Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
Nel 2011 i consumatori spenderanno 74 miliardi di dollari per i videogiochi, ovvero il 10,4% in più rispetto alla spesa del 2010 (67 miliardi).
Lo rivela un report della società di ricerche Gartner, secondo cui il trend positivo non si fermerà: entro il 2015 la spesa mondiale per il gaming raggiungerà i 112 miliardi di dollari.
Trainati dal software. Il segmento che incide di più è quello del software, che da solo ha generato un fatturato di 44,7 miliardi di dollari nel 2011 e che, secondo Gartner, continuerà a dominare il mercato del gioco anche nei prossimi cinque anni (con 51 miliardi nel 2013, 56,5 miliardi nel 2015). La seconda voce di spesa del 2011 è stata quella per le console (hardware), pari a 17,8 miliardi. Secondo le stime arriverà a 27 miliardi nel 2015.
Ma il vero boom del prossimo triennio si registrerà per il settore dell'online gaming, che passerà dagli 11 miliardi del 2011 ai 28 miliardi del 2105, quando si compirà il sorpasso sull'hardware.
Oltre all'online crescerà anche il mobile gaming: i giochi in mobilità rappresentavano nel 2010 il 15% della spesa in software, ma saliranno al 20% del totale nel 2015, grazie alla diffusione di smartphone e tablet.
«Questo trend – spiega Brian Blau, research director di Gartner - è legato all'ascesa del social gaming, in cui il gioco online è connesso ai siti e alle piattaforme di social networking».
Via IlSole24ORE.com
I libri digitali cominciano a parlare italiano. Il fenomeno e-book si diffonde anche nel Belpaese, con un catalogo decuplicato negli ultimi dodici mesi. In maggio, i titoli a disposizione degli internauti nostrani erano oltre 11mila. Ma alla crescita del materiale accessibile in rete non è corrisposta una crescita reale del mercato.
In Italia, gli e-book valgono appena lo 0,1% del giro d’affari editoriale (70 milioni di euro l’anno), a dispetto del 3% della Gran Bretagna, senza dubbio il mercato più maturo. Il paese guida in materia di letteratura digitale sono però gli Stati Uniti, in cui la categoria contribuisce al fatturato totale con una quota del 9%. I dati, resi noti dall’Associazione italiana degli editori al forum Editech della scorsa settimana, evidenziano la popolarità del nuovo formato, in cui gli editori sembrano voler investire con fiducia (quelli attivi nel digitale sono passati da 299 a 471), ma anche la sua intangibilità da un punto di vista commerciale.
L’utenza italiana interessata a Kindle e simili, secondo Nielsen, è in aumento, ma in assoluto resta limitata (600mila persone, circa il 20% di chi già legge su schermi digitali). Il calo dei prezzi degli e-reader, che oggi è possibile acquistare anche a 100 euro, aiuterà lo sviluppo del settore, ma servono anche un’educazione all’editoria digitale e un intervento governativo per meglio regolare il mercato.
Via Quo Media
Apple e Google hanno lanciato in pochi giorni due servizi rivolti agli editori che vogliono vendere i loro contenuti. L'offerta è diversa, non soltanto nella spartizione dei ricavi. Nel caso di Google è multipiattaforma, "entra" nei siti di news online che aderiscono all'offerta, dando una sorta di piattaforma di ecommerce comune, si adatta a tutti i device e al negozio di applicazioni Android. Nel caso di Cupertino è più centralizzata e legata all'Appstore.
Google One Pass consente agli editori di vendere abbonamenti, singoli articoli e altri contenuti online. L'utente che arriva su un sito partner clicca una news, vede un'anteprima dell'articolo, finisce sulla piattaforma di pagamento di Google e una volta sottoscritta una formula di abbonamento, o fatto il login con il profilo creato precedentemente, ha accesso all'articolo. È possibile utilizzare il sistema anche per i pagamenti all'interno dell'Android market.
«Da tempo dialoghiamo con gli editori - spiega al Sole24ore.com Madhav Chinappa, responsabile sviluppo partnership strategiche di Google per l'area Emea (Europa, medioriente e Africa) -. È emersa la necessità di innovare e sperimentare nuovi modelli di business. Ci vuole una tecnologia efficiente per mettere a pagamento i contenuti digitali, compito estremamente difficile. Abbiamo deciso di collaborare, mettendo a disposizione una piattaforma che possa essere trasversale».
Una volta registrato un account, l'utente avrà la possibilità di utilizzare lo stesso servizio su altri siti partner. Gli articoli potranno essere letti su pc, notebook, cellulari o tablet. La scelta delle modalità di pagamento e delle piattaforme spetta agli editori. I ricavi della vendita dei contenuti sono divisi in questo modo: il 90% agli editori, il 10% a Google.
Per la gestione del pagamento viene utilizzato Google checkout, piattaforma lanciata da Mountain View nel 2006 per i siti che fanno ecommerce. I primi editori che hanno aderito alla sperimentazione sono Focus Online (Tomorrow Focus), stern.de e Axel Springer in Germania, Nouvel Obs in Francia, Prisa in Spagna e Rust Communications negli Stati Uniti. «Entro marzo lanceranno il servizio - afferma Chinappa - ma alcuni partner lo renderanno operativo già da settimana prossima. Speriamo di poter fare lo stesso a breve anche in Italia, l'idea è stata accolta molto bene».
Quello di Apple è invece un servizio di abbonamento per i contenuti distribuiti dal negozio digitale App store e usufruibili su iPhone e iPad. La durata dell'abbonamento è variabile e modificabile dall'utente. Sembrerebbe dunque riguardare più le versioni di quotidiani e riviste studiate per tablet e device portatili che i siti di informazione online. Differente anche la spartizione dei ricavi: il 70% va all'editore, il 30% a Apple. Il ceo Steve Jobs ha poi spiegato che «quando l'editore porta un utente esistente o un nuovo abbonato all'app, l'editore mantiene il 100 percento e Apple non guadagna nulla». Viene chiesto all'editore che sta facendo un'offerta di abbonamento al di fuori dell'app, di farla anche all'interno dell'applicazione, con le stesse o migliori condizioni.
di Luca Salvioli su IlSole24ORE.com
Si parla molto di editoria digitale: e-reader e affini incuriosiscono sempre più gli italiani, ma l’offerta è scarsa e la diffusione minima.
Tanto rumore per nulla, o quasi. In autunno, editori e grandi distributori del comparto elettronico avevano ufficialmente dichiarato aperta, anche in Italia, la stagione degli e-book. Il libro digitale come nuovo feticcio dell’industria culturale (ri)organizzata dalla rete. Nonostante l’entusiasmo dei promotori e lo slancio del pubblico più attento, i numeri non promuovono ancora l’editoria digitale. Una ricerca presentata nei giorni scorsi da AtKernsey, intitolata significativamente ‘I lettori sognano i libri elettronici?’, prova a dar conto dell’universo e-book.
Cinque anni fa Amazon lanciava Kindle negli Stati Uniti, e-reader oggi leader di settore ma sbarcato in Europa solamente lo scorso anno, quando l’editoria digitale ha aperto i battenti anche nel Vecchio Continente, con la presentazione di iPad e la definizione dei progetti di Google in materia di biblioteche virtuali. Nonostante il rapido recupero tecnologico, gli editori e i consumatori europei non sono ancora maturi per sfruttare a pieno le opportunità del canale digitale. Il mercato continentale vale un decimo rispetto a quello americano (75 milioni di euro contro 750), ed è dominato dal Regno Unito, che conta il 65,5% degli introiti. L’Italia si ferma al 2,6%, contro il 5,3% della Francia e il 25,8% della Germania. Le principali deficienze europee in materia di e-book sono tre: bassa penetrazione dei lettori digitali e numero limitato di titoli in catalogo, l’assenza in molti paesi dei grandi attori del settore (Amazon e Google sono assenti in Italia, Spagna e Svezia), la poca chiarezza dei modelli di business adottati, scarsamente sostenuti dai rispettivi governi statali.
Per quanto riguarda la prima problematica, in Italia si contano settemila volumi digitalizzati a disposizione dei 470mila utenti che già possiedono un lettore apposito. Decisamente pochi per poter sperare di indirizzare il pubblico nostrano all’acquisto di un e-reader, aggeggio molto utile in potenza ma in pratica vezzo per pochi vista la ridotta libreria presente sul web nella nostra lingua madre. La grande industria di settore non ha ancora aggredito il mercato dello Stivale, poco allettante per questioni numeriche e di profilo. L’italiano resta lingua per pochi e nel Belpaese i lettori forti sono una minoranza esigua. Per questo gli investimenti chiave dipendono dagli operatori nazionali (editori, distributori, commercianti online, provider) più che dalle grandi multinazionali come Google e Amazon, che comunque in futuro proveranno a conquistare anche l’Italia. Quanto ai modelli di business, l’Italia presenta un grande calderone di iniziative, più o meno riuscite. Mentre i distributori scarseggiano (sono essenzialmente sei), proliferano i rivenditori online (oltre venti). Tra questi Internet Bookstore, Bol.it e il portale delle Librerie Feltrinelli, che sono l’estensione web di librerie fisiche e offrono un modello misto, in cui i libri digitali rappresentano solo una piccola parte del business, basato sulla vendita online di libri cartacei, dischi, dvd. Il Libraio e Rizzoli.it sono invece rivenditori online puri. Book Republic ha scelto di trattare esclusivamente e-book, così come Isbn Reader, primo esperimento nazionale di un editore (Isbn appunto) che ha provato a fare tutto in casa, con app studiate per e-reader e tablet. Novità di fine 2010 è Biblet Store, libreria online nata dall’investimento di Telecom Italia che, sul modello di Amazon, sta provando a costruire un sistema proprio che prevede un lettore digitale, un catalogo costruito grazie ad accordi con i singoli editori e una distribuzione diretta.
La struttura cresce in maniera poco organizzata, privilegiando gli store senza sviluppare adeguatamente i contenuti. Restano poi le disfunzioni di sistema. Un e-book italiano costa mediamente il 25% in meno della sua equivalente versione cartacea in prima edizione (non economica, quindi), mentre nel Regno Unito e negli Usa la differenza è del 40-50%. L’Iva sui titoli digitali è del 20%, a dispetto del 4% agevolato per le copie cartacee. Gli utenti sono pigri e spesso poco informati, anche se la curiosità per il nuovo formato è alta, almeno quanto il numero degli scettici. Il dato di penetrazione degli e-book in Italia, fermo allo 0,2% del settore, è sconfortante, ma la storia dell’editoria digitale è solo all’inizio. Il libro elettronico può avere un futuro roseo, specie in settori specifici come la scolastica e la manualistica. Pratico, poco costoso, interattivo. Ma, al momento, è come se non esistesse. E il fascino altero della carta resiste.
Via Quo Media
“Chi di noi vive fuori dal campo distorto di Apple sa che i tablet da 7 pollici saranno una grande fetta del mercato. Sappiamo inoltre che il supporto a Flash è importante per i consumatori che vogliono una vera esperienza web. Mentre il tentativo di Apple di controllare l'ecosistema e mantenere una piattaforma chiusa potrebbe essere giusto per lei, gli sviluppatori vogliono più opzioni e i consumatori vogliono accedere completamente alla stragrande maggioranza dei siti che usano Flash”. Con queste parole Rim, che ha da poco presentato il tablet Palybook, ha risposto alle accuse di incompetenza mosse ieri da Steve Jobs, patron di Apple.
Secondo Research in motion, Apple non solo ha torto, ma racconta fandonie e presto i consumatori si accorgeranno delle falsità messe in circolo da Jobs e compagni. “Crediamo che molti consumatori si stiano stancando di sentirsi dire che cosa pensare da Apple. Rim ha raggiunto il record di vendite in cinque trimestri consecutivi e ha recentemente stimato 13,8 / 14,4 milioni di smartphone Blackberry venduti per l'attuale trimestre. Apple preferisce confrontare il proprio trimestre concluso a settembre con il trimestre di Rim che si è concluso ad agosto”.
Lo scontro tra i due più importanti marchi dell’area smartphone è dunque aperto. Ma anche gli ultimi arrivati, ovvero gli sviluppatori di Android, non hanno perso occasione per rispondere alle accuse di inappetenza mosse dalla casa di Cupertino, con alcuni post su Twitter dei propri ingegneri. A favore del sistema open source di Google si schierano anche gli sviluppatori di applicazioni, soddisfatti del software e per nulla toccati dalla ipotetica frammentazione delle diverse versioni Android: “Abbiamo mai detto che era un incubo sviluppare su Android? No, non l'abbiamo fatto. Non è così”.
Via Quo Media
Insinuatisi nell'impercettibile fessura di mercato tra netbook e smartphone, i tablet sono destinati a spopolare fra i consumatori. Artefice di questo successo, sottolineato da Gartner, è stato l'iPad della Apple, apripista di un settore che ha trovato in Android un altro valido rappresentante. Schermo touch-screen, accesso immediato alla rete e riproduzione di contenuti audio e video in alta qualità si stanno trasformando in accessori indispensabili nel quotidiano degli utenti e, secondo Gartner, trascineranno le vendite delle tavolette a quota 19,5 milioni di unità a fine anno.
Nei prossimi quattro anni il dato potrebbe raggiungere quota 208 milioni, passando dai 55 milioni del 2011 e dai 154 milioni del 2013. Vittime di cotanta approvazione saranno i dispositivi che offrono singolarmente i servizi che i tablet garantiscono in toto: e-reader, console portatili e player multimediali di varia natura. Stesso destino, secondo Carolina Milanesi vice presidente di Gartner, per i netbook: "Soffriranno non appena i tablet avranno prezzi di vendita inferiori a 300 euro".
Via Quo Media
Torna a crescere l’industria musicale digitale, almeno in Gran Bretagna.
Dopo un quinquennio di flessione, causata soprattutto dal diffondersi delle connessioni internet veloci e della pirateria che consente di scaricare intere discografie in pochi minuti, nel 2009 le entrate generate dal settore danno segnali positivi e raggiungono il 33% totale del mercato musicale d’Oltremanica.
Lo scorso anno, gli utenti web britannici hanno speso 30,4 milioni di sterline in musica digitale, con una crescita del 72% rispetto al 2008. Il Regno Unito si conferma leader europeo nel settore, con un mercato dal valore doppio rispetto a quello di Francia e Germania.
Il vero motore dell’economia musicale, però, restano i concerti e le esibizioni dal vivo, che nel 2009 hanno fruttato la cifra record di 1,5 miliardi di sterline.
Via Quo Media
Come ogni anno, il rapporto ItMedia Consulting funge da cartina di tornasole del settore televisivo in Europa, soprattutto per quanto concerne mercato pubblicitario ed evoluzioni tecnologiche.
Nel 2009 l’industria televisiva del Vecchio Continente è stata scossa dalla crisi e i cui investimenti pubblicitari hanno raggiunto un valore di 86,9 miliardi di euro, in calo del 3,1% rispetto all’anno precedente, quando erano invece lievemente cresciuti (+0,9%).
Buone nuove, invece, per quanto riguarda la pay-tv, che anche in periodo di recessione si conferma la principale fonte di crescita di settore. I ricavi dei canali a pagamento, nel 2009, hanno superato quelli legati alla pubblicità divenendo la prima risorsa nel mercato televisivo europeo (il 53% del quale deriva dalla vendita dei contenuti).
A rimpolpare ulteriormente i guadagni dei servizi premium sono state la diffusione del video on demand e dei programmi in pay-per-view, nonché dei pacchetti misti che uniscono tv, internet e telefonia.
Via Quo Media
L’Italia registra l’esplosione delle assicurazioni stipulate via internet nel settore dell’automobile. I servizi online, negli ultimi dodici mesi, hanno convinto 2,5 milioni di utenti grazie alle tariffe spesso ridotte e alla praticità della rete, che fa risparmiare tempo e permette confronti rapidi tra le diverse polizze e compagnie.
Questo quanto emerge dalla ricerca di TNS Italia per l’Associazione Nazionale Imprese Assicuratrici.
Via Quo Media
Il rapporto annuale sull’industria videoludica in Italia nel 2009, realizzato da GfK Retail and Technology, rivela la crescita del settore nel Belpaese, sempre più terreno fertile per gli amanti dei videogame.
Il 2009 è stato un anno positivo per il mercato dei giochi elettronici, che ha fatturato complessivamente 1.128,9 miliardi di euro per le vendite di hardware e software. Il giro d’affari registrato è inferiore solo al 2008, anno di picco per l’espansione del settore nel nostro paese.
Il 55,6% degli introiti deriva dalle vendite di software (627,9 milioni di euro) e il 44,4% dalle vendite di hardware (501,1 milioni di euro). L’Italia si riconferma quinto mercato in Europa, dopo Gran Bretagna, Francia, Germania, e Spagna ma dimostra di essere più forte rispetto agli altri paesi nel reggere l’impatto con la crisi economica.
Se il settore italiano subisce una contrazione pari al -10,6% a valore, i paesi tradizionalmente più forti registrano trend negativi dai 4 ai 7 punti percentuali in più rispetto al nostro.
Il mercato hardware realizza un giro d’affari complessivo di 501,1 milioni di euro e un trend del -15,3% a valore rispetto al 2008. A volume vengono vendute oltre 2.560.000 console, il -11,7% anno su anno.
Via Quo Media
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