Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Il mercato dell’advertising mobile nel Regno Unito raddoppierà nel 2013 arrivando al miliardo di sterline, grazie a player come Google, Facebook e Twitter sempre più attivi nel trainare il mercato delle applicazioni smartphone e tablet. Questo è quanto prevede eMarketer, secondo cui l’advertising in UK è destinato a crescere del 90% anno su anno dai 526 milioni di sterline del 2012.
Secondo i dati della ricerca pubblicata su The Guardian, la crescita vertiginosa è stata alimentata dall’incremento dell’uso di dispositivi mobili da parte dei consumatori britannici che risultano essere il popolo che detiene lo scettro per il maggior utilizzo di smartphone e tablet al mondo. Guardando al futuro, poi, le stime riportano che il mercato dell’advertising digitale UK crescerà di quasi 8 miliardi di sterline entro il 2016, di cui 3 miliardi grazie solo alle pubblicità su mobile.
Altri dati della ricerca portano a prevedere che Facebook guadagnerà in Gran Bretagna 279 milioni di sterline dalle entrate per la pubblicità digitale complessiva di quest’anno, con un aumento del 25% anno su anno. Potenzialmente metà di questo guadagno arriverà dalla sola pubblicità su mobile. “Le principali piattaforme di advertising hanno notevolmente migliorato gli annunci pubblicitari mobili per gli inserzionisti nel corso degli ultimi due anni, il che ha contribuito a generare una ridistribuzione di risorse dal desktop al mobile“, ha riferito Clark Fredricksen, vice presidente delle comunicazioni di eMarketer. ”Due anni fa, Facebook e Twitter non avevano un business all’interno del mercato dell’advertising mobile. Oggi, invece, le aziende guadagnano tra un terzo e la metà di tutti i ricavi dalle pubblicità mobile“.
Nonostante i guadagni di Facebook e Twitter, il vincitore della pubblicità digitale rimane Google, che, secondo eMarketer, guadagnerà quest’anno 2,65 miliardi di sterline per l’advertising search e display.
“Anche Google ha visto aumentare drasticamente le ricerche mobili grazie agli smartphone, e quindi la società sta riscontrando introiti maggiori dalla pubblicità su dispositivi mobili” ha dichiarato Fredericksen.
Si stima, infine, che Google UK rappresenti il 44% del mercato complessivo degli annunci digital in UK che si aggira, quest’anno, intorno ai 6,1 miliardi di sterline, in aumento del 12% rispetto allo scorso anno.
Via Tech Economy
Audiweb rende disponibili i dati di audience online del mese di maggio 2013, Audiweb Database, distribuendo il nastro di pianificazione che presenta la stima dell’utilizzo di internet da parte degli Italiani dai 2 anni in su che si collegano attraverso un computer da casa, ufficio o altri luoghi.
Sono inoltre disponibili, su Audiweb Database e su Audiweb View (report mensile), anche i nuovi dati Audiweb Objects Video sulla fruizione dei contenuti video online sui siti degli editori iscritti al servizio.
Sintesi dei dati di audience online, Audiweb Database maggio 2013
In base ai nuovi dati di audience online, nel mese di maggio 2013 sono stati 28,5 milioni gli utenti che si sono collegati almeno una volta da computer. Nel giorno medio risultano 14,2 milioni gli utenti unici, collegati per 1 ora e 25 minuti in media per persona.
Dai dati socio-demografici dell’audience online di maggio risultano online nel giorno medio 7,8 milioni di uomini e 6,4 milioni di donne, in particolare 35-54enni (6,8 milioni di utenti, il 47,6% della popolazione online), online in media per 1 ora e 25 minuti a persona.
I più giovani dedicano più tempo alla navigazione da PC nel giorno medio: i 25-34enni (2,6 milioni, il 18% della popolazione online) risultano collegati in media per 1 ora e 37 minuti, come i 18-24enni (1,4 milioni, il 10% della popolazione online) che risultano collegati per 1 ora e 38 minuti per persona. Cresce di oltre l’11% la quota degli over 55 online nel giorno medio, con 2,5 milioni di utenti di questa fascia (il 17,4% della popolazione online 55+).
Per quanto riguarda la provenienza geografica emerge che il 30,5% degli utenti online nel giorno medio a maggio è dell’area Sud e Isole (4,3 milioni di utenti attivi), il 26,4% dall’area Nord Ovest (3,8 milioni), il 16,3% dal Centro (2,3 milioni) e il 15% dal Nord Est (2,1 milioni).
Sintesi dei dati Audiweb Objects Video maggio 2013 In base ai dati di sintesi Audiweb Objects Video sulla fruizione dei contenuti video online dei siti degli editori iscritti al servizio, a maggio risultano 65,6 milioni di stream views (video fruiti) mensili, con 6,4 milioni di utenti che hanno visualizzato almeno un contenuto video, con una media di 46 minuti di tempo speso per persona. Nel giorno medio le stream views sono state 2 milioni, con 805 mila utenti che hanno dedicato alla visione dei contenuti video 11 minuti e 48 secondi in media per persona.
Scarica il comunicato stampa
Via Audiweb
Gli italiani si riscoprono sempre più consumatori online. Circa un italiano su due, infatti, acquista prodotti affidandosi a negozi virtuali, aumentando di conseguenza la sua abilità nel fiutare un’offerta o nel comparare i prezzi tra un negozio e l’altro. A rivelarlo è una nuova ricerca, “Il futuro del commercio – Scenari e tendenze tra online, offline, social e mobile” realizzata da Human Highway e Netcomm per Ebay, secondo cui, considerando chi ha acquistato online negli ultimi tre mesi si arriva a una quota del 46,4%, pari a 13,5 milioni di persone. Poco meno dei 2/3 dell’universo online (18,8 milioni di individui) ha invece almeno una volta portato a termine un acquisto mentre ben otto milioni rientrano tra gli acquirenti abituali di beni e servizi sul web. Lo studio analizza varie categorie merceologiche verso le quali gli utenti hanno una maggiore propensione all’acquisto online, ma a prescindere da queste emerge come i possibili clienti abbiano quasi tutti la tendenza ad usare prima di tutto Google come motore di ricerca per cominciare le proprie indagini. Una categoria presa in considerazione è quella dei prodotti finanziari. Per questo genere di merce il web è uno dei migliori luoghi di ricerca e di raccolta delle informazioni in quanto è possibile velocemente comparare i vari servizi e questo, secondo la ricerca, è uno dei fattori più importanti a detta di un cliente su cinque del canale tradizionale. Nello specifico, queste informazioni sono reperibili da blog, forum specializzati e dalle recensioni. Se un consumatore decide di acquistare online prodotti finanziari si assiste poi ad un leggero aumento nell’uso dei comparatori: si arriva così al 22% rispetto al 18% di chi acquista offline. Chi compra online un pacchetto finanziario è alla ricerca di comodità e risparmio, a detta del 42% degli interpellati.
Per quanto riguarda l’abbigliamento (il genere di prodotti che più si acquista sul web), ci si affida spesso ai consigli e alle opinioni dispensate da forum, blog, recensioni e commenti di amici, ma sembra che si ascolti meno ciò che viene detto nei social network. Dalla ricerca emerge come un consumatore che si affida alla ricerca online, sia molto più attento e consapevole di chi continua a fare shopping in maniera tradizionale che persegue la via dell’acquisto in negozio soprattutto per non rinunciare a misurare il capo d’abbigliamento e per non attendere l’arrivo del corriere.
Non mancano i comportamenti comuni come il quello del pagamento. Il pagamento è di regola anticipato al momento dell’ordine con una carta di credito o prepagata. Le percentuali oscillano in funzione del bene: nel caso dei prodotti finanziari si ricorre alla prepagata con una quota del 23%, la carta di credito tradizionale supera di poco il 21% mentre il bonifico si attesta al 16,4%. Nel caso dell’abbigliamento le prepagate arrivano intorno al 30% e quelle di credito si fermano al 21%. Per quanto riguarda la PayPal, invece, questa è utilizzata in un caso su tre per l’acquisto di prodotti finanziari e 40% per l’abbigliamento.
Via Tech Economy
Era stato presentato a gennaio come la rivoluzione definitiva di Facebook, finalmente pronto a operare anche da motore di ricerca vero e proprio, almeno al suo interno: da oggi Graph Search è disponibile per tutti gli utenti, che potranno trovare foto, dati e post nel mare magnum di informazioni del sito, semplicemente usando chiavi di ricerca.
Graph Search basa il suo funzionamento su un algoritmo semantico, così da rovistare tra i contenuti di Facebook e scovare per associazione quelli richiesti dagli internuati, lavorando in simbiosi con Bing, motore di Microsoft. L’avvento della nuova funzione non cambia la grafica del sito, ma mette ulteriormente alla prova le politiche sulla privacy. Gli utenti sono chiamati a rivedere le proprie impostazioni sulla sicurezza, dato che d’ora in poi chiunque attuerà una ricerca sul social network potrà in teoria accedere a foto e status degli altri iscritti.
Ciascuno può però decidere a chi rendere visibili - nei risultati di ricerca - i propri contenuti: “La privacy è una cosa a cui teniamo molto e così fin dall'inizio abbiamo fatto in modo che sia possibile cercare solo le cose che si possono già vedere”, dicono Mark Zuckerberg & Co. Il futuro di Facebook ricomincia da Graph Search, che dovrebbe fare da propulsore a nuovi investimenti pubblicitari, migliorare l’esperienza degli utenti e prolungarne la permanenza nel sito. Un circolo virtuoso a suon di tag e ricerche.
Via Quo Media
Qualche tempo fa ho avuto il piacere di essere ospite della Adobe Digital Academy a Padova per parlare di digital transformation e insieme ad alcuni colleghi e al pubblico presente abbiamo dato vita a un dibattito molto interessante che mi ha confermato molte delle idee che avevo espresso sul tema qualche giorno prima.
Una cosa mi è apparsa particolarmente evidente: in alcune aree di marketing (digital e non) è piuttosto chiara la percezione del cambio di un paradigma ma si tratta di un argomento estremamente vasto e pervasivo che va a toccare ovunque l’organizzazione. E che dunque non può essere affrontato e gestito solo da un manipolo di innovatori.
Lo scenario d’altra parte è chiaro: come scrive Scott Brinker sul suo blog la tecnologia cambia esponenzialmente mentre le organizzazioni lo fanno in modo logaritmico, ossia molto più lentamente. Un fatto comune probabilmente ma che non è da vedere in modo deterministico e irrimediabile.
Il punto però allora diventa: chi è che decide veramente sulla digital transformation? Se lo chiede anche Gartner. Di certo è necessario il committment dei vertici aziendali ma mio avviso questo non basta perché il cambiamento non può essere solo imposto ma deve essere adottato.
Prendiamo i 5 pilastri per il futuro che Brian Solis individua in suo recente lavoro:
1. Vision and leadership 2. Engaged customers 3. Empowered employees 4. Collaborative innovation 5. Internal agility in processes, systems, and decision making
In questi punti c’è tanto il vertice quanto il corpo dell’organizzazione e dunque, di nuovo, è impensabile che tale e tanta trasformazione possa avere successo se vissuta e gestita da un manipolo di digital marketers o di persone di IT.
Di certo poi non è solo un fatto di tecnologia, mezzi come il mobile e il cloud hanno cambiato il modo di lavorare in termini potenziali ma alla fine, come recita la legge di Conway, “any piece of software reflects the organizational structure that produced it“.
In positivo e in negativo.
Io credo che quindi oggi sia quanto mai necessario avere delle figure in azienda che abbiano il know tecnico per capire le nuove opportunità ma anche la capacità di raccogliere i bisogni delle persone che fanno parte dell’organizzazione per metterli a fattore comune con la strategia complessiva. Tali figure devono avere l’autorità per influire davvero sui processi e sulla mentalità e il tempo di lavorare a stretto contatto con tutte le aree interne per farsi portatrici del cambiamento.
Talvolta le organizzazioni hanno paura di semplificare ma in realtà è solo andando a risolvere gli aspetti organizzativi e motivando le persone a migliorare tramite la collaborazione e l’innovazione che si può poi essere pronti alle nuove sfide. Compreso il marketing integrato.
Voi che cosa ne pensate?
Gianluigi Zarantonello via Internetmanagerblog.com
Mobile Surfer italiani hanno mediamente 27 App installate sul loro smartphone, ma ne usano ogni mese circa la metaÌ, e ogni giorno in media 5. Nel contempo hanno hanno una media di 8 bookmark salvati nel Mobile browser, e dichiarano di accedere al Mobile Web 9 volte al giorno, nella maggior parte dei casi passando attraverso il motore di ricerca.
Queste in sintesi sono le principali risultanze della ricerca condotta sugli utenti di Mobile Internet italiani dai ricercatori dell’Osservatorio Mobile Internet, Content & Apps della School of Management del Politecnico di Milano, in collaborazione con Doxa: ricerca che fa parte del report 2013 dell’Osservatorio presentato la settimana scorsa.
La Ricerca eÌ stata realizzata nel maggio 2013 su un campione statisticamente significativo di 1.030 individui utenti di Telefono cellulare/Smartphone che scaricano e/o utilizzano App, e ha approfondito in particolare due temi: l’approccio degli utenti all’uso reciproco di Mobile App rispetto ai Mobile Site, e la propensione all’acquisto di App.
Il 64% preferisce il Mobile Site all'App
A questo proposito, un altro dei responsi più interessanti dell’indagine è che c'è una certa sovrapposizione tra Mobile Web e App: nel 64% dei casi, infatti, dichiarano di accedere spesso o qualche volta a un Mobile site, anche se hanno un’App che offre gli stessi contenuti. In questi casi, i principali motivi che spingono a preferire il browsing sono la maggior abitudine a navigare sui siti, la maggior completezza di informazioni che il sito propone, e il fatto che si arrivi al sito tramite il motore di ricerca.
Inoltre emerge che un numero giaÌ consistente di utenti (41%) naviga sui principali siti da Mobile lo stesso numero di volte in cui vi accede da Pc. Questo avviene soprattutto per informazioni relative al meteo, per la lettura delle e-mail e per l’accesso ai Social network.
Per quanto riguarda, invece, la seconda area di indagine, ovvero la propensione all’acquisto di Mobile App, quasi la metaÌ degli utenti dichiara di avere solo App gratuite e un ulteriore 46% prevalentemente App gratuite; solo il 6%, quindi, ha in prevalenza App a pagamento. Uno dei motivi principali di questa ritrosia all’acquisto è la scarsa propensione a registrare la propria carta di credito sullo Store di riferimento: solo un terzo dichiara di averlo fatto, percentuale che sale al 64% per gli utenti Apple.
Il 71% dei giovani userebbe il credito telefonico
In effetti un quinto degli utenti dichiara esplicitamente di aver rinunciato all’acquisto di App percheì non voleva inserire la carta di credito, anche se il 77% di chi invece ha registrato la carta, poi l’ha usata almeno una volta nel corso dell’anno e il 60% nell’ultimo mese, a dimostrazione che chi inizia ad utilizzarla, poi lo fa di frequente. Oltre il 40% non eÌ invece disposto in assoluto a spendere soldi per acquistare contenuti.
Un modo per superare l’ostacolo della ritrosia sulla carta di credito, e allargare così notevolmente la platea dei potenziali acquirenti di App, è quella mettere a disposizione il credito telefonico come alternativa di pagamento. In generale infatti piuÌ della metaÌ dei Mobile Surfer che non hanno registrato la carta di credito sugli Store dichiara che preferirebbe usare il credito telefonico per pagare le App, percentuale che sale al 71% per i giovani tra i 15 e 24 anni.
Infine tra i diversi altri aspetti approfonditi dall'indagine, uno dei più interessanti è la qualità percepita della velocità di navigazione, da cui emerge che il 17% la giudica molto buona in generale, ma la grande maggioranza (79%) la definisce “molto variabile”, soprattutto in funzione del luogo in cui ci si trova: meno problematica risulta la variabilità legata ai contenuti. Di fronte a questa situazione, ben tre Mobile Surfer su quattro sarebbero disposti a pagare per avere la garanzia di una qualità e navigazione della rete decisamente migliore, ma in gran parte (57%) solo se il costo aggiuntivo è contenuto.
Via Wireless4Innovation
Nel mercato mobile europeo, è Android la piattaforma maggiormente installata sugli smartphone. Il sistema operativo di Google è infatti presente nel 70,4% di tutti i device distribuiti nel vecchio Continente: una quota nettamente superiore a quella dei diretti rivali, ovvero iOs e Windows Phone.
La nuova analisi di mercato giunge da Kantar Worldpanel Comtech che, attraverso un report condiviso in queste ore evidenzia il dominio assoluto del robottino verde nel territorio europeo. Android rappresenta la piattaforma maggiormente scelta dai consumatori, molto più di iOs installato negli iPhone che si attesta a un 17,8% dello share, e di Windows Phone, che ha solo un 6,8%.
Il successo di Android in Europa può esser soprattutto attribuito agli smartphone Samsung della serie Galaxy, che hanno rappresentato circa la metà di tutti i telefoni cellulari distribuiti. Android viene dunque amato più in Europa che negli Stati Uniti, territorio in cui è comunque leader con il 52% del mercato, ma al contempo dove la sfida con iOs si gioca da più vicino: la piattaforma di Apple possiede infatti un 41,9% di share, mentre Windows Phone è solo al 4,6% ma registra buoni ritmi di crescita.
Via Quo Media
Google sta testando una nuova campagna pilota nel continente australiano, che consente agli utenti di scaricare applicazioni multimediali da cartelloni pubblicitari aeroportuali. I nuovi “cartelloni” posizionati negli aeroporti nazionali di Sydney, Melbourne e Brisbane sono stati creati per Google dall’agenzia “Ooh Media” e fanno parte di una tendenza crescente da parte delle aerostazioni per l’utilizzo della tecnologia NFC.
Il sistema utilizza il software Red Crystal, un programma che trasforma il vostro smartphone in un telecomando permettendo agli utenti di poter interagire con i contenuti presenti su uno schermo digitale. Per poter attivarlo basta che il device tocchi un adesivo con tecnologia NFC o scansioni un codice QR.
“La campagna di Google Play è l’unica che usa la tecnologia NFC e QR combinata con il software Red Crystal che consente ai consumatori di controllare uno schermo senza bisogno di scaricare un app“, dice Warwick Denby, direttore del gruppo di strategia aziendale presso Ooh. “Si possono selezionare i contenuti desiderati visualizzati sugli schermi pubblicitari e quindi scaricare film, riviste, libri, musica o giochi dal Google Play Store immediatamente sul proprio dispositivo Android”.
Warwick aggiunge “questa campagna è un esempio reale di come il tradizionale cartellone e la tecnologia possono lavorare insieme per ottenere una connessione più profonda tra un marchio e gli individui. Dimostra quanto bene i cartelloni pubblicitari online e quelli digitali possano lavorare insieme, e come gli smartphone siano in grado di guidare l’impegno e di consentire ai consumatori di collegarsi ed effettuare transazioni con il brand online – immediatamente”.
Via Quo Media
Negli Stati Uniti il 57% degli utenti di social network ha cliccato il “mi piace” sulle pagine dei brand preferiti, ma alla domanda su quale impatto abbia avuto su di loro il gradimento espresso dagli amici per un determinato marchio, la risposta più registrata (35%) è stata “nessuno”. Questo secondo i risultati di un nuovo studio targato Adobe sullo stato dell’advertising online e su social network.
Dall’indagine è emerso come la maggior parte degli utenti che hanno messo “mi piace” sui marchi preferiti provenga dalla Corea del Sud, con circa il 59% e dall’Australia (54%), mentre i valori scendono se si prendono in considerazione gli utenti degli altri paesi: in UK solo il 44% dei rispondenti ha dichiarato di “likare” i brand, in Francia il 38%, in Giappone il 36% e in Germania solo 33%.
Lo studio ha cercato inoltre di indagare le motivazioni che spingono gli utenti a cliccare sul “mi piace” per un determinato brand e il risultato, negli Stati Uniti, è stato che il 53% degli utenti lo fa perché compra regolarmente quel servizio o prodotto brandizzato. A questa risposta seguono delle altre che mostrano come il 46% degli utenti lo faccia per eventuali promozioni o sconti; il 38% lo fa per lo stile del brand o per ciò che questo veicola; il 17% perché desidera comprare un determinato prodotto di quel brand. Il dato interessante, però, è che solo il 5% clicca “mi piace” perché lo hanno fatto altri amici.
Prima si è accennato a come la risposta più accreditata (35% dei rispondenti) alla domanda riguardo l’impatto che ha un “like” di un amico su un determinato brand fosse “nessuno”. Dall’analisi emerge, però, che un 29% dei rispondenti, dopo che un amico ha cliccato “mi piace” su un brand, vada a controllare quel determinato prodotto e che il 14% va a visitare il sito del brand reclamizzato. Sono molto basse, invece, le percentuali degli utenti che interagiscono con il brand sponsorizzato: solo il 4% commenta sul prodotto; il 2% raccomanda il prodotto; un altro 2% compra il prodotto. Dallo studio Adobe la pubblicità digitale nel suo complesso non sembra meglio, registrando un 32% di intervistati che ritiene la pubblicità online un metodo non molto efficace.
Ann Lewnes, Chief Marketing Officer di Adobe ha detto: “Il digital marketing ha creato senza dubbio una grande opportunità per i brand, ma i consumatori si aspettano qualcosa in più. Vogliono storie cucite addosso per loro stessi e che il brand veicoli messaggi con un alto livello di trasparenza. Tutti i brand che diffondono qualsiasi cosa che sia al di sotto delle aspettative dei consumatori verranno ignorati. Questo sondaggio ha dimostrato però che il digital marketing non ha ancora mostrato tutto il suo potenziale”.
Via Quo Media
Nel mese di maggio Twitter ha annunciato la versione beta di un nuovo prodotto chiamato “TV targeting”. Un servizio che permette alle società di marketing di portare la pubblicità televisiva sul social network Twitter. I risultati del test rivelano che l’impatto del social network combinato con la pubblicità televisiva è significativamente maggiore di quello di utilizzare la solamente la pubblicità tv. E in questi giorni Twiter ha annunciato che è disponibile negli Stati Uniti il servizio di TV targeting per gli inserzionisti, in continuità con gli spot televisivi nazionali. Si tratta di marchi come Adidas, Holiday Inn Express, Jaguar, e Samsung, ed altri che hanno utilizzato la versione beta del TV targeting ed hanno registrato miglioramenti significativi nell’associazione del messaggio pubblicitario all’intenzione d’acquisto.
Nel corso dei test è emerso che gli utenti di Twitter che sono stati esposti ad uno spot televisivo e poi ad un tweet promozionale hanno dimostrato una più forte associazione al messaggio (95%) e inoltre si è rilevato che si ha un 58% in più di propensione all’acquisto rispetto agli utenti che sono stati esposti agli spot sulla sola TV. Questo significa che gli spot su Twitter aumentano significativamente il richiamo del marchio ed una maggiore associazione del messaggio per gli utenti.
“La Twitter TV e il servizio beta di annunci hanno aiutato l’Holiday Inn Express a migliorare il target di consumatori che hanno guardato i nostri nuovi #spot televisivi StaySmart“, ha detto Heather Balsley, SVP Americas Holiday Inn. “Utilizzando messaggi accattivanti accanto alle risorse video e interessanti tweets promozionali con l’hastag #StaySmart, siamo stati in grado di raccogliere l’intenzione di acquisto degli utenti e questo ci ha permesso di creare interessanti conversazioni con i consumatori tramite l’account Twitter @HIExpress “.
“Gli spot di Twitter spot hanno permesso alla Jaguar di intraprendere conversazioni uniche con il pubblico che è stato esposti al brand attraverso spot televisivi“, ha detto Joe Torpey, Jaguar Communications Manager, Jaguar Nord America. “Utilizzando la Twitter TV con l’account twitter della Jaguar (@JaguarUSA) abbiamo avuto un aumento diretto nei social media #MyTurnToJag.”
Oltre ai risultati realizzati di questi marchi, Twitter sta anche lanciando una nuova serie di strumenti di analisi attraverso la “TV Ads Dashboard” che estende le funzionalità di monitoraggio degli annunci. Con queste nuove analisi gli inserzionisti saranno in grado di capire meglio ciò che gli utenti su Twitter hanno da dire circa le loro campagne pubblicitarie. Gli inserzionisti hanno un nuovo strumento che gli permette un più facile e diretto accesso ai feedback degli utenti sugli spot. Inoltre la Twitter TV fornisce soluzioni “always-on” che facilitano gli inserzionisti a continuare la conversazione iniziata con gli spot televisivi con uno grado di interattività e coinvolgimento unico.
Via Tech Economy
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