Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Secondo un ultimo sondaggio targato Nielsen, Internet ha una notevole influenza sui consumatori interessati ad acquistare nuovi prodotti per categorie come l’elettronica (81%), elettrodomestici (77%), libri (70%) e musica (69%).
La tendenza sta prendendo piede anche per quanto riguarda i generi di alto consumo come il cibo e bevande (62%), igiene personale (62%), la salute personale/farmaci (61%) e la cura dei capelli (60%). Dal campione è emerso come gli intervistati residenti nelle zone dell’Asia del Pacifico, America Latina e Medio Oriente / Africa siano maggiormente influenzati nelle loro decisioni da ciò che osservano online. Inoltre, più della metà di tutti gli intervistati considerano Internet come fonte importante quando si tratta di acquistare nuovi capi d’abbigliamento (69%) e automobili (68%).
Nello specifico, gli intervistati statunitensi affermano che internet è molto/abbastanza importante quando i effettua una nuova decisione di acquisto per prodotti di elettronica (73%), elettrodomestici (63%), auto (62%) e musica (59%). Poco meno della metà degli intervistati, invece, prendere in considerazione l’influenza di Internet per le decisioni riguardanti prodotti d’abbigliamento (48%) e auto (68%).
I risultati della ricerca “Nielsen Global Survey of New Product Purchase Sentiment”, si basano su un campione di più di 29.000 intervistati con accesso a Internet da 58 paesi nel mondo.
La ricerca continua poi sul versante social media. Questi ultimi, infatti, risultano parte integrante nel processo decisionale e strumento grazie al quale venire a conoscenza di nuovi prodotti.
“I consumatori cominciano a reputare sempre più spesso Internet (anche su dispositivi mobili)come un mezzo altrettanto valido se comparato con le pubblicità più tradizionali”, ha affermato Rob Wengel, vice presidente senior di Nielsen Analytics Innovation che continua: “I social media possono anche essere un modo per venire a conoscenza di potenziali nuovi prodotti o innovazioni future”.
Negli Stati Uniti, quasi il sessanta per cento (59%) degli intervistati ha detto di essere molto più propenso ad acquistare un nuovo prodotto dopo averne appreso le caratteristiche attraverso la ricerca attiva su Internet e quindi attraverso un forum (30%), d al sito web del produttore (45%), attraverso un articolo su un sito in voga (39%). Gli intervistati hanno anche detto di essere molto più propensi ad acquistare un nuovo prodotto dopo averlo conosciuto sui social media (30%), da un annuncio Web (29%) o da un video pubblicato su un sito di video-sharing (27%).
Via Tech Economy
Ed ecco a voi la mappa social, crowdsourced e stampata su carta di KLM.
A occhio, direi che KLM è una delle aziende europee che credono maggiormente nei social, che ci tengono a fare delle cose ben fatte - o almeno delle cose che facciano rumore positivo, generino ammirazione, rispetto e il senso di una marca smart.
Molto personalmente, la mia percezione di KLM negli ultimi anni è parecchio cambiata - anche se non ho avuto molte occasioni di volare con loro (o senza). Ma una certa preference sono riusciti a innescarmela.
L'operazione è: se devi andare in una città, crea una mappa di carta (che ha sempre il suo bel perché) con le cose da fare, i migliori "tips" posizionati sulla mappa. E chiedi ai tuoi amici di collaborare, inserendo sulla carta le loro raccomandazioni. Dato che i migliori "tips" sono quelli degli amici. Speriamo.
Nulla che non si possa fare con Tripadvisor e Foursquare - salvo la migliore ergonomia della carta che pieghi, ficchi in tasca e non ha bisogno di pile ne' di Wi-Fi. Ovviamente, per non fare una cosa sfigata e darti un triste pdf, KLM si preoccupa di stampare in bella la mappa e di recapitarla a casa
Operazione attiva in 24 nazioni e per le prime 20.000 mappe.
Così nel frattempo, avete coinvolto tutti i vostri amici con un'azione di "engagement", e magari ci sono pure stati,al gioco...
Sotto, il video di spiega
Il futuro dell’auto non sembra roseo, ma una delle vie per tentare il rilancio del mercato è quella dell’informatizzazione. Così General Motors, dopo aver rischiato il fallimento ha annunciato che nel 2014 inizierà a installare sistemi internet 4G sui modelli destinati a Canada e Stati Uniti.
Gli automobilisti potranno scegliere un tipo di abbonamento e connettersi al web direttamente dall’abitacolo, con schermi digitali che forniranno servizi specifici (mappe, previsioni meteo, traffico). Le tecnologie 4G saranno disponibili sui marchi Chevrolet, Buick, Gmc, Cadillac, Opel e Vauxhall.
A fornire la connessione, in entrambi i paesi dove sarà disponibile, sarà l’operatore At&t.
Via Quo Media
Ai nativi digitali non piace la pubblicità su internet. Secondo una ricerca di K&A BrandResearch svolta sul mercato americano, i teenager d’Oltreoceano rispondono in maniera più efficace agli annunci radiotelevisivi rispetto a quelli online.
Il 45% degli intervistati ha dichiarato senza pensarci troppo di preferire gli spot sul piccolo schermo rispetto a quelli su Facebook o altri siti web, mentre solo il 23% si è schierato a favore di banner e affini.
Ancor più eclatante il responso sulle reazioni rispetto alla pubblicità online: il 48% prova in ogni modo a non badare a video virali, promozioni linkate e pop up, rifiutando anche solo l’idea di cliccare per saperne di più sul prodotto reclamizzato. Gli investitori del settore dovranno quindi inventarsi qualcos’altro: i ragazzi nati e cresciuti con internet tollerano poco la pubblicità sul loro mezzo di comunicazione naturale.
Via Quo Media
Facebook è davvero prossima al lancio di un servizio di messaggistica per cellulari. Sms gratis o a prezzo ridotto per gli iscritti, attraverso operatori di telefonia mobile, in quattordici Paesi nel mondo, tra cui l’Italia. La conferma alle voci che circolavano da tempo è arrivata attraverso il blog ufficiale della compagnia californiana.
“Grazie a questa promozione - si legge nel comunicato - nei prossimi mesi sarà possibile inviare messaggi da telefonini con sistema operativo Android o iOs e da ogni telefono ottimizzato per la chat di Facebook”.
In Italia sarà H3g a garantire il servizio. Mark Zuckerberg & Co. sperano così di rimpolpare il bilancio del social network, finora quasi esclusivamente fondato sulla pubblicità, e di incrementare ancora di più il traffico sul sito, che conta circa 900 milioni di accessi unici al mese.
Via Quo Media
Stipulata una nuova partnership tra la nota catena di caffetterie StarBucks e il quotidiano americano New York Times, che permetterà ai clienti di sorseggiare caffè e leggere gratuitamente il giornale. Nelle caffetterie l’accesso al wi-fi è comunemente libero, ma da adesso, a chi si ferma per la colazione, sarà permesso anche sfogliare gratuitamente il New York Times che ha concesso anche ai non abbonati all’app, di leggere 15 articoli al giorno. Normalmente il giornale online americano consente a chi non ha un abbonamento di poter leggere 10 articoli al mese, limite oltre il quale scatta la tassa per il pagamento. Con il wi-fi di Starbucks, accessibile in relatà anche all’esterno dei locali, si potranno leggere tre articoli di cinque sezioni: Top News, Business, Tecnologia e Most E-mailed, ovvero quelli più spediti via e-mail; la quinta è a rotazione: il lunedì, per esempio, si potrà accedere alla sezione Sport, il martedì a quella di Scienza, il sabato agli articoli del Magazine. Yasmin Namini, vicepresidente del marketing del New York Times, ha riferito in relazione all’accordo: “Starbucks è il luogo ideale per valorizzare la nostra offerta digitale”. “I clienti scopriranno una diversa selezione dei contenuti del Times, aggiornati in tempo reale, dalle top stories del giorno agli approfondimenti e alle opinioni” ha aggiunto.
Via Tech Economy
È boom per l’industria delle app: i ricavi globali cresceranno quest’anno del 62% a 25 miliardi di dollari contro i 15 miliardi di dollari del 2012. Nel 2016 raggiungerà quota 74 miliardi di dollari. È quanto stima la società di consulenza Gartner, così come riportato dal Wall Street Journal. I negozi online contano 700.000 app e si stima che i consumatori trascorrano una media di due ore al giorno con le loro applicazioni: il 43% giocando e il 26% sui social network.
Dal 2007 l’industria delle app negli Stati Uniti ha creato 519.000 posti di lavoro e i ricavi realizzati dal settore nel suo complesso nel 2010 sono stati pari a metà del pil della Giamaica. Il boom delle app è imputabile – riporta il Wall Street Journal – all’esplosione dei dispositivi mobili: solo negli Usa ci sono 181 milioni fra smartphone e tablet, in Cina ce ne sono 167 milioni e negli Regno Unito 35 milioni. Si tratta di un mercato maturo sotto alcuni punti di vista: quando le App sono state introdotte quasi cinque anni fa da Apple, per promuoverle si erano adottate – riporta il WSJ – tecniche da Wild West, con truffe per aumentare il numero dei download. Un trend che ha spinto colossi come Apple e Google a usare parametri più stringenti. Il campo di battaglia si è molto ampliato in termini di categorie e dispositivi, lasciando agli sviluppatori grandi margini ma allo stesso tempo lasciandoli anche con il problema di identificare quale modello di business sia più redditizio.
L’industria delle App “è come le auto lo scorso secolo: si osserva un aumento delle strade e si sa che sarà una cosa grande” affermano alcuni analisti, sottolineando come solo fino a poco fa l’industria delle app era più semplice: il mercato era quasi esclusivamente americano e l’Apple Store la faceva da padrone. Ora, invece, la concorrenza è agguerrita: se Apple e Google sono gomito a gomito in termini di catalogo e uso delle app, Cupertino sembra ancora in testa in termini di ricavi. A questo si è però aggiunta la discesa in campo di Microsoft, Blackberry e Amazon.com.
Via Tech Economy
Mi e’ capitato piuttosto spesso di parlare di Twitter in questa mia rubrica. Ho parlato del suo utilizzo, di scandali che lo hanno coinvolto e di come abbia dominato il panorama mediatico olimpico.
Recentemente Martin Sorell, CEO di WPP, ha condiviso il suo punto di vista (che personalmente condivido) col resto del mondo, facendo presente che secondo lui Twitter non è una vera e propria piattaforma di advertising ma più uno strumento di pubbliche relazioni. Lo definisce il vero vincitore delle olimpiadi ma troppo debole e superficiale, a causa dei 140 caratteri, come strumento pubblicitario. E la stessa cosa vale per Facebook, troppo lento rispetto a Google search per poter vendere, ma piuttosto potente come strumento di branding.
I dati di GlobalWebIndex dimostrano come il Brand Discovery passi anche dai Social Network, ma come sostiene Sorell, esistono forme di adversting molto più incisive. Certo, è anche vero che dipende dal paese di riferimento. Ci sono paesi in cui i social contano per quasi un terzo del processo di Brand Discovery, come ad esempio in Indonesia, mentre altri dove incidono in maniera del tutto irrisoria (Germania, Olanda, Giappone).
Rispetto agli UK, in Italia ci affidiamo di piu ai Social per quanto riguarda la scoperta di nuovi marchi e prodotti. Ci fidiamo, ad esempio, molto delle raccomandazioni dei nostri “amici digitali” (nessun riferimento se siano persone conosciute fisicamente o meno) rispetto agli utenti inglesi; da noi sono ben il 30% coloro che si fanno influenzare da questa tipologia di utenti, contro appena il 4% degli i inglesi. E ancora il 38% degli utenti italiani si informa su forum dedicati, contro il 19% dei più scettici utenti inglesi; sono addirittura di più di coloro che si informano grazie ai motori di ricerca.
Ma allora quali strumenti utilizzano di più gli italiani online riguardo propri acquisti se non sui social? La fonte principale di scoperta di nuovi brand sia in Italia che in UK, sono ancora le raccomandazioni degli amici fisici, in carne ed ossa (l’Arabia Saudita è l’unico mercato nella nostra ricerca in cui la fiducia negli amici online eccede quella negli amici fisici) e gli articoli su siti dedicati di settore.
Via Tech Economy
In Usa il modo in cui si accede alle notizie si allontana sempre di più dal classico mezzo a stampa di cui i ricavi sono inesorabilmente più bassi. A rivelarlo è il report annuale di Pew Research Center “State of the news media” sullo stato del giornalismo americano.
Gli annunci pubblicitari su stampa sono scivolati sotto il miliardo e mezzo di dollari e sono quindi al di sotto dei 20 miliardi per la prima volta dal 1982, secondo Poynter. Causa di questo declino è senza dubbio il calo del 10% su base annua degli annunci nazionali. I ricavi dagli annunci digitali sono cresciuti del 3%, ma non sono abbastanza per coprire le perdite procurate dalla stampa. Nonostante grandi testate giornalistiche come il New York Times adottino siti mobili a pagamento, così come altre testate più piccole, questo non sembra, secondo Pew, arginare il crollo dei ricavi e la generale crisi del settore.
Anche i telegiornali affrontano il loro periodo di crisi: solo il 28% delle persone sotto i 30 anni recuperano le informazioni dai canali broadcast (un grosso calo se si pensa al 48% del 2006). Secondo la ricerca, questo potrebbe dipendere dal fatto che il 40% dei telegiornali locali si concentra sulle “non-news”, ovvero notizie di sport e meteo che sono facilmente reperibili in tempo reale su una miriade di altre piattaforme più semplici da raggiungere.
Non va meglio alle grandi agenzie di stampa: la ricerca ileva che la copertura delle notizie sui tre canali via cavo di eventi live è scesa del 30% nel 2012 rispetto al 2007. E il pubblico è molto più esperto ed esigente per quanto riguarda la scelta di notizie: il 31% degli adulti statunitensi hasmesso di utilizzare un unico sistema informativo in quanto non sempre dà ciò che si cerca.
Un dato positivo lo riscontra, invece, la pubblicità su mobile che è cresciuta dell’80% con un totale di 2,6 miliardi di dollari. Facebook è un player importante in questo mercato, anche se non ha rilasciato il suo sistema di annunci mobile fino alla metà del 2012.
Via Tech Economy
L’Osservatorio New Media e New Internet della School of Management del Politecnico di Milano ha rilasciato oggi gli ultimi dati che fanno il punto sul consumo di nuovi media.
Secondo la ricerca, il mercato dei media è complessivamente in calo del 5%, con un picco del -10% per quanto riguarda i soli media tradizionali (radio, tv). Sono , invece, in rialzo i nuovi media che con un +3% sembrano proseguire la loro costante crescita. In testa troviamo la cosiddetta “New Internet”, che nella ricerca è il web basato sui nuovi dispositivi (smartphone, tablet, TV connesse), sui social network, sulle applicazioni, sui contenuti a pagamento e sui video virali, che fa la parte del leone con un +90% nel solo 2012.
Forte riduzione si riscontra, invece, nel campo pubblicitario: i ricavi dai media, infatti, dal 2008 sono scesi da 18,4 miliardi a 15,9, con una riduzione di 2,5 miliardi, con una diminuzione che, soltanto nel 2012, è pari al 5%.
Via Tech Economy
|