Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Skype è pronto al grande salto. Il popolare software di messaggistica istantanea e voIp ha comunicato al Ces l’intenzione di concentrarsi sul settore della telefonia mobile e di collaborare con la piattaforma Android di Google.
La nuova versione del client di proprietà di eBay, che inizialmente sarà disponibile solo in versione beta per gli utenti Usa, sarà compatibile con il T-Mobile Htc G1, primo e unico cellulare che supporta per ora Android.
Skype ha anche lanciato una versione Light del suo servizio voIp compatibile con oltre 100 nuovi modelli di telefoni cellulari che dispongono di Java, tra cui moltissimi Lg, Motorola, Nokia, Samsung e Sony Ericsson.
Sicuro dell’appoggio degli utenti, che grazie alle chiamate effettuate mediante il programma hanno risparmiato ingenti somme, Skype deve ora conquistare la fiducia di quegli operatori di telefonia mobile ancora scettici per il timore di vedere una drastica riduzione del fatturato generato dalle chiamate vocali.
Il responsabile operativo del gruppo Scott Durchslag si è detto sicuro che questa tendenza stia mutando: “In passato gli operatori pensavano che fossimo qualcosa di diabolico. Ora ci sono operatori che stanno venendo da noi”.
Durchslag ha spiegato che la crisi economica sta aiutando e non danneggiando Skype, in quanto i consumatori cercano alternative meno care. Anche i clienti business, che sono stati più lenti ad adottare Skype, ora cercano di usarlo per diminuire le spese.
“Non abbiamo mai visto le cose andare meglio”, ha affermato il dirigente, aggiungendo che il comparto business ora rappresenta circa il 30% del minutaggio telefonico utilizzato, rispetto al 20% di inizio 2008. “Ci sono imprese che usano il servizio e che prima non avrebbero mai chiamato“, ha detto Durchslag , citando come esempio il responsabile di un importante team del produttore di attrezzature Cisco Systems, il cui gruppo usa Skype per comunicare.
Durchslag ha aggiunto che, mentre altre aziende stanno licenziando personale, Skype, che guadagna oltre 30 milioni di utenti a trimestre, invece sta assumendo in massa per tenere il passo con la rapida crescita.
Con l'obiettivo di andare anche oltre il pc e il cellulare, Durchslag ha anche detto di aver cominciato a lavorare con i produttori di televisori per avere, forse già tra un anno, Skype sugli apparecchi tv digitali connessi a internet. “I televisori hanno un ciclo di sviluppo molto lungo, dunque si tratta di qualcosa che si vedrà probabilmente alla fine del 2009 o all'inizio del 2010, se va tutto alla perfezione”, ha concluso il dirigente, che però non ha indicato i nomi dei fabbricanti coinvolti.
Via Quo Media
Annunciato lo scorso dicembre, il nuovo sistema integrato di Audiweb per la rilevazione dei dati relativi alla fruizione dei media on line, è ora entrato in funzione a pieno regime. La Joint Industry Committee che vede fra i soci partecipanti Fedoweb, Upa ed Assocomunicazione ha infatti perfezionato il meccanismo di distribuzione agli operatori specializzati del database mensile contenente i dati quotidiani di navigazione del panel composto da 20mila utenti Internet. Nelle mani di editori, centri media, concessionarie di pubblicità e agenzie Web vi sono quindi tutti gli strumenti per poter procedere con qualsiasi tipo di pianificazione di natura pubblicitaria e, questa una delle novità più importanti per il 2009, la possibilità di mettere a frutto i vantaggi di una metodologia in grado di integrare i dati forniti dai panelist con quelli censuari (estratti dalle attività svolte sui siti censiti e riferiti alle pagine effettivamente consultate via browser dall'utente) e quelli (stimati) relativi alla navigazione in Rete effettuata da luoghi pubblici. Il "nuovo" corso della misurazione del Web italiano, secondo Audiweb, può contare su una comunità ampia e variegata - gli editori online presenti nel database, direttamente o tramite i loro network pubblicitari, sono 80 e i brand censiti 179 – che abbraccia praticamente tutti (le eccezioni sono poche sebbene autorevoli, vedi Yahoo! e Sky) i grandi e piccoli attori della Rete.
Il valore aggiunto dell'impianto di ricerca Audiweb, dicono i diretti interessati, deriva dal fatto di essere fondato su tre distinti metodi di rilevazione - ricerca quantitativa di base, panel statisticamente rappresentativo della popolazione italiana online e sistema censuario – che nell'insieme offrono una reportistica completa dell'audience dei media digitali. Lo strumento "innovativo" di misurazione è proprio il Database, che oltre a descrivere il comportamento tenuto sui siti degli associati dal campione da casa e ufficio riporta i profili socio-demografici dei componenti del panel stesso e una precisa codifica per categorie dei canali visitati. Il dettaglio è quindi il più approfondito possibile, e per gli operatori questo si traduce nella possibilità di studiare, costruire e ottimizzare adeguatamente i piani media. Investire in advertising on line non è mai stato così facile, questo in sintesi il messaggio che lancia al mercato Audiweb, e considerando le ancora diffuse reticenze all'utilizzo di Internet come canale di sbocco per la comunicazione commerciale non sembra una cosa da poco. Dietro tale auspicio c'è anche, e Audiweb ne sottolinea infatti la valenza, l'utilizzo di sofisticati sistemi di ponderazione (nello specifico la routine statistica Calmar, messa a punto con il contributo di Memis e Nielsen Online) a garanzia dell'autenticità e veridicità dei dati Internet provenienti dal mercato.
Nella logica di sistema integrato, al Database si affiancano altri tre strumenti di rilevazione del traffico on line. AW Trends è il report con i risultati dei primi tre cicli della ricerca di base (curata da Doxa) e fornisce la stima dell'universo dei navigatori per la corretta ponderazione dei dati panel; AW View è invece il servizio (basato su Nielsen Online NetView) che visualizza i dati di audience mensili di tutti i siti; AW Report è infine il sistema di monitoraggio quotidiano dei dati censuari complessivi di navigazione dei siti Web iscritti. La convinzione di Audiweb è quella, in sostanza, di aver messo a punto un "ecosistema" che possa essere un punto di riferimento puntuale e omogeneo (oltre che certificato) per misurare l'audience del Web nostrano. I dati di traffico (pagine viste, utenti unici, tempo medio speso on line e quant'altro) di portali e siti di maggior afflusso saranno cioè facilmente tra di loro confrontabili e così facendo sarà più immediato per chi investe in Web avere delle basi e dei riscontri qualitativamente e quantitativamente adeguati. Che si sia agli albori di una nuova e florida stagione della pubblicità on line è troppo presto per dirlo, ma certo è che il Web è un media che più di ogni altro ha fra le sue peculiarità quella di un rapporto molto stretto e funzionale con i suoi utenti. L'essere in Rete è sinonimo (spesso) di trovare la risposta alle proprie necessità informative e comunicative e ciò che più conta per gli operatori pubblicitari è la costante crescita della propensione a navigare on line degli italiani. Senza dimenticare, inoltre, che fare advertising sul Web costa ancora decisamente meno che non ritagliarsi una finestra in televisione.
di Gianni Rusconi su ILSOLE24ORE.COM
Internet potrebbe essere un salvagente formidabile per alcuni modelli di business tradizionali, che nella Rete troverebbero esempi e consigli pratici per superare indenni gli effetti della crisi finanziaria globale. Uno dei punti focali teorizzati dal giapponese Joichi Ito, guru dell'informatica e di Internet considerato dal World Economic Forum uno dei 100 "leader globali del futuro", verte sul fatto che il Web ha abbattuto i costi della distribuzione delle informazioni e il cardine delle attività di business non deve più essere fondato sul come diffonderle ma sul come selezionarle, individuando gli utenti idonei a riceverle. Internet, dice Ito, crea costantemente forme nuove di business partendo dalla gratuità della distribuzione dei contenuti e Google, che offre gratuitamente i suoi servizi (dalla ricerca alle mappe) e vive di pubblicità, è ovviamente un esempio d'eccellenza. In tempi di crisi, però, anche la Rete offre il fianco a minacce che possono seriamente ridimensionare la crescita del Web advertising, per quanto lo strumento costituisca una forte attrattiva per inserzionisti "delusi" dal mezzo televisivo o dalla carta stampata. I media digitali non sono quindi immuni dalla recessione e a confermarlo sono i dati – relativi agli Stati Uniti - pubblicati di recente da una delle società più attente a rilevare le dinamiche in atto nel cyberspazio, e cioè eMarketer .
Sotto la lente di ingrandimento degli analisti è finito in particolare il fenomeno del Web 2.0 per antonomasia, il social networking, sempre più al centro dell'attenzione di addetti ai lavori e non e mai avaro di contraddizioni. Facebook – oltre 120 milioni di utenti nel mondo e 60 miliardi di pagine visitate al mese – è l'emblema di una nuova era della comunicazione, che verte su socialità globale, interattività ed estrema visibilità. Strano a credersi, ma i siti di social network non sono certo un riferimento per gli inserzionisti della Rete. Anzi. Proprio eMarketer ha abbassato più volte nel corso del 2008 le previsioni di spesa per l'advertising su Facebook & Co. e stando alle ultime stime elaborate in dicembre nell'anno appena concluso aziende e centri media statunitensi dovrebbero aver raccolto 1,2 miliardi di dollari, contro gli 1,4 miliardi stimati a giugno. Per il 2009, il taglio dei budget rispetto alle iniziali previsioni è ancora più netto: il livello di investimenti per i prossimi dodici mesi si attesta infatti attorno agli 1,3 miliardi di dollari, mezzo miliardo in meno circa di quanto a suo tempo profetizzato. Numeri che rimangono importanti – pensiamo per esempio al fatto che la pubblicità on line in Italia raggiunge gli 850 milioni di euro nel suo complesso – ma che testimoniano i limiti dell'advertising su Internet nel decollare definitivamente. Rispetto agli altri media (giornali e TV) la reazione alla crisi è sicuramente migliore ma resta in sostanza il fatto che tanto l'intero comparto della pubblicità online quanto le reti sociali in modo particolare non significano ancora per molte aziende un sicuro ritorno sugli investimenti.
Nel caso specifico dei vari Facebook, MySpace, Linkedin e via dicendo ciò che preoccupa gli analisti (e il messaggio è decisamente in contrasto con quello di molti esperti di marketing) è l'incertezza che ruota intorno all'efficacia pubblicitaria di questi siti, alla loro capacità di valorizzare a fini commerciali gli enormi volumi di contenuti generati dagli utenti. I numeri che fotografano le difficoltà dei più gettonati siti di social network parlano di fatto da soli: MySpace, di proprietà della News Corp. di Rupert Murdoch, dovrebbe aver chiuso il 2008 con 585 milioni di dollari di ricavi pubblicitari, rispetto ai 755 milioni di dollari previsti. Facebook se la passa anche peggio perché se le stime di eMarketer sono corrette si è dovuta accontentare di 210 milioni, contro i 265 milioni previsti a inizio anno. Anche la faccia più splendente del Web 2.0, insomma, ha le sue belle gatte da pelare e i prossimi dodici mesi saranno una sorta di prova della verità. Tornando alle teorie di Ito, i social network sono sicuramente un'irrinunciabile opportunità sociale ed economica, una base di partenza per la creazione di modelli di business credibili, ma almeno per ora hanno "fallito" la prova del campo e del mercato. Il rischio di una nuova bolla come quella del 2000 (anche se qualcuno l'ha predetta) sembra scongiurata ma ha forse visto bene il Commissario europeo per la società dell'informazione Viviane Reding nell'auspicare la definizione di normative dedicate al fenomeno. Normative che avrebbero l'obiettivo di strutturare i social network su basi più solide e renderli meno esposti alle forti oscillazioni del mercato, così da attirare l'attenzione (e gli investimenti) di una vasta comunità di aziende.
di Gianni Rusconi su ILSOLE24ORE.COM
A Chicago (lo sa bene chi guardava E.R.) fa un freddo porco.
Ha quindi molto senso l'iniziativa di comunicazione non tradizionale di Kraft per la sua zuppa pronta "Stove Top Quick Cups".
L'azienda ha deciso di utilizzare una cinquantina di pensiline del bus come punto di contatto (poster) col pubblico; in 10 di queste ha installato un sistema di riscaldamento (una follia dal punto di vista dell'efficienza energetica, btw) ed è poi passata a distribuire campioni *caldi* del prodotto agli infreddoliti utenti dei mezzi (vedi alla voce tryvertising).
Kraft non è nuova a esperimenti in campo comunicazionale - si veda il caso della pubblicità odorosa di cui abbiamo parlato in passato.
Nemmeno le pensiline sono un luogo nuovo per la comunicazione alternativa - si veda lo sfortunato caso delle pensiline al profumo di biscotto.
Avrete sentito parlare di Chris Anderson e della teoria della coda lunga. In buona sostanza si tratta di una constatazione, in un mercato praticamente illimitato come quello digitale anche la vendita di piccole quantità di prodotti di nicchia è redditizia, anzi, la somma del valore generato da questi piccoli lotti supera spesso in valore l’introito dei best sellers.
Questa osservazione può essere molto interessante anche rispetto ai contenuti e alla comunicazione nell’era del web 2.0
Se infatti analizziamo in modo attento le statistiche di un qualunque nostro website dotato di qualche notorietà in rete vedremo che fra i referrals ci sono tantissimi accessi da siti che ci portano uno o due visitatori per volta.
Di solito trascuriamo questo tipo di valori, se però proviamo a sommare le provenienze da siti “altri” rispetto alle grandi fonti di traffico vedremo che sono i primi che ci portano la maggioranza dei nostri accessi.
Di più, se abbiamo un sito ricco di contenuto probabilmente quei pochi accessi verranno ciascuno da una fonte attinente con il tema trattato nella pagina di atterraggio. Questo mi porta a riprendere e amplificare un messaggio lanciato alcuni post fa: è fondamentale creare molto contenuto di qualità e diffonderlo capillarmente nel web con feed rss e piattaforme 2.0.
Il risultato sarà quello di una presenza diffusa dei nostri contenuti che potranno intercettare tutta quella domanda più o meno di nicchia che la dimensione del web riesce finalmente a soddisfare nei bisogni latenti, non gratificati dalla necessaria selezione di prodotti e contenuti propria delle economie offiline (magazzini, rese a metro, spazio sugli scaffali).
Grazie a questa diffusione porteremo un flusso continuo di piccoli accessi che a conti fatti saranno il reale punto d forza del nostro traffico per realizzare il nostro business (vendita di pubblicità, e-commerce, altro).
Che ne pensate?
Gianluigi Zarantonello Via http://webspecialist.wordpress.com
Crisi o non crisi la tecnologia continua a fare passi da gigante. Anche nel 2008 le innovazioni nei prodotti destinati al grande pubblico non sono mancate, nel campo del software come in quello dell'hardware, nei dispositivi mobili come in quelli votati all'alta definizione. Molte di queste "new entry" del firmamento hi-tech, praticamente tutte, giocheranno un ruolo importante anche nel 2009 e negli anni a venire condizionando le abitudini quotidiane di milioni di persone, siano esse semplici consumatori o figure di business. E non sono neppure mancate novità importanti nel campo della ricerca, sotto forma di nano tecnologie e nuovi materiali per realizzare i microchip e di transistor (progettati dagli Hp Labs) che sostituiranno in futuro le attuali memorie Dram (Dynamic random access memory) su prodotti in commercio entro i prossimi cinque anni. La ventata di novità ha toccato anche mondi sempre più pervasi dalle tecnologie come lo sport, con il rivoluzionario costume da bagno prodotto da Speedo in collaborazione con la Nasa. L'innovazione, come sentenzia una delle bibbie della tecnologia, Wired, è in altre parole viva e vegeta e pure in ottima salute, anche se i venti della recessione si fanno sentire eccome. Proprio la prestigiosa testata americana ha stilato come di consueto la classifica delle 10 tecnologie a suo avviso più importanti, "le "Top Technology Breakthroughs of 2008". Di questa classifica diamo di seguito alcuni esempi in ordine (crescente) di rilevanza.
Display flessibili Se ne parla da parecchio tempo e diventeranno realtà, nel senso di un loro impiego su larga scala, entro il 2010 o al più tardi il 2011. Cellulari, computer portatili ed e-book si doteranno infatti progressivamente di schermi flessibili, arrotolabili su se stessi, come una sorta di antica pergamena. Quest'anno significativi sviluppi in questa direzione si sono registrati in seno all'attività dell'Arizona State University o di vere e propri specialisti della materia come Plastic Logic ed E-Ink. Samsung, fra i produttori di telefonini, è stata la prima a mettere in mostra (esemplificativo questo video apparso su YouTube) un prototipo di display flessibile destinato agli apparecchi mobili che si ripiega alla stregua di un libro. Quanto immaginato in "Minority Report" non è quindi più così lontano.
Memorie allo stato solido Apple, con gli iPod, ha aperto la strada. Oggi e più che mai nei mesi a venire le memorie flash saranno ben più di un'alternativa ai classici hard disk nell'equipaggiamento di base di una moltitudine di dispositivi elettronici portatili, dai notebook ultraportatili alle macchine fotografiche digitali. Ora i grandi produttori di sistemi di archiviazione, fra cui Emc, Sun Microsystems e Hitachi stanno testando questa tecnologia per le grandi utenze aziendali. Una rivoluzione annunciata nel segno di migliori prestazioni (tempi di risposta) e di una maggiore efficienza energetica (minori consumi) rispetto ai tradizionali supporti di memoria. I prezzi dei dischi Ssd (solid state disk) è in costante flessione e questo ne faciliterà l'adozione a volumi già nel 2009 nei data center. Per i prodotti hi-tech che riempiono le case, ormai, è già tempo di dire "goodbye" ai vecchi hard disk.
Gps La tecnologia in sé è datata 1978, quando furono rese operative le prime trasmissioni di dati su tecnologia Global Positioning System. Dal 1993 è iniziata la commercializzazione al grande pubblico, inizialmente per una ristretta categoria di utenti e veicoli, e nel 2008 i Gps hanno toccato l'apice della popolarità diventando un "add on" irrinunciabile per smartphone, lettori multimediali e computer portatili. Il futuro di questa tecnologia è tutta in una parola: servizi. Di geolocalizzazione e geotagging, perfettamente integrati con i software che comandano telefonini e gadget hi-tech e sotto il segno del Web 2.0.
Video ad alta definizione sulle reflex La fotografia sposa il video e questo grazie al superamento di un limite tecnologico che ha segnato la storia recente della macchine digitali reflex a lente singola. Nikon e Canon, per prime, hanno lanciato sul mercato apparecchi Slr (Single-lens reflex) dotati di un apposito chip in grado di registrare filmati in alta definizione. Il che significa mettere nelle mani dei cultori delle arti grafiche e visive, nonché ai fotografi professionisti, dispositivi in grado di soppiantare le funzionalità delle classiche videocamere, aprendo le porte a un mercato dalle enormi potenzialità di sviluppo.
Usb 3.0 Alzi la mano chi non è mai ricorso a una chiavetta Usb per copiare file o documenti particolarmente pesanti da un computer a un dispositivo digitale o viceversa. La tecnologia Universal Serial Bus è ormai uno standard mondiale affermato e consolidato e a partire da metà 2009 avrà un'ulteriore accelerazione con l'avvento dei primi dispositivi dotati di interfacce Usb 3.0. La velocità di trasmissione dati sarà 10 volte più veloce della tecnologia attuale (la 2.0) e toccherà la punta di 4,8 megabit per secondo, agevolando di conseguenza il download e l'upload di contenuti digitali da e verso il Web. Ma non solo. Utilizzato come fonte di alimentazione, un cavo Usb 3.0 sarà capace di distribuire una quantità di energia elettrica nove volte superiore a quella trasportata oggi, con evidenti benefici sui tempi di ricarica di smartphone e dispositivi digitali in genere. Android É la scommessa di alcuni big della telefonia mobile, Motorola in testa. Lo sbarco negli Usa a fine ottobre del G1, il primo googlefonino - prodotto da Htc per T-Mobile – a vedere il mercato è stato solo l'inizio dell'avventura di Android. I circa 1,5 milioni di smartphone venduti con il sistema operativo open source voluto da Google non sono un dato eclatante se paragonato ai tre milioni di iphone che Apple ha consegnato al mercato nei primi due mesi di vita del melafonino. Le pecche del primo cellulare androide sono parse evidenti soprattutto alle voci batteria e display ma le prospettive di crescita per Android sono grandi. Il numero di operatori e produttori (Samsung, Sony Ericsson, Asus, Huawey e addirittura Lenovo con China Mobile) che hanno abbracciato la Open Handset Alliance è lunga come è lungo l'elenco degli annunci imminenti. Per l'industria mobile si annuncia un'altra rivoluzione e questa volta arriva non da un terminale ma da un software, da una piattaforma operativa aperta che potrebbe attirare a sé moltissimi sviluppatori di applicazioni. Mettendo pressione sugli altri Os dell'universo smartphone, da Symbian a Windows Mobile passando naturalmente per quello caricato a bordo dell'iPhone.
Apple App Store Per alcuni addetti ai lavori è la vera scommessa vinta da Steve Jobs con il lancio dell'iPhone. E questo perché la guerra per il predominio negli smartphone si giocherà soprattutto sul fronte delle applicazioni che vi girano sopra: aprire un negozio virtuale per offrirle – gratuitamente alcune, a pagamento la maggior parte – agli utenti è stata una strada che Apple ha imboccato per prima e il suo App Store ha generato non a caso numeri molto ma molto importanti. Con il suo negozio la casa della Mela ha cambiato un modello statico di distribuzione di programmi (soprattutto di entertainment) per i cellulari rendendolo altamente dinamico, oltreché semplificato. Nella scia dell'App Store Google ha creato il suo Android Market, Research in Motion ha dato vita all'Application Storefront per i milioni di clienti dei suoi BlackBerry, Microsoft e Symbian sono prossime a dare il là ai propri marketplace di applicazioni. Android ha rafforzato un concetto: per migliaia di programmatori il cellulare è il nuovo pc, un device personalizzato su misura per tutto ciò che concerne strumenti di lavoro, giochi e tool di varia natura.
di Gianni Rusconi su ILSOLE24ORE.COM
Aziende italiane virtuose. Il 33% delle imprese italiane adotta politiche “verdi” all’interno dei propri processi produttivi. Il 20% ha intenzione di promuovere attività ecocompatibili mentre solo il 6% non ha intenzione di adottare alcuna politica verde. Sono questi alcuni dei dati (confortanti) che emergono dallo studio condotto dalla società di recruiting Robert Half Finance & accounting sui dipendenti di aziende di tutte le dimensioni.
Un terzo delle aziende italiane, quindi, ha già implementato delle attività volte al rispetto dell’ambiente. Un valore per ora sotto la media mondiale (42%), ma destinato a crescere. È infatti sopra la media il numero delle aziende che, a detta degli intervistati - manager del finance e della ricerca e sviluppo - stanno definendo delle politiche ambientali da implementare a breve (20% il dato Italia contro il 17% media mondiale). Ma quali sono le attività attuate per il rispetto dell’ambiente dalle aziende del nostro Paese? Primo fra tutti, un maggior rispetto per i consumi energetici che coinvolge ben il 66% delle imprese: in primis l’uso di lampadine a basso consumo e una maggiore sensibilizzazione dei dipendenti. Un valore addirittura superiore alla media mondiale (64%).
Seguono i programmi di riciclo inclusi nei processi produttivi per il 56% delle aziende e l’utilizzo di carta riciclata per il 54%. Poi, un quinto circa delle aziende ha un piano di conservazione e risparmio dell’acqua. Tra le modalità più originali e innovative si rilevano invece l’incentivazione all’uso dei mezzi pubblici attraverso il rimborso del costo dei biglietti utilizzati per raggiungere l’ufficio, attuato dal 22% delle imprese, e la digitalizzazione dei documenti, con conseguente risparmio nell’uso di carta, per il 12%. Sono ancora poche invece le imprese che optano per la compensazione delle emissioni di CO2 emesse nell’ambiente come conseguenza delle proprie attività. Solo il 7% delle aziende, infatti, sostiene piani di rimboschimento o altre iniziative analoghe.
Infine, mentre il 15% delle aziende dichiara di considerare le politiche ambientali all’interno di un più ampio programma di responsabilità sociale d’impresa, nessuna di quelle considerate dallo studio ha scelto la strada della certificazione Iso 14001 per dichiarare l’impegno concreto nel minimizzare l’impatto ambientale dei propri processi, prodotti e servizi.
da e-gazzette.it
Secondo una ricerca di IDC (riportata da emarketer) i numeri dietro ai Social Network sono realmente impressionanti.
Più della metà della popolazione USA userebbe questo tipo di siti (in Italia solo Facebook farebbe 4 milioni di iscritti...).
Più del 75% degli iscritti si collega almeno una volta alla settimana e un 57% lo fa quotidianamente. Più di un terzo passa un'ora o più collegato per ogni sessione.
Per l'Italia non ho questi numeri, ma coloro che sono nel mio network sembrano rispettare o superare queste medie... per quello che vale dl punto di vista statistico.
La roba brutta, a fronte di questo diluvio di "pageviews" è che non si clicca sui banner: sempre la stessa ricerca afferma che si interagisce, si socializza, ma non si clicca sui banner; se in media il 79% degli utenti Internet clicca su un banner almeno una volta l'anno (!), sui SN solo un 57% degli utenti ha confessato di averlo fatto.
Che il potenziale ci sia, siamo tutti d'accordo, che la strada sia il banner la vediamo sempre più dura.
Un ulteriore elemento di complicazione. Per sfruttare questi canali di comunicazione si sperava di poter fare la solita poca fatica con qualche bannerino, adesso vediamo che bisogna investire tempo, fatica e intelligenza per sviluppare altre cose, che possano essere engaging per gli utenti, cogliendoli in maniera sintonica ripetto allo stato d'animo, al set mentale in cui sono quando vanno in rete a social networkizzare...
La televisione tradizionale generalista può dirsi ancora una solida realtà in Italia, dove è seguita abitualmente (frequenza settimanale di almeno tre volte) dall'85,6% dei cittadini, e in Francia, dove l'utenza si attesta al 91% (in Gran Bretagna scende al 79,3% e in Germania al 49,7%).
Tuttavia, il 20,6% degli italiani guarda abitualmente la Tv satellitare e il 7,7% usa il digitale terrestre. Il 41,6% degli italiani usa il telefonino nelle sue funzioni di base, contro un 29,4% che utilizza abitualmente apparecchi che permettono le funzioni più sofisticate. Cresce l'uso dello smartphone tra gli uomini (il 31,7% contro il 27,3% delle donne) e soprattutto tra i soggetti più istruiti (il 37,7% rispetto al 20,2% dei meno istruiti). Poco più della metà degli italiani legge abitualmente quotidiani acquistati in edicola, e la quota dei lettori della free press si attesta a circa il 18%.
Il balzo in avanti nell'uso di Internet da parte dei giovani italiani tra 14 e 29 anni è stato enorme: tra il 2003 e il 2007 l'utenza complessiva (uno o due contatti la settimana) è passata dal 61% all'83%, e l'uso abituale (almeno tre volte la settimana) dal 39,8% al 73,8%. Il cellulare è usato praticamente da tutti i giovani (il 97,2%), il 74,1% legge almeno un libro l'anno (esclusi ovviamente i testi scolastici) e il 62,1% più di tre libri.
Il 77,7% dei giovani legge un quotidiano (a pagamento o free press) una o due volte la settimana (il 59,9% nel 2003), mentre il 57,8% legge almeno tre giornali la settimana. La flessione che si registra nell'uso della televisione tradizionale rispetto al 2003 (dal 94,9% all'87,9%) è ampiamente compensata dall'incremento conosciuto in questi anni dalla Tv satellitare (dal 25,2% al 36,9% dei giovani).
Solo il 37,4% degli spagnoli ritiene che la Tv generalista sia vecchia e inutile, percentuale che scende al 31,6% in Francia, al 31% in Gran Bretagna, al 28,8% in Italia e al 18,9% in Germania. Sono altri i problemi con cui devono confrontarsi i canali generalisti. Il loro difetto peggiore per spagnoli (86,8%) e italiani (73,1%) è la volgarità.
Inoltre, per l'82,6% degli spagnoli e l'82% degli italiani i Tg messi in onda dai canali televisivi generalisti sono troppo legati al potere politico, mentre in Francia il valore scende al 69,9%, per diminuire ancora al 49,5% in Gran Bretagna e al 40,1% in Germania. Solo il 30,7% degli spettatori italiani ritiene che i Tg siano effettivamente rispettosi del pluralismo, in Spagna il 44,5%, in Francia il 55,3%, in Gran Bretagna il 61,2% e in Germania il 64,2%.
Ci si informa usando un menù assortito che va dalle Tv ai quotidiani, dai periodici ai portali Internet, alle emittenti locali. Si contano a livello locale 538 Tv, 1.244 radio, 133 quotidiani regionali e provinciali (quasi 2,6 milioni di copie medie giornaliere, considerando solo le testate rilevate dall'Ads). Per il 35% dei cittadini il Tg regionale della Rai è la principale fonte informativa sulla propria città e il territorio, al secondo posto si collocano i quotidiani locali (25%), seguono le televisioni e le radio locali (15,4%), poi la cronaca locale presente nelle pagine dei quotidiani nazionali (11,9%).
La televisione è il principale strumento utilizzato per formarsi un'opinione sull'offerta politica in campagna elettorale (il 78,3% degli elettori, in crescita rispetto alla precedente tornata elettorale del 2006). Segue la carta stampata (20,8%). I rapporti non mediati, come il confronto con familiari e parenti (16,7%), la partecipazione diretta a incontri politici, comizi e assemblee (9,8%), o anche le discussioni con amici e colleghi (9,2%), sono canali preferenziali per quote via via decrescenti di elettori.
Internet è la fonte informativa per una fetta ancora minoritaria del corpo elettorale (7,6%, in crescita rispetto alla precedente rilevazione), con un livello di importanza assimilabile ai tradizionali volantini e materiali di propaganda dei partiti, e maggiore di quella attribuita a un altro mezzo tradizionale come la radio (6,3%, in netta flessione rispetto al 13% registrato alle elezioni del 2006).
Nel complesso rapporto tra potere politico e media, si nota anche che nell'ultima legislatura si contano 64 deputati giornalisti (la quarta professione rappresentata alla Camera, dopo avvocati, dirigenti e imprenditori, prima dei funzionari di partito) e 28 giornalisti senatori (la sesta professione attualmente rappresentata al Senato): praticamente c'è un giornalista ogni dieci parlamentari. Ma si registra anche un pericoloso crollo della fiducia nei media (senza eccezioni per nessun mezzo), più bassa in Italia che negli altri Paesi europei.
La stampa gode della fiducia del 36% dei cittadini (il valore medio in Europa è pari al 44%); la televisione è il mezzo di cui gli italiani si fidano di meno (solo il 35% la ritiene affidabile, valore che sale al 53% nella media europea); si fida della radio il 42% degli italiani (è il mezzo di comunicazione considerato più attendibile, ma con un consenso comunque inferiore al 61% medio europeo); infine, Internet è pienamente apprezzata dal 35%.
Secondo una indagine realizzata dal Censis in dieci metropoli del mondo, solo un quarto del campione (25,8%) sostiene che la propria paura deriva dall'individuazione di un rischio effettivo che si possano verificare eventi indesiderati. Il 25,6% dichiara che la paura deriva dal fatto che giornali e televisioni non parlano d'altro. Interrogati su quali sono i soggetti responsabili dell'aumento dell'insicurezza, il 20,4% afferma che il circuito informativo-mediatico cavalca le paure, attraverso la presentazione selettiva delle notizie, per catturare l'audience.
Prima, però, vengono i politici, ritenuti tra coloro che più fomentano le paure per distogliere l'attenzione dai problemi reali, favorire il consenso, legittimare il proprio ruolo (la pensa così il 29,6%). In particolare, quasi un romano su due (47,8%) imputa ai media la responsabilità di creare allarme sociale, più di un quarto (28,6%) alla politica, mentre i gruppi terroristici vengono indicati solo dal 7%. Il ruolo dei media viene sottolineato da quote rilevanti di intervistati anche a Parigi (27%) e New York (22,2%), mentre chiamano in causa soprattutto la politica gli abitanti di Parigi (il 31,9% indica al primo posto proprio i politici), San Paolo (49,4%), Tokyo (37,3%) e Mosca (23,8%).
Fonte Censis via Blogosfere.it
Questo post mi è stato suggerito dalla lettura di un interessante post di Fabio Sutto su Online-Marketing.it sui nuovi fattori di posizionamento sui motori di ricerca, che ho trovato proprio mentre mi apprestavo a tenere una lezione in un master in cui ero arrivato a conclusioni molti simili.
La link popularity, fattore ancora estremamente importante per il successo un’attività di search engine marketing, è oggi sempre meno una questione di quantità di link in ingresso verso il nostro sito a favore della qualità e del fatto che essi siano il frutto di un interesse spontaneo per le nostre pagine.
Detto questo più in generale trovo che sta maturando, in tutti gli operatori della rete, una maggiore consapevolezza di un fatto semplice e dimenticato: chi usa i motori di ricerca sono gli esseri umani che sono alla ricerca di qualcosa.
Dunque è importante farci trovare ma è anche altrettanto cruciale offrire un risultato che sia prezioso e coerente per il navigatore, ben scritto, accurato, documentato. Dobbiamo parlare al nostro visitatore, accoglierlo, parlare ad un essere umano e non, come si tende a volte, ad un motore di ricerca, farcendo la pagina di parole chiave a discapito della comunicazione.
Insomma, ben venga il fondamentale lavoro dell’ottimizzazione ma facciamolo sui meta tag ed il codice sorgente e lasciamo che sia la qualità delle nostre pagine a parlare per noi all’utente.
Fabio Sutto nel suo articolo parla di un interessante criterio, il tasso di ritorno sulla SERP, che “indica infatti il comportamento dell’utente che, una volta cliccato su un risultato e non ritenutolo soddisfacente, torna alla lista dei risultati di Google”. Se i motori applicheranno questa logica potranno veramente dare dei risultati qualitativi che non si basino su siti dalla posizione gonfiata dalla loro ottimizzazione a favore di quelli dalla comunicazione efficace.
Voi che cosa ne pensate?
Gianluigi Zarantonello via http://webspecialist.wordpress.com
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