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 mymarketing.it: e tu cosa ne pensi?... di Admin
 
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Errare è umano, ma per incasinare davvero tutto è necessario un computer.

Arthur Bloch
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\\ : Storico (inverti l'ordine)
Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
 
 
Di Gianluigi Zarantonello (del 20/04/2010 @ 08:00:00, in internet, linkato 2119 volte)

Ho scelto questo titolo per non rischiare di passare inosservato, visto che vorrei trattare un tema  importante e controverso, la cultura del social web e il mondo aziendale.

Un primo spunto che mi ha fatto iniziare la scrittura sono stati i due post di Dario Ciracì e di Valentina Maggi, che lamentano la scarsa apertura aziendale, descritta in termini di “dilagante ignoranza”.

Un altro fatto che mi ha portato a questa riflessione è stato poi  il vivace dibattito sul ROI dei social media che si è generato durante le due giornate di Young Digital Lab, tema complesso di cui mi sono già occupato in passato e che quindi, per brevità, non riprendo qui.

Dal momento che ho la fortuna di lavorare su questi e altri temi all’interno di un’azienda grande e strutturata vorrei dare il mio contributo sul tema della cultura e di come farla crescere.

Sicuramente all’interno delle imprese mancano le competenze sul tema del web (anche per gli aspetti più semplici, figuriamoci poi su social), questo in realtà è un fatto comprensibile e assolutamente superabile ad una condizione: la volontà di capire e di ascoltare chi può saperne di più. In molte delle conferenze cui ho partecipato come relatore ho avuto come pubblico solo agenzie mentre i manager di azienda, i veri interessati, erano assenti.

Questo mix di scarso interesse e, a volte, di arroganza e di paura di perdere terreno da parte di chi ha gestito finora la comunicazione e il marketing tradizionale rende difficile l’evoluzione e la penetrazione della cultura.

Mi sento di dire però che il mondo delle web agency o dei consulenti non è privo di colpe.

E' il momento di collaborare!

In primo luogo ci sono tante persone che non sono realmente preparate e che trascinano le aziende in progetti improbabili, costosi e controproducenti senza alcuna strategia, sviluppando nel contempo meccanismi di outsourcing non virtuoso.

Inoltre chi si occupa di social media spesso paga una scarsa conoscenza delle logiche aziendali che si traduce in poca concretezza delle proposte e nell’incapacità di spiegare e motivare le proprie ragioni quando si arriva alla domanda fatidica: quanto costa e quanto ci rende? Questa domanda non è eludibile ed è giusto che i manager la facciano, io stesso la pongo a chi mi porta i progetti per poter pesare le proposte, dato che ho un conto economico da gestire.

ecco cosa si aspettano molte aziende dai social media, sappiatelo!

I miei interlocutori hanno la fortuna (o sfortuna se non sono preparati) di trovare in me una controparte in grado di capire un po’ meglio di altri i temi, eppure spesso mi rendo conto che senza le mie basi personali farei fatica a seguire molti dei ragionamenti che non sono tarati sulle concrete esigenze dell’impresa.

In conclusione dunque trovo che paradossalmente ci sia poca capacità di dialogo e reciproca comprensione proprio sul marketing dell’ascolto: da una parte (l’azienda) poca competenza e disponibilità, dall’altra incapacità di tarare le proposte sulle logiche aziendali e deboli argomentazioni quando si tratta di spiegare che le modalità di misurazione del ROI e del ROE vanno riviste.

La cultura si può sviluppare invece solo lavorando assieme, portando risultati concreti e facendo partecipare le persone dell’azienda al processo di costruzione della relazione e del dialogo. La collaborazione, dentro e fuori all’azienda, è un fatto di testa, siamo pronti a costruire assieme?

Gianluigi Zarantonello via http://internetmanagerblog.com/

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Di Altri Autori (del 19/04/2010 @ 07:28:06, in Mercati, linkato 2077 volte)

Il rapporto annuale sull’industria videoludica  in Italia nel 2009, realizzato da GfK Retail and Technology, rivela la crescita del settore nel Belpaese, sempre più terreno fertile per gli amanti dei videogame.

Il 2009 è stato un anno positivo per il mercato dei giochi elettronici, che ha fatturato complessivamente 1.128,9 miliardi di euro per le vendite di hardware e software. Il giro d’affari registrato è inferiore solo al 2008, anno di picco per l’espansione del settore nel nostro paese.

Il 55,6% degli introiti deriva dalle vendite di software (627,9 milioni di euro) e il 44,4% dalle vendite di hardware (501,1 milioni di euro). L’Italia si riconferma quinto mercato in Europa, dopo Gran Bretagna, Francia, Germania, e Spagna ma dimostra di essere più forte rispetto agli altri paesi nel reggere l’impatto con la crisi economica.

Se il settore italiano subisce una contrazione pari al -10,6% a valore, i paesi tradizionalmente più forti registrano trend negativi dai 4 ai 7 punti percentuali in più rispetto al nostro. 

Il mercato hardware realizza un giro d’affari complessivo di 501,1 milioni di euro e un trend del -15,3% a valore rispetto al 2008. A volume vengono vendute oltre 2.560.000 console, il -11,7% anno su anno. 

Via Quo Media

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Di Roberto Venturini (del 16/04/2010 @ 07:31:09, in Advertising, linkato 2969 volte)

Inizia a risalire l'advertising: a gennaio 2010 si registra un +1,8% rispetto al gennaio 2009.
La Televisione, considerando sia i canali generalisti che quelli satellitari, ha un aumento del +3,7% della raccolta pubblicitaria.

La Stampa, nel suo complesso, ha un calo del -4,9%. I Periodici diminuiscono del -17,7%. Considerando la periodicità: i settimanali diminuiscono del -15,9% e i mensili del - 23,7% la raccolta.

I Quotidiani a pagamento, invece, fanno segnare il +0,7%. La raccolta dei Quotidiani Free/Pay Press è in linea con il gennaio 2009 (+0,1%).

Cresce anche Internet (+4,7%) con le tipologie Display a +10,2%, Search a +1,5% e Affiliate a +7,8%. 

L’audience Internet si consolida a 24,1 milioni di utenti (erano 24,4 a gennaio), con un incremento del 15% rispetto allo scorso anno.
Le sessioni nel mese più corto dell’anno sono 35 (solo 2 in meno rispetto a gennaio) e le pagine viste 2.169 (erano 2.232 il mese scorso). La media mensile del tempo trascorso online è di 29 ore e 52 minuti, oltre un’ora al giorno per persona, il 10% in più rispetto allo stesso mese del 2009.

Per quanto riguarda le categorie di siti più visitate, sempre stabili le prime tre posizioni: motori di ricerca, portali e community. In quarta posizione assistiamo al sorpasso dei siti di video e cinema sulle email, che scivolano in quinta posizione. Seguono i siti di news online (+27% rispetto a febbraio 2009) e quelli dei produttori di software (+19% verso febbraio 2009).

Tra le prime venti categorie più visitate, quelle che registrano la crescita maggiore nell’ultimo anno sono i siti di news online e quelli di Video & Movies, entrambi con un +27% di audience. I siti di Video & Movies arrivano a sfiorare i 15 milioni di visitatori, oltre 6 navigatori su 10. L’Italia è la nazione europea dove l’incremento di utenza sui siti di video risulta più sostenuto: +5.6 punti percentuali di penetrazione rispetto a febbraio 2009.

Interessante notare che l'audience TV cresce di poco meno di un punto percentuale (quindi, dico io, si conferma che la Rete non sta proprio uccidendo la TV). Sul Digitale Terrestre il canale più visto è Boing, seguito da RAI 4.

Potete scaricare il report qui.

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“Il profitto è frutto di clienti fidelizzati, che fanno buona pubblicità ai prodotti e portano gli amici come nuovi clienti”, diceva Edwards Deming indiscusso guru della qualità. Analisi delle strategie per il mercato intermedio.

Nella complessa stratificazione del mercato commerciale, che vede in cima i produttori di beni e servizi e in basso i generici consumatori, nella fascia intermedia si collocano gli intermediari, ossia i distributori che fungono da interfaccia verso i clienti finali.

A questa fascia di clientela - per aumentare il livello di fidelizzazione e collaborazione, e ovviamente il giro di affari - si applica la disciplina del Trade Marketing: approccio gestionale per incrementare l’efficacia del marketing aziendale attraverso il raggiungimento della massima soddisfazione dei clienti.

Operativamente significa che una impresa produttrice pianificherà le strategie e attività di marketing avendo come obiettivo un mercato intermedio, quello costituito dai piccoli e grandi distributori.

Le attività di trade marketing sono in questo caso “below the line” perché veicolate dalla distribuzione che, solo in un secondo momento, raggiungono il cliente finale: volantini pubblicitari, promozioni, programmi fedeltà, raccolta punti, co-marketing, ecc.

Nella prospettiva del Trade Marketing, il distributore è visto come un vero e proprio cliente da fidelizzare, del quale si devono tenere presente i bisogni.

Esattamente come i clienti dei beni di consumo, i distributori vengono segmentati in gruppi con gli stessi bisogni e caratteristiche; la scelta del segmento-target principale costituirà per l’impresa un criterio selettivo preferenziale che trasformerà i distributori appartenenti a quel segmento in clienti prioritari attorno ai quali verrà elaborata un’offerta specifica.

Si tratta di un vero e proprio rapporto Business to Business con obiettivo la relazione e la conseguente ottimizzazione delle condizioni commerciali di vendita del distributore.

Le fasi ricalcano il ciclo di vita del marketing tradizionale: si parte da una analisi ad ampio raggio d’azione su mercati, prodotti, canali di distribuzione e competitor, per poi passare alle attività di pianificazione strategica interna che individua gli obiettivi da raggiungere, i clienti (intermedi) target, e i canali distributivi più idonei al proprio prodotto.

Nella successiva fase di gestione si attueranno le strategie e le politiche di relazione e collaborazione definite, usando le leve di marketing mix teorizzate da Jerome McCarthy: Prodotto (Product), Prezzo (Price), distribuzione (Placing), comunicazione (Promotion).

Per il prodotto la leva più importante è la determinazione della politica di brand management, ovvero la decisione di vendere prodotti generici, di marca riconoscibile o con il marchio del distributore a prezzo scontato (vedi Coop, Conad, ecc).

In relazione ai prezzi si individuano le politiche in relazione agli obiettivi da raggiungere sul mercato: scrematura (skimming pricing), penetrazione (penetration pricing) o diversificazione (segment pricing).

Alla voce distribuzione corrisponde la scelta del canale più idoneo (channel management) e la valutazione delle problematiche su logistica merci, immagazzinamento e copertura del mercato.

Infine, in relazione alla voce comunicazione si individuano le azioni per promuovere e pubblicizzare un’azienda o un determinato prodotto o servizio. Le leve connesse sono: pubblicità, propaganda, direct marketing, direct response advertising, sponsorizzazioni, pubbliche relazioni, product placement, licensing, merchandising, pubblicazioni economico-finanziarie, promozione delle vendite, vendita personale (ad esempio porta a porta), packaging.

Le 4P sono dunque estese a 6P includendo anche vendita personale e posizionamento. Nel primo caso si tratta di attività (a valore aggiunto per l’acquirente) di supporto e informazione per il potenziale cliente, mentre il secondo mira a piazzare bene una marca sul mercato, conferendole riconoscibilità anche in relazione alla fascia di prezzo.

Normalmente, infatti, un cliente identifica in una marca determinate caratteristiche di qualità e prezzo e non è facile estendere ad un diverso posizionamento di marcato altri prodotti con la stessa marca, a meno di una vasta operazione di “riposizionamento” basata sulla pubblicità.

La fase finale del ciclo di vita del Trade Marketing è naturalmente quella di controllo, in cui si verifica il raggiungimento degli obiettivi pianificati in relazione alle leve attuate e ai risultati raggiunti.

Per svolgere queste complesse operazioni è utrile rivolgersi ad un professionista esperto, il Trade Marketing Manager, la cui missione è garantire la coerenza del marketing mix in relazione al cliente intermedio/canale piuttosto che al singolo prodotto (strategia oggetto del Category Management).

Il Trade Marketing Manager è responsabile dello sviluppo e implementazione della strategia di canale, dell’analisi dei trend e della redditività delle vendite sugli investimenti, dell’identificazione di nuove opportunità aziendali, della formulazione di piani di merchandising per categorie di prodotto, delle previsioni di stock dei prodotti.

Per approfondire la cultura e le strategie del Trade Marketing si pùò consultare “Trade marketing. Gestione strategica e operativa della clientela commerciale” di Arthur Lawrence o “Trade marketing. Relazioni di filiera e strategie commerciali” di Daniele Fornari. Si segnala infine l’interessante intervento “il Trade Marketing per la qualità delle relazioni” al convegno Le tendenze del marketing in Europa a cura di Marta Ugolini, per avere una visione a 360 gradi del contesto attuativo del Trade Marketing nell’ambito degli scenari evolutivi di mercato.

di Alessia Valentini via Marketing Journal

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Di Altri Autori (del 13/04/2010 @ 07:27:07, in Mobile, linkato 1684 volte)

Per il microblog Twitter è giunto il momento di cambiare marcia e aggredire il settore che più adatta alle sue peculiarità: il mobile. Il social network da 140 caratteri ha acquistato Atebis, società produttrice dell'applicazione per iPhone Twittie. Il programma è uno dei tanti che permette ai possessori del melafonino di aggiornare la pagina di Twitter mediante il dispositivo mobile. Rilevando la società, il social network entra ufficialmente in possesso dell'applicazione, con tutto ciò che ne consegue: modalità di fruizione, eventuali sponsorizzazioni, ecc.

La prima mossa per Twitter for iPhone, questo il nuovo nome dell'app, è quello di renderla gratuita e di eliminare così il cartellino precedente da 2,99 dollari. L'obiettivo è quello di rosicchiare utenti a Facebook laddove la correlazione fra sms e twett può fare la differenza.

“Stiamo lavorando sodo per migliorare il nostro prodotto, aggiungere nuove funzionalità, operare acquisizioni quando è nel migliore interesse dell'intero ecosistema”, ha affermato il responsabile di Twitter Ryan Sarver.

L'attacco al mobile passa anche per Blackerry e per il rilascio dell'applicazione dedicata agli smartphone di Research in Motion, rilasciata in questi giorni.

Via Quo Media

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Di Altri Autori (del 12/04/2010 @ 07:41:18, in Social Networks, linkato 1653 volte)

Facebook viaggia verso il miliardo di utenti, almeno nelle intenzioni, consapevole che la moneta più preziosa è la loro fiducia. Christian Hernandez Gallardo, responsabile internazionale del Business Development di Facebook, dopo un passato a Google, spiega strategie, modello di business e integrazione con i giornali online del più celebre sito di social network al mondo a margine dello Iab seminar 2010 ospitato nella sede milanese del Sole 24 Ore.

Del modello di business di Facebook si parla dagli esordi. Oggi, con quattrocento milioni di utenti, come vanno le cose?
Riusciamo a coprire i costi: l'infrastruttura, le persone che ci lavorano e lo sviluppo. I ricavi arrivano esclusivamente dalla pubblicità online. Ora siamo concentrati in un'opera di evangelizzazione che coinvolge i team di vendita che abbiamo in tutto il mondo. Dialoghiamo con le agenzie di pubblicitàe le grandi aziende per far capire le opportunità della pubblicità mirata sugli interessi e il profilo degli utenti.

Non c'è il rischio che la pubblicità appaia invadente agli occhi degli utenti? Facebook ha dovuto fare alcuni passi indietro su questo fronte...
Sì, è successo non appena abbiamo visto che veniva meno quello che per noi è il maggior valore. E cioè la fiducia degli utenti. Quattrocento milioni di persone si fidano di noi, se dovesse mancare questo rapporto perderemmo tutto. Nello sviluppo del sito siamo sempre più attenti alla privacy.

La quotazione in Borsa, confermata nelle intenzioni dal fondatore Mark Zuckerberg, che tempi avrà?
No comment.

Come avete visto evolversi il rapporto tra informazione online e social network?
La gente vuole condividere le news. Sta già succedendo con la pubblicazione di link alle notizie dei quotidiani. Facebook oggi manda più traffico ai quotidiani online di quanto non faccia Google News. La notizia condivisa ha un valore maggiore: se un tuo amico ti segnala un articolo sei più motivato a leggerlo. Il secondo fenomeno riguarda Facebook connect, funzione che implica un'integrazione più profonda. L'Huffington post lo utilizza. I giornali per noi sono partner, non concorrenti.

Chi sono i vostri competitor?
Tutti i siti che offrono una piattaforma identitaria, cioè la possibilità di avere un'identità digitale in dialogo con amici e conoscenti, condividendo messaggi e informazioni. MySpace, Twitter, Linkedin sono tra i più noti.

Qual è il vostro obiettivo?
Come ha già detto Mark (Zuckerberg, ndr) possiamo raggiungere un miliardo di utenti.

di Luca Salvioli su ILSOLE24ORE.COM

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Di Altri Autori (del 09/04/2010 @ 07:50:38, in Prodotti, linkato 1478 volte)

Il numero Uno di Apple, Steve Jobs ha annunciato oggi nel corso dell'incontro sulle novità legate all'iPhone, che è stato raggiunto il risultato di 50 milioni di apprecchi venduti da quando è stato lanciato, meno di tre anni fa. Gli iPod Touch venduti nello stesso periodo sono stati circa 35 milioni.

Su questo impressionante numero di hardware sono state annunciate le novità del software che dalla prossima primavera potrà essere installato sugli apparecchi già in commercio e sul nuovo iPhone atteso prima dell'estate.

Via Quo Media

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Di Altri Autori (del 08/04/2010 @ 07:18:40, in Tecnologie, linkato 1689 volte)

Fra cinque anni, nelle mani degli adolescenti, vedremo soprattutto pc dotati di schermi sensibili al tocco, a forti tinte multimediali e con interfacce molto simili a quelle di uno smartphone. Cambierà in buona sostanza, per la maggior parte degli utenti di computer in erba, la modalità attraverso la quale interagire con la macchina: niente tastiera, niente mouse. Solo le dita delle mani o al più un apposito pennino digitale. La previsione è di Gartner e fonda su queste cifre: entro il 2015 oltre il 50% dei computer acquistati per gli utenti con meno di 15 anni di età saranno touchscreen. Nel 2009 tale percentuale non ha superato il 2%. In pochi anni, questo in sostanza il messaggio che arriva dagli analisti, crescerà esponenzialmente l'utilizzo di computer tattili fra i giovanissimi, i veri cultori di questa nuova tipologia di "gadget" tecnologici di cui fanno parte anche l'iPad di Apple, le tavolette touch con a bordo Windows 7 (vedi gli Slate pc di Hp) e anche i cosiddetti "smartbook" (netbook ancora più compatti e maneggiabili di quelli attualmente in circolazione) basati sul sistema operativo Android di Google.

La buona notizia, per i produttori, ha comunque un rovescio della medaglia, e cioè che di tutti i pc touch che verranno venduti nel 2015 su scala mondiale solo il 10% finirà dentro le aziende. Quest'ultimo dato, a detta di Gartner, si giustifica per vari motivi. In primo luogo perchè i primi utenti "massivi" di questi computer saranno quei consumatori, magari già allenati all'uso delle interfacce tattili in quanto utilizzatori di un telefonino multitouch, in cerca di un apparecchio di intrattenimento digitale comodo da portare in giro e facile da usare. Per gli addetti aziendali, invece, la necessità di gestire applicazioni (anche di tipo grafico) che richiedono determinati requisiti prestazionali e di dover scrivere frequentemente testi anche molto lunghi costituirà una barriera all'ingresso non indifferente. Più che anagrafiche clienti o documenti di lavoro in genere, insomma, sui computer a tavoletta gireranno soprattutto – ed è del resto questa la missione dell'iPad di Apple e dei tablet di nuova generazione – film, musica, video, libri e giornali in formato elettronico. Il vero driver per il successo dei pc touch sarà in tal senso, secondo gli analisti, l'ecosistema di distribuzione dei contenuti digitali di natura consumer e non tanto la possibilità di gestire in punta di dita particolari applicazioni aziendali.

La predetta "consumerizzazione" degli ambienti enterprise, e cioè la crescente adozione di tecnologie consumer (chat, social network, dispositivi mobili personali) nelle imprese, avrà luogo ma con effetti, per quanto riguarda i computer touch, probabilmente più limitati e sicuramente in tempi meno rapidi. Detto che l'utilizzo professionale di questi device - pensiamo ai classici tablet pc, ai sistemi Atm o ai chioschi informativi di centri commerciali o aeroporti - è da tempo una realtà, il fatto che i costi dell'hardware siano destinati a calare e che il numero e la qualità delle applicazioni software sia deputato a salire potrà contribuire sensibilmente a far decollare l'adozione dei "touch device" presso locali pubblici e negozi di beni di largo consumo. Un ruolo importante lo giocherà inoltre il settore education, quello delle scuole, che potrebbe diventare addirittura il primo mercato di sbocco quando i prezzi di questi dispositivi scenderanno progressivamente. In definitiva, non ci sarà una sola "killer app" a dare un preciso impulso a questo segmento ma una convergenza di fattori, di carattere economico da una parte (i prezzi dei dispositivi) e di natura tecnologica (interfacce, ergonomia, applicazioni) dall'altra.

di Gianni Rusconi su ILSOLE24ORE.COM

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Di Altri Autori (del 07/04/2010 @ 07:25:27, in Mobile, linkato 1608 volte)

Le app per cellulari saranno la tecnologia peculiare del 2010, con un mercato in forte espansione che arriverà a contare 6 miliardi di software scaricati dai diversi portali entro la fine di dicembre.

Dopo i 2 miliardi di programmi offerti all’utenza nel 2009, anno di esplosione del fenomeno app, trainato dal successo di iPhone e del suo negozio online, gli analisti di Abi Research prevedono una crescita rapida del settore, in stretta correlazione alla sempre più capillare diffusione degli smartphone, le cui vendite sono aumentate del 20% negli ultimi dodici mesi.

La società di ricerca statunitense spiega come il lancio dei nuovi sistemi operativi (Samsung, Apple e Microsoft), previsto per l’estate, favorirà lo sviluppo di ulteriori applicazioni.

Via Quo Media

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Di Altri Autori (del 06/04/2010 @ 07:24:49, in Prodotti, linkato 2185 volte)

Non ha tasti, non ha pulsanti, non ha appendici esterne. È un unico grande schermo liscio, praticamente senza bordo. Il retro è tutto in alluminio chiaro con al centro, in nero, il logo della mela. Per definirlo, in inglese, basta un aggettivo: sleek. Praticamente intraducibile in italiano. Il nostro dizionario propone "elegante", "raffinato" e "lucido". O "tirato a lucido". Ma per descrivere l'iPad è decisamente meglio quell'unica parolina in inglese. Che non a caso è la lingua di Steve Jobs e della sua Apple. Fluida, moderna e internazionale.

Ecco, l'iPad sta ai computer portatili come l'inglese sta al tedesco. La lingua di Kant, come il portatile, è solida, ben strutturata e... stagionata. L'inglese, come l'iPad, è molto più tonico. Anzi, elettrizzante.

Per assicurarsene uno Nessrine, quindicenne di Brooklyn, si è sistemata davanti al negozio principale della Apple a Manhattan, quello sulla Fifth Avenue, con due notti d'anticipo. È arrivata assieme a sua sorella, sua madre e sua nonna, armata di sedia pieghevole e coperta. E per avere il suo iPad ha aspettato per 33 ore il momento di apertura del negozio.

Nessrine non si è certo pentita del sacrificio. Alle nove in punto di sabato mattina, ad accoglierla all'ingresso nel negozio, c'erano due file di commessi della Apple con una maglietta azzurra e la scritta iPad in bianco. Come all'arrivo della maratona, la claque di commessi applaudiva e offriva il "cinque", in una cerimonia altamente coreografata. Che si è ripetuta in ogni singolo negozio della Apple sotto i fari dei cameramen e i flash delle macchine fotografiche.

Seppur costruiti a tavolino dai maestri della Apple, l'entusiasmo e il feeling erano senza dubbio quelli del grande evento. Quanto grande, lo diranno solo il tempo e la reazione dei consumatori. Ma che l'arrivo dell'ultimo gadget della Apple sia un evento è indubbio. Da giorni televisioni, siti e giornali non parlano d'altro. E ora che è finalmente arrivato, tutti si chiedono se l'articolo sia all'altezza della sua attesa.

Certo è che, come tutti i prodotti della casa di Jobs, anche questo è straordinariamente innovativo sia nel look che nella performance. Il che non garantisce necessariamente lo straordinario successo commerciale dei due che lo hanno preceduto - l'iPod e l'iPhone - ma promette bene.

Altrettanto certo è che l'iPad propone una nuova esperienza tecnologica e multimediale, che è quella del computer, del televisore e dell'iPod fuse in un'unica performance. Senza mouse e senza tastiera, l'interfaccia è quello dell'iPhone. Tutto a portata di un dito. «La possibilità di usare le dita per qualsiasi funzione è una svolta che cambierà il modo con cui ci rapportiamo al computer», ha dichiarato Jack Dorsey, fondatore di Twitter.

Walter Mossberg, il critico tecnologico del Wall Street Journal, normalmente molto severo, è stato insolitamente entusiasta nella sua recensione, in cui ha parlato di «bellissimo nuovo oggetto... qualitativamente differente». A suo dire l'iPad «ha il potenziale per cambiare profondamente il mondo dei computer portatili e minacciare la supremazia dei laptop. E con il suo schermo al tatto come interfaccia potrebbe mandare definitivamente in cantina il mouse».

I tre superlativi ai quali sono più spesso ricorsi gli osservatori americani: bellissimo, semplicissimo e velocissimo. Effettivamente le applicazioni si aprono in un baleno, la navigazione in internet è fluida, la funzionalità nello sfogliare pagine elettroniche superlativa.

Come molti prodotti della Apple, l'iPad non risponde necessariamente a un bisogno. È piuttosto un piacere. E a spingerne le vendite probabilmente non sarà tanto l'esigenza quanto l'euforia. Ma nell'ultimo decennio, la strategia di Jobs è stata proprio quella di inventare un prodotto per cui non c'è domanda, ma che sull'onda delle sue performance innovative riesce a far piazza pulita delle alternative. Aiuterà il fatto che quest'anno si prevede che Apple spenderà in pubblicità almeno 77 milioni di dollari. Obiettivo (non dichiarato): vendere almeno 5 milioni di unità in soli dodici mesi.

Per chi ha già un Blackberry o un iPhone e un portatile, potrebbe non aver senso comprare un terzo gadget. Non c'è niente che non possa già fare o vedere. Ma quanta gente va in giro con il proprio laptop? Un iPad è come un quaderno, pesa appena 680 grammi, e quindi può essere un computer-televisore-libro-giornale-rivista che ognuno può portare con sé ovunque.

Il potenziale mercato può andare oltre il settore dei tecnofili. E oltre anche ai giovani di Twitter e Facebook alla continua ricerca di nuove esperienze tecnologiche e multimediali. Può raggiungere la gente comune finora costretta a usare un portatile perché non ha altri strumenti per andare in rete o guardare un film mentre è in viaggio.

Se una persona ha l'esigenza professionale di produrre documenti in Word o in Excel, il laptop rimane lo strumento più funzionale. Ma, come ha scritto Mossberg, «se si appartiene alla categoria di chi naviga in rete, usa l'email, partecipa ai social network, consuma video o contenuti elettronici, l'iPad potrebbe fare per te». Dopo che New York Times, Wall Street Journal, Time e cinque dei sei maggiori editori americani hanno annunciato l'intenzione di lanciare versioni iPad dei loro prodotti, l'analista di Ccs Insight, Ben Wood, ha detto che «questa potrebbe essere la svolta che accelererà il processo di transizione verso la distribuzione digitale di tutti i contenuti mediatici».


di Claudio Gatti su ILSOLE24ORE.COM

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