Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Si è aperta a Londra la Conferenza internazionale sul cyberspace che vede la partecipazione dei rappresentanti di 60 Paesi del mondo, oltre ai maggiori operatori del mercato internet.
Vantaggi socio-economici, sicurezza e affidabilità dell'accesso, cyber-crimine e sicurezza internazionale, sono gli argomenti oggetto della due giorni di conferenze fortemente voluta dal ministro degli esteri britannico, William Hague. Alla due giorni londinese partecipano rappresentanti provenienti da Stati Uniti, Russia, India e Cina, personalità della rete come Jimmy Wales di Wikipedia o Joanna Shields di Facebook.
Via Quo Media
Ho avuto la fortuna di partecipare nel giro di una settimana al 4th Iads-Igds IT Executive Meeting (Mestre) e al Forum Italiano Gartner Executive Partners (Napoli), incontrando CIO e analisti tecnologici provenienti dalle maggiori aziende italiane e da tutto il mondo.
Ho dunque avuto modo di sentire moltissime opinioni ed esperienze da cui trarrò senz’altro nuovi post, c’è però un primo tema comune a entrambi gli incontri e che mi piace evidenziare, ossia il mutamento organizzativo che sta interessando le persone che si occupano di tecnologia in aziende per cui quest’ultima non è il core business.
Da un lato infatti il cliente finale ha in mano sempre più tecnologia (smartphone, tablet etc) che lo abilita a interagire con l’azienda e con i propri amici, e questo tipo di device è poco padroneggiato dalle tradizionali strutture IT.
Dall’altro lato internamente alle imprese molte attività innovative sui social network, sul mobile e altri fronti come l’e-commerce sono portati avanti spesso dal marketing o da altri dipartimenti, che non coinvolgono in questo il mondo IT.
Alla fine però il cerchio si chiude perché tutti questi strumenti richiedono, presto o tardi, un’integrazione con i sistemi gestionali dell’azienda (che frequentemente non sono adeguati alle nuove necessità), coinvolgendo solo a quel punto il personale che in precedenza non aveva partecipato.
Mi ritrovo molto in questa constatazione, anche perché il mio ruolo in azienda mi porta quotidianamente a portare avanti l’innovazione coordinando le persone di marketing e del business in genere con chi gestisce i sistemi informativi.
Inoltre ciò conferma la mia visione sui nuovi media, che richiedono ormai una professionalità in grado di disegnare la strategia, con il know how complessivo di più aspetti e la capacità di dialogare con tutte le aree aziendali.
A medio termine dunque sarà sempre più necessario affrontare le nuove sfide, come ad esempio the big data (ossia l’analisi coordinata delle quantità enormi di dati che vengono da social, customer care etc.), con nuovi professionisti e un diverso modo di organizzare le risorse in azienda.
Secondo voi siamo pronti? Che esperienze avete in merito?
Gianluigi Zarantonello via Internetmanagerblog.com
I social network hanno diffusione ormai capillare, ma a dominare la scena è comunque Facebook, capace di coinvolgere un’utenza molto differenziata per età e gusti. Secondo una recente indagine di Forrester sul web statunitense, il 96% degli internauti che usano i social network è iscritto a Facebook.
Una percentuale stabile tra le diverse generazioni (anche per quanto riguarda gli utenti sopra i 65 anni d’età). Alle spalle di Mark Zuckerberg & Co., il vuoto o quasi. Il secondo sito più seguito è LinkedIn, che coinvolge il 28% dell’utenza 2.0 e riscuote successo soprattutto tra i professionisti adulti (30-50 anni, target designato). In terza posizione c’è Twitter, che catalizza l’attenzione dei più giovani, teenager e universitari.
Via Quo Media
C'è un'Italia che snobba gli odiosi rallenty della politica e tira dritto sulla strada dell'innovazione. E' il Paese dell'economia digitale e in particolare dell'ecommerce, un business sempre più solido che, secondo l'Osservatorio della School of Management del Politecnico di Milano (in collaborazione con Netcomm), nel 2011 varrà 8,141 miliardi di euro, +20% sull'anno precedente, quando la crescita 2010 sul 2009 era stata già di un buon 17 per cento (scarica qui report sull'ecommerce).
Numeri sui quali gli esperti non sono sempre d'accordo, ma comunque un boom sostenuto dalla “moltiplicazione” degli internauti, che nella fascia 18-64 anni hanno superato i 25 milioni, con il 35% di questi che ha fatto un acquisto online negli ultimi tre mesi. Parlando di settori, crescono bene tutti i comparti merceologici, con l'abbigliamento in pole position (+38%) grazie all'ottima performance di piattaforme come yoox.com. Seguono editoria, musica e audiovisivi (+35%), trainati da big come Amazon ma anche da merchant nostrani come Bol, Ibs.it e Feltrinelli. Per avere un'idea più precisa dei settori, degli 8 miliardi e cento la metà è fatta dagli acquisti online di viaggi (49%), il 10% dall'elettronica, il 10% dall'abbigliamento, il 9% dalle assicurazioni, il 3% dall'editoria e dalla musica, l'1% dai generi alimentari (grocery), mentre il rimanente 18%, classificato come “altro”, include servizi come le ricariche telefoniche, il couponing e i biglietti online.
Tutto molto bello, se non fosse che siamo ancora “piccoli”: il commercio elettronico italiano vale un sesto di quello inglese (51 miliardi di euro, +10% nel 2011), un quarto di quello tedesco (34 miliardi, +10%) e meno della metà di quello francese (20 miliardi, +12%).
di Daniele Lepido su IlSole24ORE.com
Per il 73% dei consumatori che acquistano online è importante, se non addirittura fondamentale, il costo delle spese di spedizione. Da uno studio americano emerge che, per il 70% degli utenti, risulta molto significativa per la scelta finale dell’acquisto da operare anche la gratuità della spedizione, seguite dalle promozioni speciali (62%) e dalla presenza di buoni sconto (56%). Un omaggio oppure le formule 3x2 sono invece considerate meno attrattive per gli acquisti.
Via Quo Media
Come sapete sto spingendo sempre di più i miei ragionamenti verso la logica della gestione del digitale come ecosistema che deve relazionarsi e sposarsi con tutta l’organizzazione aziendale, anche modificandone gli assetti con una logica sempre più ispirata ai principi delle reti sociali.
A questo proposito allora mi torna decisamente utile ragionare su di un’interessante presentazione cui ho assistito qualche giorno fa al Forum Italiano Gartner Executive Partners di Napoli, tenuta dall’analista Steve Prentice sul tema di “The Big Data“. Si tratta di un concetto che negli USA, ma anche nel mondo IT in genere, sta diventando popolare e studiato e che in buona sostanza ci porta a considerare le sfide poste dalla grande quantità di dati che oggi sono potenzialmente gestibili dalle aziende (e non solo).
La moltiplicazione dei punti di contatto con i clienti e tutti i possibili pubblici, l’interazione attraverso i social media, la reperibilità e storicizzabilità dei commenti che un tempo erano solo verbali si unisce dunque a tutti gli altri dati business per costruire nuove opportunità. Senza contare poi il tema dell’interattività e dell’ipertestualità diffusa e di tutti i feedback che potrebbe fornire.
Tutto questo ovviamente mette le aziende davanti a grandi temi gestionali per la cattura e la gestione di questi dati, vista la mole, la complessità e la varietà.
Dal mio punto di vista però l’aspetto cruciale è che tutto ciò ci obbliga a riportare il digitale in una logica strategica, in cui questo ampio mondo è tutto interconnesso e contribuisce in modo chiave alla costruzione del business. In altri termini, l’intero ecosistema deve essere ripensato dal punto di vista della big picture, mentre oggi spesso le attività sui nuovi media sono tattiche, scollegate e senza strategia.
La paura delle funzioni tradizionali rispetto a questo mondo deve dunque essere superata e il lavoro culturale riguarda tutta l’organizzazione, che deve incentivare le singole aree a considerare le proprie informazioni un patrimonio comune e non un tesoro da custodire per avere un vantaggio.
Anche il mondo dei professionisti del digitale deve uscire dalla dimensione dei praticoni che non capiscono e non riescono a farsi capire dalle aziende, strutturandosi in ruoli riconosciuti e lavorando su dati, ROI e misurazione dei risultati in un’ottica più ampia.
Questi cambiamenti sono secondo me già in atto ma si scontrano ancora con grossi limiti culturali, voi che ne dite? Che esperienze avete in merito?
Gianluigi Zarantonello via Internetmanagerblog.com
Secondo un rapporto di Econsultancy in collaborazione con e LBi bigmouthmedia, due aziende americane su tre hanno dichiarato che l’apporto fornito dai social media alla loro performance sul mercato è molto importante. Per il 43% i queste l’influsso è stato di media entità, e comunque tutte hanno avuto un incremento del 21% rispetto al 2010.
Sempre dal rapporto emerge però anche un dato inverso: sono diminuite, passando dal 40% del 2010 al 31% di quest’anno, quelle società che utilizzano esclusivamente i social media come canale di marketing.
Via Quo Media
I dati elaborati da Gartner per il terzo trimestre 2011 sono inequivocabili: a tenere a galla il mercato dei telefonini sono gli smartphone, la cui crescita in volumi anno su anno è stata del 42% grazie ai 115 milioni di apparecchi intelligenti venduti su scala globale. Per i cellulari nel loro complesso, invece, il saldo del periodo è in attivo solo del 5,6%, in virtù dei 440 milioni di pezzi finiti nelle tasche di consumatori, professionisti e top manager da luglio a settembre.
Gli analisti hanno comunque precisato che quest'ultimo dato va giudicato comunque buono e frutto in particolare della dinamicità della domanda di terminali a basso costo, dual Sim e "no brand" registrata nei mercati emergenti. E in vista delle non lontane vacanze natalizie, e cioè il periodo più caldo dell'anno per le vendite di telefonini, anche le scorte accumulate dal canale di vendita (è di circa 20 milioni di unità l'eccedenza di prodotto spedita dai vendor sul mercato nel terzo trimestre) andranno con ogni probabilità ad esaurirsi.
Tornando agli smartphone, Gartner fa notare come oggi questi rappresentino (nonostante una flessione in volumi del 7% rispetto al secondo trimestre 2011) il 26% del comparto mobile e come a contribuire all'ulteriore escalation delle vendite abbiano contribuito soprattutto Paesi come Cina e Russia, che hanno sopperito alla sostanziale staticità di domanda mostrata da Europa Occidentale e Stati Uniti e alla leggera contrazione esibita da America Latina, Middle East e Africa.
Fra i vendor, Nokia rimane in testa al ranking mondiale dei cellulari con una fetta del 23,9% anche se per la casa finlandese quello terminato a fine settembre è stato l'ennesimo quarter chiuso in rosso quanto a volumi di vendita (105 milioni contro 117 il raffronto anno su anno). Gartner è dell'idea che l'avvento dei primi Windows Phone del produttore scandinavo (i Lumia) possano iniziare ad invertire la tendenza da subito ma i primi concreti effetti della virata operata a inizio anno (con l'alleanza stretta con Microsoft) si vedranno solo a partire dalla seconda metà del 2012. Samsung, intanto, è sempre più vicina al trono (la market share del chaebol coreano è arrivata al 17,8%) e alle sue spalle, dopo Lg Electronics ed Apple (17 milioni gli iPhone venduti dalla casa di Cupertino, il 21% in più dello stesso periodo del 2010), a fare il salto in avanti più importante è stata la cinese Zte, che ha scavalcato Research in Motion, Motorola e Sony Ericsson issandosi al quinto posto assoluto della classifica (con una fetta del 3,2%).
Molto diverso, invece, lo scenario negli smartphone. A guardare tutti dall'alto verso il basso in questo comparto è infatti Samsung, che ha triplicato in un anno le sue vendite grazie ai vari modelli della famiglia Galaxy toccando in unità quota 24 milioni (circa un sesto del totale). La sfida fra la casa coreana ed Apple, dicono gli analisti, è già entrata nel vivo e non è escluso che a fine anno si possa concretizzare (alla luce dei preordini per il nuovo iPhone 4S e del taglio dei prezzi per il 3GS e la serie 4) un controsorpasso ad opera della società californiana.
Chi certo brinderà al 31 dicembre sarà Google. Fra i sistemi operativi per smartphone, Android ha infatti catturato una fetta del 52,5% della domanda nel terzo trimestre e il dato è praticamente doppio rispetto a quello registrato nel settembre 2010. Le difficoltà di Rim (la share dei BlackBerry è scesa all'11% su scala mondiale e sotto il 10% negli Usa) e il fatto che i nuovi Windows Phone 7.5 siano arrivati solo in ottobre hanno spianato la strada alla piattaforma mobile di Mountain View, che ha preso stabilmente il posto di Symbian (secondo Os del ranking, con il 16% di share) nel ruolo di software di riferimento nei telefonini intelligenti. Apple iOs, secondo i dati di Gartner, si è fermata al 15% ma dal conteggio mancano le vendite dell'iPhone 4S. Che con ogni probabilità ridurranno sensibilmente il gap che oggi il sistema della Mela paga nei confronti di Android.
di Gianni Rusconi su IlSole24ORE.com
La musica digitale fa oramai parte integrante della vita di milioni di persone sparse nel globo. Prova ultieriore sono i dati Ifpi che, fotografando a livello mondiale il mercato, certificano che nel 2010 sono state oltre 13 milioni le tracce disponibili negli store digitali e oltre 400 le piattaforme che vendono musica online in tutto il mondo. I ricavi derivanti dalla musica digitale sono stati pari a 4,6 miliardi di dollari con un +6%. Globalmente in 6 anni, il mercato della musica online è cresciuto del 1000%.
Secondo la Federazione industria musicale italiana “nonostante le difficoltà e le resistenze culturali ed infrastrutturali, legate soprattutto alla mancanza di un’agenda digitale seria e di lungo periodo, l’industria musicale italiana ha creduto e investito nella musica digitale ed oggi, nei primi nove mesi del 2011, la quota di mercato ha raggiunto il 23% con un fatturato di quasi 19 milioni di euro ed una crescita, rispetto allo stesso periodo dall’anno precedente, del 17%”.
“Cresce il download, crescono anche i ricavi basati sulla pubblicità, ovvero YouTube che, secondo gli ultimi dati Deloitte, sono aumentati del 39%. Molto è ancora da fare”, l’Italia, che si è sempre collocata come mercato discografico nei primi 10 Paesi al mondo, per il digitale “si colloca solo al 16° posto”.
Via Quo Media
Microsoft rilancia la sfida ai colossi del web, Facebook e Google, e si prepara a lanciare il suo social network. Il motto per l’esordio di Socl.com, questo il nome presunto del nuovo sito ideato a Redmond, non lascia spazio a dubbi: “Trova quello che ti serve e condividi ciò che sai”, ovvero un efficace riassunto del web 2.0 e delle intenzioni dei seguaci di Bill Gates.
Stando alle indiscrezioni, l’intenzione di Microsoft è quella di mescolare le attività di Bing, il suo motore di ricerca, con le tipiche funzionalità da social network. Gli utenti, invece di pubblicare il proprio ‘status’, inseriranno una domanda cui i contatti personali potranno rispondere, generando discussioni e arricchendo il tutto con materiali audiovisivi. Socl.com dovrebbe avere anche una sezione dedicata ai video integrata con YouTube, Vimeo e Dailymotion.
Ancora non è stata fissata una data di presentazione, ma sembra che il periodo di test sià già terminato. La fine dell’anno potrebbe essere quindi il momento ideale per l’approdo di Microsoft nel mondo 2.0.
Via Quo Media
|