Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Una ricerca di Socialseeker che ha stilato la prima classifica dei 35 massimi opinion leader italiani che usano efficacemente i social network, e in particolare Facebook, sapendosi trasformare così in persone con un’influenza sulla società. I sei milioni di italiani che hanno aperto un profilo sul sito ideato da Mark Zuckerberg hanno espresso le loro preferenze e la ricerca ha incrociato i dati rispetto a sette criteri di valutazione.
Il più influente su Facebook è Nichi Vendola, seguono il direttore de Il Post, Luca Sofri, il direttore di The Week, Mario Adinolfi, il responsabile di Nova-il Sole 24 ore Luca De Biase, lo scrittore Aldo Nove. Non poteva mancare Beppe Grillo, in compagnia di volti noti del web come Guzzanti (padre) e figlia (Sabrina), Jovanotti e Andrea Pezzi.
Via Quo Media
Per la casa di Cupertino e per Steve Jobs è uno dei punti di forza dell'ecosistema che al momento rende l'accoppiata iPhone-iPad un binomio vincente, oltre che due prodotti "best seller". L'Apple Store, il negozio virtuale dove poter scaricare, gratuitamente o a pagamento, le applicazioni per i prodotti a piattaforma iOs è un fiore all'occhiello per la società della Mela. Di più, un vanto da esibire in faccia alla concorrenza, dall'alto delle circa 380mila apps complessivamente disponibili al download a tutto marzo. Di queste quelle per iPad erano circa 80mila – 16mila dedicate ai libri e 13mila ai giochi - con un'incidenza di quelle "free" pari al 30 per cento. Presto, però, questo primato potrebbe venire meno e a scardinare il dominio di Apple c'è ovviamente la sua attuale grande rivale nel mondo mobile, Google.
Stando infatti a uno studio recente della società di ricerca specializzata Distimo fra i tanti negozi che propongono software e servizi per smarthone e tablet – e quindi l'Android Market, il BlackBerry App World, l'Ovi Store di Nokia, l'App Catalog di Palm e il Windows Marketplace di Microsoft – quelli che hanno conosciuto di recente una crescita più veloce sono il primo e l'ultimo della lista. Notizia non certo trascendentale, ma ciò che ha messo in evidenza il rapporto è di ben altro peso: se le dinamiche di sviluppo di tutti gli application store (compreso quello di Apple) dovessero rimanere tali per i prossimi cinque mesi e considerando nel conteggio le sole apps per iPhone, il negozio di Google diventerebbe quello più grande in assoluto per numero di apps disponibili.
A fine giugno, infatti, si materializzerebbe questo scenario: App Store davanti a tutti con oltre 370mila apps per l'iPhone (cui si aggiungono le circa 100mila per l'iPad), Android Market a quota 330mila e poi il solco fino alle 40mila apps per i BlackBerry. Con il mese successivo, e quindi a luglio, le prime due posizioni potrebbero invertirsi e quale terza forza di questo segmento ecco spuntare il Marketplace dedicato ai Windows Phone 7. Android segnerebbe dunque un altro punto a proprio favore dopo quello relativo al numero di apps gratuite oggi offerte, che secondo Distimo sono già in numero superiore (134mila contro 121mila) rispetto a quelle che Apple mette a disposizione per gli utenti di iPhone e iPod Touch.
Applicazioni a parte, c'è anche un'altra tendenza che forse "preoccupa" i vertici di Apple. Ed è quella che riguarda le vendite di nuovi smartphone negli Stati Uniti. Stando infatti agli ultimi dati elaborati da Nielsen, Android era a bordo del 50% dei telefonini acquistati nel periodo settembre 2010/febbraio 2011 e tale percentuale è risultata essere doppia di quella attribuita all'iPhone. Per i BlackBerry di Research In Motion, solo tre anni fa gli smartphone per eccellenza negli Usa, una fetta del 15% mentre le richieste per i terminali Windows si sono fermate al 7% del totale e quelle per apparecchi Symbian all'1%.
Il dato non fa che confermare ancora una volta come Android sia diventato, di fatto, il sistema operativo di riferimento nei telefonini – e questo grazie all'azione sul mercato di produttori come Samsung, Htc, Lg e Motorola Mobility – ed è quello entrato ormai nelle preferenze di acquisto dei consumatori. Secondo le rilevazioni di Nielsen, in tal senso, il 31% dei consumatori (erano il 26% nel 2010) pensa alla piattaforma di Google per ciò che concerne l'acquisto di un nuovo smartphone androide. Per contro, chi rimane affascinato dall'iPhone è il 30% dell'utenza (in discesa di tre punti).
Un ultimo dato, altrettanto interessante, gioca invece a sfavore della casa di Mountain View e riguarda l'interesse degli sviluppatori. Vuoi per i noti problemi di eccessiva frammentazione della piattaforma, vuoi per gli ancora scarsi risultati di vendita in campo tablet, l'appeal del software per chi scrive applicazioni è in lieve flessione in quanto la quota di coloro dichiaratisi, in un sondaggio di Idc, "molto interessati" ad Android è scesa nell'ultimo mese all'85% rispetto all'87% registrato a gennaio. In calo (e sempre di due punti percentuali) anche le attenzioni verso l'Os di Apple, che però rimane un riferimento irrinunciabile per il 91% degli sviluppatori.
di Gianni Rusconi su IlSole24ORE.com
Il futuro, ma anche il presente, del marketing è mobile. Con la diffusione sempre più capillare degli smartphone, delle reti wifi e in generale dei dispositivi in grado di connettersi a internet quasi ovunque, gli investimenti nel settore della pubblicità e della promozione mobile sono destinati a sestuplicarsi nel periodo tra il 2010 e il 2015.
Le previsioni di Mobitrove per il mercato statunitense parlano di introiti per 56,5 miliardi di dollari entro la metà degli anni Dieci. Lo scorso anno, il settore valeva 9,3 miliardi di dollari. Spot, banner e affini domineranno la scena, raggiungendo i 41 miliardi di dollari nel 2015. Ma cresceranno anche i ricavi derivati dalle così dette offerte speciali, che toccheranno quota 15,4 miliardi di dollari.
L’adv mobile sarà fortemente indirizzato ai diversi mercati nazionali, con gli Stati Uniti a fare da riferimento e avanguardia mondiale, con il 29% dei consumatori che nel 2010 hanno fatto almeno un acquisto via smartphone (dati raccolti da Oracle).
Via Quo Media
Sbarcano su Facebook gli sconti e le promozioni dei negozi in città: il social network lancia il progetto "Deals" in cinque città degli Stati Uniti (Atlanta, Austin, Dallas, San Diego e San Francisco). Gli utenti leggeranno gli avvisi per risparmiare con le offerte commerciali nella posta elettronica e nella pagina dove appaiono i messaggi pubblicati da chi fa parte del loro network ("Notizie" o "News feed" in inglese).
Inoltre potranno completare gli acquisti su internet anche con la moneta digitale di Facebook, i "credits", già utilizzata in Italia per comprare beni virtuali nei videogiochi come FarmVille e CityVille. Si tratta di una valuta elettronica gestita dal social network: per la prima volta è spendibile in una progetto di commercio elettronico collegato con il territorio. Sono seicento milioni gli utenti attivi del social network nel mondo: 250 milioni accedono alla rete sociale online da smartphone e altri dispositivi mobili. Che abilitano la visualizzazione degli sconti anche nelle vicinanze dei negozi attraverso il display del cellulare.
Ma Google ha anticipato Facebook di pochi giorni. La scorsa settimana ha varato la piattaforma Offers: gestisce l'accesso degli utenti a promozioni e coupon offerti dalle attività commerciali locali a New York e in altre due territori degli Stati Uniti, la baia di San Francisco e l'Oregon. Secondo Google il risparmio arriva fino al 50% del prezzo. Inoltre il sistema operativo Android degli smartphone è predisposto alle transazioni attraverso tecnologia nfc: per pagare basta avvicinare il cellulare a un dispositivo di lettura.
Eppure a contendersi gli sconti sul territorio sono per adesso soprattutto tre piattaforme negli Usa. Groupon ha le sue radici a Chicago: prevede lo sbarco in borsa tra agosto e dicembre puntando a una valutazione iniziale tra 15 e 20 miliardi di dollari, secondo il Wall Street Journal. Ha raccolto finanziamenti da alcuni tra i principali fondi di venture capital, come Andreessen Horowitz e il gruppo russo Dst: l'anno scorso ha ottenuto investimenti per 950 milioni di dollari. Groupon è stato tra i primi a trasferire su internet l'esperienza dei gruppi di acquisto associata con offerte promozionali quotidiane, segnalate attraverso una newsletter e proposte dalle attività commerciali in città, come ristoranti, bar, negozi. Ha dichiarato di avere 60 milioni di iscritti. Ma i colossi dell'ecommerce non si sono fatti trovare impreparati. Amazon ha acquistato LivingSocial per sperimentare le vendite con i coupon digitali e l'integrazione tra ecommerce e community. Invece eBay ha inglobato due start up: Milo e, di recente, Where per arrivare agli scaffali delle attività commerciali locali.
di Gianni Rusconi su IlSole24ORE.com
E' ovvio, le aziende (sveglie) sono interessatissime a sistemi che possano trasformare l'esposizione ad uno spot in una visita sul punto vendita, in una prova del prodotto, in un'interazione "fisica".
Sicuramente, allora, saranno interessatissime a questa idea di Pepsi negli US, che funzionerà così:
1) Installare sul proprio iPhone IntoNow, un'applicazione un po' stile Shazam, che attraverso il microfono del telefono riconosce i programmi TV (cioè vi sa dire che episodio, di che anno, di che serie state guardando etc).
2) Andare a caccia sulla TV del nuovo spot Pepsi Max dedicato alle glorie del baseball
3) "catturare"/ taggare il nuovo spot con l'app sul telefonino
4) scegliere un punto vendita comodo e ottenere un buono per una bottiglia gratis del prezioso prodotto.
La tecnologia btw è analoga a quella applicata sull'iPad per il programma MyGeneration (leggetevi questi mio articolo per approfondimenti ulteriori).
Un filo macchinoso? Si', però ha un effetto novelty e magari è anche divertente. Per un po'.
Qualche altro approfondimento su Mashable.
L’80% dei cittadini statunitense si dicono intenzionati a non pagare alcunché per leggere le notizie pubblicate online dai siti dei più importanti quotidiani d’America. Questo il risultato di un sondaggio condotto da Adweek e Harris nel marzo del 2011.
Tra coloro che invece si dicono disposti a contribuire in qualche modo al sostentamento dei portali news pagherebbe, nel 14% dei casi, una cifra compresa tra 1 e 10 dollari al mese, mentre solo una piccola frazione degli intervistati (il 4%) sborserebbe tra gli 11 e i 20 dollari ogni trenta giorni.
Il destino del paywall, dell’accesso a pagamento ai siti dei giornali che tanto sta spopolando negli ultimi mesi, sembra dunque segnato in partenza da foschi presagi e da una popolarità decrescente. Nel dicembre 2009, infatti, erano 23% gli americani favorevoli alla sua adozione.
Via Quo Media
Oltre alle app, gli utenti di smartphone e tablet dotati del sistema operativo di Google potranno presto scaricarsi anche le nuove pellicole sfornate dalle major del cinema. La possibilità di noleggiare film dall'Android Marketplace, il negozio virtuale di applicazioni per device mobili della casa di Mountain View, è infatti una delle novità che arrivano da San Francisco dove si è svolta la conferenza I/O per gli sviluppatori. Il servizio permetterà di scaricare in modalità streaming il file digitale su pc, computer a tavoletta e cellulari.
La musica "cloud based" Il colosso Usa del web, ha anche annunciato anche di avere lanciato un servizio di musica online, disponibile per un primo tempo solo su invito. Secondo le prime indicazioni, il nuovo servizio permetterà di «scaricare una collezione di musica per ascoltarla dappertutto». Di Google Music, servizio "cloud based", se ne parla da mesi ed è considerato dalla comunità tecnologica un ulteriore fronte di sfida fra Google ed Apple. Quello della musica da fruire (a pagamento) da Internet è come noto un business assai ambito e per questo la società californiana sembra pronta a lanciarsi decisamente in questo mercato con una soluzione che permetterà agli utenti di riprodurre la propria musica preferita direttamente dai tablet o dagli smartphone su cui gira il sistema operativo Android (dalla versione 2.2 in avanti).
Magic moment per l'ecosistema androide L'evento dedicato agli sviluppatori era l'occasione per ribadire il momento di grazia di Android e del suo ecosistema e Google ne ha ovviamente approfittato per snocciolare numeri su numeri. Dai 100 milioni di dispositivi oggi in circolazione basati per l'appunto sulla sua piattaforma mobile ai 310 diversi modelli di terminali androidi in vendita in oltre 110 Paesi al mondo, dai 36 produttori di cellulari ai 215 carrier telefoninci che hanno adottato Android per finire in bellezza con il numero di sviluppatori, salito a 450mila, che scrivono applicazioni sfruttando il codice open source del software di Mountain View. Un esercito che in Google contano di sfruttare al massimo per vincere la guerra delle apps con Apple (in primis), Microsoft e Research in Motion ed aumentare il numero di nuovi dispositivi attivati ogni giorno, salito a 400mila.
Arriva Android 3.1 L'atteso aggiornamento della piattaforma, intanto, è arrivato e Android 3.1 si può a tutti gli effetti definire la prima evoluzione dell'attuale sistema operativo per tablet di Google, e cioè Honeycomb, installato su tutte le tavolette (Samsung, Motorola, Htc, Lg) di nuova generazione. Le novità riguardano alcuni affinamenti dell'interfaccia utente, il già citato nuovo servizio per il noleggio dei film e la capacità di collegarsi via Usb a periferiche quali tastiere e controller di gioco. Sui telefonini, invece, l'aggiornamento in arrivo nel quarto trimestre si chiama come già noto Ice Cream Sandwich e porterà di fatto sugli smarphone Android le funzionalità, anche a livello di user interace, della versione 3.0 (Honeycomb).
Domotica stile Mountain View A completare il quadro della prima giornata della I/O conference è quindi arrivato Android@Home, e cioè un sistema aperto agli apparati di terze parti che ruota intorno al software di Google e che aspira a diventare il cervello digitale della casa. In poche parole tutti i dispositivi Android presenti fra le mura domestiche parlano fra di loro e non si limitano ai soliti smartphone, tablet, computer e Tv: in futuro il software di Google comanderà le luci e i sistemi di irrigazione per le piante, le applicazioni che lo supportano interagiranno con cyclette di nuova generazione per monitorare il battito cardiaco. Tutto in attesa dei botti di domani, fra cui in lista c'è quello del primo netbook con sistema operativo Chrome OS, nome in codice Alex, prodotto su cui dovrebbe apporre la propria firma Samsung.
Google music brucia sul tempo iCloud di Apple Tornando a Google Music, il servizio - hanno confermato alcuni executive della società - si presenterà con i connotati di servizio in streaming e per il momento opererà ancora in modalità di test. Music Beta by Google è non a caso la sua definizione precisa e sarà ristretto inizialmente a una selezionata lista di utenti e non al grande pubblico. L'annuncio, in ogni caso, arriva prima di quello di Apple, che dovrebbe togliere i veli al proprio iCloud.com (in poche parole la versione nella nuvola di iTunes) a giugno, in occasione della sua Worldwide Developer Conference.
E segue quello di Amazon, prima ad aver tracciato il solco di questa nuova frontiera della musica digitale, che offre a milioni di persone la possibilità di gestire le proprie canzoni direttamente via browser, senza preoccuparsi quindi di archiviare file nel pc o in hard disk esterni, sfruttando i server dei provider. Music, in estrema sintesi, funzionerà così: gli utenti in possesso di un account Google ascoltare potranno caricare nella piattaforma cloud di Mountain View le proprie canzoni e lì potranno ascoltarle, in qualsiasi momento, attraverso i propri device - che supportano Adobe Flash, e quindi iPhone, iPod e iPad sono tagliati fuori - collegati in Rete.
di Gianni Rusconi su IlSole24ORE.com
L’intesa è fatta: Microsoft si aggiudica Skype per 8,5 miliardi di dollari, con grande stupore degli analisti, che avevano stimato il valore del servizio VoIp tra i 4 e i 4,5 miliardi, con buona pace di Facebook e Google, che a loro volta avevano messo gli occhi su Skype, e con qualche preoccupazione degli addetti ai lavori per una mossa quanto meno azzardata.
Innanzitutto, Microsoft ha strapagato Skype. L’ultima offerta nota alla stampa di settore era quella avanzata da Google poco più di una settimana fa: 4 miliardi di dollari. Molto, ma comunque meno della metà rispetto a quanto sborsato da Steve Ballmer quest’oggi. In prospettiva poi, sarà difficile monetizzare l’acquisto: Skype è sul libro nero di tutte le compagnie telefoniche, che non sopportano l’idea di un programma che consenta di chiamare gratis ovunque. Ergo, gli operatori faranno finché possibile fronte unito contro la diffusione del servizio su smartphone e affini.
C'è poi il problema del bilancio. Skype, nonostante l’enorme popolarità e un’utenza di circa 660 milioni di persone, non riesce ad avere guadagni adeguati: 860 milioni di dollari di profitti per un servizio così diffuso non sono molti, mentre la società ha chiuso il 2010 con perdite per 7 milioni, segnale di un business che fatica a decollare davvero, al di là dell’immagine forte. Difficile immaginare modalità alternative con cui Microsoft possa trarre profitto dall’integrazione (per altro non semplice) del servizio VoIp in Windows o in altri software. Google ha dimostrato che un’utenza ampia può portare soldi solo tramite una altrettanto ampia raccolta pubblicitaria: ma Skype non è un motore di ricerca, non ne ha i numeri nè le caratteristiche, e gli investitori non correranno in aiuto di Ballmer e soci.
La vera motivazione dell’acquisto risiede nella volontà di rilancio del marchio Microsoft, decisamente sotto tono rispetto all'epoca d'oro degli anni '90. Non a caso, negli ultimi mesi Ballmer ha concentrato la propria attenzione su tutte le attività più intriganti, dal punto di vista del marketing, del colosso di Redmond: Xbox, Kinect, l’accordo con Nokia e, infine, Skype. Proprio la partnership con Nokia, cui Microsoft fornirà il sistema operativo per i prossimi smartphone, potrebbe rendere munifica l’acquisizione di oggi. La percentuale di accessi al web in mobilità cresce in maniera spaventosa, con gli smartphone che in Europa hanno incrementato le vendite del 47% tra gennaio e marzo. In un futuro ideale, almeno secondo Microsoft, centinaia di milioni di persone accederanno a internet via cellulare e chiameranno così via Skype, aggirando le tariffe imposte dagli operatori e consentendo a Ballmer di far fruttare l’affare. Ma gli ostacoli alla costruzione di questo eden del ‘tutto gratis’ sono innumerevoli, e comunque Windows Mobile ha avuto scarso successo e bisognerà aspettare il 2012 per un rilancio nel settore mobile (via Nokia, appunto).
In definitiva: per ora, Skype non è che un trofeo nella bacheca di casa Microsoft, che ultimamente languiva impolverata a causa delle vittorie in serie degli avversari. Difficile dire quanto tempo servirà per valutare l’azzardo odierno, che potrebbe rivelarsi un boomerang letale per una società che vede a repentaglio anche il proprio dominio nel campo dei sistemi operativi per pc (con Windows) e dei pacchetti per ufficio (con Office). Di sicuro Google reagirà: a Mountain View già possiedono un servizio VoIp, Google Talk, e possono contare su Android, software per dispositivi mobili già in testa al mercato americano. A Redmond incrociano le dita, ma l’ultima mossa sembra quella della disperazione. O, volendo essere fiduciosi, una versione moderna del gioco delle tre carte.
Via Quo Media
I ragazzi italiani sotto i diciotto anni spendono in media sette ore al giorno davanti a uno schermo, sia esso del computer o del televisore. Internet e la tv sono i due passatempi preferiti del Belpaese, almeno secondo una ricerca condotta dal Forum delle associazioni familiari su 1.300 giovani e giovanissimi di nove regioni e presentata in occasione della Giornata internazionale della famiglia.
I ragazzi tra i 7 e i 18 anni guardano in media la televisione per cento minuti al giorno e il 34% per più di tre ore; il cellulare, anche se non continuativamente, viene utilizzato per oltre due ore al giorno. L’uso di internet è di circa un’ora, a cui però si aggiungono altri 77 minuti di collegamento a Facebook e altri social network.
Via Quo Media
Tornano a calare gli investimenti pubblicitari in Italia. Il mercato nazionale ha iniziato il 2011 con segno negativo, in ribasso del 3,2% nel primo trimestre dell’anno. I dati raccolti da Nielsen mostrano la flessione su tutti i mezzi di comunicazione escluso il web.
La televisione nel suo complesso (includendo quindi i canali satellitari) ha chiuso l’inverno al -2,9%, con una raccolta di poco superiore a 1,2 miliardi di euro. Continua a soffrire la carta stampata, ma a differenza dello scorso anno, nel periodo in esame, il calo ha penalizzato più i quotidiani (-4,6% tra gennaio e marzo) che i periodici (in ribasso del 2,1%). Flessione importante anche per la radio (-5,0%), mentre aumentano gli investimenti pubblicitari su internet (+14,9%) e direct mail (+1,0%). La rete resta motore propulsivo per il settore, anche a causa dei costi ridotti. Le previsioni per il prosieguo del 2011 dicono di un leggero miglioramento, grazie soprattutto alle buone performance delle emittenti televisive digitali.
Via Quo Media
|