verbali sia in quelli non-verbali, simbolici, analogici, metaforici e quant'altro. Una comunicazione "anomala" potrebbe consistere nella possibilità che la mente interagisca con l'ambiente esterno o interno per mezzo di altri mezzi, lo influenzi o ne sia influenzata senza alcuna correlazione diretta con gli abituali canali sensoriali o motori.
Definizioni come "paranormale", parapsicologico o più genericamente, "psi" sono state largamente utilizzate per indicare questi fenomeni. In senso specifico, l'influenza/informazione dell'ambiente sulla mente è stata definita "percezione extrasensoriale" (ESP); l'influenza della mente sull'ambiente non interamente attribuibile alla mediazione di qualsiasi energia fisica nota è stata chiamata "psicocinesi" (PK).
Nella comunità del marketing e della comunicazione aziendale o professionale le vie della comunicazione sono (quasi infinite). E soprattutto in questi anni di profonda cambiamento della stessa, non smettono di aprirsi nuovi percorsi. Logico quindi che fra tante e nuove rotte si finisca a che fare con la comunicazione non convenzionale. Tra gli addetti ai lavori è intesa come comunicazione alternativa, inusuale, innovativa, creativa, , fuori dai canoni e dagli schemi tradizionali, insomma originale. Non disturba, è poco invasiva , è attraente, stupisce e si fa notare e ricordare moltissimo.
E' sempre più utile ed indispensabile per far fronte alle esigenze più evolute dei consumatori che 'sentono' istanze differenti da quelle precendenti, anche di un passato molto recente, e credono in nuovi valori. Sono consumatori più consapevoli, piu attenti e più informati grazie al facile accesso ed al proliferare dei mezzi di informazione più tecnologi e mirati(stampa specializzata, internet, TV monotematiche) oltre a quelli classici.
Per assecondare le aspettative ed i bisogni palesi e latenti dei nuovi 'clienti' che si delineano sulla scena. Per attrarre target ormai impermeabili ai messaggi pubblicitari e non più segmentabili con i consueti criteri socio-demografici. Per rispondere ad una serie di fenomeni che stanno cambiando il nostro modo di relazionarci con il mercato. Per assecondare la società che muta nelle forme e nei contenuti: giovani informatizzati, anziani che stanno contribuendo alla crescita di un nuovo mercato, insediamenti di comunità etniche multirazziali, flussi migratori che generano nuove classi sociali, nuovi stili che danno vita a maggior disponibilità di tempo libero.
Quindi pensare di comunicare in modo tradizionale, in un mercato così diverso al suo interno, che cresce sempre di più e si evolve grazie allo sviluppo del progresso (scienza, tecnologia, economia, etc...)e dove l'età media si sta spostando sempre più in la, è sicuramente inadeguato ad una società che muta molto rapidamente e costantemente. I nuovi asset sono comunicare in modo più mirato, one-to-one, tailor made, glocal, con investimenti ragionevoli, e in modo socio-compatibile...
Gli approcci alle innovative tecniche di comunicazione ( e di marketing) non convenzionale si basano sullo studio "dal basso" della psicologia del target, delle leve razionali ed emozionali, dello spazio in cui si muove, delle necessità che lo spingono a volere e a desiderare, dei codici che ne regolano ed influenzano il comportamento ad agire, a comprare ed a consumare.
Ma in particolar modo ribaltano la strategia di approccio e la fenomenologia di relazione azienda-consumatore: non è più il consumatore che va alla azienda (entrando in negozi o iper o centri commerciali) , ma l'azienda che va dal consumatore. E' il prodotto che si avvicina al suo fruitore scendendo dal piedistallo che lo ha retto per decenni, uscendo dagli scaffali e dalle vetrine. Si potrebbe affermare che è il consumatore ad attrarre il prodotto (nuova filosofia comunicazionale)e non viceversa (vecchia e stantia mission di comunicazione).
Il nuovo imperativo è portare il brand a contatto con la gente, per conoscersi a vicenda sempre meglio ed in modo più approfondito. Le tipologie della comunicazione non convenzionale sono diversificate: ambient communication, tactical communication, local communication, street communication, guerrilla amarketing, tribal marketing, event marketing, documentary advertising, buzz marketing o passaparola (word of mouth) , black marketing, product placement, stickering, psicogeomarketing. Le loro espressioni più estreme, innovative e rivoluzionarie consistono in:
- creazione di nuove emittenti televisi definite bar-television con diffusione voluta del proprio segnale a distanze non superiori ai 500 metri. Un fenomeno decisamente interessante, che dovrebbe far riflettere su come la tecnologia può portare a nuove forme di comunicazione alla portata di tutti. Attualmente, queste emittenti non trasmettono pubblicità e sono finanziate da privati. - realizzazione di eventi shock ad alta visibilità con investimenti al minimo. L'imporatnte è riuscire ad innescare virus memetici in grado di replicarsi nelle menti dei consumatori secondo le modalità del viral marketing - ideazione ed organizzazione di pseudo-eventi on/off-line ad elevata notiziabilità concepiti in integrazione all'immagine aziendale - Inseminazione virale on-line in blog, chat e newsgroup mediante utenti fittizi - Invitare i consumatori a raccontare attraverso brevi documentari autoprodotti la propria esperienza con il marchio. Sono infatti i consumatori quelli che meglio conoscono i prodotti e che ne definiscono i significati. Il progetto rappresenta un passo avanti nella sollecitazione di contenuti generati dai consumatori e crea le premesse per quella che potrebbe essere chiamata pubblicità documentaristica open-source. - Produrre "reality event" in ambiente urbano con ideazione di contenuti, gestione regia e casting per messa in scena - Installare un gigantesco cartellone con headline fuori dalla logica ma assolutamente accattivanti e che invitano i cittadini ad azioni inconsuete, quali ad esempio il furto mirato e circoscritto! Ecco come trasformare un media da tradizionale a interattivo. La società di sicurezza Black Tower Home Security ha installato a Vancouver un bilboard a livello stradale ricoprendolo di oggetti (specchi, cuscini, foto etc.) facilmente accessibili ai passanti. Dopo poco meno di 48 ore era stata rubata abbastanza roba da far comparire il messaggio nascosto : "La gente ruba". - Utilizzo e strumentalizzazione di "simboli istituzionali" come testimonial che hanno un forte appeal sulla popolazione e sui media, in modo eccessivo e irriverente. Ad es: Per festeggiare la vittoria del titolo NBA del giocatore francese Tony Paker, Nike ha deciso di rivestire la Statua della Libertà parigina con la maglia del campione dei San Antonio Spurs. L'operazione è stata effettuata senza autorizzazione e la canotta rimossa da pompieri e polizia. Naturalmente i media ne hanno parlato in lungo ed in largo dando ampia visibilità al marchio.
- Attivazione di campagne di stickering ( affissioni di adesivi) sono una delle soluzioni economiche più frequentemente adottate per ottenere brand awareness in modo intensivo e subliminale. Azioni di questo tipo garantiscono spesso la memorizzazione, la riconoscibilità e la referenzialità del marchio ma non sempre la sua collocazione merceologica. - Far trovare oggetti particolari in luoghi urbani o extraurbani in cui non ci si aspetta di trovarli. La tecnica estrema è detta Oop Art acronimo di Out Of Place Artifact.
Solo per citare alcuni esempi esplicativi.
Kraft Italia, parte di Kraft Foods Inc., secondo gruppo alimentare del mondo in termini di fatturato, ha deciso di ringiovanire il proprio brand Simmenthal, con l’obiettivo di rivolgersi ad un pubblico più giovane, idealmente nella fascia 18-24. In funzione del target selezionato è stata definita una campagna di comunicazione puntando su canali alternativi tra i quali spicca internet, raramente utilizzato per questa tipologia di prodotto. In collaborazione con l’agenzia Jwt è stata quindi ideata la storia di Alvaro, un giovane manzo argentino rapito dagli ufo.All’interno del sito internet manzoscomparso.com è possibile ricostruire tutte le fasi della vicenda, a partire dalla misteriosa scomparsa del manzo nella notte del 27 dicembre 2005. Vari indizi e inediti video raccontano la storia di Alvaro, con uno stile a metà strada tra il giallo e la fantascienza. Sono disponibili oltre30 diversi video, che possono essere visti on-line ma anche scaricati. Nella sezione “Aiutaci a trovarlo” è possibile iscriversi alla newsletter o inviare un’email all’affranto Pedro (il proprietario del manzo scomparso), che verrà poi pubblicata insieme a quelle già presenti.In aggiunta al sito internet le vicende di Alvaro saranno raccontate anche ttraverso un sito wap appositamente creato ma anche tramite una campana sulla freepress, spot su MTV e iniziative di marketing virale.L’idea alla base della campagna è sicuramente originale, ma la i contenuti disponibili all’interno del sito non sono particolarmente interessanti o divertenti e e sembrano quindi poco adatti ad attrarre un pubblico sfuggente e difficile da coinvolgere come quello del target, a maggior ragione considerando che si tratta di un prodotto con presumibilmente un limitato appeal su consumatori così giovani. Non a caso la precedente campagna di comunicazione di questo prodotto aveva come protagonista una giovane mamma intenta a preparare un veloce secondo alla famiglia, aggiungendo alla Simmenthal le “verdure tagliate fini fini”.Si tratta comunque di un coraggioso tentativo di ringiovanimento di un prodotto ormai consolidato e utilizzato abitualmente da un pubblico più maturo: vedremo l’utilizzo di canali alternativi e la strategia di comunicazione implementata riusciranno e rendere più “trendy” la Simmenthal, con buona pace del manzo scomparso che potrebbe trovarsi in una delle lattine presenti nella corsia del supermercato sotto casa.
Se i giovani hanno alzato barriere di disinteresse e di diffidenza verso la pubblicità e, sopratutto passano il loro tempo a fare altre cose (a scapito della fruizione della TV), la comunicazione cerca di raggiungerli là dove passano il loro tempo libero.I videogames sono sicuramente uno dei concorrenti più temibili (in termini di quota di tempo libero e di attenzione) della TV. Negli USA oltre il 70 per cento dei maschi della fascia d'età 18-34 si diverte coi videogiochi e dedica loro 12,5 ore la settimana - rispetto alle 10 o meno che passa di fronte alla TV.E quello che era un passatempo prettamente maschile sta rapidamente trovando nuovi clienti nel pubblico femminile.Il videogame crea nel giocatore un forte coinvolgimento ed un indebolimento delle barriere razionali, di filtro, verso i messaggi pubblicitari.A condizione quindi che il messaggio comunicazionale non sia eccessivamente intrusivo e, sopratutto, non interrompa il fruire del gioco, posizionare la propria pubblicità in questi mondi virtuali può rivelarsi una strategia interessante... e già il mercato, in termini di investimenti, si prospetta abbastanza ricco.
Roberto Venturini
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