Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Datamonitor ha previsto che le emittenti di tutto il mondo vedranno, a partire dall’anno in corso, una sensibile crescita delle entrate: dai 284,1 miliardi di dollari del 2007 si passerà a 326,2 miliardi nel 2010. Il consiglio dell’istituto di ricerca alle emittenti tradizionali è quello di concentrarsi sulla diffusione multipiattaforma per tenere alto l’interesse dell’audience. Il rapporto ha precisato che l’adozione della tv digitale, nello specifico l’Iptv e i servizi via cavo, crescerà in ugual modo negli Stati Uniti e in Europa occidentale: saranno 149,5 milioni le abitazioni a sottoscrivere un contratto di questo tipo nelle due regioni. Di tutte le abitazioni connesse a un segnale digitale il 32% ha scelto un collegamento via cavo, il 43% il satellite, il 22% il Ddt e il 3% l’Iptv.
In termini di crescita assoluta, a guadagnare le quote di mercato più sensibili saranno il Dtt e il cavo, a raggiungere, rispettivamente, 13,3 milioni e 14,5 milioni di abitazioni.
Via Quo Media
Noi comunicatori ce la siamo cercata... ovviamente insieme alle aziende.
Dal Trust Barometer 2008 di Edelman, risulta che la credibilità della pubblicità è bassina...
"In particolare, per quanto riguarda l’Italia, il “barometro della fiducia” rileva che la fonte di informazione più attendibile per le élite culturali sono gli articoli dei periodici economici (63%), più ancora degli analisti di Borsa (53%).
All’ultimo posto, la pubblicità, gli atleti e gli intrattenitori (spesso l’effetto si somma visto che a volte la pubblicità utilizza come testimonial sportivi e intrattenitori).
Interessante notare come i blog (23%) abbiano perso di credibilità nei confronti dei CEO delle aziende (31%). Ma sono soprattutto le persone di pari livello (“la gente come me”) a collocarsi molto in alto nella fiducia (53%), al pari degli analisti."
User-Generated trust?
Il tema della ricerca e sviluppo è sempre più centrale per tutte le aziende e l’innovazione oggi richiede ritmi altissimi per poter mantenere un’impresa competitiva sui mercati internazionali.
Nell’approccio tradizionale al problema le innovazioni vengono sviluppate all’interno delle organizzazioni attraverso appositi dipartimenti, con lo scopo di massimizzare la rendita commerciale delle nuove idee attraverso la proprietà intellettuale in ambieti chiusi e protetti.
Oggi però, come spiegano molto bene Tapscott e Williams in Wikinomics (da cui sono tratti molti dei dati e dei temi qui discussi), le imprese non riescono più a monopolizzare la conoscenza e, per quanto grandi siano i loro laboratori, sicuramente fuori dall’organizzazione ci sono altri cervelli che hanno la soluzione dei problemi che non si sono ancora risolti.
Lafley, il CEO di Procter & Gamble, descrive con queste parole tale tema: “Qualcuno al di fuori della vostra organizzazione, oggi, sa come rispondere a una domanda specifica con cui siete alle prese, risolvere il vostro problema particolare o cogliere l’opportunità che avete di fronte meglio di voi. Dovete individuare un modo per collaborare produttivamente con lui”.
Grazie alle tecnologie di rete esiste un modo accedere a questa conoscenza diffusa: le ideagorà, dei market place dove, come accade per le transazioni sui siti commerciali come Ebay, si possono acquistare e scambiare soluzioni e tecnologia.
Ci sono due tipi di Ideagorà: il primo e più facilmente intuibile è il modello rappresentato dal sito Innocentive.com, dove le aziende possono proporre ad una comunità di scienziati, ricercatori ed esperti i problemi per i quali non hanno ancora trovato soluzioni adeguate.
C’è poi il secondo tipo di Ideagorà, forse più sorprendente, quelle dove si offrono soluzioni che sono ancora in cerca di chi abbia un simile problema da risolvere, come accade per yet2.com.
Infatti sembrerà strano ma molte grandi aziende registrano annualmente una grande mole di brevetti (con i relativi costi) per i quali tuttavia non si è ancora individuato un utilizzo.
Per questo tali soluzioni vengono offerte, sotto forma di licenza d’uso, a altre realtà che invece ne hanno bisogno portando nelle casse dei dipartimenti di R&S dei soldi da reinvestire in ricerca in un classico processo collaborativo win-win.
Perché dunque a fronte di tale interesse le ideagorà sono ancora una realtà di frontiera?
Sicuramente c’è un problema di natura culturale, in quanto è difficile condividere con altri il proprio lavoro intellettuale e, simmetricamente, non è facile superare la sindrome del “not invetended here” interna alle aziende.
Inoltre è necessario stabilire un modus operandi che permetta di capire dove e come accedere all’innovazione distribuita e quanta parte della ricerca vada delegata all’esterno.
Essere dentro un’ideagorà non è di fatto qualificante di per sé perché anche i concorrenti vi possono entrare, con un effetto livellante, bisogna dunque saperne cogliere i vantaggi e saperne trarre il massimo attraverso una buona organizzazione interna con persone aperte a questo tipo di scambio.
Infine gli stessi market place dovranno evolversi nel tempo per garantire un livello di servizio adeguato, ad esempio migliorando la trasparenza (anonimato delle imprese e scarso riconoscimento pubblico di chi risolve i problemi) e favorendo l’aggregazione in gruppi fra i ricercatori.
Qual è dunque lo scenario futuro?
Difficile dirlo con certezza, probabilmente la ricerca interna non sparirà da nessuna azienda perché essa garantisce una serie di vantaggi legati alla proprietà intellettuale, tuttavia non basterà più per gestire tutte le tematiche innovative e chi investirà solo all’interno avrà dei costi altissimi e non sostenibili a fronte di un numero ridotto di prodotti realmente di successo.
In ogni caso la differenza maggiore sarà probabilmente fra chi sarà in grado di gestire in modo aperto le occasioni che si presenteranno e chi invece si arroccherà su posizioni chiuse e difensive
La sfida è aperta.
GIANLUIGI ZARANTONELLO
Più di 1 miliardo di cellulari venduti ogni anno nel mondo. È un numero impressionante, difficile anche solo da immaginare. È facile quindi capire come il Mobile World Congress (MWC) di Barcellona sia una delle fiere più ricche del pianeta, nonostante la crescita del mercato dei cellulari stia rallentando. Quella che fino allo scorso anno era chiamata 3GSM, è una kermesse dove i prodotti spesso vengono messi in secondo piano dalla levatura dei personaggi presenti. Si ha la sensazione che l'MWC sia uno dei pochi eventi legati alla tecnologia dove vengono veramente prese le decisioni che poi determinano le sorti del mercato. È una sensazione sottile, perché molto, quasi tutto, avviene in stanze chiuse, lontano dal clamore dei padiglioni stracolmi di visitatori, rigorosamente in giacca e cravatta, che hanno pagato almeno 600 euro per accedere alla fiera e molto di più per trovare una sistemazione a Barcellona, dove un albergo da 50 euro a notte arriva fino a 500 durante i giorni della fiera. Si vedono i prodotti, si assiste anche in diretta agli annunci delle aziende presenti, ci si rende conto di essere molto vicini alla stanza dei bottoni, ma allo stesso tempo si ha la chiara sensazione che molto avviene dietro le quinte. Ma cosa ci aspetta nel 2008 nel settore più in salute della tecnologia? Alcuni trend sono molto chiari, altri meno e c'è sicuramente ancora chi vuole rischiare proponendo nuovi prodotti e servizi.
Cos'è un cellulare Sono passati più di 20 anni dalla nascita dei primi cellulari, ma se andiamo a vedere quali sono state le principali fonti di ricavo degli operatori, tutto ruota ancora intorno alle due funzioni principali dei telefonini: voce e sms. Modelli iper-tecnologici o molto semplici, alla fine continuiamo a usarli per le stesse due funzioni di base per cui sono stati immaginati ormai molti anni fa. Se andiamo a vedere i dati presentati da Vodafone a metà novembre, relativi al primo semestre dell'anno fiscale che va quindi da aprile a settembre 2007, notiamo come ancora oggi sul mercato europeo, che è sicuramente il più maturo al mondo, su 12,6 miliardi di sterline di fatturato quasi 9 vengono ancora dalla voce. Se a questi ricavi aggiungiamo 1,5 miliardi di sterline legati agli SMS, ben 10,2 miliardi su 12,6 del fatturato di Vodafone in un semestre in Europa, ossia l'80%, nel 2007 arriva ancora da voce e SMS. Analizzando i tassi di crescita la situazione si ribalta completamente. La voce è ormai in calo del 2%, la messaggistica tiene con una crescita dell'8,6%, la vera impennata avviene con i dati che crescono del 40%. Questi dati non influiscono solo sui bilanci di aziende multinazionali e sulle decisioni dei super-manager, sono una diretta conseguenza delle nuove tecnologie disponibili e, in ultima analisi, del modo in cui noi utilizziamo i cellulari. Il cambiamento è iniziato già da qualche anno e utilizziamo sempre di più il nostro cellulare come strumento per collegarci, per gestire i nostri media digitali, per orientarci.
Da telefono a computer Nokia chiama i suoi cellulari più evoluti Multimedia Computer. Difficile dargli torto quando un prodotto come l'N96, annunciato a Barcellona e disponibile nel terzo trimestre 2008, ha 16 gigabyte di memoria, una fotocamera da 5 megapixel, GPS integrato e uno schermo da 2,8 pollici. In 125 grammi c'è un concentrato di tecnologia che permette realmente di avere sempre con sé tutti i propri media, di accedere a Internet, di scattare foto di qualità comparabile a una compatta e di vedere la televisione grazie al ricevitore DVB-H. L'N96 è quasi esagerato ma è l'esempio più evidente di un trend molto preciso. Oggi in un cellulare diamo per scontato che ci sia una fotocamera, con risoluzioni minime di 2 megapixel e che spesso arrivano a 5. Meno scontato poter ascoltare musica, guardare e realizzare filmati, scaricare la posta, collegarsi a Internet e avere un navigatore GPS dentro il cellulare. Meno scontato perché ci sono prodotti che fanno molto bene una singola attività, BlackBerry la posta elettronica tanto per fare un esempio, ma non c'è ancora un unico prodotto che riesce a fare tutto quanto nel modo migliore. Rispetto all'anno scorso poi c'è stato un prodotto, quasi del tutto assente a Barcellona, che ha cambiato radicalmente le carte in tavola. Parliamo, naturalmente, dell'iPhone che ha rivoluzionato il modo di utilizzare un cellulare e che ha fatto capire come sia possibile vendere un telefono non per fare telefonate, ma prima per tutte le altre funzioni e poi, secondariamente, per essere usato come telefono. L'impatto dell'iPhone si è fatto sentire e va oltre il design del prodotto, l'interfaccia rivoluzionaria e l'incredibile facilità d'uso. Apple, che in questo è maestra, è riuscita a cambiare il modo di vendere un cellulare e di creare un nuovo tipo di rapporto con gli operatori. È troppo presto capire quale sarà il reale successo dell'iPhone e se Apple riuscirà a raggiungere l'ambizioso obiettivo di 10 milioni di iPhone nel primo anno di vita del prodotto. È invece certo il fatto che l'arrivo dell'iPhone ha alzato nettamente le aspettative sulle prestazioni e le funzionalità di un cellulare.
Le innovazioni continuano Apple non è l'unica a sperimentare, un'azienda che ha sicuramente fatto parlare di se a Barcellona è stata Modu. Azienda israeliana fondata da Dov Moran, di fatto l'inventore delle chiavette USB che nel 2006 aveva venduto la sua azienda a San Disk per qualcosa come 1,5 miliardi di dollari, Modu propone un nuovo concetto di cellulare. Il cuore del nuovo concetto è il cellulare più piccolo del mondo, entrato per questo motivo nel guinness dei primati, che ha solo delle funzioni base, come chiamare, inviare un sms o cercare un numero nella rubrica, 1GB di memoria flash e un connettore, simile al dock dell'iPhone. Il colpo di genio però non è nelle dimensioni contenute del Modu, ma nelle jacket, degli involucri con specifiche funzioni nei quali inserire il Modu per estenderne le possibilità. Ci sarà quindi una jacket per gli MP3 con presa cuffia standard e molta memoria o una per la messaggistica con una tastiera estesa. Questo approccio permette di personalizzare al massimo il rapporto con il cellulare, potendo cambiare di fatto modello anche più volte al giorno. Ma c'è un altro vantaggio forse ancora più importante, legato al ciclo di vita di un cellulare, che oggi è di almeno dodici mesi perché è davvero complesso e dispendioso certificare un modello prima di poterlo vendere e quindi una vita "lunga" è necessaria per rientrare dell'investimento. Il Modu base, il cellulare, è l'unico componente a dover essere certificato, le jacket invece sono "solo" degli accessori che quindi avranno un prezzo accessibile, si parla di meno di 100 euro per quelle meno complesse, e potranno essere lanciate sul mercato con una velocità decisamente più elevata perché non dovranno superare tutti i controlli di un normale cellulare. Modu inizialmente si appoggerà esclusivamente a degli operatori per commercializzare i propri prodotti. TIM è uno dei primi partner che sono stati ufficializzati a Barcellona e quindi l'Italia sarà uno dei primi paesi in cui verrà commercializzato Modu. Si parla di fine 2008, inizio 2009.
Un vero computer Se è vero che tutti i cellulari si stanno evolvendo, aggiungendo sempre più funzioni e assomigliando sempre più a un computer, i cellulari che possiamo chiamare feature phone, c'è una categoria di prodotti che da sempre sono per natura dei veri e propri computer. Parliamo naturalmente degli Smartphone che sono in assoluto la categoria di prodotti che sta crescendo di più, con tassi di crescita annui superiori al 30%. Ormai tutti i produttori hanno a listino degli Smartphone e Symbian la fa ancora da padrona nel mercato dei sistemi operativi. Windows Mobile continua nella sua crescita e BlackBerry consolida la sua posizione. La notizia di Barcellona è che ormai 4 produttori, LG, Samsung, Motorola e Sony Ericsson, fra i primi 5 al mondo propongono almeno un modello con Windows Mobile. Ha colpito soprattutto l'annuncio dell'Xperia X1 di Sony Ericsson, uno smartphone con un design molto particolare e delle innovazioni rispetto a quanto visto fin'ora. Per adesso però è solo un prototipo, sul mercato lo vedremo sicuramente dopo l'estate, speriamo entro la fine del 2008.
Una visione del futuro Fra i vari scenari proposti durante il Mobile World Congress, particolarmente accattivante è stato quello presentato da John Chambers, numero uno di Cisco. Chambers è convinto che sempre di più la tecnologia permetterà di avere delle esperienze simili indipendentemente dal dispositivo usato e che la pervasività delle reti IP abilita un'integrazione trasparente fra diversi modi di comunicare, da Internet al fisso, fino al cellulare. Un esempio è il "three screen video" che permette di accedere liberamente agli stessi contenuti su TV, PC e cellulare. Nel rendere più facile l'accesso alla rete, il 2008 sarà finalmente l'anno del Wimax. In Italia andando avanti molto velocemente l'asta per l'assegnazione delle licenze, e per la fine dell'anno o all'inizio dell'anno prossimo saranno quindi attive le prime reti Wimax. Nello stesso periodo Intel, con la nuova generazione di Centrino, nome in codice Montevina, che verrà presentata a luglio, proporrà una soluzione molto economica e pratica per integrare Wimax nei notebook. In altri paesi Wimax è invece già una realtà, a Barcellona abbiamo incontrato Andy McKinnon di Motorola che ci ha raccontato di come Wimax ha permesso di portare connettività broadband in un paese come il Pakistan, dove le infrastrutture erano molto arretrate e sarebbe stato praticamente impossibile cablare il paese con tecnologie tradizionali. Questo è un esempio di una tecnologia che permette di saltare delle tappe, quello che in inglese viene definito leapfrog, e che ha permesso in Pakistan di non dover creare una rete fissa tradizionale per poi passare all'ADSL per assicurare connettività. Si è passati dal nulla al collegamento Wimax. Purtroppo non è sempre possibile con tutte le tecnologie, ma il Wimax ha sicuramente questa caratteristica ed è particolarmente adatto a paesi in via di sviluppo dove mancano altri mezzi di comunicazione. Motorola ha anche mostrato una serie di prodotti Wimax, fra cui il più interessante era un router wireless casalingo che si collega a Internet attraverso Wimax e poi irradia il segnale in casa attraverso un collegamento Wifi. Tutto sembra quindi volgere al meglio per Wimax, dopo una fin troppo lunga gestazione, ma non tutti sono certi del successo della nuova tecnologia wireless ideata da Intel. Forse è troppo tardi, soprattutto nei paesi avanzati dove l'HSDPA si sta consolidando come tecnologia di connettività mobile. Solo in Italia molti operatori offrono oggi 7 Megabit di banda, che presto diventeranno 14. Con velocità di questo genere, le tariffe che stanno diminuendo e soprattutto si stanno trasformando in flat e gli utenti ormai abituati a questa modalità di connessione, Wimax rischia di avere qualche difficoltà di diffusione proprio nei paesi più avanzati
di Vittorio Manti su ILSOLE24ORE.COM
Sony Ericsson ha rilevato una sensibile crescita dell’uso di internet mobile. Il 44% di un campione di consumatori di età compresa fra i 16 e i 24 anni ha infatti confermato di essersi connesso alla rete con il proprio cellulare negli ultimi sei mesi. La media di tempo trascorso online con il dispositivo mobile è di 12 minuti ogni giorno. Più di un quarto dei ragazzi intervistati possiede un cellulare 3G.
“Sono tre i segnali che dimostrano chiaramente che la navigazione mobile è destinata a rimpiazzare quella fissa: la flessibilità, la velocità della connessione Hsdpa e l’aumento di siti integrati per la navigazione mobile”, ha spiegato Stefan Streit di Sony Ericsson.
Via Quo Media
Il sito di user-generated content YouTube ha annunciato l’introduzione di una nuova funzionalità per la trasmissione dei flussi video in diretta. Il progetto dovrebbe essere operativo per la fine del 2008 e garantirà la diffusione di contenuti in diretta, funzione che si andrà ad aggiungere al caricamento di video realizzati in un momento precedente. L’offerta del sito di proprietà di Google si andrà a scontrare con le già esistenti Yahoo! Live e Ustream.
“A essere sinceri siamo stati sempre attratti dalla possibilità di effettuare lo streaming live di contenuti video attraverso il nostro portale. Ad oggi però non abbiamo mai avuto i mezzi e le risorse per farlo. Ma ora dalla nostra parte abbiamo Google che sicuramente ci darà una grossa mano a far diventare il nostro sogno realtà”, ha dichiarato uno dei due fondatori del sito, Steve Chen.
Via Quo Media
Questa è una mia vecchia fissa. Che il web sia più vicino al DM che all'advertising, anche quando non usiamo nessun tipo di database...
Se definiamo (un po' semplicisticamente) il DM come un'attività che:
- si basa su una comunicazione one to one, invece che mass
- si basa quindi su una comunicazione personalizzata
- si basa sulla misurabilità, che di conseguenza mi permette
- di imparare e migliorare, attraverso
- una operazione di comunicazione che non è one shot ma
- si basa sulla costruzione di un dialogo con le persone
- e mi permette di far passare dei messaggi precisi, anche focalizzati su operazioni promozionali o commerciali, e ben dettagliati
- il cui focus è generare una reazione, far far qualcosa a chi riceve questa comunicazione
- usando al massimo processi di facilitazione della risposta...
beh, prendendo ad esempio un sito web:
- la comunicazione è one to one, sopratutto nella misura in cui decide l’utente i propri percorsi di navigazione / fruizione e che magari il sito si riconfigura automaticamente quando mi riconosce (vedi il caso classico di Amazon)
- la comunicazione è misurabile (in vari modi, poi ci sarebbe da discutere di come interpretare i dati...ect)
- monitorando l'andamento del sito ho la possibilità di migliorare costantemente e di adattare il sito stesso… cosa che ad es in advertising non posso fare perchè fare uno spot è talmente costoso e spesso si brucia così in fretta che non c'è generalmente modo di migliorarlo dopo il lancio
- il sito mi offre una infinità di modalità di costruzione di dialogo e di far passare una ampio range di messaggi...e di andare nel dettaglio a livello infinito
- ed è normalmente (se non siamo un po’ miopi e ci limitiamo ad un poco utile “sito vetrina”/ “io esisto”) alla ricerca di una reazione da parte del visitatore, che porti un vantaggio all'azienda (compra, registrati, dammi i tuoi dati, manda ad un amico... fai qualcosa)
- con una grande criticità sull'usabilità del sito e la sua realizzazione, per rendere il più facile possibile fruizione, navigazione, conversione da browser a buyer...
Che dite, c’è qualche somiglianza?
Secondo me vale la pena di tenere presente questi concetti quando si studia una operazione di marketing online. E magari di rileggersi qualcuno dei grandi classici del Direct Marketing “offline”….
La diffusione capillare degli accessi broadband – Telecom Italia vede 30 milioni di italiani attivi sulla banda larga fissa e mobile nel 2010, rispetto agli attuali 12,8 milioni - è il passaggio obbligato per lo sviluppo prossimo venturo della televisione via Internet. In un settore in cui sono ancora molte le divergenze (tecnologiche e commerciali) fra i vari attori in gioco, almeno su un punto tutti sono sostanzialmente d'accordo. Al Cebit di Iptv s'è parlato molto e qualcosa di nuovo si è pure anche visto, per lo meno in fatto di set top box digitali: quelli delle tedesche Arcor e Avm sono oggi dotati di estesa capacità di archiviazione di contenuti video (fino a 160 GByte) e di strumenti avanzati (connettività Wi-Fi e interfaccia Hdmi) per portare la Tv on demand in alta definizione sugli schermi di casa.
Ad Hannover hanno presenziato attivamente molti dei principali operatori dell'universo Iptv e fra questi Deutsche Telekom e Alcatel-Lucent. La compagnia tedesca, che di recente ha superato il tetto dei 100mila abbonati al proprio servizio di Tv digitale, ha fatto capire a chiare lettere che il futuro di questo media si chiama interattività: gli utenti, in pratica, diventano soggetti attivi nella fruizione dei programmi in palinsesto e vengono invitati a interagire con contenuti locali, a condividerli con gli altri utenti della community, a partecipare a giochi on line e ricevere informazioni pubblicitarie on line. La società francese, proprio al CeBit, ha mostrato in anteprima la tecnologia (che sfrutta la piattaforma Mediaroom di Microsoft) che anima l'idea di televisione interattiva di cui sopra, che Deutsche Telekom vede come una componente essenziale di T-City, l'innovativo progetto di città digitale a cui il gigante delle telco sta lavorando da anni.
Personalizzare l'esperienza televisiva - intesa come modalità di fruizione dei contenuti video che non visualizzeremo più solo sullo schermo del televisore ma anche su quelli del personal computer e del telefonino – è invece la ricetta di Ericsson. La visione strategica della casa scandinava è quindi in sostanza la seguente: film, video e notiziari ci seguiranno ovunque, su qualsiasi dispositivo e in modo del tutto personalizzato. E quindi infrastrutture, tecnologie, terminali e servizi dovranno andare in questa direzione, a supportare cioè una modalità di utilizzo del media diverso, ispirato ai principi dell'interattività, della comunicazione, dell'alta definizione e della facilità di produzione e consumo di contenuti auto-generati. L'Iptv di domani, in definitiva, deve essere facile da usare e da connettere con altri media, economicamente accessibile e ricca di contenuti rilevanti, esportabile su diversi schermi e personalizzabile secondo gusti ed esigenze.
Per soddisfare e fidelizzare i consumatori da una parte e offrire agli operatori (carrier telco, produttori di contenuti digitali e media company) dall'altra l'opportunità di cavalcare nuovi orizzonti di business, che abbracciano ovviamente anche la pubblicità, che a sua volta dovrà essere sempre più mirata, interattiva e misurabile.
di Gianni Rusconi
Questa è una mia vecchia fissa. Che il web sia più vicino al DM che all'advertising, anche quando non usiamo nessun tipo di database...
Se definiamo (un po' semplicisticamente) il DM come un'attività che:
- si basa su una comunicazione one to one, invece che mass
- si basa quindi su una comunicazione personalizzata
- si basa sulla misurabilità, che di conseguenza mi permette
- di imparare e migliorare, attraverso
- una operazione di comunicazione che non è one shot ma
- si basa sulla costruzione di un dialogo con le persone
- e mi permette di far passare dei messaggi precisi, anche focalizzati su operazioni promozionali o commerciali, e ben dettagliati
- il cui focus è generare una reazione, far far qualcosa a chi riceve questa comunicazione
- usando al massimo processi di facilitazione della risposta...
beh, prendendo ad esempio un sito web:
- la comunicazione è one to one, sopratutto nella misura in cui decide l’utente i propri percorsi di navigazione / fruizione e che magari il sito si riconfigura automaticamente quando mi riconosce (vedi il caso classico di Amazon)
- la comunicazione è misurabile (in vari modi, poi ci sarebbe da discutere di come interpretare i dati...ect)
- monitorando l'andamento del sito ho la possibilità di migliorare costantemente e di adattare il sito stesso… cosa che ad es in advertising non posso fare perchè fare uno spot è talmente costoso e spesso si brucia così in fretta che non c'è generalmente modo di migliorarlo dopo il lancio
- il sito mi offre una infinità di modalità di costruzione di dialogo e di far passare una ampio range di messaggi...e di andare nel dettaglio a livello infinito
- ed è normalmente (se non siamo un po’ miopi e ci limitiamo ad un poco utile “sito vetrina”/ “io esisto”) alla ricerca di una reazione da parte del visitatore, che porti un vantaggio all'azienda (compra, registrati, dammi i tuoi dati, manda ad un amico... fai qualcosa)
- con una grande criticità sull'usabilità del sito e la sua realizzazione, per rendere il più facile possibile fruizione, navigazione, conversione da browser a buyer...
Che dite, c’è qualche somiglianza?
Secondo me vale la pena di tenere presente questi concetti quando si studia una operazione di marketing online. E magari di rileggersi qualcuno dei grandi classici del Direct Marketing “offline”…
Facebook ha ideato una nuova applicazione per valorizzare la propria immagine commerciale: pagherà gli utenti che metteranno in contatto i propri amici con i venditori online. Market Lodge si basa sul principio per cui i consumatori sono più propensi ad acquistare prodotti consigliati da persone che conoscono e di cui si fidano.
L’utente percepirà il 10% sulle vendite avvenute grazie ai propri suggerimenti. Sarà possibile aprire un proprio negozio virtuale e scegliere gli articoli da mettere in vendita.
Via Quo Media
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