Il fatturato della musica digitale ha raggiunto l'anno scorso, in tutto il mondo, 5,2 miliardi di dollari, segnando una crescita dell'8% sul 2010. Sono i dati dell'Ifpi, International federation of the phonographic industry, contenuti nell’annuale report.
Musica virtuale che ormai pesa il 32% su tutti i ricavi delle case discografiche ma che negli Stati Uniti e in Corea del Sud ha superato il 50%. Più che raddoppiati anche i Paesi nei quali sono stati resi disponibili i servizi di musica legale, dai 23 del gennaio 2011 ai 58 di oggi.
Ma il numero più significativo è forse quello degli utenti paganti, che ha toccato quota 13,4 milioni, segnando un +65% sull'anno precedente. Parlando di difesa del copyright l'Ifpi sostiene che la pirateria rimane “un'enorme barriera per la crescita sostenibile” di questo business.
Mentre per la prima volta tra gli inserzionisti pubblicitari americani la spesa in advertising on line ha superato quella sulla carta stampata, negli Stati Uniti ci si interroga su quanto dovrebbero durare gli spot pubblicitari sulle piattaforme di video sharing più utilizzate sul Web, affinché abbiano efficacia e siano apprezzati dai consumatori on line. Questione all’ordine del giorno, considerando la proliferazione di spot commerciali su YouTube, sia quelli che precedono i video – introdotti già nel 2008 – sia quelli visualizzati durante i video stessi, inseriti più di recente.
Per dare efficacia alla propria campagna pubblicitaria su YouTube, gli spot video non dovrebbero superare i circa 15 secondi. A rivelarlo è Poll Position, società leader per la proposta di questionari e sondaggi on line che riguardano il mondo del business e non solo, in seguito a un’indagine telefonica che ha coinvolto circa 1.100 consumatori americani.
Secondo i dati pubblicati da Poll Position, difatti, più della metà degli intervistati – il 54% dei consumatori d’oltreoceano coinvolti nell’indagine – ritengono “accettabile” uno spot pubblicitario di massimo 15 secondi, prima di vedere i video o nel corso dei contenuti multimediali ricercati sulle piattaforme di video sharing, YouTube in primo piano. Al contrario, soltanto il 12% degli utenti raggiunti dalla società di ricerca sarebbe disposto a fruire spot pubblicitari anche di 30 secondi, mentre il 3% degli intervistati accetterebbe anche di vedere video commerciali superiori a un minuto.
Dunque, se come rivelato da eMarketer qualche giorno fa gli inserzionisti pubblicitari si stanno avvicinando in modo sempre più deciso al Web e ai suoi strumenti – con le piattaforme video e multimediali che stanno ricoprendo un ruolo importante – le campagne pubblicitarie, gli spot video e i messaggi commerciali veicolati dovranno essere brevi, immediati e poco invasivi.
Un giro d’affari di 15,3 miliardi e la creazione di 232mila posti di lavoro. E’ quanto vale il mercato generato da Facebook nei 27 Paesi dell’Unione europea più la Svizzera. Sono i dati della ricerca Deloitte presentata oggi alla Digital Life Design Conference a Monaco di Baviera da Sheryl Sandberg, Chief Operating Officer di Facebook.
L’impatto economico del social network più conosciuto al mondo si è registrato in misura maggiore in Gran Bretagna, con 35.200 posti indiretti e 2,6 miliardi di euro generati, in Germania con 36.200 posti per 2,6 miliardi, in Spagna con 20.200 posti e 1,4 miliardi e in Francia con 21.900 posti per 1,9 miliardi.
Anche in Italia il successo di Facebook sembra avere un peso economico significativo. Due miliardi e mezzo generati e 33.800 posti di lavoro. A trarne maggior beneficio, secondo Deloitte, sono le applicazioni. Se ne contano più di 20 milioni installate ogni giorno dagli utenti. A seguire, pubblicità, fan page ed eventi contribuiscono a generare ricchezza.
L’incremento occupazionale ha interessato produttori di software, sviluppatori, agenzie d’informazione e professionisti di marketing e comunicazione.
Quando andiamo ad analizzare il modo in cui le aziende sviluppano nuovi prodotti, ci troviamo davanti ad una serie di paradossi. Innanzitutto i prodotti crescono in complessità: più versioni, funzionalità, sistemi che interagiscono, maggiore integrazione tra meccanica ed elettronica, eppure la tendenza è quella di abbreviare il ciclo di sviluppo e contenere il più possibile gli investimenti.
Si ripete continuamente che è necessario puntare su prodotti innovativi, ma la maggior parte delle aziende preferisce muoversi su terreni conosciuti perché non può permettersi di investire in progetti che, essendo davvero "sperimentali", non danno fin dall'inizio sufficienti garanzie di ritorno sull'investimento. Questo è vero anche per quelle aziende che investono fortemente in ricerca e sviluppo. Per le grandi innovazioni, infatti, l'approccio tradizionale di creare numerosi prototipi fisici e condurre lunghi cicli di prova per ogni progetto, non è fattibile. Richiederebbe enormi budget, riducendo i profitti, mentre i lunghi cicli di sviluppo porterebbero i prodotti sul mercato in ritardo.
E' invece necessario implementare processi nuovi che permettano alle aziende di progettare prodotti innovativi e di qualità in tempi e a costi più bassi.
Aberdeen Group è una delle principali società di ricerca che si occupano di applicazioni delle nuove tecnologie. Uno dei loro recenti rapporti dal titolo "The Impact of Strategic Simulation on Product Profitability" fa luce sulle best practice applicate dalle aziende di successo che puntano, nello sviluppo dei loro prodotti, ad ottimizzare tempo, costo e qualità.
Secondo questo rapporto, le aziende più innovative utilizzano software di simulazione virtuale per analizzare e testare i loro prodotti. Come? Un esempio tra tutti: con gli strumenti virtuali e le capacità di calcolo oggi disponibili possiamo verificare decine e decine di configurazioni prodotto, anche le più ardite ed innovative, senza aver costruito un singolo prototipo fisico. I risultati di queste prime analisi ci indicano se e quali strade sono davvero percorribili e consentono di focalizzare gli investimenti sulle idee che hanno possibilità di successo. Arriveremo al prototipo fisico per un test finale quando avremo messo a punto e ottimizzato il prodotto. L'impiego delle tecniche virtuali consente alle aziende di essere più veloci dei concorrenti e di realizzare prodotti migliori perché in grado di prevedere il comportamento dell'oggetto già nelle primissime fasi della progettazione, testando il sistema a ogni passo. In questo modo sono possibili iterazioni velocissime che, giorno dopo giorno, supportano il progettista nel prendere decisioni informate su come proseguire lo sviluppo del prodotto per arrivare al massimo risultato. Oggi è addirittura possibile integrare simulazioni meccaniche, strutturali, fluidodinamiche ed elettromagnetiche.
Molte aziende si avvalgono già della simulazione in fase di progettazione, ma quelle che hanno più successo si differenziano per l'uso sistematico che ne fanno, adottando l'approccio Simulation-based product development e promuovendo interazioni tra analisti e progettisti in un ambiente software comune e integrato.
Sebbene il concetto dello Sviluppo del Prodotto in Base alla Simulazione possa essere un traguardo per molte aziende, l'approccio non può essere implementato con successo in mancanza di un'attenta riflessione, know-how e conoscenza per utilizzare le avanzate soluzioni tecnologiche richieste. Ci sono quindi due fattori essenziali da considerare, il primo è determinato dall'utente: come tutti i software specialistici richiede personale qualificato in grado di sfruttarne al meglio le potenzialità; il secondo è il software stesso. La vera e propria prototipazione virtuale si può ottenere solo quando si ha a disposizione una piattaforma che può far interagire simulatori avanzati e consente il passaggio automatico e veloce tra un simulatore e l'altro. I vantaggi sono notevoli, fino ad arrivare a risparmi di milioni di dollari su progetti complessi.
Non vi è più alcun dubbio circa i potenziali benefici della simulazione e chi non l'adotta sarà incapace di mantenere il proprio vantaggio competitivo. Il mondo delle competizioni dove la tecnologia è impiegata all'estremo ce ne ha già dato prova con due casi emblematici: Alinghi, imbarcazione svizzera che ha dominato le ultime gare della Coppa America, e la scuderia di Formula 1 Red Bull che è arrivata alla conquista del campionato costruttori a pochi anni dalla sua nascita. I leader di domani svilupperanno sistematicamente modelli virtuali dettagliati, utilizzando al meglio questi strumenti di simulazione per ottimizzare i risparmi e realizzare progetti innovativi che assicureranno enormi vantaggi competitivi negli anni a venire.
4.200 miliardi di dollari. Tanto varrà la internet economy nei paesi del G20 entro il 2016 secondo lo studio di Google e Boston Consulting Group, presentanto in occasione del World Economic Forum di Davos. Gli specialisti spiegano che il fattore principale della crescita è legato all’aumento della popolazione attiva online che passerà dagli 1,9 miliardi del 2010 a circa 3 miliardi nel 2016 (il 45% dell'intera popolazione mondiale).
“Nessuna compagnia o Paese può permettersi di ignorare questa crescita. Ogni azienda ha bisogno di andare verso il digitale” ha sottolineato David Dean, co-autore del report e senior partner di Bcg. “Comprendere il potenziale economico del web dovrebbe essere una priorità per i leader”, gli ha fatto eco Patrick Pichette, cfo di Google.
I consumatori hanno già cominciato a capire lo straordinario valore di internet: nei paesi del G20, 1.300 miliardi di dollari di prodotti vengono cercati online prima di essere acquistati offline. E anche le aziende che usano intensamente il web per vendere e interagire con i propri clienti e fornitori crescono più velocemente rispetto a quelle che non lo fanno. Negli Usa, le aziende con una presenza media o alta su internet prevedono una crescita del 17% nei prossimi tre anni, rispetto al 12% di altre compagnie.
Visible Measures, che si definisce “an Internet video measurement firm”, in collaborazione con Advertising Age rilascia una classifica delle video campagne virali più efficaci. La classifica si basa su un indice, True Reach, costruito attraverso una serie complessa di dati ed analisi. A differenza di altre classifiche, tiene conto anche delle visioni generate da video ricaricati dagli utenti e delle loro rielaborazioni. La Sentiment analysis, analizza i commenti delle audience e aiuta a capire, poi, le reazioni emotive alla campagna.
La The Top 10 Viral Video Ads Chart, aggiornata ad oggi:
1)The Bark Side | Volkswagen | Deutsch (Los Angeles)
True Reach: 7.139.665
2) Motorcycle vs. Car Drift Battle 2 | Icon
True Reach: 3.786.225
3) Megaupload Song | Megaupload
True Reach: 2.125.926
4) Smell is Power | Old Spice | Wieden + Kennedy (Portland)
True Reach: 999.431
5) Chromebook: Fix Dad’s Computer | Google | BBH (New York) / Google Creative Lab
True Reach: 990.237
6) Dating Rules From My Future Self | Biore / Ford / Revlon / Schick
Di Altri Autori (del 02/02/2012 @ 07:48:02, in Brand, linkato 2278 volte)
L’utilizzo del sito web di un brand ha una forte influenza sui comportamenti d’acquisto dei consumer packaged goods (CPG), prodotti relativamente a basso costo e che vengono consumati e rimpiazzati rapidamente.
Uno studio di Accenture, comScore e dunnhumbyUSA, effettuato su un campione di un milione di utenti internet statunitensi, tenta di analizzare il collegamento tra visite ai siti web di brand del settore CPG e comportamento di consumo.
I consumatori che visitano i siti web del brand, secondo la ricerca, sono acquirenti di grande valore sia per frequenza di acquisto (41% transazioni in più dei non visitatori) che per lealtà al brand. I siti web attraggono, infatti, maggiormente i forti consumatori della marca piuttosto che quelli medi. Gli utenti del sito di uno specifico brand spendono il 37% in più in quel prodotto degli acquirenti che non lo visitano e sono, più in generale, forti consumatori della categoria merceologica di cui è parte il brand.
In-Store Performance Metric
Differenza percentuale
Dollari spesi mensilmente per l’acquisto del brand
37%
Dollari spesi mensilmente per l’acquisto di prodotti della stessa categoria merceologica
53%
Numero di transazioni commerciali effettuate (6 mesi)
41%
I ricercatori chiariscono, però, che per essere efficaci i siti web devo essere aggiornati regolarmente e contenere messaggi in linea con l’immagine del brand e capaci di attrarre i consumatori dandogli, contemporaneamente, una ragione per l’acquisto. I brand che riescono ad offrire contenuti e servizi highly engaging, secondo Mike Zeman, vicepresidente di comScore, riescono ad ottenere incrementi di vendite e una maggiore fidelizzazione dei propri clienti.
Di Altri Autori (del 03/02/2012 @ 07:27:59, in Mobile, linkato 2867 volte)
Un’App aziendale ben progettata è un punto di contatto importante tra azienda ed utenti e può contribuire al business in svariati modi: creando awareness, facendo passare più tempo con la marca, consentendo di innalzare il livello del servizio offerto. Tuttavia, se viene realizzata senza cogliere le specificità del canale Mobile, con scarso valore per l’utente, anzi deludendone le aspettative, può trasformarsi in un boomerang e generare l’effetto opposto. Ecco l’elenco delle 5 linee guida da seguire per non sbagliare, stilato dai ricercatori dell’Osservatorio Mobile Marketing & Service della School of Management del Politecnico di Milano.
. Definizione degli obiettivi
2. Progettazione dei contenuti
3. Promozione dell’App
4. Misura delle performance
5. Processi e logiche di gestione degli Application store
1.Definizione degli obiettivi
Occorre avere ben chiari gli obiettivi per cui si sviluppa un’App, tenendo in considerazione che quelli che maggiormente valorizzano le peculiarità del Mobile sono la creazione di engagement e l’aumento del livello di servizio al cliente.
2. Progettazione dei contenuti
Occorre tenere in considerazione alcuni elementi peculiari nella progettazione delle App:
• uno degli errori più comuni è quello di interpretare l’App come una pura trasposizione Mobile del sito Web, mentre occorre valorizzarne l’integrazione con le funzionalità a valore aggiunto dello Smartphone, come l’accelerometro, il GPS, la condivisione di foto, l’interazione con i social network, ecc.;
• poiché l’utente fa un utilizzo frequente solo di poche Applicazioni, occorre che offrano un reale valore aggiunto e che abbiano contenuti di elevata qualità e coerenti con i valori della marca. In caso contrario l’App rischia di rimanere inutilizzata o, addirittura, di creare un “effetto boomerang” sul valore e l’immagine del brand in caso di rating e giudizi degli utenti molto negativi;
• occorre aggiornarla (anche con release successive al lancio) e, in molti casi, svilupparla per più piattaforme/Application store.
3. Promozione dell’App
Non basta sviluppare l’App ma occorre renderla visibile in quanto le applicazioni sviluppate da Brand pubblicitari sono solo una minima parte in termini numerici rispetto al totale delle App disponibili negli Store, né sono facilmente rintracciabili in una specifica categoria, e competono quindi in termini di visibilità e usabilità con le altre centinaia di migliaia di App presenti.
Più in dettaglio:
• occorre farla rintracciare dagli utenti all’interno dello Store. La promozione diretta può sicuramente aiutare, ma occorre agire anche sui meccanismi di ricerca dell’utente all’interno degli Application Store;
• occorre adottare iniziative di promozione specifica (con costi superiori, in molti casi anche di molto, a quelli di sviluppo), ad esempio tramite formati di Mobile Advertising, legati a specifiche parole chiave sui motori di ricerca (Keyword Advertising) o tramite banner da inserire in altre App o siti Mobile (Display Advertising). Altri canali di promozione sono i blog di settore (sia specializzati nella recensione di Applicazioni sia legati al settore di appartenenza dell’azienda), i propri di vendita e quelli più tradizionalmente pubblicitari e di relazione con il consumatore (sia Web che offline).
4. Misura delle performance
È fondamentale monitorare il comportamento del consumatore rispetto alle proprie applicazioni con opportuni sistemi di Mobile Analytics e identificando i corretti indicatori di prestazione. Il numero di download non è un parametro sufficiente a misurare i risultati, ma occorrono anche indicatori di reale utilizzo, viralità, reputation e di impatto sulle prestazioni di business. Nelle (poche) aziende più evolute sul Mobile questo già accade, ad esempio con un account aziendale (e non del fornitore) registrato allo Store e/o con il monitoraggio diretto delle performance attraverso strumenti di Analytics specifici.
5. Processi e logiche di gestione degli Application store
A differenza dei siti Web e Mobile, le applicazioni non sono gestibili in maniera totalmente autonoma e indipendente, in quanto sono ospitate su una o più piattaforme di proprietà di terze parti e quindi soggette alle “regole” degli Application Store.
In particolare, due sono gli aspetti più critici che le aziende devono tenere in considerazione:
• i tempi di pubblicazione della propria applicazione sullo Store o dei relativi aggiornamenti possono non essere direttamente controllabili dalle aziende e questo può rappresentare un elemento di criticità nel momento in cui tali tempistiche costituiscano un elemento sensibile (ad esempio se la pubblicazione dell’Applicazione è legata a eventi, conferenze stampa, ecc.);
• l’Application store consente agli utenti di esprimere giudizi e valutare l’applicazione: se da un lato questa è un’opportunità molto importante per generare download e innescare fenomeni virali, dall’altro l’azienda non ha possibilità di fornire una risposta in caso di critiche o giudizi negativi, come accade, invece, nei social network classici. Per ovviare a questa criticità, diventa ancora più rilevante predisporre attività ed iniziative strutturate di pubbliche relazioni per la costruzione e il consolidamento della reputation dell’App, utilizzando i social network per dialogare coi consumatori e coinvolgendo opinion leader di rilievo.
Apple è l’azienda del comparto telefonia mobile (smartphone + cellulari) con un migliore rapporto fatturato-profitti e la quota maggiore di utili. Le concorrenti al contrario ricavano in proporzione utili molto minori dalla propria quota di mercato.
Le vendite di iPhone rappresentavano a metà 2010 il 3% del mercato complessivo. L’incremento di quasi il 6% ottenuto in un anno e mezzo, porta la quota di mercato dello smartphone della mela all’8,7% a fine 2011, con un fatturato che rappresenta il 39% dei ricavi totali del comparto. Nello stesso periodo la quota di profitti della compagnia è passata, secondo dati elaborati dall’analista di mercato Horace Dediu, dal 39% degli utili dell’intero mercato al 75%. Apple riesce, quindi, ad ottenere i tre quarti dei profitti del settore con meno di un decimo dei dispositivi venduti. La multinazionale di Cupertino ha un tasso di profitto davvero invidiabile.
Solo cinque compagnie, tra le maggiori otto del comparto, ottengono profitti. Samsung ottiene il 16% dei profitti del settore, con il 25% del fatturato. Apple e Samsung da sole rappresentano il 91% degli utili, lasciando agli altri le briciole. RIM incassa l’8% del fatturato complessivo e ricava profitti per il 3.7% (quarta per fatturato, terza per profitti). HTC a fine anno è terza per utili (3.0%) e quinta per fatturato (5,5%). Nokia è seconda per fatturato 12,6%, ma con tasso di profitto non positivo quinta per profitti (1.8%). Motorola, LG e Sony sono in rosso e registrano perdite.
La pubblicità di Facebook arriverà, da marzo, anche agli utenti mobili che usano l’applicazione del social network per iPhone, iPad e dispositivi Android. La compagnia di Mark Zuckerberg sta discutendo i dettagli con le agenzie pubblicitarie, ma è ormai certo che le così dette ‘storie sponsorizzate’, attive su Facebook da dicembre 2011, arriveranno anche sui smartphone e tablet.
Il sito prova così a rimpolpare ulteriormente gli introiti pubblicitari, sfruttando al meglio la crescita esponenziale del traffico mobile. La crescita dei proventi mobili è uno degli obiettivi di Facebook per i prossimi mesi e dovrebbe fare da ulteriore volano per la quotazione in borsa della società, prevista per maggio.