Di Altri Autori (del 03/09/2010 @ 07:17:22, in Media, linkato 1580 volte)
L’integrazione tra internet e televisione è il tema tecnologico caldo per la nuova stagione invernale dei grandi marchi del settore hardware e entertainment. Sony ha annunciato il lancio dei suoi nuovi servizi digitali che favoriscono la convergenza tra rete e piccolo schermo.
Nasce, grazie alla collaborazione con Google, Sony Internet tv. Gli apparecchi della casa giapponese si avvarranno delle applicazioni sfotware sviluppate a Mountain View e del suo browser Chrome, che permetterà agli utenti di navigare a tutti gli effetti il web direttamente dal televisore.
Il primo mercato a essere sondato dal nuovo sodalizio sarà quello americano, che tra l’autunno e l’inverno accoglierà i primi modelli di tv integrata di Sony dotati di tecnologia Biv (Bravia Internet Video), che tramite apposite app abilita l’accesso ai contenuti digitali dei social network e dei siti web affini. Il sistema funzionerà in simbiosi con Qriocity, servizio che offre contenuti on demand in streaming (film e video, per il momento). Si potranno integrare nel sistema anche la consolo Ps3 di Sony, i suoi lettori Blu Ray, gli impianti home theatre e, tra pochi mesi, anche i computer della serie Vaio. Il tutto senza la necessità di decoder o dispositivi terzi.
Negli Usa, la visione di un film a definizione normale costa 3,99 dollari, mentre per l’alta definizione il prezzo sale a 5,99 a visione. In Europa, a partire da novembre, sarà invece possibile acquistare la visione (anche multipla) a termine di scadenza di 14 giorni.
L'evento di oggi al Museo di Arte moderna di San Francisco (in programma alle 18.30 ora italiana e trasmesso in webcast su YouTube) non aggiungerà nulla di più a quanto si è detto e scritto nelle ultime settimane. Google infatti terrà a battesimo, così dicono i portavoce della casa californiana, "un'importante innovazione relativa all'infrastruttura tecnologica alla base del proprio motore di ricerca" e stando a quanto si è appreso annuncerà "Goggles", applicazione di search per immagini. Il menu che stanno preparando per Natale a Mountain View va però ben al di là della specialità con la quale la società californiana ha scalato le vette dell'universo hi-tech.
Tv e musica, infatti, sono le due nuove ambizioni di Google e rappresentano, a giudizio di vari esperti ed analisti, il guanto di sfida totale ad Apple ed al suo ecosistema. Lo store musicale che farà concorrenza ad iTunes - il negozio della Mela cattura circa il 70% delle vendite di brani digitali negli Stati Uniti e vanta oltre 160 milioni di utenti in 23 Paesi - e che si dovrebbe chiamare Google Music Store è in procinto di aprire i battenti prima delle festività natalizie. Le trattative con le major del disco sono quindi febbrili - occorre definire i termini degli accordi di licenza d'uso delle canzoni e dei video protetti dal "lucchetto" digitale Drm (Digital rights management) – e di pari passo si stanno perfezionando le funzionalità operative del servizio. Che secondo i rumors della Rete sarà logicamente aperto a tutti i dispositivi mobili basati su Android – in quest'ottica antagonisti diretti di iPhone e iPad - e sfrutterà le tecnologie alla base del motore di ricerca proprietario.
Il progetto è stato affidato ad Andy Rubin, vice presidente di Google e "cervello" del sistema operativo mobile del colosso californiano (la cui versione 3.0 sarà rilasciata in autunno) e sarebbe proprio una sua precisa scelta quella di abilitare il negozio on line per il download a servizio "cloud based", in abbonamento, attraverso il quale poter riprodurre in modalità streaming i file multimediali direttamente sugli smartphone e sui tablet androidi e non si conoscono ancora i dettagli ufficiali del progetto. connessi in Rete. Che impatto potrà avere la discesa in campo di Google nella musica digitale è ovviamente presto per dirlo; c'è chi fa notare, riconoscendo le enormi potenzialità della regina dei motori di ricerca, che anche Amazon aveva tutte le credenziali per sfondare ma il suo store per la vendita di canzoni ha conquistato poco più del 12% del mercato. Come dire: il successo di "big G" non è scontato e dall'altra parte della barricata c'è una rivale che al momento non sembbra sbagliare un colpo. L'ultimo servizio di social network lanciato da Apple per seguire e condividere con gli amici le novità degli artisti preferiti, Ping Social Music Discovery, è stato utilizzato da oltre un milione di utenti iTunes in meno di 48 ore; la risposta di Google in tal senso potrebbe essere "Google Me, soprattutto se questo fosse strettamente integrato con il nuovo store musicale e con YouTube. In definitiva sfida senza esclusione di colpi, che troverà presto un ulteriore campo di battaglia nel piccolo schermo televisivo.
Tv e servizi on demand, ma la "vera" guerra sarà per la pubblicità La Google tv, la nuova televisione via Web che vede in Sony e Intel due partner eccellenti, sarà disponibile negli Stati Uniti in autunno e nel 2011 anche in Europa. Lo ha confermato di persona all'Ifa di Berlino (ieri) il Ceo Eric Schmidt, dando un po' di sostanza a quello che sarà un passaggio importante nella strategia della casa californiana in campo media: si navigherà in Rete via browser (Chrome) e si accederà a un'ampia gallery di contenuti video, gratuiti e a pagamento. Proprio la possibilità di offrire on demand show Tv e film in prima visione è l'altra faccia dell'offensiva televisiva di Google: la società è infatti in discussione con le grandi firme dell'industria dell'entertainment per predisporre un servizio di "pay per view" in streaming (con costi, si dice, nell'ordine dei cinque dollari per singolo titolo) appoggiato su YouTube. Che sia anche questa una riposta all'ultima trovata di Steve Jobs – la nuova Apple Tv e la possibilità di scaricare spettacoli televisivi e film da iTunes rispettivamente a 99 centesimi (servizio attivo solo negli Usa) e a 4,99 dollari – è fuor di dubbio. Ma Google, su questo fronte, se la dovrà vedere non solo con la società della Mela. All'Ifa Sony ha presentato nei giorni scorsi la nuova piattaforma Qriocity per offrire attraverso tutti i suoi prodotti (Tv Bravia, sistemi di home theatre, lettori Blu Ray, playstation 3) il noleggio on demand, sempre in streaming via Internet, di un'ampia collana di film e programmi Tv. Amazon sarebbe pronta a fare lo stesso, entrando in campo in tempo per Natale con un servizio "Web-based" per l'accesso illimitato a film e programmi in streaming, tramite specifico abbonamento e su pc, televisori con connessione Internet, lettori Blu-ray e la console Xbox 360 di Microsoft. Di questa partita fanno quindi parte anche specialisti dei media digitali come NetFlix e Hulu, assai popolari negli Stati Uniti. Per tutti c'è un obiettivo a cui tendere, ben più sostanzioso del business legato alle vendita e al noleggio di film e show: quello della pubblicità televisiva, una torta che vale su scala mondiale circa 180 miliardi di dollari. Una torta su cui Apple e Google vogliono ovviamente metterci le mani.
Su YouTube arriva il primo spot interattivo. A produrlo è la compagnia francese Buzzman, per promuovere il bianchetto tedesco Tipp-Ex. Nel filmato un cacciatore si trova in un bosco, ma all’improvviso deve affrontare un orso.
L’utente può scegliere come far proseguire la storia (decidendo se sparare o meno all’orso) premendo uno dei due pulsanti che compaiono nel video. Il filmato è stato visto 4 milioni di volte in due settimane.
Ecco il consueto aggiornamento dei dati Audiweb, tanto per avere il famoso numero degli utenti italiani di Internet.
Gli utenti con accesso alla rete a Luglio sono 23,8 milioni. Nella press release viene data grande enfasi al fatto che in un anno sono cresciuti del 10%. Resta il fatto che a Maggio 2010 erano sempre 23,8 milioni. Ad aprile erano 23,6.
Dato più interessante è invece quanti sono quelli che effettivamente usano Internet (non quelli che potrebbero usarlo) - e quindi il numero di utenti attivi nel giorno medio. A Luglio sono stati 10,8 milioni. Erano 11,7 a Giugno e Maggio.
Si è navigato in media 1 ora e 28 minuti al giorno, con una leggera contrazione rispetto ai mesi precedenti. Si sono viste in media 166 pagine per persona (non è cambiato quasi nulla).
Altre informazioni significative:
"Il 43,6% della popolazione italiana con più di 2 anni accede a internet almeno una volta al mese. Più in dettaglio, risultano 6 milioni gli uomini e 4,8 milioni le donne online nel giorno medio, con una maggiore concentrazione nell’area geografica del Nord-Ovest in cui si registra un dato medio quotidiano di 3,3 milioni di utenti attivi (il 22,4% della popolazione di riferimento).
Nel mese di luglio si conferma una maggiore concentrazione dell’uso di Internet nei giorni lavorativi (lunedì – venerdì), in particolare il lunedì che registra una media giornaliera di11,685 milioni di utenti attivi e 180 pagine viste per 1 ora e 34 minuti per persona. L’accesso a internet cala nel fine settimana (sabato – domenica), con circa 9 milioni di utenti attivi nel giorno medio per 1 ora e 22 minuti di tempo speso e 149 pagine viste per persona.
Nelle fasce orarie pomeridiane e serali si registra un incremento di audience, con un dato pressoché stabile a partire dalle ore 12:00 (5,5 milioni di utenti attivi nella fascia oraria 12:00-15:00) fino alle ore 21 (5,4 milioni di utenti attivi nella fascia oraria 18:00 – 21:00). "
Un mercato che secondo gli analisti ha enormi potenzialità di sviluppo, non è privo di contraddizioni – la più "evidente": tablet o slate sono computer oppure no? – e che, per il momento, ha Apple al centro. L'iPad, e su questo sono tutti o quasi d'accordo, ha fatto da apripista ai tablet di nuova generazione e ne rappresenta il prodotto di riferimento, oltre che "best seller".
A Cupertino hanno capito subito di aver fatto un'altra volta bingo e vogliono sfruttare il fatto di avere un certo margine di vantaggio sulla concorrenza. Come? Aumentando la produzione mensile – siamo a due milioni di pezzi mensili ma l'obiettivo è di arrivare presto a tre e assicurare sempre e comunque la consegna di un iPad entro 24 ore dall'ordine – e nuova versione della tavoletta, con fotocamera frontale per le videochiamate e software iOS 4.2, pronta per arrivare a scaffale entro la fine dell'anno. Se Apple metterà sul mercato prossimamente un iPad in versione mini, con schermo da sette pollici (rispetto ai 9,7 pollici di diagonale dell'attuale) è al momento solo un'eventualità rimbalzata su blog e siti specializzati.
Nel 2010, stando alle più recenti stime pubblicate da iSuppli, poco meno del 70% dei dispositivi touch a tavoletta venduti saranno iPad; fra due anni, quando l'attesa carrellata di annunci di tablet e slate a firma di Samsung e compagnia sarà del tutto completata, per la società della Mela si prefigura una quota di vendite superiore al 60%, e quindi nell'ordine dei due terzi. Apple, questo l'assunto che emerge dai numeri, dominerà la scena di questo segmento almeno per un altro paio d'anni e per una ragione secondo gli analisti molto "semplice": l'assenza di competitor in grado di eguagliare la sua offerta di applicazioni e contenuti.
Acer e Asus caleranno il jolly di Android 3.0 Eppure nella lista dei pretendenti al trono c'è il gotha dell'industria hi-tech, aziende coreane e giapponesi in testa. Dell ha rotto gli indugi prima dell'estate lanciando la serie Streak negli Usa e nel Regno Unito, Samsung ha appena tolto i veli al suo Galaxy Tab, lo stesso ha fatto Toshiba con il Folio 100; Lg lancerà la propria tavoletta entro l'anno, al pari di Sharp, Acer e Asus. Per tutti il denominatore comune è Android ma a differenza delle altre le due taiwanesi scenderanno in campo, fra l'autunno e l'inizio del 2011, con un nuovo asso nella manica, e cioè la versione 3.0 del sistema operativo mobile di Google. Scelta tutt'altro che peregrina questa, visto e considerato che proprio da Moutain View, e nella fattispecie da Hugo Barra, responsabile dei servizi per la telefonia mobile della società, è arrivata nelle scorse ore l'ammissione che "Froyo" (la release 2.2 della piattaforma, l'ultima ) è stata concepita esclusivamente per gli smartphone e pertanto non può definirsi ottimizzata per l'utilizzo sui tablet. Uscita forse inopportuna - i prodotti annunciati a Berlino nel corso di Ifa 2010 non sono ancora arrivati nei negozi – ma di fatto sincera, nel senso che è ricorrente fra gli addetti ai lavori il fatto che solo la prossima edizione di Android, nome in codice "Gingerbread", supererà gli attuali problemi in fatto di accessibilità (tramite l'Android Market o gli store proprietari) e disponibilità di applicazioni e servizi.
La scelta sui tablet sarà infine una scelta di piattaforma, perchè in gioco ci sono – oltre a Apple iOS e Google Android – anche WebOS, Research In Motion e il suo sistema operativo BlackBerry e Windows 7. Nessuna delle tre sembra però al momento avere i requisiti per poter insidiare da vicino la grande sfida tecnologica e di marketing fra Cupertino e Mountain View. Lo slate che Hp sta sviluppando sul software open source acquisito con Palm promette bene ma rischia di arrivare forse troppo tardi sul mercato, per lo meno per puntare a un ruolo di primissimo piano. Le tavolette con a bordo il sistema operativo di Microsoft sono numericamente irrilevanti (la stessa Hp in chiave professionale, Asus, Msi, Viewsonic e pochissimi altri) rispetto a quelle Android mentre del fantomatico BlackPad se ne saprà qualcosa di più solo a novembre.
Eccoci di ritorno dopo una più che necessaria pausa estiva!
In questi primi giorni stavo ricapitolando dunque vari progetti aperti sui social media e mi ponenvo un quesito:in Italia oltre a Facebook, per uso consumer e non professionale, quali sono i servizi online realmente diffusi e utilizzati attivamente(su questo ho creato anche un sondaggio su Linkedin)?
Preciso cheper uso attivo intendo quelle attività dove c’è una reale partecipazione e produzione di contenuti, oltre alla fruizione di quelli creati da altri.Questa distinzione non è oziosa, per esempio nel caso di YouTube c’è una bella differenza fra chi guarda i video e che invece li crea e li pubblica. Inoltre in questo discorso storiflettendo solo sugli usi privati, generalisti e legati al tempo libero di persone non addette ai lavori.
In altri paesi, nella mia percezione almeno, strumenti come Twitter sono generalisti e di larga diffusione mentre in Italia sono ancora legati a mondi professionali o di interesse molto specifici. Anche lacrescita notevole del mobile surfingsembra però muoversi sopratuttoattorno alla sfera di Facebook o a servizi “classici” come la mail.
C’è da dire chequesta situazione di limitato utilizzo generalista e ludico non deve essere un freno all’utilizzo del social media marketing, anzi laspecializzazione dei vari strumenticostituisceun’ottima occasione per raggiungere determinati pubblici sulla base diuna corretta strategiaeselezione del target, senza contare la rapida evoluzione di questi fenomeni.
Mi piacerebbe peròconoscere la vostra opinione, a parte Facebook gli altri social in Italia sono usati in modo attivo, anche fuori da argomenti tematici e professionali? Ossia dove commentereste l’ultimo film visto o condividereste le portate della cena appena conclusa?
I grandi nomi dell’editoria mondiale, i tempi di magra, cercano nuovi mercati per rimpolpare i profitti. Il mondo dei tablet sembra interessare in modo particolare Condé Nast, colosso che pubblica, tra gli altri, Vogue, Gq e Wired. Secondo Nicholas Coleridge, managing director per la Gran Bretagna, nel futuro prossimo il 40% degli introiti pubblicitari del gruppo verranno dalla vendita delle applicazioni per iPad et similia.
Coleridge ha dunque annunciato il lancio delle app per il tablet Apple per quanto riguarda Wired e Vogue. Da dicembre, i lettori d’Oltremanica potranno sfogliare le due popolari riviste sui dispositivi mobili di ultima generazione, al prezzo di 3,99 sterline a numero, di poco inferiore al prezzo delle edizioni cartacee.
Di Altri Autori (del 17/09/2010 @ 07:52:50, in Brand, linkato 3394 volte)
Interbrand ha pubblicato il proprio rapporto annuale sullo stato di salute di più importanti brand mondiali, allegando allo studio la lista dei cento marchi più celebri. Classifica in cui la tecnologia la fa da padrone, ribadendo come gli anni Duemila abbiamo definitivamente consacrato al successo le società legate a web e nuovi dispositivi mobili: Ibm, Microsoft, Google, Intel, Nokia e Hp stazionano tutti tra il secondo e il decimo posto della graduatoria, a dimostrazione del fascino dei brand tecnologici (innovativi, freschi e profittevoli) sui consumatori ma anche sugli esperti di settore. In testa alla top100, con un tocco di classicismo novecentesco, si però trova Coca Cola.
Il successo dei device a tavoletta, iPad in testa, avrà impatti significativi sull'intera industria dei computer. E per una ragione molto semplice: perché tocca da vicino anche un'altra categoria di dispositivi mobili di assoluto gradimento presso il grande pubblico, vale a dire i netbook. Le stime di vendita per i pc bonsai confermano come il picco di massima popolarità sia stato però già toccato e come, nel medio termine, questo segmento andrà via via a ridimensionarsi in relazione all'ulteriore sviluppo del computing in mobilità.
Se, come ha dichiarato il Ceo di Qualcomm (la società che produce i chip Snapdragon per smartphone) Paul Jacobs, i tablet hanno già ucciso i netbook è comunque ancora tutto da vedere. Certo è che per il ruolo di device multimediale "sempre connesso e da portarsi ovunque" i netbook non sono più l'unica (e prima) scelta e lo dice il mercato. Nell'ultimo trimestre del 2009, secondo Gartner, i produttori spedirono sul mercato 10,5 milioni di unità; nei primi tre mesi di quest'anno si è scesi a quota 9,7 milioni e da aprile a giungo a 8,4 milioni. La tendenza al ribasso per i prossimi mesi, dicono gli analisti, difficilmente conoscerà un'inversione, anche perché praticamente tutti i pc vendor sono impegnati, quasi in modo ossessivo, ad estrarre dal cilindro un "clone" dell'iPad da portare quanto prima sul mercato.
Un recente studio di Informa Telecoms & Media afferma per contro che di smartpad - neologismo coniato per etichettare gli iPad e i suoi simili - se ne venderanno circa 50 milioni di unità nel 2012, cinque volte tanti quelli stimati più che ottimisticamente per quest'anno. Gli ebook reader "monofunzione", invece, toccheranno quota 14 milioni nel 2013 ma già l'anno successivo potrebbero subire un calo di domanda vicino al 10%. Quanto ai netbook, la prevista frenata alla curva di crescita, secondo Idc, ne limiterà la domanda mondiale a 45,6 milioni di pezzi nel 2011 e a 60 milioni nel 2013. E ancora: nel 2015, quando i tablet (la stima è di Forrester Research) copriranno ben il 23% delle vendite complessive di pc mobili negli Usa, la quota dei computer bonsai scenderà al 17%. Dati che da soli, se saranno confermati, spiegherebbero perché netbook e lettori di libri elettronici "stand alone" (come il Kindle di Amazon prima versione per intenderci) incontreranno presto un po' di difficoltà. La scelta dei consumatori potrebbe in altre parole cadere su terminali multifunzionali da comandare con le dita, capaci di essere al tempo stesso apparecchi multimediali, Internet device e telefoni intelligenti. Il resto lo fa, spesso, il prezzo di listino di questi prodotti.
Per Andrea Galbiati, country di manager di Asus per il nostro Paese, "pensare in prospettiva a un'incidenza del 20/25% dei netbook sulle vendite globali di pc portatili è una cosa ragionevole e logica". Occorre però fare attenzione a cosa si intende oggi per netbook: il prodotto evoluto con schermo da 11,6 pollici e prestazioni di tutto rispetto che si compra sopra i 400 euro o il computer ultraportatile e con funzioni limitate che si può trovare a scaffale sotto costo (è avvenuto a luglio con un'operazione spot di un grande retaliler) a 149 euro? I volumi (e le quote di mercato) si fanno in larga parte con i prodotti da battaglia ma i margini si generano invece con i prodotti a maggior valore aggiunto. Per Samsung e Acer, in altri termini, potrebbe essere pericoloso introdurre sul mercato tablet che costano nell'ordine dei 700 euro quando sul fronte netbook hanno fatto il pieno di vendite con politiche di pricing particolarmente aggressive?
Secondo Galbiati, che ha confermato come la tavoletta di Asus sarà a piattaforma Android e arriverà non prima di fine anno (ma è molto probabile che il lancio sia deliberatamente spostato a inizio 2011), è necessario intanto fare chiarezza sul posizionamento di mercato dei tablet. "Prodotti come l'iPad – ha detto il manager di Asus – sono device multifunzione, pc e telefonini intelligenti tutto in uno, e non possono che costare di più rispetto a un netbook convenzionale, e quindi abbondantemente sopra i 500 euro al pubblico. Quanto ai mini portatili, oggi hanno cambiato profilo e se pensiamo ai nuovi modelli con processori dual core (come l'Eee Pc 1215N con schermo da 12,1 pollici, ndr) stiamo parlando di veri e propri notebook ultraportatili che non costano più nell'ordine dei 1.000 euro ma circa la metà". In definitiva i tablet hanno tutti i requisiti per sfondare e prendere di fatto il posto dei pc bonsai come complementi ideali del primo computer in dotazione. I netbook senza particolari attributi prestazionali rimarranno la prima scelta di chi vuole spendere poco mentre quelli di fascia "premium" se la vedranno con i notebook da battaglia. E poi ci sono ovviamente gli smartphone e gli ebook reader di nuova generazione. Per il consumatore c'è solo l'imbarazzo della scelta. E forse sta proprio qui il problema.
Il gruppo Ikea punta a raddoppiare nel prossimo triennio gli acquisti di prodotti dai paesi dell'Asia del Sud, fino a un miliardo di euro all'anno e sta facendo pressione affinché il governo indiano modifichi le rigide regole sugli investimenti esteri che bloccano l'apertura dei suoi magazzini. L'Ikea acquista già molti prodotti da circa 80 fornitori locali, come tessuti di cotone, tappeti, plastica, ma vorrebbe aggiungere anche coltelleria, pentole, piatti.
Il gruppo svedese è impaziente di aprire negozi in India, ma i regolamenti del paese impongono la creazione di joint venture con partner locali, limitando al 51% il tetto della partecipazione. Proprio per accelerare i tempi, la scorsa settimana il Ceo Mikael Ohlsson ha incontrato il ministro del Commercio indiano, Anand Sharma avanzando la richiesta di una modifica dei regolamenti perché, come riporta il Wall Street Journal, Ikea preferisce avere il più ampio controllo sulle proprie attività e il suo modello di business non prevede joint venture.
Il governo teme che i grandi magazzini possano danneggiare i piccoli commercianti locali. «Ma in un paese come l'India, con i suoi tassi di crescita (9% annuo) e il processo di urbanizzazione appena avviato - obietta Ohlsson - c'è una enorme richiesta di prodotti per la casa a basso costo. C'è spazio per tutti». Finora il governo non ha preso alcuna iniziativa e le ipotesi di apertura agli investimenti esteri in settori come il commercio al dettaglio, le assicurazioni e la difesa, sono rimaste solo sulla carta.
Ikea ha avuto un'espansione molto rapida sui mercati emergenti. In Cina ha già aperto 10 magazzini e altre aperture sono in programma a Pechino e a Shanghai. Nell'ultimo anno, il fatturato mondiale del gruppo è stato pari a 21,5 miliardi di euro, in 317 magazzini, sparsi in 38 paesi. In India il mercato delle vendite al dettaglio di prodotti di arredamento e attrezzature per la casa viene stimato 380 miliardi di dollari all'anno. Una grande opportunità. Il commercio organizzato rappresenta solo il 5%, il resto sono attività a conduzione familiare.
Ohlsson ha fatto presente al governo indiano che l'investimento dell'Ikea potrebbe creare decine di migliaia di posti di lavoro, non solo nei punti vendita, ma in tutta la catena di approvvigionamento. Il gruppo svedese intende comunque aumentare gli acquisti da fornitori locali, indipendentemente dalla realizzazione del progetto di apertura dei magazzini che, nel lungo termine, resta comunque l'obiettivo fondamentale. Nel frattempo l'Ikea ha già stanziato 125 milioni di euro nel prossimo quinquennio per sviluppare in India iniziative di tipo economico-sociale in collaborazione con Unicef e Save the Children, come ad esempio ridurre l'impiegno dell'acqua nella coltivazione del cotone, o eliminare il lavoro infantile.