Istat ha rilasciato il Rapporto Cittadini, imprese e ICT che ha fotografato usi e limiti nell’adozione della rete e dell’ICT in Italia da parte di cittadini e imprese. Quello che emerge, similmente a quanto già evidenziato dal Rapporto Censis, è un quadro in chiaroscuro. Se da una parte cresce la disponibilità di banda larga per le famiglie dall’altra, rispetto all’Europa, l’Italia è tra gli ultimi sei paesi nella graduatoria sulla diffusione della banda larga. Non bene neppure il fronte delle competenze: solo il 29,5% degli utenti di Internet ha competenze digitali elevate, la maggioranza degli utenti ha invece competenze di base (36,6%) o basse (31,4%). Inoltre vi è una nicchia di internauti che non hanno alcuna competenza digitale (2,5%, pari a 741mila).
E, ancora, se da una parte crescono le imprese che vendono via web (7,9% contro 6,3% del 2014) , è pur vero che soltanto il 12,8% delle imprese permette di effettuare online ordinazioni o prenotazioni dei propri prodotti (11,5 nel 2014) e solo il 10% ha venduto online i propri prodotti nel corso dell’anno precedente. Insomma, c’è ancora molta strada da fare.
CITTADINI
Sul fronte della banda larga tra il 2010 e il 2015 è aumentata la quota di famiglie che dispone di un accesso a Internet da casa, da 52,4 % a 66,2%. Tale trend di crescita si registra anche nell’ultimo anno (+ 2,2 punti percentuali ). E sono aumentate – da 41,0% a 64,4% – anche le famiglie con una connessione a banda larga. Il contributo più rilevante arriva dalle tecnologie mobili: crescono le quote di famiglie con solo banda larga mobile – da 6,6% a 18,6% – o che dispongono di entrambe le modalità di accesso – da 1,4% a 11,5%.
La notizia,come detto, di per sè fa ben sperare ma va ricordato che i dati, se paragonati all’Europa e alle richieste Ue in termini di diffusione e prestazioni della rete per il 2020, pongono l’Italia tra gli ultimi 6 paesi nella graduatoria per diffusione della banda larga5 con un valore pari al 74%.
Non bene neppure il fronte delle competenze digitali: la maggior parte delle famiglie che non hanno accesso ad Internet da casa indica la mancanza di competenze come principale motivo del non utilizzo della Rete (56,3%) e quasi un quarto (24,5%) non considera Internet uno strumento utile e interessante. Seguono motivazioni di ordine economico legate all’alto costo di collegamenti o strumenti necessari (14,4%) mentre l’8,2% non naviga in Rete da casa perché accede ad Internet da un altro luogo. Residuale è invece la quota di famiglie che indicano tra le motivazioni l’insicurezza rispetto alla tutela della propria privacy (2,3%) e la mancanza di disponibilità di una connessione a banda larga (1,7%).
Cosa si fa in rete
Il 71% delle persone che hanno navigato in Internet negli ultimi 3 mesi lo ha fatto per scopi culturali: il 52,5% ha navigato per leggere giornali, informazioni, riviste online e il 32,7% ha guardato video in streaming. Un italiano su quattro si è connesso ad Internet per guardare film in streaming (25,1%), ascoltare la radio (23,0%), guardare programmi televisivi (22,5%). I maggiori fruitori sono i 15-24enni, con l’eccezione della lettura di giornali, informazioni o riviste per la quale si verifica il contrario.
Quasi un terzo degli utenti (32,1%) pubblica sul web contenuti di propria creazione (come testi, fotografie, musica, video, software, ecc.) ma la quota sfiora il 50% fra i giovani di 18-24 anni. Il web si rivela anche un importante strumento per l’interazione sociale. Più della metà degli internauti (56,1%) lo ha usato per creare un profilo utente, inviare messaggi o altro su Facebook o Twitter; oltre l’80% dei 15-24enni utilizza un social network e, fra questi, sette su 10 vi partecipano quotidianamente (contro il 56,6% della media). Nel 2015, circa un terzo degli utenti di 15 anni e più (29,2%, circa 8 milioni 844mila di internauti, in aumento rispetto al 2014 quando raggiungeva il 26,7%) ha fatto ricorso ai servizi cloud per salvare documenti, immagini o altri file. Tali servizi sono utilizzati soprattutto dai giovani, in particolare tra i 20-24 anni (40,3%).
IMPRESE
Nel 2015, il 94,4% delle imprese con almeno 10 addetti utilizza connessioni in banda larga fissa o mobile (91,8% connesse in banda fissa, 63,3% in banda mobile). Considerando le imprese per tipologia di connessione utilizzata, oltre sei su 10 (60,7%) ricorrono sia a connessioni fisse che mobili: tale quota varia dal 93,4% delle imprese con almeno 250 addetti al 57,9% di quelle con 10-49 addetti. Tra queste ultime, quattro imprese su 10 non utilizzano ancora connessioni mobili per l’attività lavorativa. Il 5,6% delle mprese dichiara di non utilizzare connessioni in banda larga. Si conferma la crescita della connessione mobile in banda larga, da 60,0% del 2014 a 63,3%.
Nel complesso comunque l’adozione dell’ICT resta basso tra le imprese. L’87,6% delle imprese con almeno 10 addetti si colloca ad un livello ‘basso’ o ‘molto basso’ di adozione dell’ICT, non essendo coinvolte in più di 6 attività tra quelle considerate (la media europea è del 78%); il restante 12,4%si posiziona su livelli ‘alti’ o ‘molto alti’ di digitalizzazione. Secondo i ricercatori: “questo quadro è in parte riconducibile a fattori strutturali; la bassa dimensione media delle imprese può incentivare il ricorso a servizi ICT esterni all’impresa, che non vengono colti dagli indicatori descritti ma producono effetti positivi sulla competitività delle imprese.”
Per quanto riguarda la presenza online il 70,7% delle imprese con almeno 10 addetti dispone di un sito web (69% nel 2014); una impresa su quattro ha sul sito un link al proprio profilo social mentre il 37,3% utilizza un social media (32% nel 2014), soprattutto per finalità di marketing (29,6%). Ma se è vero che sette piccole imprese su dieci hanno un sito web e tre utilizzano un social media. Emergono forti differenze per classe dimensionale. In particolare il divario è consistente proprio nell’adozione di strumenti che rispondono meglio a esigenze di maggiore complessità aziendale quali l’utilizzo di software per la condivisione interna delle informazioni (Enterprise resource planning , 32,2% per le piccole contro 78,6% per le grandi), l’adozione di sistemi elettronici per lo scambio di informazioni con clienti e fornitori sulla gestione della catena distributiva (Supply Chain Management, 11,3% contro 36,5%) e di applicazioni informatiche per la gestione e l’analisi dei dati raccolti sulla clientela (Customer Relationship Management, 28,6% contro 52,4%). Il divario relativo più grande tra piccole e grandi imprese si registra per la velocità di download pari ad almeno 30 Mbit/s (11,2% contro 39,6%).
E-COMMERCE
Il 70,7% delle imprese ha quindi un proprio sito web, ma poco più di un terzo lo usa per offrire servizi più avanzati come quelli legati alla tracciabilità delle ordinazioni online o alla personalizzazione di contenuti e prodotti. Solo il 12,8% delle imprese permette ai visitatori del sito di effettuare online ordinazioni o prenotazioni dei propri prodotti (11,5 nel 2014); tale percentuale sale fino a coinvolgere una impresa su quattro fra quelle di maggiore dimensione. Nel corso del 2014 solo il 10% di imprese con almeno 10 addetti ha venduto online i propri prodotti nel corso dell’anno precedente (8,2% nel 2014); la quota sale al 29,6% nel caso di imprese con almeno 250 addetti, mentre scende al 6,7% considerando solo quelle imprese che hanno effettuato vendite online per un valore almeno pari all’1% del proprio fatturato totale.
Tuttavia nel complesso crescono le imprese che vendono via web (7,9% contro 6,3% del 2014) e tale canale di vendita continua a essere preferito rispetto ad altri canali online. Predominano quelle che hanno come compratori i consumatori privati (78,9%) rispetto ad imprese e amministrazioni pubbliche (58,7%). Il fatturato online cresce e si attesta al 9,2% del fatturato totale (7,1% nell’anno precedente): la quota è al 2,6% per le imprese con 10-49 addetti, al 10,7% per quelle con almeno 250 addetti ed è massima per quelle con 100-249 addetti che registrano un fatturato online del 18%. Continua a crescere la presenza sul mercato online delle imprese attive nell’editoria (da 67,0 dell’anno precedente a 82,6%) e nei servizi di alloggio (da 61,0 a 62,6%).
Via Tech Economy