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Errare è umano, ma per incasinare davvero tutto è necessario un computer.

Arthur Bloch
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\\ : Storico (inverti l'ordine)
Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
 
 
Di Max Da Via' (del 03/07/2020 @ 07:39:56, in Brand, linkato 1734 volte)
Appuntamento annuale con la Top 100 BrandZ di Wpp e Kantar e le sotto-classifiche per settore. A crescere soprattutto media-entertainment

Anche per il 2020 Amazon mantiene la posizione di brand di maggior valore al mondo, crescendo del 32% e raggiungendo i 415,9 miliardi di dollari. Seguono come d'uso gli altri grandi colossi del tech (Apple, Microsoft e Google), tutt'altro che impattati dalla pandemia Covid-19.

Questo quanto emerge dalla classifica annuale BrandZ pubblicata da Wpp e Kantar, che oltre al ranking generale ne stila diversi per settore di riferimento (qui è possibile scaricare il report completo).

Nel complesso, il valore totale dei brand nella top 100 ha raggiunto i 5.000 miliardi di dollari, con un aumento del 5,9% nonostante la pandemia (prima della stessa si prevedeva un aumento del 9%).

IL SUCCESSO DI MEDIA E INTRATTENIMENTO

L'innovazione e la creatività sono stati i principali motori di crescita in tutte le categorie quest'anno. Guardando alle differenziazione interne, non a caso, una categoria che risulta trainante è quella di "media & entertainment", che raggiunge complessivamente 542,6 miliardi di dollari in termini di brand value. Proprio in questo contesto si situa l'ascesa di Tik Tok, che risulta la new entry in posizione più alta nella classifica globale (n.79 con un valore del brand di 16,9 miliardi di dollari). A perdere terreno, invece, all'interno del settore sono Facebook e Disney, con un valore rispettivamente in calo del 7% e del 14%.

Tra i marchi dei media e dell'entertainment, Instagram ha registrato la crescita più alta nel valore del brand, con un aumento del 47% a 41,5 miliardi di dollari, davanti a Netflix (45,9 miliardi di dollari, n. 26), con un incremento del 34% quest'anno. Instagram è stato anche tra i più alti nella BrandZ Top 100, in crescita di 15 posti raggiungendo la posizione 29, davanti a LinkedIn (+31%, 29,9 miliardi di dollari, n.43,) in crescita di 15 posti e Xbox (+18%, 19,6 miliardi di dollari, n.65) in crescita di 22 posizioni. Il brand leader nel settore dei media e dell'intrattenimento, la società cinese di servizi internet Tencent (+15%, 151 miliardi di dollari).

TENDENZE E ALTRI DETTAGLI

  • MasterCard è entrata per la prima volta nella Top 10 di quest'anno, grazie alla performance finanziaria positiva supportata da una crescita della brand equity. Il brand è riuscito a inserirsi con successo nella vita quotidiana delle persone e ha ottenuto una connessione emotiva privilegiata attraverso un posizionamento basato sul purpose.
  • Cinque nuovi nomi compaiono nella Top 100, guidati dal social cinese TikTok (79^ posto), seguito, da UnitedHealthcare (n. 86, 15,8 miliardi di dollari), Bank of China (n. 97, 13,7 miliardi di dollari), Lancôme (n. 98) e Pepsi (n. 99).
  • L’attenzione all’ambiente è diventata una tendenza nella comunità imprenditoriale globale. Haier (n. 68, 18,7 miliardi di dollari) è il marchio leader dell'ecosistema IoT per il secondo anno consecutivo.
  • I brand statunitensi sono più della metà di tutti quelli della Top 100, quelli asiatici hanno rappresentato un quarto di tutta la classifica, di cui 17 cinesi (inclusi Alibaba e Tencent nella Top 10) e due giapponesi (Toyota e NTT).
  • La sostenibilità è il nuovo lusso: i consumatori più giovani si aspettano la qualità tipica del lusso ma con materiali sostenibili e meno packaging; quattro brand di aziende del Lusso sono presenti nella Top 100 quest'anno, guidati da Louis Vuitton (+10%, n. 19, 51,8 miliardi di dollari).
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Di Max Da Via' (del 01/07/2020 @ 07:40:20, in Social Networks, linkato 1345 volte)

La piattaforma per i video brevi ha appena lanciaro TikTok For Business, il marchio che identifica la piattaforma globale che ospita tutte le soluzioni di marketing attuali e future per i brand.

"Le soluzioni di TikTok For Business sono pensate per offrire ai brand e alle loro direzioni marketing gli strumenti per creare storytelling creativi, in grado di ingaggiare la community di TikTok con il loro messaggio", si legge nel comunicato di presentazione sul blog.

La creatività a portata di brand su TikTok

Negli ultimi anni, i brand che sono entrati con più successo in sintonia con la community TikTok ci sono riusciti non perché le loro campagne presentassero lo spot più patinato o il testimonial più famoso, ma grazie alla capacità di coinvolgere gli utenti in modo creativo e di creare una connessione con loro attraverso emozioni, azioni e suoni.

Oggi con TikTok For Business gli uffici marketing avranno a disposizione nuovi strumenti per farsi scoprire e connettersi con le community.

Tra gli obiettivi che sarà possibile raggiungere:

o   Crescita oltre che creatività: per il marketing, oltre che una destinazione imperdibile, TikTok è anche una piattaforma con un potenziale di crescita da valorizzare, basata sull’intrattenimento, che offre sia agli utenti sia ai brand gli strumenti giusti per raccontare la loro storia.

o   Vista, suono, movimento: con TikTok, il marketing può sfruttare il contesto dei dispositivi mobili, a cominciare dai suoni. E le opportunità di utilizzarli sono molte: musica, effetti sonori, playback, reazioni e molto altro.

o   Una community inclusiva e partecipe: la ragion d’essere di TikTok è “stare insieme”. Un’opportunità originale per gli esperti di marketing di creare qualcosa che diventa parte della nostra community. Su TikTok, le persone possono farsi coinvolgere e ispirare così tanto da una campagna di marketing da crearne una loro versione. E i brand possono sperimentare dal vivo l’impatto della loro campagna sulle persone.

o   Conoscenza e cultura per tutti: TikTok è una piattaforma aperta, dove può farsi scoprire chiunque, e qualunque brand. Su TikTok si conoscono cose nuove ogni giorno, in modo aperto e inclusivo.

o   Soluzioni semplici e senza intoppi: i prodotti di TikTok portano risultati su tutti i marketing touchpoint e consentono uno storytelling ricco e immersivo. Video impeccabili, a tutto schermo, video nativi nell’esperienza dell’utente. Lavorando con molte terze parti leader del settore, stanno inoltre sviluppando una suite di soluzioni di misurazione. Il più recente effetto di realtà aumentata per i brand, Branded Scan, è un nuovo prodotto che consente agli utenti di vivere un’esperienza di realtà aumentata con qualsiasi brand.

o  on annunci, ma TikToks

TikTok è una piattaforma progettata per ispirare contenuti creativi autentici che si trovano solo su TikTok.Per i brand, questo apre una finestra di opportunità interamente nuova di creare contenuti che parlano alle persone, invitando la community a unirsi alla conversazione e “a fare un TikTok”.
Con il lancio di TikTok For Business, l'azienda vuole coniugare la creatività e la positività della community con soluzioni pensate per le aziende in modo che crescano insieme.Sulla piattaforma è oggi possibile trovare e conoscere soluzioni, strumenti di misurazione e metriche, post di ispirazione, risorse e n0tizie utili per i brand.

 

Via Ninja Marketing

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Di Altri Autori (del 18/06/2020 @ 07:18:58, in Social Networks, linkato 1580 volte)
L’Italia è ripartita con aziende e professionisti in cerca di riscatto per i mesi passati in sordina, operativi ma a capacità ridotta.
In questo periodo di ripresa la spinta al rilancio della propria professionalità si abbina alla voglia di rinascere e cambiare. Tanti professionisti stanno valutando come recuperare il tempo perduto creando nuovi contatti, sviluppando vecchi e nuovi network o semplicemente trovando nuovi paradigmi per mostrare alla loro organizzazione quanto valgono.

Dopo tanto tempo passato in solitudine, si ricomincia proprio da sé stessi, e dato che le relazioni di persona sono ancora lontane, si fa vivo il bisogno di investire nell’immagine digitale come appunto il profilo LinkedIn?

L’obiettivo di questo articolo, tuttavia, non è di incoraggiare i manager a compilare profili sempre più esaustivi per raggiungere una promozione, cambiare ruolo o trovare un nuovo lavoro, anzi. Per creare un profilo che davvero supporta il raggiungimento degli obiettivi professionali bisogna focalizzare sulla strategia e l’attività. Lo si può pensare come parte integrante del piano triennale (o quinquennale) di carriera e, prima di revisionarlo, sarebbe utile chiedersi: dove voglio essere tra tre, cinque o dieci anni? Quali skills devo valorizzare per raggiungere questi obiettivi e in che ordine?

Ecco dieci di suggerimenti pratici dai quali cominciare:

1.    Definire gli Obiettivi
Il profilo deve riassumere e trasmettere immediatamente la professionalità della persona, ma anche la sua traiettoria di carriera. Tempo e attenzione devono essere dedicati alla redazione delle prime poche parole di presentazione: il Summary.

2.    Rendere (solo) l’essenziale visibile all’occhio.
Anche se abbiamo partecipato a un’edizione di Masterchef o abbiamo la certificazione di dog trainer, a meno che il nostro obiettivo non sia diventare chef o addestratore, queste sono informazioni superflue. Non diluiamo le informazioni rilevanti in un mare di fronzoli senza strategia!

3.    Imparare dal copy editor
Regola chiave per qualsiasi copy è tagliare, rileggere e poi tagliare ancora. Ogni informazione superflua potrebbe creare una distrazione. Con le prime  parole del nostro sommario dobbiamo articolare chi siamo e cosa vogliamo.

4.    I Contatti
Ci sono vari tipi di consulenti che possono aiutare un professionista a creare o ottimizzare il profilo LinkedIn, ma quello che manca di solito è un approccio relativo allo sviluppo strategico dei contatti.
Affidarsi a un consulente che sappia sviluppare il pool di contatti, aiutandoci ad ampliare in nostro network in modo organico e strutturato, connettendoci con i player più importanti nel nostro settore ad esempio, consente di moltiplicare le opportunità di crescita.

5.    Attività
Mostrarsi attivi sui social spesso rappresenta un punto di stallo nello sviluppo dei profili LinkedIn di personalità molto senior. Il risultato è un profilo puramente “enciclopedico” che purtroppo suggerisce la scarsa comprensione dei social o il disinteresse al network, ma soprattutto che non portano benefici.

6.    Attivi senza fatica
Per fortuna esistono strategie pensate apposta per permettere agli occupatissimi senior manager di rimanere attivi con contenuti originali. Piccole abitudini e razionalizzazioni come la condivisione personalizzata dei post aziendali, la partecipazione in gruppi di settore o la pratica di condividere gli articoli più interessanti letti online sui social possono portare grandi benefici.

7.    Aggiornati e aperti a nuove opportunità
Così come postare regolarmente viene vissuto con disagio, le varie sezioni di LinkedIn su pubblicazioni, corsi etc. sono facilmente dimenticati una volta che il profilo è stato creato e/o tradotto e postato.  Mostrare che si è in continuo aggiornamento, invece, apre a nuove opportunità e mostra che si stanno perseguendo degli obiettivi.

8.    Focalizzare le energie
A seconda del profilo è consigliabile o meno valutare il ruolo delle recommendations e del featured work. Un consulente ha ogni interesse ad averne un portfolio in mostra, ma un professionista radicato in cerca di promozione interna ne beneficia molto meno.

9.    Interessi
Non tutti I nostri hobby servono a promuovere il nostro futuro professionale, ma esistono delle ottime fonti di notizie che aiutano a definire la professionalità del profilo e offrono interessanti spunti per la condivisione.

10.    Articoli
Gli articoli scritti e postati su LinkedIn permettono di comunicare messaggi maggiormente articolati alla propria audience. Richiedono senza dubbio un’attenzione maggiore alla copy, abilità di linguistiche e di scrittura che vanno oltre all’indispensabile know-how di settore, ma offrono anche molte soddisfazioni in più.

Sviluppare un profilo LinkedIn deve essere un’attività strategica che va ben oltre la semplice stesura di un CV. LinkedIn è un mezzo di comunicazione potente che può aiutare a rilanciarsi in un momento di ripresa. Let’s connect: https://bit.ly/2AWWx1d

Josephine Ornago, titolare OutspokenPR
www.outspokenpr.com
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Di Max Da Via' (del 17/06/2020 @ 07:18:58, in Social Networks, linkato 1203 volte)

LinkedIn ha pubblicato alcune novità sul funzionamento del suo algoritmo di classificazione dei contenuti (le cui caratteristiche avevo approfondito qui).

Quando l’utente entra nella piattaforma, il sistema individua una lista di possibili post candidati ad essere mostrati. La scrematura dei candidati viene effettuata applicando ad ogni post un'”algoritmo di classificazione leggero” che ha il compito di prevedere se sarà gradito dall’utente.

Cosa considera l’algoritmo di classificazione di LinkedIn

La previsione, fatta grazie a modelli di machine learning, tiene conto di:

  • P (l’azione) = la probabilità che l’utente compia un’azione vedendo il post candidato ad essere mostrato
  • E [downstream clicks/virals | action] = l’effetto downstream ossia l’effetto virale che si genererebbe (interazioni successive) nel caso in cui l’utente che vede il post candidato compisse un’azione (es. un like)
  • E [upstream value | action] = l’effetto upstream ossia l’effetto positivo sull’autore del post (in termini di motivazione a scrivere di più) che si potrebbe generare se l’utente che vede il post candidato compisse un’azione (es. un commento).

Questi tre elementi vengono bilanciati in modo da mantenere un ecosistema di notizie “salutare”. Più facile a dirsi che a farsi. In realtà il sistema tenderà a mostrare solo i post che hanno più probabilità di essere cliccati. Ecco perché è stato introdotto un segnale nuovo: il tempo di permanenza.

L’importanza del tempo di permanenza

Il tempo di permanenza, di cui già tiene conto l’algoritmo di Facebook, è un segnale dell’interesse verso un contenuto molto utile. Infatti i click e le altre interazioni non sempre bastano. Ci sono utenti passivi che leggono i post senza compiere azioni, utenti che cliccano un link ma subito chiudono la pagina o che lasciano un like compulsivo su contenuti qualitativamente poveri.

Tipicamente ogni aggiornamento permette di considerare due tipi di tempo di permanenza. Il primo “sul feed” che parte dal momento in cui almeno metà del contenuto appare sullo schermo di chi scrolla. Il secondo è quello “dopo il click” ossia il tempo speso sul contenuto linkato.

linkedin algoritmo e tempo di permanenza

Analizzando milioni di post diversi, LinkedIn ha correlato il periodo di visualizzazione del post con la probabilità di interazioni. Come immaginabile, c’è un tempo Tskip nel quale l’utente “guarda e passa” (la linea verde tratteggiata), trascorso quel tempo, più rimane a leggerlo, più aumenta la probabilità di una nostra interazione. Dunque oggi l’algoritmo di classificazione di LinkedIn considera anche questo fattore quando deve decidere quali aggiornamenti mostrarci.

Si tratta di un ulteriore passo, non ancora decisivo, nella previsione dell’interesse verso un contenuto per via algoritmica. Non a caso parlo di interesse e non di qualità del contenuto.
Perché il tempo speso può essere un fattore facilmente sfruttabile da chi cerca attenzione, senza offrire sostanza. Sono quelli che scrivono post demagogici o inutilmente lunghi e pieni di tag. Se ne incontrano tanti nell’open space LinkedIn, che assomiglia sempre più al centro commerciale Facebook.

Via Vicos blog


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Di Max Da Via' (del 08/06/2020 @ 07:51:18, in Marketing, linkato 1317 volte)

Una cosa è certa: quest’anno ha cambiato in modo permanente la natura di molti eventi. Certo, gli eventi fisici continueranno ad esistere, tuttavia molte agenzie nel reinventarsi probabilmente hanno scoperto che digitalizzare può essere una mossa strategicamente potenziale anche per il loro business. Sicuramente viene sacrificata una parte qualitativa, indiscusso punto di forza del formato esperienziale, che tuttavia viene compensata dall’efficienza e dal risparmio economico che organizzare un evento in digitale comporta.

Questa accelerazione verso il digital content, porta chi lavora nell’industria degli eventi a dover cercare una solida strategia di contenuto e le giuste tecnologie – in questo senso, esistono svariate piattaforme e tool che vengono in aiuto, per rendere gli eventi un contenuto 100% digitale.

Quando parliamo di content strategy, dobbiamo tenere in considerazione principalmente alcuni fattori:

  • live streaming: è la metodologia tramite cui dobbiamo far rivivere nel modo più immersivo possibile l’experience ai nostri utenti, mantenendo alto l’interesse e l’engagement;
  • contenuti on-demand: un vantaggio che deriva dalla digitalizzazione degli eventi, è quello di poter mettere a disposizione degli utenti anche una serie di contenuti satellite, che possono essere fruiti (gratuitamente o in logica paid) per un lasso di tempo più lungo e pre-determinabile.

In realtà, dietro la crisi, si nascondono una serie di altri vantaggi:

  • accessibilità: non essendoci più la barriera dello spostamento, che una partecipazione fisica implica, l’accessibilità agli eventi aumenta esponenzialmente, superando anche i confini del territorio nazionale;
  • durabilità: si crea la possibilità di poter rivivere l’experience attraverso i contenuti disponibili online;
  • responsabilità ambientale: abbattendo la costrizione di dover essere presenti fisicamente per poter fruire dell’esperienza, diminuisce radicalmente l’impatto negativo che gli spostamenti hanno sull’ambiente.

Un cambiamento che implica una serie di opportunità ma che porta con sé anche delle insidie. In particolare, si invitano i marketer a non ricommettere l’enorme errore che è stato fatto nei primi anni del nuovo millennio.

L’avvento del digitale e tutti gli errori di valutazione delle aziende Media

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Agli inizi del 2000, quando si iniziavano a intravedere i presupposti di quello che sarebbe stato l’avvento dei digital media (e più tardi il boom dei social media), le aziende media avevano iniziato a forzare i propri modelli di business per cercare di adattarli ai nuovi formati digitali. Trattandosi di un formato dal costo davvero irrisorio a confronto dell’offerta analogica di televisione, radio e stampa, le aziende hanno iniziato a vendere le properties digitali come plus, per convincere i brand ad acquistare spazi pubblicitari sui media tradizionali.

Questa strategia di vendita ha funzionato a suo tempo, tuttavia ha reso davvero complicato, per tutti gli anni a venire, valorizzare e monetizzare i contenuti digitali in modo significativo. È rimasta sempre viva, da allora, una percezione dei servizi digitali in quanto cheap rispetto a quelli analogici che porta le aziende ancora oggi a investire molto più budget in media tradizionali piuttosto che digitali.

Questo perchè fin dall’inizio, durante il passaggio al digitale non è stata applicata nessuna vera strategia per sfruttare a pieno le potenzialità dei nuovi formati, ma le aziende hanno semplicemente preso i propri modelli di comunicazione tradizionali e li hanno applicati a un’esperienza più economica e mercificata.

Per questo motivo, diamo per scontato che una produzione video televisiva sia molto più costosa rispetto a quella per un video YouTube, che un ebook debba essere necessariamente più economico di un libro vero, che un articolo online abbia un valore inferiore a un pezzo stampato su un giornale nazionale. Diamo per scontate tutte queste cose e ci sbagliamo.

Non è il medium che definisce il valore di un contenuto (e di un evento)

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LEGGI ANCHE: Insidie e opportunità dell’Influencer Marketing ai tempi del Coronavirus

Ogni contenuto prodotto, che sia destinato alla fruizione online o offline, ha il comune obiettivo di creare un’esperienza positiva per il consumatore. Pertanto, ogni esperienza digitale che creiamo dovrebbe essere di valore per il nostro target di persone e avere l’obiettivo di rendere la loro vita migliore – anche offline – e non solo essere più conveniente per le aziende.

Pertanto, oggi che ci troviamo di fronte al dilemma su come evolvere le strategie di eventi sul territorio in esperienze digitali, non dobbiamo cadere nella stessa trappola che ci spingerebbe semplicemente a prendere un contenuto e tradurlo in chiave virtuale, ma dobbiamo fare uno step in più. È necessario partire da una vera e propria content strategy che non abbia l’obiettivo di trovare la soluzione più conveniente per ill nostro business, ma più di valore per i nostri consumatori.

Quindi un evento virtuale sarà sicuramente diverso da un evento fisico, ma non per questo dev’essere considerato meno di valore, meno costoso o meno “esperienziale”.

A sostegno di questa tesi, possiamo anche scomodare Marshall McLuhan, il quale sosteneva che

Quando ci ritroviamo di fronte a qualcosa di nuovo, guarderemo istintivamente ad esso attraverso vecchi stereotipi. In questo modo, tentiamo semplicemente di adattare i vecchi modelli alla nuova forma, invece di chiederci come questa nuova modalità andrà a influenzare tutte le ipotesi formulate prima del suo avvento.

Insieme, verso un nuovo mondo

Tante cose cambieranno nel mondo di domani, quello post-pandemia, durante la quale molti hanno visto crollare gran parte delle proprie certezze ma, al tempo stesso, potranno vederne nascere altrettante. L’essere umano ha una resistenza innata al cambiamento, tuttavia è importante – ora più che mai – guardare al futuro con fare pionieristico e avveniristico, cogliendo prontamente la nascita di nuovi trend.

Tra questi, possiamo già elencarne alcuni:

  • aumenta la domanda di contenuto: abituati a vivere nella frenesia di una vita dettata da ritmi sempre più concitati, siamo stati improvvisamente catapultati in una realtà temporale dilatata. Così, all’aumentare del tempo a disposizione per noi stessi, da investire nella crescita personale o anche solo in un intrattenimento costante, aumenta anche la necessità di entrare in contatto con un numero di contenuti sempre maggiore;
  • aumento degli abbonamenti ai servizi online: seguendo lo stesso ragionamento, saranno sempre di più le persone che sceglieranno di abbonarsi a sevizi online per accedere a contenuti come podcast, film, ebook, ecc. – e, per la prima volta, avranno effettivamente il tempo di usufruirne;
  • abbattimento della barriera qualitativa: oggigiorno, le persone dimostrano di non badare tanto alla sofisticatezza del contenuto, quanto alla sostanza e al valore dello stesso;

In questa situazione d’emergenza, quello che viene richiesto alla aziende è la capacità di trasformazione: ad esempio, è interessante capire come trasformare il proprio team per rispondere nel modo più efficace possibile alla crescente domanda di eventi virtuali. È comprensibile che l’obiettivo principale delle aziende rimanga quello di fare il possibile per salvaguardare il proprio business, tuttavia varrebbe la pena fermarsi un attimo e affrontare questo cambiamento forzato non come una via d’uscita da una situazione potenzialmente di crisi, ma come l’opportunità di evolvere verso nuovi modi di fornire contenuti.

Per questo, il consiglio è quello di non cedere alla tentazione di rendere gli eventi digitali semplicemente una versione digitalizzata di quelli fisici, ma di mettere a punto una vera e propria strategia di contenuto, pensando più in grande, in modo più lungimirante. Il futuro degli eventi si fa sempre più ibrido, tra fisico e digitale, aprendo scenari fino a poco fa inesplorati ma non per questo meno potenziali. Facciamoci trovare pronti.

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Di Max Da Via' (del 21/05/2020 @ 07:52:33, in Digitale, linkato 1422 volte)

Con l'ingresso nella cosiddetta fase 2 abbiamo varcato la soglia di un Nuovo Rinascimento, che mette al centro non l’uomo tout court, ma l’individuo che colloca il digitale alla base della piramide di Maslow. Queste le parole di Stefano Cini, marketing analytics director di Nielsen Connect Italia, in occasione della presentazione dei risultati dell’Osservatorio Multicanalità 2020 realizzato da Nielsen in collaborazione con la business School del Politecnico di Milano.

Due le tendenze rilevate che delineano il presente e cambiano il futuro: da una parte l’incremento dei consumi mediatici che coinvolge, con diverse caratteristiche e significati, tutto lo scenario dei mezzi di comunicazione, dall’altra la brusca frenata degli investimenti adv. Ma vediamo dinamiche e numeri nel dettaglio.

Il primo dei fattori a risaltare è quello del tempo speso davanti agli schermi televisivi: l’incremento è omogeneo in tutti i continenti.  Negli Stati Uniti la crescita misurata da Nielsen Global Media del time viewing nelle settimane successive all’inizio del lockdown (il 16 marzo in US) è del + 27%. L’aumento della fruizione e del tempo trascorso guardando la tv aumenta in modo rilevante in concomitanza con l’inizio della quarantena in tutti i paesi in cui Nielsen rileva i Tv Ratings.

Allo stesso tempo gli investimenti pubblicitari registrano, anche in questo caso in modo omogeneo su scala globale, una brusca frenata nelle stesse settimane (Usa – 11%, UK – 5%, Francia – 29% Paesi Bassi – 15%%, Spagna – 29%, Germania – 6%, Australia – 6%). Una reazione prevedibile. L’advertising si conferma un fenomeno ciclico e la preoccupazione per una possibile recessione è diffusa, sebbene in questa fase l’esposizione ai media da parte dei consumatori sia molto alta su tutte le piattaforme.

In Italia, la tv tradizionale (free to air e pay per view) si dimostra resiliente nonostante le pesanti ripercussioni di questa emergenza sui palinsesti - è infatti sospeso lo sport e molti degli show in diretta. Cresce l’audience media in particolare nelle settimane centrali di marzo e si mantiene in linea con la media degli ultimi mesi la rilevanza sui social network. Il lockdown spinge la diffusione delle offerte in streaming o Video On Demand, tendenza che emerge chiaramente attraverso il volume di commenti sui social network (+140% vs aprile 2019) stimolati proprio da questi contenuti. Ci si riferisce qui sia alle piattaforme “native” digitali (Netflix, Prime Video, Disney+, Tim Vision) che alle declinazioni digital dei broadcaster (Raiplay, Mediaset Play, Infinity, Dplay, Now Tv) che possono beneficiare di cataloghi molto profondi.

In crescita praticamente tutte le categorie dei siti rilevati da Audiweb. In alcuni casi si tratta di variazioni dovute alla contingenza (i siti di news e della pubblica amministrazione ad esempio), ma in molti casi si osserva una impennata nella intensità e numero di utenti unici di categoria che erano già in crescita costante da mesi. Due esempi interessanti sono i siti di web conferencing ed e-grocery. Per ciò che concerne i meeting online più utilizzati per lo smart working, ma anche dal bisogno di socialità a “distanza”, la novità in Italia, come nel resto del mondo, è Zoom che risulta la piattaforma più utilizzata (9,9 mn di utenti, + 1.067% rispetto a  febbraio) seguita da Skype (7 milioni utenti, + 176%) e Google Hangouts (5,6 milioni, + 155%).

Infine, la diffusione dei servizi digitali che hanno coinvolto, per necessità, anche gli italiani evidentemente meno propensi. Il 58% di chi ha fatto la spesa online non aveva mai provato questo servizio e l’83% di questi dichiara che continuerà a farla anche nel post-Covid.

Lo smart working è stato “testato” per la prima volta dal 53% di chi ha lavorato in questa modalità e sarà utilizzato anche in futuro dall’80% di questi. Le scommesse e i casinò online dal 33% e l’89% continuerà a farlo. I preventivi RC auto usati per la prima volta dal 31%, con l’85% che continuerà anche in futuro. Per l’home banking: 26% e 94%. Un numero rilevante quindi di “nuovi utenti digitali” con i quali le aziende avranno la possibilità di aprire un canale di comunicazione da ora in avanti.

Giuliano Noci, professore ordinario di strategia e marketing del Politecnico di Milano, sottolinea:

“In questa fase di emergenza sanitaria ancor di più la marca deve essere in grado di costruire una relazione con i consumatori lungo un customer journey che risulta più lungo, articolato e non esclusivamente finalizzato ad un percorso di conversione. È perciò fondamentale lato aziende, progettare un ecosistema omnicanale basato sulle reali esigenze dei consumatori, conquistare spazi di relazione e fedeltà prima e dopo l’acquisto e infine lavorare sul concetto di intimità della marca, consapevoli che il vantaggio competitivo non passa dall’ottenere la fedeltà del cliente quanto piuttosto nel costruire la fedeltà (dell’azienda) al cliente”.

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Di Max Da Via' (del 19/05/2020 @ 07:52:44, in Social Networks, linkato 1285 volte)

Il 24 aprile Facebook annuncia con un comunicato stampa ufficiale  il lancio delle Messenger Rooms, nuova funzionalità di Facebook, che pare presto sarà disponibile per Instagram Direct, Whatsapp e Portal.

È diventato così ancora più facile passare il tempo con gli amici e i nostri cari su Facebook, soprattutto in tempo di pandemia, quando tutti i programmi di video conferenza hanno spopolato. Facebook ha registrato un uso più che raddoppiato dei suoi servizi di videochiamata tramite Messenger e WhatsApp e delle dirette live su Facebook e Instagram. E così non ci ha messo molto ad aggiungere un nuovo strumento.

Si tratta della possibilità di creare vere e proprie stanze virtuali e organizzare video chiamate di gruppo senza limiti di tempo, includendo fino a 50 persone. È possibile aprire la stanza dal proprio profilo personale e poi condividerla sul proprio News Feed, su gruppi o eventi, in modo che per le persone sia facile unirsi.

Facebook studia sempre di più ciò che facciamo nella vita reale e tenta di ricreare online degli spazi virtuali per poter continuare le situazioni offline anche sulla proprio piattaforma. Ci dimostra come metta sempre di più gli utenti e le loro esigenze al centro di tutto.

messenger rooms

Come funziona Messenger Rooms

Crei la stanza virtuale direttamente dal tuo profilo sia da cellulare che da desktop. Puoi scegliere di personalizzare l’attività della stanza, chi può accedere (se i tuoi amici o persone specifiche con invito o condivisione di link). Non è necessario essere iscritti a Facebook per partecipare a una videochat su Messenger Rooms, basta cliccare sul link condiviso da chi ha creato la stanza virtuale. È possibile inoltre iniziare subito oppure programmare la videochiamata di gruppo in altro momento.

I vari partecipanti entrano ed escono a piacimento e come admin, chi ha creato la stanza può decidere di rimuovere membri e condividere lo schermo (con massimo 10 partecipanti).

Quando l’admin esce, la stanza continua ad esistere e le persone possono continuare a tenerla attiva, entrando e uscendo, oppure l'admin può decidere di cancellarla.

messenger_rooms

4 modi per usare le Messenger Rooms come strumento utile per le attività commerciali su Facebook

Ma veniamo agli scenari possibili che si potrebbero aprire grazie a Messenger Rooms.

Queste stanze virtuali possono diventare veri e propri strumenti utili per aumentare l’engagement della nostra community. Metterci la faccia, creare servizi personalizzati porta i suoi frutti. Creare una relazione con i propri utenti porta ad avere risultati di conversione sicuramene più alti, soprattutto per le attività commerciali, anche locali.

  1. Creiamo esperienze esclusive

Le stanze possono diventare luoghi online dover poter regalare ai nostri migliori fans delle esperienze esclusive insieme a noi, referenti del brand. Una sorta di premio agli utenti più attivi o ai migliori clienti del nostro eCommerce. Possiamo offrire la possibilità di un’esperienza immersiva ed esclusiva, cui gli altri non hanno accesso.

  1. Offriamo incentivi

Un altro modo per sfruttare questa nuova funzionalità potrebbe essere quello di incentivare a comprare i nostri prodotti o servizi, offrendo delle sessioni private con approfondimenti, maggiori informazioni, consigli utili e altro ancora sul prodotto stesso. Si possono creare degli appuntamenti fissi a scadenza settimanale o mensile. Una sorta di servizio aggiuntivo per stare vicino ai clienti che scelgono i nostri prodotti o servizi.

messenger rooms

  1. Convidiamo tutorial

Possiamo anche creare delle stanze che insegnino qualcosa, proponendo degli incontri formativi, dei veri e propri tutorial. Pensiamo a quanti lavorano nel campo della formazione e vendono corsi, o che svolgono attività legate al food che potrebbero proporre ricette e 'how to' di ogni tipo, o ancora a parrucchieri ed estetiste che potrebbero pensare a sessioni online con consigli utili da mettere in pratica quando non puoi recarti in negozio. Chi ora propone lezioni di fitness, yoga o pilates potrebbe offrire classi virtuali su Messenger Rooms anziché su altri strumenti.

  1. Coinvolgiamo gli influencer

Se lavoriamo con influencer, testimonial di spicco del nostro marchio, importanti per la nicchia di utenti cui ci rivolgiamo, coinvolgiamoli nella creazione di stanze per poter incontrare direttamente i nostri follower. Un modo per creare un rapporto esclusivo, proporre sessioni di domande e risposte, interviste, lasciando aperto l’intervento a chi entra nella stanza. Come sempre l’inventiva e la creatività possono essere infinite. Sicuramente mettersi a disposizione dei propri utenti, dimostra grande disponibilità e regala un valore aggiunto alla community.

Via Ninja Marketing
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Di Max Da Via' (del 07/05/2020 @ 06:56:25, in Mercati, linkato 1323 volte)

Confcommercio non smette di esprimere preoccupazione per l'attuale scenario economico di settore e, dopo il parere fortemente negativo espresso sul posticipo della data di riapertura, torna a parlare di consumi e stime 2020 in base alle nuove ipotesi di calendario. Come si legge nella relativa nota: "mantenendo la data del primo ottobre come la più realistica per il ritorno a una fase di totale normalità, seppure con l’attivazione di protocolli di sicurezza che modificheranno i comportamenti di famiglie e imprese, si stima per il 2020 un crollo dei consumi pari a quasi 84 miliardi di euro (-8% rispetto al 2019)".

Una "valutazione prudenziale che, non si esclude, potrebbe anche peggiorare. Oltre tre quarti della perdita dei consumi – prosegue la nota – sono concentrati in pochi settori di spesa: vestiario e calzature, automobili e moto, servizi ricreativi e culturali, alberghi, bar e ristoranti. Questi ultimi due, in particolare, sono i comparti che registrano le cadute più pesanti: -48,5% per i servizi di alloggio e -33,3% per bar e ristoranti. Per questi due importanti settori le stime sono molto prudenziali: le cadute potrebbero risultare a consuntivo decisamente più gravi se il ritorno alla 'nuova' normalità sarà particolarmente lento".

"E’ evidente che con un crollo della domanda così pesante la sopravvivenza stessa di questi comparti di attività economica è messa a serio rischio. Molto dipenderà dall’efficacia dei provvedimenti del Governo di sostegno alla produzione e al consumo, sia quelli già adottati sia quelli futuri. La strategia più logica e immediata di sostegno si riassume nella trasformazione delle perdite di reddito del settore privato, causate dalla chiusura forzata per il lockdown, in maggiore debito pubblico. Questo pilastro dei trasferimenti a fondo perduto a famiglie e imprese sembra in via di rafforzamento, e ciò offre qualche speranza per la ripresa".

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Di Max Da Via' (del 01/05/2020 @ 07:43:41, in Social Networks, linkato 1243 volte)

La pandemia da Sars-CoV-2, costringendoci a rimanere a casa, ha determinato un mutamento nella percezione dell’utilità della tecnologia e anche delle abitudini della popolazione mondiale.

Ha fatto capire a molti intellettuali, ma anche a semplici superficiali, che i dispositivi connessi non limitano necessariamente le esperienze. Al contrario, in una situazione di limitazione delle esperienze nella quale si acuisce la percezione di ciò che abbiamo perso, possono aiutarci a ricostruire la fisicità perduta e a tenere in vita le relazioni. Soli, ma insieme, grazie alle tecnologia.

Amplificazione di vecchie abitudini e insorgere di nuovi bisogni

L’impossibilità di spostarsi, se non per gli acquisti essenziali, ha amplificato il bisogno di sfruttare la rete per sopperire alle attività che richiedevano la presenza fisica e ha creato nuovi bisogni temporanei. Abbiamo trascorso più tempo a fare cose che facevamo prima, ma abbiamo anche imparato a fare nuove cose, con l’aiuto delle tecnologie di rete.
Ad esempio abbiamo sviluppato un desiderio, quasi spasmodico, di intrattenimento e comunicazione, dettato probabilmente dalla voglia di evadere dalla prigione domestica. Secondo McKinsey, dall’inizio dell’emergenza Covid-19, il 64% degli italiani ha incrementato la fruizione di contenuti online e il 62% l’uso dei videogiochi e le chat.
Allo stesso tempo abbiamo anche iniziato, forzatamente, ad usare alcuni strumenti di apprendimento e di lavoro a distanza. Il 57% ha usato per la prima volta tool per la scuola da remoto e il 42% le videoconferenze per uso professionale (dato più alto rispetto a quello di Francia e Germania). Un buon numero di early adopter anche tra coloro che non avevano mai fatto lezioni online per tenere in forma il corpo e la mente (rispettivamente 38% e 22%).

I servizi internet più usati durante il Coronavirus

Stando a casa è cambiata la modalità di fruizione di internet: è diminuita la quota di utilizzo della rete mobile ed è aumentata la navigazione da desktop. Si usano ancora molto gli smartphone, ma connessi al wifi casalingo e, comunque, vengono preferiti gli schermi più grandi.
Di questo stato di iperconnessione non hanno beneficiato tutti i servizi online. Naturalmente a soffrire di più sono stati quelli che permettono l’organizzazione di viaggi (weroad.it -140% di traffico web a marzo rispetto a gennaio), tra questi tutte le compagnie di trasporto e di noleggio (herz.it -80% di traffico).
Ad esplodere sono state sei tipologie di servizi che rispondono a specifiche esigenze che si sono accentuate in questo periodo.

E-Commerce e Delivery: le aziende al dettaglio già equipaggiate con un ecommerce e appartenenti a settori merceologici essenziali hanno beneficiato di questa situazione di reclusione forzata, anche se hanno dovuto riorganizzare la catena logistica a causa della domanda inattesa.
Gli altri, come l’abbigliamento e la cosmesi, stanno soffrendo. Certamente è cresciuto il bisogno di ordinare cibo a domicilio sia direttamente dai supermercati (Coop, Esselunga, Carrefour hanno avuto incrementi di visite ai siti di oltre il 200% a marzo rispetto a gennaio), sia attraverso gli intermediari (Glovo ha avuto un’impennata di traffico di circa il 100% e Deliveroo di circa il 50%).

Informazione: sono cresciuti gli accessi ai siti che permettono di essere aggiornati sull’evoluzione dell’emergenza, anche in maniera dettagliata. A marzo gli accessi a Repubblica.it sono cresciuti del 55%, al Corriere.it del 59% e al Sole 24 Ore del 149%. A beneficiare di un impatto positivo è stata anche l’informazione settoriale, ad esempio OrizzonteScuola.it ha toccato i 5 milioni di utenti unici (+70%) e Zanichelli 1,8 milioni di utenti unici (+154%).

Lavoro/Istruzione: per molti l’attività professionale si è spostata tra le mura domestiche e dunque ci si è dovuti attrezzare per imparare ad utilizzare le piattaforme necessarie per lavorare e imparare a distanza. 
A marzo l’applicazione per videoconferenze più scaricata dagli italiani è stata l’outsider Zoom (oltre 2,3 milioni di volte) che è stata anche quella che ha subìto il maggiore incremento di utenti giornalieri insieme a Hangouts Meet. Ma la più utilizzata dagli italiani rimane Skype, usata quotidianamente da oltre 300.000 utenti Android, seguita da Zoom (120.000).

applicazioni videoconferenza download coronavirus

Intrattenimento: la quota di tempo dedicata a qualche forma di svago o di cura degli interessi personali (hobby, audio/video streaming, videogames, porno) è aumentata e si è polverizzata lungo tutto il corso della giornata.
I dati di marzo della fruizione di contenuti da desktop mostrano che YouTube, con i suoi 33,7 milioni di visitatori unici, è il centro nevralgico dell’intrattenimento perché permette la massima libertà di costruzione del proprio palinsesto.
Seguono Mediaset.it (17,9 milioni di visitatori unici) e Sky.it (13,6 milioni). Più in basso RaiPlay (6,7 milioni), La7.it (6,6 milioni). Tra gli over the top Amazon Prime Video ha attratto ben 6,3 milioni di visitatori da desktop probabilmente perché molti si sono accorti che era compreso nel proprio abbonamento Prime. Netflix ha ricevuto 4,9 milioni di visitatori da desktop, ma rimane leader tra le app di streaming.

Comunicazione: l’utilizzo delle app dedicate alla messaggistica istantanea, per rimanere in contatto con parenti e amici, non è cresciuto in termini di tempo speso, ma si è allargata l’arena competitiva e la base degli utilizzatori nel giorno medio.
Anche in questo periodo di isolamento la chat preferita dagli italiani è stata WhatsApp, stabile in termini di utenza giornaliera, ma unica a crescere in termini di tempo si utilizzo (55 minuti a persona al giorno). Hangouts, la chat consumer di Google, è la sola ad aumentare i suoi utenti quotidiani (su Android).
L’app più scaricata in questa categoria è stata Facebook Messenger (1,6 milioni di download a marzo), seguita a sorpresa da Telegram (1,5 milioni). Marzo segna la comparsa della novità Houseparty con 1 milione di download e una crescita di utenti giornalieri dell’8000%.

Social: non potendo frequentare i luoghi fisici di aggregazione, gli italiani si sono ritrovati nelle piazze della rete. La classifica di preferenza rimane invariata rispetto alla mia analisi annuale, ma ci sono delle novità interessanti. Sono cresciuti i social che incorporano una forte funzione di intrattenimento. A marzo Facebook ha fatto registrare 41 milioni di accessi unici da desktop (+43% rispetto a febbraio). Cresce anche Twitch, il sito di game streaming, che totalizza 25 milioni di visite (+25%).
L’applicazione di gran lunga più scaricata è stata TikTok (oltre 1,6 milioni di volte ossia +50%) seguita da Instagram (oltre 1,1 milioni).
Nel grafico in basso, che mostra la crescita degli utenti giornalieri Android, si nota che TikTok e Twitch sono quelli che hanno incrementato maggiormente la propria utenza (rispettivamente 18,7% e 20,4%).

crescita utenti giornalieri social app marzo 2020

Quando ritorneremo ad uscire dalle nostre case per riprendere la routine della vita pre-covid19 l’utilizzo di molti servizi si attenuerà, ma alcune abitudini rimarranno perché l’ostacolo psicologico all’utilizzo è stato rimosso, anche se forzatamente. L’insegnante avrà meno timore a organizzare una video lezione e la casalinga più restia si concederà il lusso dell’home delivery, dopo una giornata faticosa.

* L’analisi sull’utilizzo delle applicazioni è stata fatta considerando i dati Similarweb del Play Store italiano. In Italia Android rappresenta l’83% delle istallazioni mobili (Kantar).

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Di Max Da Via' (del 21/04/2020 @ 07:01:54, in Social Networks, linkato 1387 volte)

E’ormai evidente anche ai marketing manager meno attenti all’evoluzione dei social media che senza un investimento pubblicitario non è possibile ottenere una sufficiente circolazione dei contenuti sulle piattaforme sociali. Di conseguenza risulta fondamentale avere dei benchmark su costi e performance dei diversi posizionamenti pubblicitari sulle piattaforme disponibili.
Dall’ultimo report AdStage ho selezionato alcuni dati sui KPI più usati nel social advertising del 2019 che, anche se riferiti al mercato statunitense, possono essere utili come punti di riferimento (qui i dati del 2018). Vi consiglio di dare un’occhiata anche agli andamenti per trimestre perché il prezzo fluttua in ragione dei volumi di domanda e offerta.

I costi della pubblicità su Facebook

La pubblicità nel news feed vede un costo per click attestarsi su un valore mediano di $0,81 (+15,7% rispetto allo scorso anno). Contemporaneamente, anche quest’anno, decresce il costo per mille impression che si attesta su $8,87. Il click through rate tocca il livello più basso da anni e va all’1,14%.
La pubblicità fatta sulla spalla destra è più costosa, con un CPC di $1,59 (-25% sull’anno).
Meno costoso l’adv attraverso Audience Network di Facebook che ha un CPC di $0,79 (+4%).
Se si decide di usare l’adv su Messenger si può immaginare un CPC di $1,94 (+47%).

facebook adv costi

I costi della pubblicità su Instagram

Aumentano i marketer che usano anche il social delle immagini, spesso in combinata con Facebook, per sponsorizzare i propri messaggi e ciò si riflette sui costi.
La pubblicità nel news feed di Instagram ha un CPC di $1,53 (-29% rispetto allo scorso anno), un CPM di $6,81 e un CTR dello 0,44%.
La pubblicità nelle Storie fa registrare un costo per click più alto di $1,84 (-6,6%), un CPM di $7,99 e un CTR dello 0,41%.

instagram adv cpc 2019

I costi della pubblicità su LinkedIn

Quest’anno il CPC del social di Microsoft è cresciuto di 10 punti, attestandosi su $4,08. Il CPM è di $9,05 (+16%) e il CTR è dello 0,22% (-12%). I costi sono ancora molto elevanti ma il risultato può essere premiante perché le opportunità di targeting per ruolo sono uniche. Negli ultimi dodici mesi è stato migliorato il Campaign Manager e agli obiettivi di Consideration sono stati aggiunti quelli di Awareness e Conversion.

I costi della pubblicità su Twitter

Nel network dei 280 caratteri la pubblicità ha un costo molto basso, ma le possibilità di targeting non sono sempre granulari. Il costo per click è di soli $0,28, in discesa di ben il 49% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Il CPM è di $7,31 (+17,5%) e il click through rate arriva addirittura al 2,36% (+98%).

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I costi della pubblicità su YouTube

Sul più grande network televisivo non lineare la pubblicità CPC ha un costo di $2,96, in calo del 17,6% rispetto all’anno precedente. Il CPM è di $9,61 (-10,4%) e il CTR è dello 0,31% (+10,7%). Negli ultimi dodici mesi YouTube ha reso disponibile l’acquisto del posizionamento Masthead a CPM, con diverse opzioni di targeting. Si tratta dello spazio di maggior pregio, ossia quello in alto immediatamente sotto la barra di ricerca, prima venduto per almeno un giorno.

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I costi della pubblicità su Pinterest

Sulla social bacheca delle ispirazioni la pubblicità ha un costo poco più basso di Instagram. Il CPC è pari a $1,28, in crescita del 121% rispetto allo scorso anno. Il CPM è di $6,85 (+77,5%) e il CTR è dello 0,59% (+9%).

pinterest adv cpc 2019

Il mio consiglio è di considerare le linee di tendenza di queste informazioni e procedere ad una sperimentazione costante di posizionamenti, formati, creatività. Evitate di chiudervi nelle comfort zone di Google e Facebook.


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