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Errare è umano, ma per incasinare davvero tutto è necessario un computer.

Arthur Bloch
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\\ : Storico : Mercati (inverti l'ordine)
Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
 
 

Rallenta la flessione del giro d’affari dell’editoria in Italia, anche se il comparto, su scala internazionale continua ad essere in affanno. E’ questo il dato che emerge dal focus che R&S Mediobanca ha dedicato al settore, analizzando la situazione dei nove principali gruppi editoriali del Paese cui fanno capo i maggiori quotidiani nazionali d’informazione, attraverso i conti nel periodo 2012-2016 (inclusi i primi nove mesi 2017). Lo studio comprende il confronto con i maggiori editori di quotidiani in Europa e un’analisi del settore editoriale a livello mondiale.

Dall’analisi emerge che il giro d’affari mondiale dell’industria dell’informazione è in diminuzione, attestandosi nel 2016 a 153 miliardi di dollari, in calo dell’8,4% sul 2012. La riduzione, però, riguarda esclusivamente i ricavi da pubblicità cartacea (-26,9% nel 2012-16), mentre aumentano quelli da diffusione cartacea (+3,4%), da diffusione digitale (un notevole +254,4%) e da pubblicità digitale (+32%). Nonostante la crescita del digitale, nel 2016 il 91,6% del giro d’affari mondiale proviene ancora dalla carta stampata, segno di come a livello globale la gran parte degli investimenti pubblicitari e delle vendite si concentri ancora sui canali tradizionali.

Nel mondo dell’editoria mondiale – le cui tre piazze principali sono USA, Giappone e Germania – sta cambiando il modello, passando da un paradigma centrato sulla pubblicità a uno focalizzato sulla vendita. Continua infatti l’inversione di tendenza iniziata nel 2014, quando i proventi da diffusione hanno superato quelli pubblicitari: nel 2016 il 56% del giro d’affari mondiale dell’industria dei quotidiani proviene dai ricavi diffusionali. In questo contesto la pubblicità digitale garantisce all’industria dell’editoria margini di guadagno esigui: su ogni euro speso in pubblicità digitale, ben 61 centesimi vanno alle cosiddette “advertising tech companies”, soprattutto alle BigWeb companies: Google, con €75mld nel 2016, si accaparra la maggiore quota di ricavi da pubblicità digitale (principalmente attraverso Google Search e YouTube), seguita da Facebook, con €26mld; al terzo e quarto posto le cinesi Baidu (€9mld) e Tencent (€4mld).

Diffusione e prezzi dei quotidiani in Italia e negli altri Paesi
Nel 2016 in Italia la diffusione cartacea complessiva è diminuita di circa 300mila unità, passando da 2,9 a 2,6 milioni di copie medie al giorno (-33,3% rispetto al 2012). In Europa le cose non vanno molto meglio: la diffusione cartacea registra un -20,5% sullo stesso periodo. A livello globale il calo risulta invece più contenuto in Nord America (-11,6%) e in America Latina (-12,1%), mentre l’Oceania è il continente che registra la diminuzione maggiore (-30,7%). In Asia invece la diffusione aumenta, grazie soprattutto all’apporto dell’India, e segna ben +40,1% nel quinquennio in esame. Quest’ultimo dato incide fortemente sulla dinamica diffusionale mondiale, portandola in segno positivo a
+21%.

(Infografica elaborata da R&S Mediobanca)

Nel 2016 la diffusione dei quotidiani italiani (2,6 milioni di copie) corrisponde a poco più di quanto fatto registrare dai soli primi due tedeschi (Bild e Frankfurter Allgemeine, la cui diffusione aggregata è di poco inferiore a due milioni e mezzo di copie) e inferiore a quella dei primi due britannici (la somma della diffusione di The Sun e Daily Mail arriva a 3,3 milioni di copie).

(Infografica elaborata da R&S Mediobanca)

La top 10 dei quotidiani d’informazione più diffusi in Italia nel 2016 per copie medie al giorno (dati ADS): al primo posto il Corriere della Sera (268mila), a cui segue La Repubblica (232mila), La Stampa (161mila), Il Sole 24 ORE (131mila), Il Messaggero (113mila), Avvenire (108mila), QN-Il Resto del Carlino (105mila), QN-La Nazione (80mila), Il Giornale (72mila) e Il Gazzettino (56mila).

Capitolo a parte è quello relativo ai prezzi: i quotidiani europei sono mediamente più cari di quelli italiani: ad esempio la singola copia del francese Le Monde costa €2,40, quella del tedesco Handelsblatt €2,80. Bild, The Sun e Daily Mail costano meno della metà degli altri quotidiani di informazione, ma hanno una diffusione di circa cinque volte superiore.

(Infografica elaborata da R&S Mediobanca)

Qual è lo scenario dei principali gruppi editoriali italiani?
I ricavi aggregati dei nove principali Gruppi editoriali italiani continuano a diminuire, attestandosi nel 2016 a €3,7mld (-25,7% sul 2012). Tuttavia il confronto 2016-2015 indica un rallentamento della flessione del giro d’affari. La top 3 per fatturato nel 2016 è composta da Mondadori (€1,26mld), RCS MediaGroup (€968mln) e L’Espresso (€586mln).

(Infografica elaborata da R&S Mediobanca)

(Infografica elaborata da R&S Mediobanca)

Anche l’occupazione si riduce. Considerando le 3.422 unità perse nel periodo 2012-16, la forza lavoro del comparto si attesta a quota 13.038 dipendenti nel 2016 (-20,8% sul 2012). Nel corso del quinquennio, solo Cairo Editore ha aumentato gli organici (+6,4%).

(Infografica elaborata da R&S Mediobanca)

Passando ai conti, i maggiori Gruppi editoriali italiani hanno cumulato nel periodo 2012-16 perdite nette per €2mld; solo Cairo Editore e L’Espresso hanno sempre chiuso in utile. Anche la redditività industriale è stata negativa nel quinquennio, pur con una forte dispersione fra i singoli Gruppi: la classifica per ebit margin 2016 vede al primo posto Cairo Editore (14,3%), al secondo Mondadori (5,2%) e al terzo L’Espresso (4,7%); in coda Il Sole 24 ORE (-15,4%) e Class Editori (-21,8%).

(Infografica elaborata da R&S Mediobanca)

Nel 2016 la struttura finanziaria resta mediamente solida, ma molto eterogenea, con i mezzi propri che rappresentano in media 1,4 volte i debiti finanziari. I più solidi nel 2016 sono Cairo Editore (senza debiti finanziari) e Caltagirone Editore, mentre i più fragili sono Il Sole 24 ORE e RCS MediaGroup. Sul fronte investimenti si registra un forte ridimensionamento: gli €24mld del 2016 segnano un calo del 69% sul 2012.

Il confronto con l’Europa
Escludendo l’Italia, i Gruppi editoriali europei con il maggior fatturato per il 2016 sono il tedesco Axel Springer (€3,29mld) che edita i quotidiani Bild e Die Welt, e due società del mercato UK: l’Associated Newspapers Ltd. (€759mln) a cui fa capo il Daily Mail e il News Group Newspapers Ltd. (€521mln) che edita il The Sun.

(Infografica elaborata da R&S Mediobanca)

Come vanno i big player dei principali Paesi europei? Il confronto tra Italia, Francia, Germania e UK vede il nostro Paese e la Francia capofila per contrazione del giro d’affari nel 2016-15, con Germania e UK che segnano invece un leggero aumento, e fanalino di coda per quanto riguarda la solidità finanziaria; Italia ultima per tasso di investimento nel 2016. La migliore redditività industriale è registrata dalla Germania con un ebit margin del 7,4% nel 2016, mentre Italia (-1,3%) e Francia (-3%) sono in negativo.
Nel periodo 2015-16 sono scesi mediamente dell’1,8% i ricavi delle società editoriali europee prese in esame a cui fanno capo i quotidiani d’informazione, mentre sono in controtendenza i ricavi delle società che editano testate economiche (+2,7% medio).

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Via Prima Comunicazione
 
Di Max Da Via' (del 05/01/2018 @ 07:45:11, in Mercati, linkato 1280 volte)

Evoluzione positiva per l’umore degli italiani nel 2018 secondo la fotografia scattata dal sondaggio di fine anno Coop-Nomisma e dal Rapporto Coop. Un ritrovato ottimismo che contribuisce al miglioramento delle intenzioni di spesa, tutte in segno positivo tra il 2017 e il 2018.

Al top i soliti oggetti dei desideri: i viaggi (il 23,3% spenderà di più) e lo smartphone (il 64% prevede in crescita il budget destinato), ma ritornano voci evergreen degli italiani come l’arredamento, la ristrutturazione della casa e ancora investimenti per il tempo libero e la cura di sé (abbonamenti a teatro, stadio, pay tv fino al ricorso alla chirurgia estetica).

Le previsioni sui consumi. Se il 2017 è stato per i consumi un anno migliore delle attese sfiorando l’1,5%, sono buoni gli auspici anche per il 2018 grazie a un aumento del potere d’acquisto delle famiglie che dovrebbe raggiungere ritmi di crescita prossimi all’1%. Un bicchiere mezzo pieno che toccherà più i comparti dell’audiovisivo, computer e accessori (+ 8,5% nel 2018), telefoni e equipaggiamento (+7,8%) e solo in parte l’alimentare (+2,1%). Stando poi alla distribuzione moderna l’andamento sarà ancora positivo (+1%) ma più che dimezzato nei ritmi di marcia rispetto al 2017, anno contrassegnato da un eccezionale effetto climatico. Buona performance prevista per il largo consumo confezionato (+1,3%), del fresco ortofrutticolo (+ 1,6%), continua viceversa a registrare un andamento negativo il no food (-3,7%). A livello territoriale, la tendenza attesa è quella che di una parziale inversione di tendenza rispetto al 2017: archiviata una fase di sovra-performance del Sud in confronto alla media nazionale, si osserva un incremento del fatturato più solido nel Nord Italia (+1,2% e +1,4% per le aree del Nord-Ovest e Nord Est).

I primi risultati delle vendite natalizie
L’anno si è chiuso con un boom di vendite sotto l’albero e la settimana di Natale fa registrare un +15,6% (iper + super dati Nielsen per Coop) rispetto alla stessa settimana di un anno fa. Più carne che pesce, molta gastronomia e formaggi con un Centro Sud che guida la classifica degli acquisti (Campania in testa con un +16,2% seguita da Molise, Umbria, Puglia).

Il boom dell'e-food nelle case degli italiani

L'atteggiamento e il sentiment degli italiani
Tra le parole con cui gli italiani descrivono l’anno che è appena iniziato scendono di molto i termini dalla connotazione negativa quali “timore” e “crisi” (altre due parole d’ordine del 2017 indicate rispettivamente da oltre il 10% e il 7,6% del campione, ora entrambe intorno al 4,5% e il confronto è ancora più impietoso con i dati raccolti appena 2 anni fa a fine 2016 quando di luci in fondo al tunnel se ne vedevano davvero poche). Se ne avvantaggiano voci quali appunto “ripresa” (15,4%), “cambiamento” (15,1%), “benessere” (10,3%), “novità” (7,9%). A crederci di più gli over 50 rispetto a generazioni più giovani ma evidentemente meno appagate. E il Mezzogiorno a fare da pioniere della “ripresa” (parola che qui arriva al 18%).

Italiani e il ritorno al tempo libero

Italiani che si sentono meno in salute (pur non essendolo)
Un aspetto che lascia intravedere la crescita ulteriore del trend salutista negli acquisti

Italiani e amore per i social

Ulteriori approfondimenti qui 

Via Mark Up
 

Si conclude con la pubblicazione del terzo ciclo di rilevazione Audipress, relativo al 2017, il primo anno di impianto dell’indagine basato sul metodo single source, inaugurato a gennaio dello scorso anno (vedere DailyMedia del 31 maggio 2017, ndr). I dati della ricerca sui lettorati in Italia sono prodotti dallo stesso campione per quotidiani e periodici, a cui è sottoposto lo stesso questionario, e non più da due campioni distinti. L’indagine offre uno spaccato completo dello stato delle readership per via di un campione più ampio per le due periodicità, e per la pubblicazione di tre cicli di rilevazione cumulati. E’ stato ampliato anche il campione relativo alle classi sociali superiori – imprenditori, liberi professionisti e dirigenti – in modo da rappresentare più accuratamente i comportamenti di lettura di queste categorie socio-professionali.

I risultati dell’indagine: l’andamento deI quotidiani

Dalla rilevazione Audipress 2017/III (relativa al trimestre 11 settembre – 10 dicembre) emerge un calo dei lettori per tutte le periodicità. Rispetto al precedente ciclo 2017/II (periodo 3 aprile – 9 luglio), i quotidiani hanno perso l’1,6% dei lettori, i settimanali il 2,6%, i mensili il 2,2%. Nello specifico, i lettori di quotidiani sono 16,8 milioni, il 31,7% della popolazione dai 14 anni in su, per quasi 25 milioni di letture. Sono sette le testate che superano il milione di lettori e tra queste si conferma ancora leader La Gazzetta dello Sport, grazie a una readership di 3,253 milioni. Seguono Corriere della Sera con 2,093 milioni, la Repubblica con 2,015 milioni, Corriere dello Sport con 1,464 milioni, La Stampa con 1,085 milioni, Il Resto del Carlino con 1,048 milioni e Il Messaggero con 1,030 milioni. Complessivamente, come fa notare il Gruppo – le tre testate della Poligrafici Editoriale con il dorso nazionale in comune QN – Il Resto del Carlino, La Nazione e Il Giorno – totalizzano quasi 2 milioni di lettori, posizionandolo al quarto posto tra i quotidiani più letti. Tra i supplementi ai quotidiani il primo è il Venerdì di Repubblica con 1,269 milioni di lettori.

Settimanali e mensili

I lettori di settimanali sono 14,4 milioni, 27,2% della popolazione, con letture complessive che superano i 24 milioni. Il primo in classifica è Tv Sorrisi e Canzoni con 2,342 milioni di lettori alla settimana; seguono Chi con 2,064 milioni e Settimanale DiPiù con 1,892 milioni. Superano il milione di lettori anche Oggi (1,747 milioni), Gente (1,601 milioni), DiPiù Tv (1,459 milioni), L’Espresso (1,301 milioni) e Famiglia Cristiana (1,175 milioni). Donna Moderna è il primo femminile italiano (1,568 milioni di lettori), seguito da Vanity Fair (1,023 milioni). Infine, i mensili totalizzano 12,8 milioni di lettori (24,2% della popolazione) con una readership di oltre 22 milioni. Il più letto è Focus, a quota 4,138 milioni. Seguono Quattroruote (2,169 milioni), Al Volante (1,490 milioni), National Geographic Italia (1,219 milioni), Cucina Moderna (1,041 milioni) e Cose di Casa (1,005 milioni).

 

Le tabelle

Via DailyOnline

 
Di Max Da Via' (del 06/04/2018 @ 17:22:59, in Mercati, linkato 1467 volte)

Si consolida la fiducia generale dei consumatori nei diversi continenti rispetto al 2016, secondo l’indagine The Conference Board Global Consumer Confidence Survey condotta in collaborazione con Nielsen in 63 Paesi. Il Consumer Confidence Index rilevato nell’ultimo trimestre del 2017 cresce rispetto all’ultimo periodo dell’anno precedente, in particolare in Italia, dove si attesta a 68 punti, in crescita di 10 punti rispetto allo stesso periodo di un anno fa e di 3 punti rispetto al trimestre precedente.

Se le ultime elezioni politiche ci parlano di un voto che chiede una forte discontinuità e riforme ancora più radicali e incisive, soprattutto da parte di chi è rimasto fuori da questa crescita, la fotografia che ci forniscono questi dati sottolinea una diminuzione di chi considera l’Italia in recessione: rappresenta il 78% degli intervistati, in calo di sette punti rispetto ad un anno fa, e di 2 punti rispetto al periodo precedente.

Questo dato parte da una visione più positiva dei consumatori sullo stato delle proprie finanze: il 33% degli intervistati indica infatti aspettative positive per l’andamento dei propri risparmi nei prossimi 12 mesi, in aumento dell’8% rispetto a quanto rilevato un anno fa. L’indagine Nielsen osserva una diminuzione dei consumatori che dichiarano di faticare ad arrivare a fine mese: la percentuale di chi dichiara di non avere denaro rimanente, una volta coperte le spese essenziali, si attesta al 15%, in diminuzione di otto punti rispetto ad un anno fa. Di conseguenza, aumenta il numero di chi ritiene sia arrivato il momento giusto per fare acquisti: è il 24% (+5 punti rispetto all’ultimo trimestre del 2016).

Ma i consumatori per cosa utilizzano il denaro che rimane una volta effettuate le spese improrogabili? Vestiti e vacanze sono in cima alle abitudini dei consumatori intervistati (45% e 41% rispettivamente, in aumento di 14% e 9% rispetto al Q4 2016, come in generale tutte le voci di spesa). Rimane considerevole la percentuale di chi preferisce mettere da parte i risparmi (40%, pressoché stabile rispetto al 39% di un anno fa). Divertimenti fuori casa e nuovi prodotti tecnologici seguono con il 30% e il 26% rispettivamente (+5 e 10 punti rispettivamente).

Cresce il numero di italiani che si aspetta una ripresa del mercato del lavoro (sono il 15% degli intervistati, in aumento di 4 punti percentuali rispetto allo stesso periodo di un anno fa). Dati talvolta discordanti sugli indicatori di disoccupazione e sulle tipologie contrattuali non rassicurano però fino in fondo i nostri connazionali: la sicurezza del posto di lavoro rimane infatti la prima fonte preoccupazione degli italiani, in linea con i risultati dell’anno precedente (indicata dal 18% degli intervistati, in diminuzione di un punto rispetto al terzo trimestre). Seguono le apprensioni legate allo stato di salute (10%), terrorismo ed economia (entrambe indicate come prima preoccupazione dall’8% degli intervistati). Cresce la percentuale di connazionali che rivolgono le loro attenzioni al work-life balance: raggiunge l’8%, raddoppiando il valore di un anno fa, e sottolineando l’importanza della tematica che sempre più aziende hanno deciso di affrontare con misure ad-hoc, anche nel nostro paese.

Via Mark Up
 
Di Max Da Via' (del 03/05/2018 @ 07:35:31, in Mercati, linkato 1529 volte)

Gli italiani comprano sempre più di seconda mano, meglio se online. Il mercato dell’usato nel 2017 ha raggiunto la cifra di 21 miliardi di euro, pari a circa l’1,2% del Pil. Di questi, 9,3 miliardi arrivano dagli acquisti online. È quanto rileva la quarta edizione dell’Osservatorio Second Hand Economy, condotto da Doxa per la piattaforma di compravendita online Subito.

Dal 2014 il volume d’affari del settore è aumentato del 72%. A trainare la crescita sono proprio le vendite e gli acquisti realizzati online, il 31% in più rispetto all’anno precedente. Gli utenti premiano velocità e semplicità nell’accesso ai beni, tanto che Internet e app restano il canale privilegiato per chi vende. A essere cedute sono soprattutto automobili, attrezzature sportive e telefonia, mentre si comprano oggetti d’arredamento, casalinghi e libri.

In media chi ha venduto beni usati online ha guadagnato 1.030 euro all’anno. Un tesoretto da reinvestire nell’economia domestica (40%) o nell’acquisto del modello successivo di nuova generazione (25%). Oltre alla voglia di liberarsi del superfluo (55%), tra le ragioni che spingono alla vendita c’è proprio il desiderio di comprare altri beni nuovi o usati (21%) e la prospettiva di un guadagno (19%). Tutte motivazioni che attirano in particolare i cittadini della Lombardia, prima regione per valore degli scambi con un ammontare di 3,4 miliardi di euro. Seguono la Toscana con 2,8 miliardi, l’Emilia Romagna con 2,3 miliardi e la Sicilia, prima regione del Sud con 1,5 miliardi di valore generato.

“La second hand è oggi un vero e proprio state of mind integrato nelle abitudini di consumo e di vita delle persone, in grado di rappresentare valori ed esigenze di una generazione dinamica e consapevole in crescita nel nostro Paese”, osserva Melany Libraro, ceo di Schibsted Italy(Subito, InfoJobs e Pagomeno). “Penso in particolare ai Millennials, più attivi nella compravendita dell’usato rispetto alla media della popolazione: ciò che guida la scelta è l’oggetto in sé, nuovo o usato poco importa. Oltre che nativi digitali, potremmo definirli nativi second hand”. Il 59% dei Millennials compra usato, contro il 48% della media nazionale. I giovani sono anche più attenti alla sostenibilità ambientale, promuovendo il riutilizzo degli oggetti. Sono poi più propensi a mixare nuovo e usato nei loro acquisti e tendono a voler dare una “seconda vita” ai loro beni. Secondo le previsioni dell’Osservatorio, l’economia dell’usato è destinata a crescere del 75% nei prossimi 5 anni. Diventando un canale abituale di compravendita, percepito come una scelta sostenibile e smart.

Via CorCom
 
Di Max Da Via' (del 15/06/2018 @ 07:20:40, in Mercati, linkato 2156 volte)
Secondo l’Osservatorio mensile Findomestic la spesa media pro capite è di 1.460 euro, anche se 3 su 4 non sforeranno i 1000 euro. Più che raddoppiati i B&B (+110%) e boom per le prenotazioni online (+22%)

Vacanze estive più brevi ma più ricche per gli italiani rispetto allo scorso anno. Stando ai dati del nuovo Osservatorio mensile di Findomestic, realizzato in collaborazione con Doxa, si alza il budget di spesa per un italiano su quattro (la metà di questi è pronta a sborsare fino al 30% in più), anche se la durata media della villeggiatura si abbassa da 12,8 a 12,4 giorni.

Tra gli altri trend emerge la netta preferenza per le località di mare (64,9%), il boom dei B&B (+110%) e delle prenotazioni online (+22%) ma anche il ritorno delle vacanze itineranti soprattutto tra gli under 25. Ma vediamo i risultati nel dettaglio. 

NIENTE VACANZE PER UNO SU CINQUE
Secondo lo studio della società di credito al consumo del Gruppo Bnp Paribas le vacanze sono una certezza per due italiani su tre (64%), ma quasi uno su cinque (18%) resterà a casa, soprattutto per motivi economici (53%). Un altro 18%, invece, non ha ancora deciso se partirà o meno. La destinazione preferita resta il mare, scelto dal 65%, in linea con il dato del 2017. Aumentano i viaggi itineranti (13% contro il 10% dell’anno scorso), calano gli amanti della montagna (dal 10% al 7%), stabili invece quelli che optano per le città d’arte (7%). Gli italiani continuano a preferire l’Italia come meta delle proprie vacanze: quasi 6 intervistati su 10 (56%, erano il 58% nel 2017) hanno fatto questa scelta, soprattutto chi ha almeno un figlio (62%).

SPESA MEDIA DI 1.460 EURO
Il 42% si concede al massimo una settimana di vacanza (era il 44% nel 2017) e altrettanti fino a 2 settimane. Solo il 16% trascorrerà un periodo di villeggiatura superiore ai 15 giorni.  Se la spesa media prevista è di 1.460 euro, secondo Findomestic, tuttavia tre vacanzieri su quattro mettono a budget un massimo di 1.000 euro. E, in particolare, il 40% di questi spenderà non più di 500 euro a persona (tra i 18-34enni la percentuale sale al 47%), il 33% fino a 1.000 euro e il 21% dai 1.500 euro in su a persona. Il 24,1% spenderà più dell’anno passato, mentre il 18,6% è convinto di abbassare la propria soglia di spesa. In ogni caso la voglia di vacanze ha raggiunto livelli record: nell’ultimo anno il numero di italiani intenzionati a prenotare un periodo di villeggiatura è cresciuto del 4,5% secondo le rilevazioni dell’Osservatorio mensile di Findomestic.

CRESCONO LE PRENOTAZIONI ONLINE
Il 31% dei villeggianti sceglie come sistemazione un albergo/hotel (percentuale che sale al 36% tra le donne), il 19% affitta una casa, il 12% preferisce un villaggio turistico (erano il 9% lo scorso anno). Un ulteriore 11% alloggia presso l’abitazione di amici e parenti e altrettanti optano per un B&B o una pensione (soprattutto gli uomini: 14% contro l’8% delle donne). L’Osservatorio Findomestic dimostra che ormai due italiani su tre (67%) si affidano a Internet per prenotare: il 41% lo fa attraverso siti dedicati come Booking e Tripadvisor (soprattutto i 18-34enni), il 13% attraverso il sito della struttura e altrettanti tramite le agenzie di viaggio online. Il 22% invece contatta la struttura telefonicamente e l’8% preferisce ancora recarsi in agenzia di viaggio.

ANCORA POCO DIFFUSO L’ACQUISTO RATEIZZATO DELLE VACANZE
La rateizzazione del costo di una vacanza rimane una pratica poco diffusa: solo il 7% degli italiani ha già acquistato a rate una vacanza o ha intenzione di farlo in futuro (dato in linea con quanto rilevato a partire dal 2014). Il 20% degli intervistati ha dichiarato di non aver mai pensato alla possibilità di acquistare a rate una vacanza.

ITALIANI A CACCIA DI SCONTI SULLE PRENOTAZIONI (IN ANTICIPO O LAST MINUTE)
Quando si tratta di prenotare una vacanza, gli italiani cercano le occasioni. Particolarmente apprezzati gli sconti sulle prenotazioni (il 42% cerca gli sconti per prenotazioni anticipate e il 23% per quelle «last minute») e i servizi extra inclusi nel prezzo (34%).  Da segnalare come le donne, più degli uomini, valutano positivamente la presenza di transfer dalla stazione/aeroporto all'albergo: 16% contro il 10% degli uomini. Infine, chi ha figli è interessato a sconti/riduzioni per il loro soggiorno (31% contro il 19% del totale campione) o per il viaggio (13% contro il 9% del totale campione).

Via Mark Up


 
Di Max Da Via' (del 28/08/2018 @ 07:57:07, in Mercati, linkato 1759 volte)

In Cina 802 milioni di persone accedono a Internet, il 57,7% della popolazione (soprattutto quella che vive in zone urbane). Da dispositivi mobili si connettono ben 788 milioni di individui. E’ quanto emerge dal nuovo rapporto dell’agenzia governativa China Internet Network Information Center (CNNIC).

Si tratta di numeri strabilianti se confrontati con quelli di altri paesi: l’Europa conta 700 milioni di connessi, l’Africa 450 milioni, l’America Latina 430 milioni e il nord America 345 milioni.

Le altre statistiche rivelate mostrano un utilizzo molto avanzato dei servizi di rete:

  • il 71% fa acquisti in rete 
  • il 21% degli utenti cinesi usa servizi finanziari (+30% rispetto a 6 mesi prima)
  • il 43,6% ordina cibo da dispositivo mobile
  • il 42% accede ai servizi pubblici attraverso app come WeChat e Alipay (i vari livelli di governo hanno una presenza stabile sulle piattaforme social più diffuse)
  • il 30,6% usa app di bike sharing
  • il 43,2% usa app per la prenotazione di taxi e il 37,3% quelle per bus e treni
  • le vendite online sono state pari a circa 600 miliardi di dollari nella prima metà del 2018 (+30% rispetto allo scorso anno)
  • l’87% usa WeChat, il 65% QQ Space il 42% Weibo (qui i dati sui social media nel mondo)
  • il 74% usa applicazioni basate sulla condivisione di video (tra queste la più famosa è Douyin, conosciuta in occidente come Tik Tok)

E’ la fotografia di un popolo dinamico all’interno di un territorio che non è l’Internet che conosciamo, ma sarebbe più appropriato definire Wide Area Network, un recinto rigidamente controllato dal governo. 
La mano “invisibile” dello stato da un lato ha dato grande impulso allo sviluppo della rete, dall’altro regola la diffusione di servizi e contenuti.  
La censura si abbatte sulle VPN (che permetterebbero di scavalcarla) e su 135 siti tra i più visitati al mondo, compresi i social network occidentali. Neanche i servizi locali vengono risparmiati: l’aggregatore di notizie Jinri Toutiao (ByteDance) e il servizio di live streaming Kuaishou (Tencent) sono stati costretti a rimuovere alcuni contenuti considerati inappropriati.  

Siamo di fronte ad un fenomeno che vale la pena studiare attentamente per le sue ricadute geo-politiche e per le dinamiche tecno-economiche già in atto. In particolare sarà interessante capire quanto i servizi cinesi riusciranno ad espandersi oltre il Grande Firewall, minacciando i giganti della tecnologia occidentali e se questi riusciranno ad entrare in Cina, sacrificando frammenti della loro identità. 

Via Vincos blog
 
Di Max Da Via' (del 11/12/2018 @ 07:10:44, in Mercati, linkato 1312 volte)

Secondo appuntamento con le previsioni di shopping natalizio dopo l'analisi Deloitte Xmas Survey 2018 concentrata sull'Italia. Stavolta la prospettiva è europea con The Global Consumer 2019, la nuova ricerca Dwf.

Secondo l'indagine il Natale 2018 dell'Europa sarà all'insegna del low-cost, con il 70% dei consumatori che darà priorità nella scelta d'acquisto ai prezzi bassi. Segue un 64% che darà precedenza alla qualità, mentre il 51% selezionerà i propri regali solo in negozi discount.

Per gli acquisti non food, in particolare, il 64% terrà gli occhi aperti sulle promozioni, il 27% darà la precedenza a servizi e promozioni legate alla fidelizzazione offerti in store e il 26% continuerà a prediligere la sicurezza offerta da prodotti di marca (26%).

In continuità con gli ultimi anni si prevede poi una forte crescita degli acquisti online, con un aumento del 34% (incremento confermato anche dalla ricerca Deloitte).

Rispetto alla media europea, il consumatore italiano si discosta di poco, risultando influenzato negativamente dalle attuali prospettive economiche e politiche generali e, in particolare, sulle prospettive europee dopo la Brexit. Seppur in percentuale superiore rispetto ad altri paesi, meno del 20% dei consumatori italiani ormai pensa di usare il contante per i propri acquisti, che sono guidati dagli sconti (per il 67%), dalla qualità del prodotto (per il 65%) e da offerte low cost (per il 64%). In forte aumento, la fiducia verso gli acquisti online, destinati a registrare una forte crescita, in particolare se confrontati con gli acquisti effettuati in negozio, già trainati dal successo del Black Friday.

Via Mark Up
 
Di Max Da Via' (del 28/03/2019 @ 07:30:16, in Mercati, linkato 2148 volte)

Il nuovo centro di ricerca Feminility è nato per indagare vita e ruolo delle donne italiane a 360 gradi. Dai primi dati dell'osservatorio emerge come queste ultime influiscano sul 60% degli acquisti di una famiglia e che, quando si tratta di brand, ci sono 4 dimensioni per loro prioritarie.

Salute, Accessibilità, Ecosostenibilità e Innovazione: sono queste le macro-aree che guidano empatia e conversazioni attorno a un marchio, ma anche la sua capacità di porsi come riferimento all'interno della quotidianità femminile. Non solo. Oltre il 90% delle donne sarebbe disposto a pagare di più per prodotti che rispecchino questi valori.

I marchi di riferimento per le donne grazie a questi elementi secondo l'indagine sono (in ordine di importanza) Ikea, Yves Rocher, L'Angelica, Lierac, Bioderma, Adidas, L'Oreal, Acqua e Sapone, Coop e Nivea. Il principale social è Facebook per l'85% del panel, seguito da Youtube e da Instagram, ma il 2,1% delle intervistate ammette anche di usare Tinder.

Altre curiosità. Secondo l'osservatorio solo il 9% del campione non ha mai fatto acquisti online. Viceversa, il 70% lo fa regolarmente, soprattutto per quanto riguarda l'abbigliamento. Il 39% ha utilizzato nell'ultimo anno almeno un'app per ordinare cibo a domicilio e il 56% delle donne si occupa personalmente della manutenzione e ristrutturazione della propria abitazione.

Via Mark Up
 
Di Max Da Via' (del 23/03/2020 @ 07:21:04, in Mercati, linkato 1214 volte)

Come evolvono sentiment, percezione e comportamenti degli italiani nel contesto di attuale emergenza coronavirus? Sono tanti i dati che arrivano sul tema, dal monitoraggio costante di Ipsos e Nielsen alla ricerca realizzata sul tema da Metrica Ricerche.
Vediamo di tracciare un quadro complessivo della situazione per tematiche.

Meno spesa, più tv e internet
Continua ad aumentare a doppia cifra di settimana in settimana la fruizione di contenuti video sia in televisione che su piattaforme online, tanto che Netflix ha accolto la richiesta di Thierry Breton, commissario europeo per il mercato interno e i servizi, di diminuire la propria qualità di video streaming così da non intasare eccessivamente la rete. Nel frattempo, nella seconda settimana di marzo sale la percentuale di coloro che dichiarano di aver ridotto la frequenza di visita nei supermercati (40%, +26pp), negozi di alimentari (38%, +25pp) e mercati rionali (63%, +36pp), ma allo stesso tempo aumenta la propensione a fare scorte di (28%, +12pp - dati Nielsen). Un dato in linea con il generale aumento della preoccupazione, che, nonostante i dati relativi alle zone più colpite, resta alta al Sud (64% degli italiani) e in particolare la Campania (66%) più che al Nord-Ovest (57%) dove però aumenta significativamente: +37%).

Si torna a fare gli chef e si cerca il comfort nel cibo
L'andamento delle categorie di prodotto al supermercato ci suggerisce non solo che gli italiani pensano a fare scorta, come indica l'aumento di cibi a lunga conservazione e surgelati, ma anche che tornano di più ai fornelli, per fare ad esempio la pizza in casa: calano i cibi pronti, aumentano vertiginosamente farine e lievito. Non solo. Si cercano gratificazione e relax sia nel comparto bevande, con aumenti a doppia cifra per birra, vino e in generale alcolici, ma anche di tisane e camomilla per "i più virtuosi", che nel cibo: con boom di tavolette e barrette di cioccolato, ma anche affettati e patatine per un aperitivo fatto in casa.

Più consapevolezza su economia, imprese e valore della sanità
Forse per la prima volta la preoccupazione sul piano economico riguardo al sistema generale del Paese (77%) supera la preoccupazione per le finanze personali (51%). Questo nonostante, come prevedibile, aumenti anche il timore per il proprio posto di lavoro. Ci si preoccupa in generale di più, dopo il Dcpm, dell’impatto per i comparti più toccati dalla serrata: bar, ristoranti, cinema, teatri e musei, ma anche la vendita al dettaglio.

A seguito dell'emergenza, quasi il 60% del campione ha fortemente aumentato la propria consapevolezza circa il valore del Servizio Sanitario Nazionale, esprimendo l’attesa di maggiori investimenti in strutture, risorse e organizzazione. Un sistema al quale il 41% dichiara che si rivolgerà in futuro con crescente fiducia.

Un futuro più responsabile e digitalizzato
Oltre a tanti brutti ricordi, questa esperienza, lascerà in eredità un aumento del senso di responsabilità sociale degli italiani (il 52% si dichiara fortemente d’accordo). Allo stesso modo crescerà il sentimento di solidarietà. Meno consistente, ma comunque rilevante (per il 33% in forte aumento), la crescita del sentimento di orgoglio nazionale generata da come a livello pubblico, istituzionale, collettivo e individuale si sta affrontando la crisi.

Questa situazione sta forzando il Paese a percorrere più velocemente la strada della modernizzazione sotto diversi aspetti a partire dal sistema scolastico e universitario secondo il 62%. Il 57% del campione si dichiara fortemente disponibile a utilizzare maggiormente i servizi digitali sia come cittadino (nei rapporti con la p.a. e le istituzioni) sia per le attività di lavoro (il 46% è favorevole allo smart working) e d’impresa.

Infine, un’altra consapevolezza di fondo, per i cittadini, è che la rinascita socio-economica del Paese potrà avvenire solo «insieme e dal basso» avendo come protagonisti non solo i principali attori di livello nazionale come governo, grandi imprese, grandi banche (60%), ma anche e (52%) i soggetti del tessuto economico-sociale a livello locale (medie imprese, associazioni territoriali di categoria). Da ciò risulta evidente la necessità di sviluppare capacità di indirizzo e di coordinamento di tutte le forze.

 
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