Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
A distanza di poche ore Sharp e Sony si trovano costrette ad annunciare un pesante taglio nelle prospettive per il 2012. Sony ha delineato introiti per 20 miliardi di yen contro i 30 previsti in precedenza, Sharp ha registrato una perdita di 1,2 miliardi di yen nel solo primo trimestre dell’anno e sta pensando a 5000 licenziamenti per ristrutturare i conti aziendali.
Entrambi i gruppi, colossi mondiali della produzione di apparecchi televisivi, si trovano infatti a fare i conti con un prodotto che nonostante l’innovazione non è più in grado di trainare gli acquisti e stimolare il ricambio. Chi ha un tv, insomma, se lo tiene: il passaggio all’alta definizione è stato l’ultimo grande traino, il 3D ha incespicato in difetti tecnici e costi eccessivi e la grande macchina televisiva si è così arenata in una baia nella quale i grandi produttori hanno attraccato in attesa di idee.
Idee che, però, rischiano di non arrivare. Ed è questo il contesto nel quale si va ad incastonare il maggior pericolo per i vecchi equilibri del settore: l’avvento di nuovi grandi nomi che potrebbero sparigliare le carte e far proprio il mercato in tempi estremamente rapidi.
Via Quo Media
Facebook si avventura nel mondo del gioco d’azzardo online con il lancio della sua prima applicazione con cui gli utenti possono scommettere soldi veri. A partire dal oggi, stando a quanto riportato dal Financial Times, Facebook offrirà agli utenti maggiorenni del nel Regno Unito l’opportunità di giocare a bingo online per premi in denaro.
“Il gioco d’azzardo è molto popolare e ben regolamentato nel Regno Unito. . . per milioni di utenti di bingo è già un’esperienza sociale così ha senso per noi offrirlo“, ha commentato Julien Codorniou, a capo del settore gaming di Facebook in Europa, Medio Oriente e Africa. Una situazione legislativa favorevole, quindi, ben lontana dal mercato americano che solo ultimamente mostra lievi aperture verso il social gaming con denaro “vero” e non virtuale.
L’annuncio risponde alle molte speculazioni fatte da esperti e investitori sul come e quando Facebook, e altri siti di social networking, avrebbe introdotto prodotti di gioco per aumentare i ricavi. Ancor più seguito della disastrosa IPO e della progressiva perdita di fiducia degli investitori stessi. La mossa di Facebook nel Regno Unito è uno sviluppo significativo, secondo Clive Hawkswood, capo esecutivo della Remote Gambling Association, con sede a Londra un’associazione gioco d’azzardo online. “Un sacco di persone si chiedono perché l’abbiano fatto prima visto che c’è una difficoltà nel monetizzare ciò che hanno. Questo è un modo di portare dei ricavi” conclude Hawkswood.
Facebook lancerà il Bingo Friendzy app in una joint venture con Gamesys, uno dei più grandi operatori britannici di gioco online. Si parla anche di un successivo ampliamento dell’offerta, che potrebbe includere non solo il bingo ma anche giochi da casinò come blackjack e roulette, ma al momento nulla è confermato.
Via Tech Economy
Nel Regno Unito la vendita online degli e-book ha superato quella dei libri cartacei. Lo dicono i dati che Amazon ha riportato riguardo alle sue vendite in Gran Bretagna, in base ai quali emerge che per ogni 100 libri cartacei venduti si vendono 114 e-book. Un dato in linea con il trend mondiale che ha visto già gli Stati Uniti fare il “giro di boa” verso il digitale già nel 2011.
Amazon sostiene inoltre, che il rapporto tra libri cartacei e digitali è ridotto rispetto alla percentuale reale, poiché nel calcolo non sono conteggiati i libri disponibili gratuitamente sulla piattaforma nella versione “Free Kindle”.
Secondo Amazon, il salto nelle vendite è stato dettato anche dalla crescita delle vendite proprio del Kindle, un prodotto che sta prendendo così tanto piede in Gran Bretagna da convincere la catena di librerie Waterstones a mettere in vendita il Kindle nei suoi 300 punti vendita.
Ma i dati di Amazon evidenziano come l’azienda stia a poco a poco diventando anche un web editor forte, in grado di diventare poco a poco un editore a tutti gli effetti.
Alcuni degli autori più apprezzati dal pubblico britannico sono editi dalla stessa Amazon e questo, col tempo, potrebbe diventare un fattore non trascurabile. Tre di essi (Nick Spalding, Katia Lief e Kerry Wilkinson), rientrano addirittura nella top 10 dei libri per Kindle più popolari nel 2012.
Via Quo Media
Google se la ride, Samsung gongola, Apple può dirsi comunque soddisfatta. Questa la sintesi dei dati sul mercato smartphone nel secondo trimestre del 2012 raccolti da Idc. Il 68% degli utenti dei cellulari di ultima generazione possiede un telefono mosso dal sistema operativo Android, sviluppato proprio da BigG.
Una maggioranza schiacciante, che domina il settore soprattutto grazie a Samsung e ai suoi molteplici modelli. La casa sudcoreana, infatti, può contare sul 44% del market share, tra smartphone a basso costo e gli elitari Galaxy S II e S III, tutti motorizzati Android. Il software di Google spopola: rispetto al giugno 2011 la sua quota è cresciuta del 55%, con 102 milioni di dispositivi circolanti. In primavera, Samsung ha venduto 50,2 milioni di smartphone, mentre Apple si è fermata a 26 milioni, aggiudicandosi il 17% del mercato. Una cifra comunque buona per la compagnia americana, che può contare esclusivamente su iPhone. Il più recente è il 4S, che non ha convinto tutti, ma già c’è fermento per il lancio di iPhone 5, previsto per settembre.
Rim e Nokia, intanto, si leccano le ferite e giocano le carte della rinascita: i canadesi sono pronti con Blackberry 10, mentre i finalndesi puntano tutto su Lumia equipaggiato da Windows 8. Ma non prima di fine anno. Troppo tardi, forse, per una vera riscossa.
Via Quo Media
D’ora in avanti sarà possibile giocare d’azzardo su Facebook. Il social network ha aperto le porte a Bingo Friendzy, applicazione che offre la possibilità di vincere premi in denaro, almeno agli utenti britannici.
Negli Stati Uniti una app simile sarebbe illegale, quindi Zuckerberg e soci hanno deciso di concentrare le loro attenzioni sul Regno Unito, più permissivo in fatto di scommesse e azzardo online. Il gioco web non ha nemmeno l’autorizzazione dei Monopoli si Stato italiani.
Bingo Friendzy, ovviamente vietato ai minori di 18 anni, offre la possibilità di giocare al bingo e a una serie di mini-giochi a esso affiancati. Tra i progetti di Gamesys, società che gestisce l’applicazione, anche una collaborazione con Zynga per creare una CityVille dell’azzardo, con soldi reali a condire l’universo 2.0.
Via Quo Media
Il trend crescente che vede Pinterest come un social network particolarmente gradito all’universo femminile, sta rapidamente spingendo il mondo del business online a studiare nuove ed efficaci soluzioni per stimolare la parte “in rosa” dei social network. Soprattutto quella di coloro che, attraverso la condivisione di contenuti digitali (soprattutto foto e video), racconta e promuove esperienze di prodotto.
Ecco perché in poco tempo ha preso piede una startup come Boutine.com, che consente alle donne di creare la propria boutique online, ed attraverso il mix e la rielaborazione di prodotti e contenuti preesistenti, ”creare collezioni” o caricare le proprie produzioni. Pur non essendo l’unico in questo settore (Polyvore propone una soluzione simile), prevede in realtà un’opzione in più: la possibilità di fare del portale una piattaforma di mediazione per la compravendita dei prodotti realizzati o promossi dagli utenti.
In questo modo, boutine.com non è più soltanto un portale di condivisione, ma ha le potenzialità per divenire una vera e propria piattaforma di e-commerce. Un aspetto che sarebbe facilitato nella crescita business dall’esperienza del suo fondatore Prahmod Dabir, che era un professionista specializzato in investment banking.
Dabir e il suo Boutine.com puntano a raccogliere “l’ispirazione nella moda dalle utenti”, anche attraverso fenomeni di curation, ma sfruttandoli per potenziare i possibili business connessi all’e-commerce. Boutine.com infatti, organizza e presenta i pezzi che possono essere combinati tra loro dagli utenti per creare la proria “linea” di abiti e accessori e, tra quelli selezionabili, ci sono capi direttamente in vendita attraverso la piattaforma. Si tratta di più di 2mila singole voci tra borse, vestiti, gioielli ed altri accessori; con un prezzo medio di 150 dollari, attentamente selezionati e inseriti online da 75 designers.
Gli utenti possono anche caricare le proprie foto da Instagram, relative a “proprie collezioni” d’abbigliamento, così da poter individuare online i prodotti che siano abbinabili agli abiti e gli accessori che già si possiedono. Ogni collezione completa può essere condivisa con gli amici su tutte le principali piattaforme di social networking (Twitter, Pinterest, Facebook), oppure sul proprio blog sia attraverso i codici da incorporare sia con l’apposito plugin per WordPress. Quando un utente decide di acquistare un prodotto, la compravendita avviene direttamente tramite il portale, senza altri intermediari. È in quest’aspetto la formula di remunerazione del sito: boutine.com trattiene per se una commissione del 20% sui prodotti venduti, il resto va agli “stilisti” (cioè le utenti che hanno contribuito ad assemblare il set o a realizzare i prodotti) decurtato delle spese e di una provvigione pari al 10% che va alla titolare della boutique online che ha venduto il capo. Boutine si incarica inoltre di distribuire equamente un compenso, tra tutti coloro che hanno aiutato a portare a termine l’affare: blogger, stilisti e appassionati di moda (che rappresentano poi la vera parte attiva della piattaforma e generano “le collezioni” in vendita).
Il sito è oramai uscito dalla fase beta e si sta rapidamente diffondendo, facendo emergere già alcuni dati sui tempi d’impiego: mediamente 25 minuti a visita, con una media di 3 o 4 visite al mese per utente.
Segnali interessanti per un trend che potrebbe rapidamente attrarre anche brand, o settori della moda, ancora non coinvolti nelle realtà più ampie o di retail online come Yoox; oggi sempre più forte sul mercato grazie alle nuove partnership.
Via Tech Economy
Come molte altre Web Company, anche Yahoo ha deciso di dedicarsi alla creazione di contenuti, mettendosi in gioco su un nuovo fronte commerciale. L’idea di Yahoo è stata annunciata in questi giorni: si tratta di un “social talk show” multimediale.
Il nome del talk show online è #HashOut, condotto da alcuni vip come Arnold Schwarzenegger, la ex moglie e giornalista Maria Shriver, la professoressa di Princeton Anne-Marie Slaughter; con loro anche il co-ideatore della celebre serie “Lost”, Damon Lindelof, e molti altri ancora.
Sarà, secondo gli ideatori di Yahoo, un “nuovo modo di raccontare le notizie” e soprattutto “il primo talk show interamente ideato e condotto sui social media”. Uno spettacolo che ospiterà, tra gli altri, nel suo salotto virtuale celebri autori americani: come Gary Shteyngart, la fondatrice di Jezebel Anna Holmes e il comico Baratunde Thurston.
La data di lancio ufficiale dell’innovativo progetto di Yahoo è ancora top secret e per ora dall’azienda invitano ad iscriversi alla mailing list dedicata per essere avvisati in tempo dell’uscita della puntata pilota.
Il progetto di Yahoo #HashOut arriva al momento giusto visto che altre aziende di video streaming e di e-commerce come Netflix, Amazon e Hulu, e addirittura Twitter, stanno lavorando anch’esse a nuovi progetti similari.
Via Tech Economy
Nel mercato per il mobile payment è ormai guerra aperta, con alleanze trasversali tra i leader dei pagamenti online e le più note catene in franchising al mondo. In particolare nel settore alimentare sembrano stringersi sempre più rapidamente dei sodalizi, come quello tra PayPal e la multinazionale degli hamburger McDonald’s.
In Francia McDonald’s ha avviato la sperimentazione in 30 dei suoi punti vendita, in cui è ora possibile effettuare pagamenti tramite il servizio PayPal con il proprio smartphone; se la sperimentazione avrà il dovuto successo, l’operazione verrà estesa gradualmente all’intera catena di fast food.
PayPal, di proprietà di eBay, ha già firmato accordi con più di 15 rivenditori, tra i quali Home Depot e Office Depot, affinchè accettino mobile payment tramite PayPal nei propri punti vendita. Ma un accordo con McDonald sarebbe molto più importante, considerando che ha più di 30mila punti vendita nel mondo. “McDonald’s sarebbe una vera balena – ha commentato Gil Luria, analista presso la Wedbush Securities – se i cliendi di McDonald’s potranno essere connessi ed ordinare attraverso una mobile app per poi pagare tramite PayPal, ne deriverebbe un’estensione incredibile della sua portata“.
McDonald’s aveva già dato una dimostrazione del sistema di mobile payment, alla sua conferenza per il franchisee a Orlando in Florida, all’inizio di quest’anno. Ora i portavoce dell’azienda confermano che questo, assieme alla sperimentazione avviata in Francia, fanno parte di un progetto che dovrebbe diffondere questa tecnologia nei prossimi 24 mesi.
Da tempo quindi il leader mondiale degli hamburger si sta rendendo competitivo sul mercato, anche per rispondere a tono all’espansione di servizi simili in altre catene di ristorazione. L’esempio lampante è quello frutto dell’accordo tra Square e Starbucks, che dovrebbe portare nel più breve tempo possibile ai pagamenti tramite smartphone in tutti i punti vendita della catena di caffetterie.
Secondo le dichiarazioni della compagnia, però, la vera svolta a livello di qualità del servizio riguarderebbe la possibilità di ordinare, oltre che pagare, tramite l’app per smartphone. Infatti, pare che nei 30 punti vendita in Francia, siano state approntate delle apposite corsie per chi ordina e acquista online. Perché il vantaggio di un sistema del genere sta per McDonald’s anche nella possibilità di ridurre drasticamente i tempi di attesa e le file nei suoi punti vendita.
Via Tech Economy
Si stanno sempre più diffondendo le applicazioni per il settore dell’e-health e l’idea di alcuni come Lee H. Perlman, Amministratore delegato di Happtique, è quello di dar vita ad una rivoluzione nel settore delle tecnologie applicate alla salute.
La sua società, che è un ramo della Greater New York Hospital Association, sta lavorando proprio alla creazione di un sistema che consenta ai medici di utilizzare e far utilizzare “app mediche”. Applicazioni che hanno obiettivi semplici come il mantenimento di obiettivi di fitness personalizzati sono già assai diffuse; bisogna, quindi, arrivare secondo gli esperti del settore ad app in grado di trattare patologie croniche come il diabete o le malattie cardiache. Accanto a queste anche applicazioni che gestiscono, ad esempio, il pagamento dell’assicurazione sanitaria e la prenotazione dei servizi medici. ”Fondamentalmente – spiega Perlman- stiamo dicendo che le pillole possono anche essere le informazioni, che le pillole possono essere anche connettività“.
I problemi non mancano ovviamente. Vi è ovviamente la questione della messa a sistema, nella misura in cui i dati devono essere in un unico formato trasferibile da un dispositivo all’altro, devono essere app compatibili con ogni smartphone in commercio; e ovviamente, devono ricevere le certificazioni ufficiali delle autorità di vigilanza.
Nonostante ciò alcune applicazioni sono già state sviluppate, e circa una decina, approvate dalla Food and Drug Administration. Poche, certo, ma in ogni caso la realtà USA si dimostra comunque un passo avanti ritenendolo un sistema valido anche per abbattere le spese sanitarie.
Basti pensare che negli USA, soltanto nel 2007, il costo per la cura e prevenzione del diabete sono costati al sistema sanitario nazionale 174 miliardi di dollari. Una cifra considerevole che nel lungo periodo potrebbe essere abbattuta dall’impiego di alcune app (anche se molte ancora oggi costano circa 100 dollari l’una al paziente). Alcuni scettici come John Moore, medico presso il Media Lab dell’MIT di Boston, ritengono che le “prescrizioni” proposte da Happtique non sono sbagliate; ma di certo troppo in anticipo sui tempi.
Ciò nonostante alcune delle app già approvate dalla FDA svolgono funzioni interessanti: per esempio, quella elaborata da WellDoc. La sua app si chiama DiabetesManager, ed è in grado di suggerire al paziente cosa sia più opportuno mangiare in determinati momenti della giornata, analizzando i tassi di zucchero nel sangue. Oltre ad utilizzare un algoritmo, in grado di analizzare i dati clinici, per poter inviare raccomandazioni al medico curante.
Il sistema funziona semplicemente grazie all’inserimento dei dati da parte dell’utente, combinati con le rilevazioni del dispositivo per il monitoring del glucosio, il quale viene collegato in wi-fi con l’app sullo smartphone. Un sistema che pare abbia dato risultati significativi già in fase di sperimentazione.
Il co-fondatore di MobiSante Sailesh Chutani, invece, ha creato una app e di un dispositivo a ultrasuoni compatibile con gli smartphone, così da rendere possibile “scannerizzazioni” mediche via mobile, oltre all’utilità per terapie che prevedono appunto l’impiego di ultrasuoni. Il dispositivo sia nelle sue parti hardware che software è stato già approvato dalla Food and Drug Administration.
Quello che spaventa molti è la raccolta di questi dati personali sensibili, in relazione alle proprie condizioni di salute, oltre al fatto che queste app sono viste da molti come il prodromo di altri tipi di sviluppi tecnologici. In particolare, chip sottocutanei che rilasciano farmaci o effettuano altri tipi d’interventi medici diretti, rappresentano il potenziale step successivo alle app “non invasive”. In ogni caso si tratta di un settore dalle enormi opportunità per tutte le aziende che si muovono trasversalmente tra il settore medico e l’ICT.
Via Tech Economy
Nokia, Samsung e Sony hanno preso parte ad una “alleanza”, nota con il nome di In-Location Alliance, formata da 22 aziende tecnologiche che ha come obiettivo quello di fornire delle mappe “indoor” di grande precisione ed utilità per l’utente. Grazie a questo servizio, che si prevede arriverà sul mercato a partire dal prossimo anno anche se conoscerà il suo boom solo entro il triennio 2015 – 2017, gli utenti potranno avere la possibilità di spostarsi in un posto usando la mappa interna dello stesso, anche senza ricezione GPS.
Le mappe funzioneranno tramite WiFi e Bluetooth 4.0 e permetteranno indubbiamente all’utente di vivere una nuova esperienza di navigazione, come mai prima d’ora. Il tutto con l’obiettivo di tenere al minimo i consumi di batteria da parte del dispositivo che si userà.
Le mappe interne sono la prossima frontiera della navigazione mobile e permetteranno agli utenti di trovare ciò che cercano in maniera ancora più precisa e veloce. Dal punto di vista delle imprese ci saranno altri nuovi modi di poter avere visibilità ed arrivare ad un numero ancora più grande di utenti e di potenziali clienti.
Oltre alle tre aziende citate in apertura, tra le altre partecipanti alla In-Location Alliance ci sono Broadcom, Nordic Technology Group e Qualcomm.
Una cosa che non ho potuto fare a meno di notare è la mancanza della Apple e di Google. Un segnale che l’azienda di Cupertino e quella di Mountain View sono sempre più sole sul “campo di battaglia”?
Via mobileblog.it
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