Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Durante la lettura del recentissimo libro “Io, società a responsabilità illimitata” di Sebastiano Zanolli ho trovato degli spunti interessanti sul tema del personal branding, su cui anche io stavo riflettendo, seppure da un altro punto di vista.
Nella definizione di Zanolli si tratta di “l’insieme di valori, competenze, visioni, passioni, caratteristiche e ricordi in genere che immediatamente chi ci sta attorno collega alla nostra comparsa fisica o anche solo virtuale”.
Il collegamento che subito mi è venuto alla mente è quello con il mondo del web 2.0 ed in particolare dei social network. Infatti la rivoluzione di tali sistemi è che il protagonista della comunicazione è l’individuo, i suoi pensieri, le sue foto, le sue skills professionali e così via. Allo stesso modo in questi siti noi cerchiamo persone, le valutiamo, decidiamo di entrare in relazione con loro sulla base di come si presentano e per le stesse ragioni, magari, li assumiamo nella nostra azienda.
Ecco che emerge in tutta la sua importanza il valore della presentazione che ciascuno sa dare di se stesso, con il medesimo criterio e la grande attenzione con cui un bravo marketing manager gestirebbe il proprio prodotto. Non più nickname nei forum o identità parallele su Second Life: qui si mette la faccia, e non in senso metaforico visto che moltissimi siti richiedono obbligatoriamente l’inserimento di un’immagine del profilo.
Per questo trovo ancora una volta che il web sta diventando sempre di più fatto di persone che come mai prima nella storia possono valorizzare se stesse davanti ad un pubblico potenzialmente illimitato. Ecco perché ai loghi dell’industria si affianca un nuovo protagonista, la persona come brand, che interagisce e crea relazioni attraverso le quali cresce e si fa conoscere.
Buon networking dunque e siate attenti e consapevoli mentre curate il vostro marchio di maggior successo: voi stessi.
Gianluigi Zarantonello via http://webspecialist.wordpress.com
Chi lo ha detto che per organizzare un viaggio bisogna affidarsi a un tour operator oppure ad un’agenzia? Da tempo la Rete offre una serie di opportunità a chi non vuole sentirsi ingabbiato nei pacchetti offerti dagli operatori specializzati.
L’ultima tendenza, manco a dirlo, è affidarsi a blog e socialnetwork per progettare le proprie vacanze. Chi vuole godersi l’essenza di una città, mimetizzandosi tra i suoi abitanti e assaporandone l’atmosfera quotidiana, evitando di farsi travolgere dal flusso scontato del turismo di massa, non deve che affidarsi al web. Un vero e proprio punto di riferimento in questo campo è Couchsurfing (Couchsurfing.com) che può essere definito il socialnetwork dei “ciceroni”.
Coachsurfing consente a chi vuole visitare una città di mettersi in contatto con un membro del network che in quella città vive e lavora, e che si offre per fare da guida ma anche, se c’è la possibilità, per dare ospitalità a casa propria, “mettendo a disposizione il proprio divano o la propria cucina anche solo per bere un caffe’ ”, come si legge nel sito. Un modo per vivere le città non come mete turistiche ma conoscendole attraverso gli occhi di chi ci vive ogni giorno e a costi molto bassi. Ovviamente, il resoconto del viaggio viene poi condiviso con gli altri utenti, come vuole la logica dei socialnetwork. E viene valutata anche la qualità dell’ ospitalità.
I numeri di Couchsurfing sono impressionanti: oltre 853mila iscritti e 810mila viaggi andati a buon fine. Sono rappresentati 230 paesi e oltre 51mila città, tra cui molte italiane. Roma al momento conta oltre 2mila divani disponibili, Milano poco meno di 1700. Ben rappresentate anche Firenze, Napoli, Torino e Palermo.
Se pensate che Couchsurfing sia troppo per voi ma non volete rinunciare ad assaporare l’atmosfera autentica dei posti che volete visitare, allora potete affidarvi ai blogger di Spotted by Locals. (Spottedbylocals.com). Saranno loro che in quelle città ci vivono a guidarvi e a consigliarvi la trattoria dove si mangia bene spendendo poco, oppure il locale più adatto per trascorrere la vostra serata. I blogger scrivono da una ventina di grandi città europee, tra cui Milano. Ancora più ricca è l’offerta di Tipi Metropolitani (Tipimetropolitani.it) , e-magazine che comprende anche un network di blog dedicati ad una trentina di città sparse per il mondo. Anche qui chi scrive vive la città dal di dentro, offrendo spunti e consigli a chiunque voglia saperne di più su tendenze ed eventi in programma ad Amsterdam, Bangkok, Madrid, Roma, Barcellona o New York, giusto per fare qualche esempio. Non resta che fare le valigie e salire sul primo volo. Low cost, naturalmente.
Elvira Pollina su affaritaliani.it
Iniziate a dimenticare i vecchi cartelloni pubblicitari che tappezzano le pareti delle stazioni o dei centri commerciali. Oggi la nuova frontiera dell'advertising si gioca tutta sul digitale. Grazie al digital signage, un fenomeno che sta crescendo anche in Italia, i contenuti e i messaggi pubblicitari vengono veicolati in formato digitale attraverso uno schermo elettronico. La ricetta è semplice: le immagini in movimento attirano l'attenzione molto di più delle immagini statiche. Se a questo si aggiunge la possibilità di pianificare e visualizzare le informazioni in maniera dinamica e diversificata a seconda della fascia oraria o del luogo di visualizzazione, l'obiettivo è presto raggiunto.
A confermare il potenziale di questo mercato lo dimostra anche il recente sbarco in Italia di Neo Advertising, nata in Svizzera nel 2003, e da sempre focalizzata sul digital signage. «Oggi siamo in grado di fornire consulenza strategica e le competenze necessarie alla progettazione del servizio, fino alla produzione dei contenuti, alla gestione, al monitoraggio, all'assistenza, e alla vendita degli spazi pubblicitari», sottolinea Fabrizio Bonazza, Chief executive officer della neonata filiale italiana del gruppo. Dopo il successo conseguito nei mercati statunitense e inglese dove rappresenta una componente fondamentale delle strategie di comunicazione, marketing e vendite di aziende di ogni settore e dimensione, il digital signage sta registrando un'elevata crescita anche nel nostro Paese. Crescono infatti sempre di più le realtà che ricorrono all'advertising digitale per comunicare al proprio pubblico in modo mirato, efficace e innovativo: dalle farmacie, alle stazioni ferroviarie e agli aeroporti, che devono erogare informazioni precise e aggiornate in tempo reale, fino alle catene, ai centri commerciali e ai punti vendita, che hanno bisogno di dotarsi di mezzi di comunicazione efficienti, di elevata qualità e impatto per raggiungere i propri clienti con contenuti di "infotainment" e fidelizzarli con servizi innovativi contrastando la concorrenza. «Siamo in una fase di grande investimento e il nostro Paese sta dimostrando un'interessante ricettività anche se c'è ancora molto da fare, anche sul fronte della tecnologia e di una più pervasiva diffusione della banda larga», precisa Fabrizio Bonazza. Un connubio mirato fra strategia di marketing di ultima generazione e tecnologie avanzate sono infatti gli ingredienti fondamentali del digital signage che, oggi più che mai, può rappresentare una vera leva competitiva a dispetto della crisi.
«L'attuale congiuntura economica può essere per noi un'importante occasione di crescita e un notevole vantaggio per i nostri clienti, anche grazie a un investimento economico inferiore alla classica cartellonistica o alla pubblicità televisiva e alla promessa di raggiungere in modo preciso un target molto più specifico». E non si tratta solo di ipotesi. La sede italiana di Neo Advertising ha infatti già lanciato "InfoFlash TV", la Rete delle tangenziali milanesi: 40 schermi Lcd distribuiti fra le aree di servizio delle tangenziali milanesi e la tratta dell'Autostrada A7 fino a Serravalle Scrivia. Tecnicamente la piattaforma gira su dei server farm e i Pc locali sono collegati via banda larga al server centrale. «Non poteva esserci miglior debutto per Neo Advertising in Italia che creare un network su uno dei tratti più trafficati del paese, dove ruota gran parte della sua economia», ne è convinto Fabrizio Bonazza. «Il progetto, nato in collaborazione con Milano Seravalle Servizi, mette a disposizione un palinsesto informativo e pubblicitario studiato per essere completamente visibile da tutti gli utilizzatori degli spazi autogrill. Grazie alla grafica dedicata, dinamica e creativa e all'utilizzo delle più moderne tecnologie, il nuovo media offrirà agli utenti notizie utili sia per il viaggio che per il momento del ristoro tramite una comunicazione mirata, efficace, di elevata qualità e impatto».
Intanto Neo Advertising continua a guardare lontano e adesso punta al mercato asiatico con la recente apertura di una nuova filiale a Pechino e forse, digerita la prima fase del digital signage, il prossimo passo potrebbe essere quello dell'integrazione multicanale e, magari, lo "sbarco" sulla piattaforma mobile.
di Claudia La Via su ILSOLE24ORE.COM
Nel primo film mai proiettato in pubblico, il 28 dicembre 1895, i fratelli Lumiere mostrarono l’uscita degli operai dalle officine di loro proprietà e c’è perciò chi, un po’ maliziosamente, sostiene che il product placement sia nato con il cinema. La Coca-Cola compare già in un western del 1926, mentre due più recenti pietre miliari sono ET, grazie al quale le caramelle Reese’s Pieces sembrano avere aumentato le vendite del 60% nel giro di poche settimane, e Cast Away, nel quale i marchi FedEx e Wilson sono posti al centro della narrazione.
Dal 2004 il product placement cinematografico (ma non quello televisivo) è legale e regolato anche in Italia, che è subito diventata il terzo mercato mondiale dopo Stati Uniti e Francia per un valore che, nel 2005, era pari a 36 milioni di dollari. Poco rispetto agli Usa dove, nel 2007, il product placement è stato valutato 3,79 miliardi di dollari, ma abbastanza per attirare l’attenzione degli investitori pubblicitari, in un mercato sovraffollato di messaggi soprattutto televisivi e per dare un contributo alle spese di produzione dei film che, in alcuni casi, può anche arrivare al 15-20%, ma che di solito si attesta sotto il 10%. Una boccata di ossigeno, dunque, ma non il toccasana che si ipotizzava solo qualche anno fa.
Dopo alcuni anni di sperimentazione, anche il mercato italiano si sta strutturando ed è perciò puntuale il libro di Daniele Dalli, Giacomo Gistri e Dino Borello (Marche alla ribalta. Il product placement cinematografico in Italia e la sua gestione manageriale, Egea, 2008, 258 pagine + Dvd, 33 euro), che spiega il fenomeno anche attraverso numerose interviste ad agenzie specializzate, produttori cinematografici, distributori e aziende investitrici. Senza nascondere gli eccessi in cui talvolta si è caduti, né le opacità che hanno rischiato di screditare una pratica che, se ben realizzata, può rivelarsi innovativa ed efficace.
I numeri della cinematografia italiana fanno del product placement uno strumento di qualità, anziché di quantità, utilizzabile anche con investimenti limitati. Proprio per questo è davvero importante che l’inserimento dei prodotti in un film non risulti disturbante e si integri, anzi, nella narrazione. Si sono così sviluppate nuove professionalità che mediano tra il mondo cinematografico e quello aziendale e le agenzie più importanti impiegano persino sceneggiatori specializzati. Le campagne più efficaci non si risolvono, inoltre, nel semplice placement ma sono corredate da una serie di iniziative “ex-program” che lo rafforzano e valorizzano: concorsi legati al prodotto e al film, possibilità di interazione tra cliente e impresa via internet e così via.
Tra le aree critiche del product placement, che il libro illustra con casi aziendali concreti, c’è sempre il rapporto con sceneggiatori, registi e attori, non sempre ben disposti nei riguardi dello strumento. Così un’azienda investitrice, Cameo, racconta del placement estremamente positivo delle torte Versa e Inforna in Ho voglia di te, in cui i dolci assumono un significato simbolico perfettamente integrato nella narrazione, che ha reso possibili numerose azioni di supporto mentre il film era nelle sale e in occasione del lancio del Dvd; un placement ben fatto del lievito Pane degli angeli in Una moglie bellissima, ma senza il supporto delle operazioni di rinforzo per l’indisponibilità del regista-attore Leonardo Pieraccioni; e il fallimento delle trattative per l’inserimento di Ciobar in Caos calmo per il rifiuto di Nanni Moretti, nell’occasione solo attore del film.
Il libro, infine, presenta un modello interessante e praticabile di valutazione economica delle operazioni di product placement.
Via Affaritaliani.it
Questo post mi è stato suggerito dalla lettura di un interessante post di Fabio Sutto su Online-Marketing.it sui nuovi fattori di posizionamento sui motori di ricerca, che ho trovato proprio mentre mi apprestavo a tenere una lezione in un master in cui ero arrivato a conclusioni molti simili.
La link popularity, fattore ancora estremamente importante per il successo un’attività di search engine marketing, è oggi sempre meno una questione di quantità di link in ingresso verso il nostro sito a favore della qualità e del fatto che essi siano il frutto di un interesse spontaneo per le nostre pagine.
Detto questo più in generale trovo che sta maturando, in tutti gli operatori della rete, una maggiore consapevolezza di un fatto semplice e dimenticato: chi usa i motori di ricerca sono gli esseri umani che sono alla ricerca di qualcosa.
Dunque è importante farci trovare ma è anche altrettanto cruciale offrire un risultato che sia prezioso e coerente per il navigatore, ben scritto, accurato, documentato. Dobbiamo parlare al nostro visitatore, accoglierlo, parlare ad un essere umano e non, come si tende a volte, ad un motore di ricerca, farcendo la pagina di parole chiave a discapito della comunicazione.
Insomma, ben venga il fondamentale lavoro dell’ottimizzazione ma facciamolo sui meta tag ed il codice sorgente e lasciamo che sia la qualità delle nostre pagine a parlare per noi all’utente.
Fabio Sutto nel suo articolo parla di un interessante criterio, il tasso di ritorno sulla SERP, che “indica infatti il comportamento dell’utente che, una volta cliccato su un risultato e non ritenutolo soddisfacente, torna alla lista dei risultati di Google”. Se i motori applicheranno questa logica potranno veramente dare dei risultati qualitativi che non si basino su siti dalla posizione gonfiata dalla loro ottimizzazione a favore di quelli dalla comunicazione efficace.
Voi che cosa ne pensate?
Gianluigi Zarantonello via http://webspecialist.wordpress.com
La televisione tradizionale generalista può dirsi ancora una solida realtà in Italia, dove è seguita abitualmente (frequenza settimanale di almeno tre volte) dall'85,6% dei cittadini, e in Francia, dove l'utenza si attesta al 91% (in Gran Bretagna scende al 79,3% e in Germania al 49,7%).
Tuttavia, il 20,6% degli italiani guarda abitualmente la Tv satellitare e il 7,7% usa il digitale terrestre. Il 41,6% degli italiani usa il telefonino nelle sue funzioni di base, contro un 29,4% che utilizza abitualmente apparecchi che permettono le funzioni più sofisticate. Cresce l'uso dello smartphone tra gli uomini (il 31,7% contro il 27,3% delle donne) e soprattutto tra i soggetti più istruiti (il 37,7% rispetto al 20,2% dei meno istruiti). Poco più della metà degli italiani legge abitualmente quotidiani acquistati in edicola, e la quota dei lettori della free press si attesta a circa il 18%.
Il balzo in avanti nell'uso di Internet da parte dei giovani italiani tra 14 e 29 anni è stato enorme: tra il 2003 e il 2007 l'utenza complessiva (uno o due contatti la settimana) è passata dal 61% all'83%, e l'uso abituale (almeno tre volte la settimana) dal 39,8% al 73,8%. Il cellulare è usato praticamente da tutti i giovani (il 97,2%), il 74,1% legge almeno un libro l'anno (esclusi ovviamente i testi scolastici) e il 62,1% più di tre libri.
Il 77,7% dei giovani legge un quotidiano (a pagamento o free press) una o due volte la settimana (il 59,9% nel 2003), mentre il 57,8% legge almeno tre giornali la settimana. La flessione che si registra nell'uso della televisione tradizionale rispetto al 2003 (dal 94,9% all'87,9%) è ampiamente compensata dall'incremento conosciuto in questi anni dalla Tv satellitare (dal 25,2% al 36,9% dei giovani).
Solo il 37,4% degli spagnoli ritiene che la Tv generalista sia vecchia e inutile, percentuale che scende al 31,6% in Francia, al 31% in Gran Bretagna, al 28,8% in Italia e al 18,9% in Germania. Sono altri i problemi con cui devono confrontarsi i canali generalisti. Il loro difetto peggiore per spagnoli (86,8%) e italiani (73,1%) è la volgarità.
Inoltre, per l'82,6% degli spagnoli e l'82% degli italiani i Tg messi in onda dai canali televisivi generalisti sono troppo legati al potere politico, mentre in Francia il valore scende al 69,9%, per diminuire ancora al 49,5% in Gran Bretagna e al 40,1% in Germania. Solo il 30,7% degli spettatori italiani ritiene che i Tg siano effettivamente rispettosi del pluralismo, in Spagna il 44,5%, in Francia il 55,3%, in Gran Bretagna il 61,2% e in Germania il 64,2%.
Ci si informa usando un menù assortito che va dalle Tv ai quotidiani, dai periodici ai portali Internet, alle emittenti locali. Si contano a livello locale 538 Tv, 1.244 radio, 133 quotidiani regionali e provinciali (quasi 2,6 milioni di copie medie giornaliere, considerando solo le testate rilevate dall'Ads). Per il 35% dei cittadini il Tg regionale della Rai è la principale fonte informativa sulla propria città e il territorio, al secondo posto si collocano i quotidiani locali (25%), seguono le televisioni e le radio locali (15,4%), poi la cronaca locale presente nelle pagine dei quotidiani nazionali (11,9%).
La televisione è il principale strumento utilizzato per formarsi un'opinione sull'offerta politica in campagna elettorale (il 78,3% degli elettori, in crescita rispetto alla precedente tornata elettorale del 2006). Segue la carta stampata (20,8%). I rapporti non mediati, come il confronto con familiari e parenti (16,7%), la partecipazione diretta a incontri politici, comizi e assemblee (9,8%), o anche le discussioni con amici e colleghi (9,2%), sono canali preferenziali per quote via via decrescenti di elettori.
Internet è la fonte informativa per una fetta ancora minoritaria del corpo elettorale (7,6%, in crescita rispetto alla precedente rilevazione), con un livello di importanza assimilabile ai tradizionali volantini e materiali di propaganda dei partiti, e maggiore di quella attribuita a un altro mezzo tradizionale come la radio (6,3%, in netta flessione rispetto al 13% registrato alle elezioni del 2006).
Nel complesso rapporto tra potere politico e media, si nota anche che nell'ultima legislatura si contano 64 deputati giornalisti (la quarta professione rappresentata alla Camera, dopo avvocati, dirigenti e imprenditori, prima dei funzionari di partito) e 28 giornalisti senatori (la sesta professione attualmente rappresentata al Senato): praticamente c'è un giornalista ogni dieci parlamentari. Ma si registra anche un pericoloso crollo della fiducia nei media (senza eccezioni per nessun mezzo), più bassa in Italia che negli altri Paesi europei.
La stampa gode della fiducia del 36% dei cittadini (il valore medio in Europa è pari al 44%); la televisione è il mezzo di cui gli italiani si fidano di meno (solo il 35% la ritiene affidabile, valore che sale al 53% nella media europea); si fida della radio il 42% degli italiani (è il mezzo di comunicazione considerato più attendibile, ma con un consenso comunque inferiore al 61% medio europeo); infine, Internet è pienamente apprezzata dal 35%.
Secondo una indagine realizzata dal Censis in dieci metropoli del mondo, solo un quarto del campione (25,8%) sostiene che la propria paura deriva dall'individuazione di un rischio effettivo che si possano verificare eventi indesiderati. Il 25,6% dichiara che la paura deriva dal fatto che giornali e televisioni non parlano d'altro. Interrogati su quali sono i soggetti responsabili dell'aumento dell'insicurezza, il 20,4% afferma che il circuito informativo-mediatico cavalca le paure, attraverso la presentazione selettiva delle notizie, per catturare l'audience.
Prima, però, vengono i politici, ritenuti tra coloro che più fomentano le paure per distogliere l'attenzione dai problemi reali, favorire il consenso, legittimare il proprio ruolo (la pensa così il 29,6%). In particolare, quasi un romano su due (47,8%) imputa ai media la responsabilità di creare allarme sociale, più di un quarto (28,6%) alla politica, mentre i gruppi terroristici vengono indicati solo dal 7%. Il ruolo dei media viene sottolineato da quote rilevanti di intervistati anche a Parigi (27%) e New York (22,2%), mentre chiamano in causa soprattutto la politica gli abitanti di Parigi (il 31,9% indica al primo posto proprio i politici), San Paolo (49,4%), Tokyo (37,3%) e Mosca (23,8%).
Fonte Censis via Blogosfere.it
Secondo una ricerca di IDC (riportata da emarketer) i numeri dietro ai Social Network sono realmente impressionanti.
Più della metà della popolazione USA userebbe questo tipo di siti (in Italia solo Facebook farebbe 4 milioni di iscritti...).
Più del 75% degli iscritti si collega almeno una volta alla settimana e un 57% lo fa quotidianamente. Più di un terzo passa un'ora o più collegato per ogni sessione.
Per l'Italia non ho questi numeri, ma coloro che sono nel mio network sembrano rispettare o superare queste medie... per quello che vale dl punto di vista statistico.
La roba brutta, a fronte di questo diluvio di "pageviews" è che non si clicca sui banner: sempre la stessa ricerca afferma che si interagisce, si socializza, ma non si clicca sui banner; se in media il 79% degli utenti Internet clicca su un banner almeno una volta l'anno (!), sui SN solo un 57% degli utenti ha confessato di averlo fatto.
Che il potenziale ci sia, siamo tutti d'accordo, che la strada sia il banner la vediamo sempre più dura.
Un ulteriore elemento di complicazione. Per sfruttare questi canali di comunicazione si sperava di poter fare la solita poca fatica con qualche bannerino, adesso vediamo che bisogna investire tempo, fatica e intelligenza per sviluppare altre cose, che possano essere engaging per gli utenti, cogliendoli in maniera sintonica ripetto allo stato d'animo, al set mentale in cui sono quando vanno in rete a social networkizzare...
Aziende italiane virtuose. Il 33% delle imprese italiane adotta politiche “verdi” all’interno dei propri processi produttivi. Il 20% ha intenzione di promuovere attività ecocompatibili mentre solo il 6% non ha intenzione di adottare alcuna politica verde. Sono questi alcuni dei dati (confortanti) che emergono dallo studio condotto dalla società di recruiting Robert Half Finance & accounting sui dipendenti di aziende di tutte le dimensioni.
Un terzo delle aziende italiane, quindi, ha già implementato delle attività volte al rispetto dell’ambiente. Un valore per ora sotto la media mondiale (42%), ma destinato a crescere. È infatti sopra la media il numero delle aziende che, a detta degli intervistati - manager del finance e della ricerca e sviluppo - stanno definendo delle politiche ambientali da implementare a breve (20% il dato Italia contro il 17% media mondiale). Ma quali sono le attività attuate per il rispetto dell’ambiente dalle aziende del nostro Paese? Primo fra tutti, un maggior rispetto per i consumi energetici che coinvolge ben il 66% delle imprese: in primis l’uso di lampadine a basso consumo e una maggiore sensibilizzazione dei dipendenti. Un valore addirittura superiore alla media mondiale (64%).
Seguono i programmi di riciclo inclusi nei processi produttivi per il 56% delle aziende e l’utilizzo di carta riciclata per il 54%. Poi, un quinto circa delle aziende ha un piano di conservazione e risparmio dell’acqua. Tra le modalità più originali e innovative si rilevano invece l’incentivazione all’uso dei mezzi pubblici attraverso il rimborso del costo dei biglietti utilizzati per raggiungere l’ufficio, attuato dal 22% delle imprese, e la digitalizzazione dei documenti, con conseguente risparmio nell’uso di carta, per il 12%. Sono ancora poche invece le imprese che optano per la compensazione delle emissioni di CO2 emesse nell’ambiente come conseguenza delle proprie attività. Solo il 7% delle aziende, infatti, sostiene piani di rimboschimento o altre iniziative analoghe.
Infine, mentre il 15% delle aziende dichiara di considerare le politiche ambientali all’interno di un più ampio programma di responsabilità sociale d’impresa, nessuna di quelle considerate dallo studio ha scelto la strada della certificazione Iso 14001 per dichiarare l’impegno concreto nel minimizzare l’impatto ambientale dei propri processi, prodotti e servizi.
da e-gazzette.it
Crisi o non crisi la tecnologia continua a fare passi da gigante. Anche nel 2008 le innovazioni nei prodotti destinati al grande pubblico non sono mancate, nel campo del software come in quello dell'hardware, nei dispositivi mobili come in quelli votati all'alta definizione. Molte di queste "new entry" del firmamento hi-tech, praticamente tutte, giocheranno un ruolo importante anche nel 2009 e negli anni a venire condizionando le abitudini quotidiane di milioni di persone, siano esse semplici consumatori o figure di business. E non sono neppure mancate novità importanti nel campo della ricerca, sotto forma di nano tecnologie e nuovi materiali per realizzare i microchip e di transistor (progettati dagli Hp Labs) che sostituiranno in futuro le attuali memorie Dram (Dynamic random access memory) su prodotti in commercio entro i prossimi cinque anni. La ventata di novità ha toccato anche mondi sempre più pervasi dalle tecnologie come lo sport, con il rivoluzionario costume da bagno prodotto da Speedo in collaborazione con la Nasa. L'innovazione, come sentenzia una delle bibbie della tecnologia, Wired, è in altre parole viva e vegeta e pure in ottima salute, anche se i venti della recessione si fanno sentire eccome. Proprio la prestigiosa testata americana ha stilato come di consueto la classifica delle 10 tecnologie a suo avviso più importanti, "le "Top Technology Breakthroughs of 2008". Di questa classifica diamo di seguito alcuni esempi in ordine (crescente) di rilevanza.
Display flessibili Se ne parla da parecchio tempo e diventeranno realtà, nel senso di un loro impiego su larga scala, entro il 2010 o al più tardi il 2011. Cellulari, computer portatili ed e-book si doteranno infatti progressivamente di schermi flessibili, arrotolabili su se stessi, come una sorta di antica pergamena. Quest'anno significativi sviluppi in questa direzione si sono registrati in seno all'attività dell'Arizona State University o di vere e propri specialisti della materia come Plastic Logic ed E-Ink. Samsung, fra i produttori di telefonini, è stata la prima a mettere in mostra (esemplificativo questo video apparso su YouTube) un prototipo di display flessibile destinato agli apparecchi mobili che si ripiega alla stregua di un libro. Quanto immaginato in "Minority Report" non è quindi più così lontano.
Memorie allo stato solido Apple, con gli iPod, ha aperto la strada. Oggi e più che mai nei mesi a venire le memorie flash saranno ben più di un'alternativa ai classici hard disk nell'equipaggiamento di base di una moltitudine di dispositivi elettronici portatili, dai notebook ultraportatili alle macchine fotografiche digitali. Ora i grandi produttori di sistemi di archiviazione, fra cui Emc, Sun Microsystems e Hitachi stanno testando questa tecnologia per le grandi utenze aziendali. Una rivoluzione annunciata nel segno di migliori prestazioni (tempi di risposta) e di una maggiore efficienza energetica (minori consumi) rispetto ai tradizionali supporti di memoria. I prezzi dei dischi Ssd (solid state disk) è in costante flessione e questo ne faciliterà l'adozione a volumi già nel 2009 nei data center. Per i prodotti hi-tech che riempiono le case, ormai, è già tempo di dire "goodbye" ai vecchi hard disk.
Gps La tecnologia in sé è datata 1978, quando furono rese operative le prime trasmissioni di dati su tecnologia Global Positioning System. Dal 1993 è iniziata la commercializzazione al grande pubblico, inizialmente per una ristretta categoria di utenti e veicoli, e nel 2008 i Gps hanno toccato l'apice della popolarità diventando un "add on" irrinunciabile per smartphone, lettori multimediali e computer portatili. Il futuro di questa tecnologia è tutta in una parola: servizi. Di geolocalizzazione e geotagging, perfettamente integrati con i software che comandano telefonini e gadget hi-tech e sotto il segno del Web 2.0.
Video ad alta definizione sulle reflex La fotografia sposa il video e questo grazie al superamento di un limite tecnologico che ha segnato la storia recente della macchine digitali reflex a lente singola. Nikon e Canon, per prime, hanno lanciato sul mercato apparecchi Slr (Single-lens reflex) dotati di un apposito chip in grado di registrare filmati in alta definizione. Il che significa mettere nelle mani dei cultori delle arti grafiche e visive, nonché ai fotografi professionisti, dispositivi in grado di soppiantare le funzionalità delle classiche videocamere, aprendo le porte a un mercato dalle enormi potenzialità di sviluppo.
Usb 3.0 Alzi la mano chi non è mai ricorso a una chiavetta Usb per copiare file o documenti particolarmente pesanti da un computer a un dispositivo digitale o viceversa. La tecnologia Universal Serial Bus è ormai uno standard mondiale affermato e consolidato e a partire da metà 2009 avrà un'ulteriore accelerazione con l'avvento dei primi dispositivi dotati di interfacce Usb 3.0. La velocità di trasmissione dati sarà 10 volte più veloce della tecnologia attuale (la 2.0) e toccherà la punta di 4,8 megabit per secondo, agevolando di conseguenza il download e l'upload di contenuti digitali da e verso il Web. Ma non solo. Utilizzato come fonte di alimentazione, un cavo Usb 3.0 sarà capace di distribuire una quantità di energia elettrica nove volte superiore a quella trasportata oggi, con evidenti benefici sui tempi di ricarica di smartphone e dispositivi digitali in genere. Android É la scommessa di alcuni big della telefonia mobile, Motorola in testa. Lo sbarco negli Usa a fine ottobre del G1, il primo googlefonino - prodotto da Htc per T-Mobile – a vedere il mercato è stato solo l'inizio dell'avventura di Android. I circa 1,5 milioni di smartphone venduti con il sistema operativo open source voluto da Google non sono un dato eclatante se paragonato ai tre milioni di iphone che Apple ha consegnato al mercato nei primi due mesi di vita del melafonino. Le pecche del primo cellulare androide sono parse evidenti soprattutto alle voci batteria e display ma le prospettive di crescita per Android sono grandi. Il numero di operatori e produttori (Samsung, Sony Ericsson, Asus, Huawey e addirittura Lenovo con China Mobile) che hanno abbracciato la Open Handset Alliance è lunga come è lungo l'elenco degli annunci imminenti. Per l'industria mobile si annuncia un'altra rivoluzione e questa volta arriva non da un terminale ma da un software, da una piattaforma operativa aperta che potrebbe attirare a sé moltissimi sviluppatori di applicazioni. Mettendo pressione sugli altri Os dell'universo smartphone, da Symbian a Windows Mobile passando naturalmente per quello caricato a bordo dell'iPhone.
Apple App Store Per alcuni addetti ai lavori è la vera scommessa vinta da Steve Jobs con il lancio dell'iPhone. E questo perché la guerra per il predominio negli smartphone si giocherà soprattutto sul fronte delle applicazioni che vi girano sopra: aprire un negozio virtuale per offrirle – gratuitamente alcune, a pagamento la maggior parte – agli utenti è stata una strada che Apple ha imboccato per prima e il suo App Store ha generato non a caso numeri molto ma molto importanti. Con il suo negozio la casa della Mela ha cambiato un modello statico di distribuzione di programmi (soprattutto di entertainment) per i cellulari rendendolo altamente dinamico, oltreché semplificato. Nella scia dell'App Store Google ha creato il suo Android Market, Research in Motion ha dato vita all'Application Storefront per i milioni di clienti dei suoi BlackBerry, Microsoft e Symbian sono prossime a dare il là ai propri marketplace di applicazioni. Android ha rafforzato un concetto: per migliaia di programmatori il cellulare è il nuovo pc, un device personalizzato su misura per tutto ciò che concerne strumenti di lavoro, giochi e tool di varia natura.
di Gianni Rusconi su ILSOLE24ORE.COM
Avrete sentito parlare di Chris Anderson e della teoria della coda lunga. In buona sostanza si tratta di una constatazione, in un mercato praticamente illimitato come quello digitale anche la vendita di piccole quantità di prodotti di nicchia è redditizia, anzi, la somma del valore generato da questi piccoli lotti supera spesso in valore l’introito dei best sellers.
Questa osservazione può essere molto interessante anche rispetto ai contenuti e alla comunicazione nell’era del web 2.0
Se infatti analizziamo in modo attento le statistiche di un qualunque nostro website dotato di qualche notorietà in rete vedremo che fra i referrals ci sono tantissimi accessi da siti che ci portano uno o due visitatori per volta.
Di solito trascuriamo questo tipo di valori, se però proviamo a sommare le provenienze da siti “altri” rispetto alle grandi fonti di traffico vedremo che sono i primi che ci portano la maggioranza dei nostri accessi.
Di più, se abbiamo un sito ricco di contenuto probabilmente quei pochi accessi verranno ciascuno da una fonte attinente con il tema trattato nella pagina di atterraggio. Questo mi porta a riprendere e amplificare un messaggio lanciato alcuni post fa: è fondamentale creare molto contenuto di qualità e diffonderlo capillarmente nel web con feed rss e piattaforme 2.0.
Il risultato sarà quello di una presenza diffusa dei nostri contenuti che potranno intercettare tutta quella domanda più o meno di nicchia che la dimensione del web riesce finalmente a soddisfare nei bisogni latenti, non gratificati dalla necessaria selezione di prodotti e contenuti propria delle economie offiline (magazzini, rese a metro, spazio sugli scaffali).
Grazie a questa diffusione porteremo un flusso continuo di piccoli accessi che a conti fatti saranno il reale punto d forza del nostro traffico per realizzare il nostro business (vendita di pubblicità, e-commerce, altro).
Che ne pensate?
Gianluigi Zarantonello Via http://webspecialist.wordpress.com
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