Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Fenomeno mediatico o anche di business? Il dibattito su Second Life è aperto e viene ravvivato dalle notizie quasi quotidiane sul mondo virtuale creato dalla Linden Lab di Philip Rosedal nel 1999. Quello che è certo è che a differenza di altre esperienze simili presenti in rete, Second Life non è un gioco. Qui non ci sono territori da conquistare, nemici da sconfiggere, gilde da organizzare, così come il luogo non è popolato di nani elfi o mostri.
Certo, i partecipanti possono scegliersi l'avatar (il personaggio che li rappresenta in rete) preferito il che dà libero sfogo alla fantasia, ma spesso su Second Life si incontrano figure normali probabilmente fisicamente migliori del personaggio reale che che li guida di fronte al monitor. Nel mondo virtuale ci si può divertire andando in discoteca o chiacchierando con gli amici, ma si può anche lavorare impiantando una propria attività. Perché lì i soldi circolano. Si chiamano Linden dollar e al cambio ce ne vogliono circa 260 per un dollaro.
I residenti sono 4.448.481 (World of Warcraft ha oltre otto milioni di iscritti) un numero in continua crescita ma che è molto più alto rispetto ai frequentatori abituali. Sull'home page del sito, infatti, viene sempre riportato il dato delle persone online in quel momento. A seconda degli orari oscilla fra le venti e le trentamila persone cifre che in qualche caso mettono in crisi i server del sito. Se infatti molte persone si concentrano in una discoteca (sono le aree più frequentate) capita che l'immagine inizia ad andare a scatti. Il teletrasporto permette ai residenti di andare da un luogo all'altro.
Su Sl sono presenti 4.417 isole sulle quali è possibile costruire la propria casa. L'ha fatto anche il ministro Di Pietro in cerca di nuove forme di comunicazione e società come Gabetti, Adidas o Sony. L'investimento ovviamente varia a seconda del quantitativo di terra che viene acquistato. I prezzi del terreno vanno da un lotto minimo di 512 mq (l'affitto costa cinque dollari al mese) fino ai 195 dollari mensili per 65.000 mq. Scimmiottando il mondo reale anche su Second Life ci sono le zone di lusso e quelle un po' meno a la page. Per abitare sull'isola Federal o Sistina, due luoghi molto di moda, si pagano 39 Linden dollar al metro quadro. Alla fine grazie a queste e altre attività economiche Second Life ha un Pil che, secondo le stime di Fortune potrebbe essere superiore ai cinquecento milioni di dollari.
Cifre forse esagerate, mentre molto più reali sono i numeri di Anshe Chung Studios che entrata in Second Life nel 2004 è diventata l'azienda leader nello sviluppo e nella vendita di immobili virtuali e oggi fattura diversi milioni di dollari con una crescita del 10% mensile. Ma non bisogna farsi illusioni. Secondo e.files, il giornale di Bocconi Lab, in febbraio, più di 25.000 residenti hanno avuto un flusso di Linden dollar positivo, ma nel 53% dei casi si tratta dell'equivalente di meno di 10 dollari americani e nel 79% meno di 50. Alla fine gli straricchi, con un flusso positivo per più di 5.000 dollari sono solo 116 (su 4 milioni di residenti).
Luigi Ferro
Sony guarda al mondo virtuale di Second Life. L’azienda vuole trasformare i milioni di fan della sua Playstation 3 in avatar, vale a dire nel doppio virtuale del gioco in Rete. Il progetto a cui sta lavorando prevede un mondo tridimensionale come quello di Second Life in cui milioni di giocatori potranno confrontarsi, chattare, ascoltare musica e creare nuovi giochi. Il nome in codice del primo mondo virtuale per PS3 è PlayStation Home.
Il progetto è quello di un mondo tridimensionale integrato, accessibile gratuitamente da tutti gli utenti PlayStation 3 e progettato per dare vita a una comunità online di milioni di videogiocatori in tutto il mondo. La nuova formula sarà integrata nella Cross Media Bar, ovvero nel menu di PlayStation 3, potrà essere scaricato sulla console e permetterà di accedere gratuitamente al mondo online, con l'unica condizione di essere collegati in rete.
Via Pubblicità Italia
Zoppa, la prima start-up Italo-Americana sull’advertising si pèresenta con questo ambizioso pay-off: “join the revolution, advertising goes social”.
Una società invia a Zoopa.com il brief dettagliato sul tipo di video promozionale che intende ricevere e chiunque fosse in grado di montare un video,o di scrivere un concept può inviarlo e partecipare al contest. E’ un concorso "user contro user", in cui tutti i video postati sono condivisi in rete,votabili e commentabili. La ciliegina sulla torta è il compenso economico previsto per i tre vincitori(1000 $ al primo classificato e 500$ ai restanti due) al quale provvede il brand stesso.Attraverso il video, un concorrente esprime l’immagine che percepisce del brand (anche inconsciamente), o come dovrebbe essere a suo avviso per risultare vincente o comunque invia un feedback che la società deve interpretare ed analizzare attentamente.Non è il primo caso in cui si chiede “ai clienti di creare una pubblicità per loro stessi” ma mentre in passato si trattava di brand che autonomamente promuovevano un concorso loyalty oriented, Zooppa è un soggetto terzo che provvede ad offrire questo servizio alle società e lo comunica non solo ai clienti affezionati ma a tutti i visitatori del sito. Il brand deve solo indicare le linee guida, disporre di 2000 $ per i premi e può usufruire della visibilità del sito(al momento non ancora elevatissima) e della creatività dei concorrenti.
Non sarebbe giusto tralasciare l’aspetto esperienziale dell’iniziativa; creando video, soli o in compagnia,si vivono esperienze,emozioni,si interagisce con altri; la marca in un certo senso instaura un rapporto particolare con i videomakers; li stimola a ragionare sul brand, a vivere un’esperienza ad esso collegata,a mettersi alla prova condividendo on-line il video,ad attendere l’esito di una competizione dal carattere giocoso che prevede comunque un premio pecuniario.
Concludendo,l'idea è sicuramente orìginale ed adatta a coinvolgere un target giovane;per valutare la convenienza dell'investimento, la società che investe 2000 $ dovrà prima documentarsi sulle visite medie che il sito riceve ed al tempo stesso prendere nota del numero medio di user che partecipa al contest.Al primo concorso non hanno partecipato in molti, al secondo potete partecipare anche voi.
Nonostante l’impatto che Internet ha avuto sul consumo dei mezzi, la televisione resta comunque un mezzo diffusissimo e fortemente consumato: negli Stati Uniti l’adulto medio passa 2,5 ore al giorno davanti allo schermo, i bambini in età scolare ci passano 27 ore la settimana e quelli in età prescolare anche di più.
Il problema non è dunque solo la fuga dalla TV - anche se il calo negli US esiste e si sente da un quarto di secolo ( quindi non è solo colpa di Internet). Ma Internet, negli ultimi 10 anni ha fatto la sua parte - ed è uno dei fattori che spiegherebbe un calo del 35% delle audience in prime time.
Il problema che preoccupa gli operatori del settore è quello dell'attenzione prestata alla pubblicità e la sua capacità di influenzare atteggiamenti, comportamenti e acquisti. Così le aziende stanno guardando sempre di più a forme alternative di comunicazione e a mettere le mani sul content. Direttamente.
La maniera più semplice di occupare il contenuto con la propria marca è quella di sponsorizzare o di ricorrere al product placement – pratica che sta notevolmente crescendo negli USA. Quasi l’11% dei minuti di programmazione in prime time contiene ormai qualche tipo di riferimento ad una marca e, in alcuni casi, il tempo occupato dal product placement supera ormai quello dedicato alla pubblicità vera e propria.
Una strada ulteriore è stata aperta attraverso il product integration, ovvero la costruzione di episodi di serial o reality centrati su un prodotto o servizio, di cui abbiamo parlato qualche mese fa.
Proseguendo su questo cammino è risultato naturale agli investitori immaginarsi un passo successivo; impadronirsi di un intera serie, costruendosela su misura dei propri obiettivi di marketing. Costruire programmi per la televisione o film per il cinema (che vengono poi comunque riprogrammati sul media televisivo).
Anche se questa filosofia non è del tutto nuova, quello che è cambiato è l’attenzione data dalle aziende a questo approccio – che sta forse passando da un’applicazione marginale del proprio budget a un asse strategico della comunicazione aziendale.
Negli USA si sta dunque irrobustendo questo approccio al content televisivo, attraverso TV show, film e altri tipi di contenuti offline e online sviluppati dalle aziende stesse e dalle loro agenzie di comunicazione. Tanto che è già nata ed attiva una specifica associazione, la Branded Content Marketing Association, creata allo scopo di raggruppare gli addetti ai lavori e le aziende interessate e di contribuire alla creazione di know how e discussione su questi nuovi temi.
Gli esempi sul campo iniziano a farsi significativi, espandendo modelli già collaudati, come quello di Procter & Gamble che produce lo show “Home Made Simple” – un programma settimanale che da anni accompagna la vita delle famiglie americane; e che da qualche tempo viene complementato da un ricco sito web. Sempre in casa P&G non si può non citare l’attività di Gillette, che ha ad esempio tradizionalmente prodotto ricchi programmi televisivi come il Gillette World Sport.
Lo sport, è intuitivo, ha una parte rilevante nelle nuove produzioni, per la facilità di questo tema di attirare audience. Nike ha dunque investito nella realizzazione di documentari ad hoc, mentre Pepsi Cola ha scommesso sulla produzione di “First Descent”, un film consacrato allo snowboarding e diffuso nei normali circuiti cinematografici (e successivamente ripreso dalle emittenti televisive). Anzi, l’azienda ha addirittura creato una unità cinematografica – la MD Films (dove la MD sta per Mountain Dew) che ha curato la produzione del lungometraggio, dove il soft drink appare in modo piuttosto discreto.
Pepsi starebbe inoltre considerando la possibilità di ripetere l’esperimento, producendo altri film a supporto di altre marche, centrandosi sui temi classici della sua pubblicità (come la musica) e su altri temi sportivi. E questa attività cinematografica integra attività televisive, come la produzione del Pepsi Max World Challenge, sorta di reality show a puntate, realizzato in occasione dei mondiali di calcio.
Sul pianeta giovani irrompe la generazione Y, la nuova generazione ''tutta virtuale'': il suo universo è infatti il web, il linguaggio è fatto di nuovi segni e nuove parole all'insegna, quasi esclusivamente, della realtà virtuale. I ragazzi fra i 18 e i 25 anni vivono di sms e di webcam, sono assidui frequentatori delle più famose communities online, come MySpace e SecondLife, non si perdono un video su YouTube, per loro Skype non rappresenta problemi, hanno un blog come diario virtuale e utilizzano curiosi nickname al posto del loro vero nome. E' la 'Y Generation', il target privilegiato dalle più grandi aziende che operano nel settore della comunicazione, della tecnologia, della moda, dell'entertainment. In questo contesto Calvin Klein Profumi, che ha svolto la ricerca, ha fatto del termine Technosexual, icona della Y Generation in quanto nuova frontiera del comunicare piacere e seduzione, un vero e proprio marchio registrato.
Ma chi sono veramente i ragazzi e le ragazze della Generazione Y, definita negli USA ''post-generation''? Sono la generazione che, frutto degli anni Ottanta, ha vissuto in prima persona l'evoluzione dei costumi sociali e familiari (divorzi in aumento nelle famiglie, donne sempre più lavoratrici e meno ''casalinghe'').
La Generazione Y, secondo la ricerca, possiede a tutti gli effetti un considerevole potere d'acquisto, un'approfondita conoscenza dei prodotti nonostante la giovane età e comportamenti d'acquisto molto diversi da quelli dei genitori, dato che si tratta di consumatori più ''infedeli'' della media. Hanno vissuto in maniera assolutamente mediatica la Guerra del Golfo, sono cresciuti a base di telefonini e computer, sono abituati a comunicare con un nuovo linguaggio fatto di segni sintetici che esprimono emozioni, vivono in ambienti metropolitani all'insegna della multietnicità, sono poco inclini all'impegno politico e poco interessati ai grandi temi sociali, spesso il loro mondo ''digitale'' si dipana fra chat, blog, Ipod, DVD, BlackBerry e webcam. Ma non per questo si deve pensare a una generazione apatica o priva di emozioni, quanto piuttosto a giovani che si pongono come ''meri osservatori'' dei fenomeni sociali stessi, a cui si adattano e adeguano.
E anche il modo in cui sperimentano sesso e amore, per esempio, ne evidenzia una profonda emotività, sebbene quest'ultima rimanga celata in un universo multimediale: è come se l'uno potesse vivere senza l'altro, come in un videogioco, dove realtà quotidiana e dimensione virtuale si alternano senza soluzione emotiva, anche se solo all'apparenza.
Solo negli Stati Uniti il quotidiano 'Usa Today' ha stimato che i giovani della 'Y Gen' sono all'incirca 70 milioni: tutti ragazzi sotto i 30 anni che hanno un rapporto assolutamente confortevole con le tecnologie più avanzate e che rappresentano la forza lavoro e il know-how del nostro immediato domani. Una ricerca della 'Harris Interactive' ha evidenziato che la Generazione Y - solamente negli States - spende 172 miliardi di dollari all'anno, influenzando anche gran parte delle decisioni d'acquisto di un pubblico più adulto, genitori in testa.
Sul fronte italiano in particolare, una ricerca realizzata dall'Istituto B&F per conto di Tequila-Italia (che prende in esame un campione di 400 ragazzi fra i 18 e i 25 anni) ha rilevato che Internet - sa va sans dire - è il mezzo di comunicazione più seguito in questa fascia d'età (95% del campione), seguito da radio (70%), tv classica (64%), l'emittente musicale MTV (29%), Sky (7%).
I siti più visitati, secondo questo studio, sono quelli di musica (43%), seguiti da quelli di sport e calcio (24%), informazione (20%), viaggi e aerei (17%). E fra i brand online? Il più noto - sempre secondo la ricerca - è YouTube (per il 64% degli intervistati), seguito a ruota da MySpace (36%). Quanto agli sms, il 42% dei ragazzi interpellati dice di inviarne da 10 a 19 al giorno, il 40% ne invia da 1 a 9.
Via Ign
Brutte notizie per i videogiocatori europei. Non soltanto devono aspettare fino al 23 marzo per poter acquistare la nuova Ps3, pagarla 599 euro, la stessa cifra che la pagano negli Usa però in dollari, ma in più potranno giocare solo con un ristretto numero di vecchi giochi. Alla ricerca di una diminuzione dei costi di produzione che permette nel lungo periodo di abbassare i prezzi, Sony ha deciso infatti di eliminare dai modelli europei quelle componenti che permettono in Usa e Giappone di utilizzare fino al 98% dei vecchi giochi.
In Europa, invece, le nuove Playstation utilizzeranno un emulatore software che restringerà di molto il numero dei vecchi titoli utilizzabili. “Invece che concentrarsi sulla retrocompatibilità - afferma una nota di Sony computer entertainment Europe - le risorse aziendali saranno focalizzate sullo sviluppo di nuovi giochi e l'implementazione di nuove funzionalità per la Ps3”.
Sony comunicherà il giorno del lancio della nuova Ps3, previsto per il 23 marzo, la lista dei vecchi giochi compatibili. La notizia contribuisce a peggiorare lo scenario nel quale dovrà muoversi la Ps3 alle prese con risultati di vendita non incoraggianti. Secondo le rilevazioni della Ndp in gennaio negli Stati Uniti Wii di Nintendo è stata la console più venduta nel mercato con 436 mila unità. Al secondo posto con 299 mila unità c'è la Ps2 seguita da Xbox con 294 mila pezzi. Ultima la Playstation 3 con 244 mila unità vendute.
Via Smaunews.it
E ora scendono in campo i comici di Zelig. Una partnership che promette schioppettanti spot di nuova generazione quella tra Zelig Advertising e il portale Alice di Telecom Italia. Tutto dedicato al marketing virale, quello cioè che sfrutta il ‘virus del passaparola’ sugli sms, mms, su internet e via mail. Zelig Advertising porta in dote il brand del noto locale milanese fondato nel 1986 da Giancarlo Bozzo con la direzione artistica di Gino&Michele. La piccola ma gloriosa pedana di Zelig, che è stata nel corso degli ultimi vent’anni, trampolino di lancio per una squadra di comici doc metterà quindi a disposizione dell’advertising il talento dei suoi artisti. Alice, invece, è il portale nazionale leader per numero di visitatori: nel mese di gennaio durante il giorno medio lavorativo è stato visitato da 2,3 milioni di utenti (media feriale di pagine viste a gennaio 48.815.948 e utenti unici 2.342.075, fonte Nielsen Net Ratings).
Via Pubblicità Italia
Le audience televisive americane del prime time sono calate del 35% nell'ultima decade. Sono in realtà 25 anni che esiste questo trend - ma l'accelerazione di questa emorragia negli ultimi anni si fa sentire.
La CBS, nota catena televisiva americana, di fronte alla fuga di spettatori, ha provato a recuperarli facendo pubblicità là dove molti vanno - su Internet. E, specificamente, su YouTube.
Grazie ad un accordo firmato tra le due socetà, la CBS ha potuto inserire video / trailer dei propri programmi sul portale del video online. Nel primo mese dell'accordo, i filmati promozionali sono stati visti da una media di 850.000 persone al giorno - al punto che tre di questi video della CBS si sono collocati nei top 25 video più visti del mese.
I risultati si cono fatti sentire, con recuperi di audience anche del 7%. Anche se, ovviamente, YouTube non è stato l'unico fatttore, in CBS appaiono convinti che YouTube ha permesso di incrementare le audience... riportando utenti online al buon vecchio mondo della TV offline.
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