Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
Satellite, digitale terrestre, IpTv, Web Tv e Tv Mobile: cinque diverse facce - per tipologia di formati, strutturazione dei contenuti e modalità di fruizione - di un unico fenomeno, quello delle televisioni digitali. Cinque diverse piattaforme finite anche quest'anno sotto la lente di ingrandimento dell'Osservatorio New Tv della School of Management del Politecnico di Milano. L'indagine 2008, presentata questa mattina al Campus Bovisa del capoluogo lombardo, ha preso in esame oltre 2.000 canali relativi a tutte le cinque piattaforme di cui sopra e diviso l'offerta, come già avvenuto l'anno passato, in tre macrocategorie: "Sofa Tv" (che include le emittenti digitali via satellite, digitale terrestre e Internet fruite tramite lo schermo televisivo "tradizionale"), "Desktop Tv" (i canali video distribuiti tramite portali e siti Web) e "Hand Tv" (i palinsesti che fanno capo ai servizi erogati verso dispositivi mobili su network a tecnologia Dvb-h o reti cellulari di terza generazione).
Il 14% del volume d'affari arriva dall'advertising Quanto valgono le cosiddette "new Tv", intendendo per vecchia la tradizionale Tv analogica che arriva nelle case di milioni e milioni di italiani, è presto detto: la sommatoria dei ricavi derivanti dalla pubblicità e dagli abbonamenti per i canali a pagamento dovrebbe sfiorare quest'anno i 3,4 miliardi di euro, con una crescita del 15% rispetto al 2007. L'incidenza di questo giro d'affari rispetto al mercato complessivo del settore televisivo è pari al 38%, il che significa che più di un terzo del fatturato della Tv italiana proviene sin d'ora dalle piattaforme digitali. Fra queste la parte del leone la fa ancora il satellite (e cioè Sky), che si accaparra l'87% della torta; il digitale terrestre si aggiudica il 9% delle entrate e il restante 4% del business se lo spartiscono Internet, Tv Mobile e canali Web. I dati rilevati dall'Osservatorio sono praticamente gli stessi, con leggere variazioni, dell'anno scorso e praticamente immutato nei dodici mesi è anche il rapporto fra offerte "pay" (che catturano l'86% dei 3,4 miliardi di euro) e pubblicità, cui va il restante 14% (circa 500 milioni di euro). Quella scattata dalla ricerca è una fotografia di un settore in salute, che deve ancora conoscere però la sua piena maturità. Il fatto che l'offerta di canali sia in aumento su tutte le piattaforme (mobile Tv esclusa), con evoluzioni quantitative e qualitative molto differenti, conferma la dinamicità del fenomeno. Se non deve stupire che la più elevata densità di canali sia originata dalla piattaforma Web (oltre 530 canali nel complesso, contro i 300 dell'unica emittente satellitare) fa forse specie notare come di Tv on demand non si può tecnicamente parlare se non per quanto riguarda le offerte delle Internet television (Fastweb in primis), delle Tv mobili proposte dai carrier di telecomunicazione e delle Web Tv. In altre parole la quasi totalità degli utenti italiani di Tv digitale ne fruisce i contenuti nella modalità "flusso", potendo cioè selezionare i programmi preferiti rispetto fra canali che sono organizzati rispetto a preciso palinsesto.
Tanti attori emergenti ma il mercato è nella mani di pochi "big" Nell'ambito specifico delle tre macro-categorie analizzate, l'Osservatorio ha riscontrato rilevanti cambiamenti operati in seno all'offerta di Mediaset (digitale terrestre), che ha allargato nel 2008 il bouquet dei canali pay, e di Sky (satellite), che punta in modo convinto su servizi innovativi quali MySky e Hd. Con la Rai che prosegue nel suo lungo iter di sperimentazioni in vista dello switch off da analogico a digitale del 2012. sul fronte delle IpTv, invece, le novità di stagione sono l'ingresso in campo di Infostrada e Tiscali con un approccio molto "Web oriented" e il fatto che Telecom abbia cambiato la sua strategia veicolando in forma di pacchetto (con Rosso Alice) l'offerta televisiva e la connettività a banda larga, senza alcun costo ulteriore per l'utente. Le Desktop Tv, pur non muovendo grandi numeri, sono il segmento in cui si registrano maggior fermento imprenditoriale e attività di sperimentazione. Moltissimi canali e molti operatori si affacciano infatti sul mercato ma una buona parte muoiono (il tasso di mortalità è pari al 20%, la metà di quello di natalità) ma in generale è qui, sul Web dunque, che fioriscono secondo l'Osservatorio i progetti più interessanti di canali per il video on demand (cui fa eco la maggiore presenza di pubblicità dedicata), sia di tipo editoriale sia appartenenti alla cosiddetta categoria degli "user generated content". E sono proprio gli editori, sia tradizionali che Web, ad avere secondo la ricerca le maggiori opportunità di valorizzare le rispettive proposte di canali video/televisivi all'interno di una strategia più complessiva di tipo multicanale. Quanto, infine, alle Hand Tv, il 2008 si è rivelato un anno di riposizionamento piu che di effettivo sviluppo. Gli operatori mobili, che presidiano completamente l'offerta in questo ambito, hanno razionalizzato le rispettive offerte sia replicando i canali accessibili da terminali Dvb-h anche su rete cellulare sia iniziando a offrire (è stato il caso di 3 Italia) alcuni canali completamente "free" con il duplice obiettivo di incrementare più velocemente l'audience della Mobile Tv e di aumentare di pari passo l'interesse per gli investitori pubblicitari su questa piattaforma.
di Gianni Rusconi su ILSOLE24ORE.COM
L'ultimo report Nielsen ha fotografato i consumi di mass media negli Stati Uniti. L'indagine, come sempre pubblicata a fine di ogni trimestre, si concentra sui tre mezzi di comunicazione principali: la televisione, internet e i cellulari.
Il consumo di televisione continua a crescere nei cittadini statunitensi, ma questo non è sufficiente per mettere al riparo dal rischio di diminuzione degli investimenti pubblicitari: il gettito di alcune attività continua a contrarsi preoccupando i network.
Mentre in tutto il mondo si sente parlare di morte della televisione, nelle case americane si sta davanti al piccolo schermo circa otto otto ore e diciotto minuti al giorno, con un incremento del 25% rispetto allo scorso anno. Il record raddoppia se si guarda al consumo individuale, che sfiora le 4 ore e i 45 minuti al dì.
Questi ottimi risultati sono dovuti in parte all'aumento del 52,5% del consumo di programmi in differita, come film in dvd e registrazioni; mentre la fruizione tradizionale è aumentata solo dal 14%. A guadagnare spettatori sono le televisioni via cavo e a pagamento, mentre quelle free perdono auditel e share.
La crisi pubblicitaria che colpisce i network tradizionali potrebbe però giovare, obbligando i canali a una ristrutturazione in termini qualitativi. Cresce, seppur in modo circoscritto, anche l'utilizzo di internet. Confrontando il terzo trimestre dell'anno in corso con quello del 2007, l'aumento è pari solo al 5,7%: ad oggi, un cittadino americano passa in media un'ora e mezza in più navigando in rete di quanto faceva l'anno precedente.
Con la crescita delle vendite di smartphone, i consumi di video su questi dispositivi mobili registrano un trend positivo. Le rilevazioni di Nielsen considerano sia i contenuti scaricati a pagamento sia quelli gratuiti, che insieme totalizzano un tempo medio di permanenza davanti allo schermo pari a 3 ore e 37 minuti (contro 3 ore e 15 nel 2007).
Via Quo Media
La grande distribuzione organizzata può scegliere tra due modelli: uno è incentrato sul ruolo del consumatore, l’altro sulla relazione. Il dilemma della business community sembra questo: è bene moltiplicare i format a seconda dei segmenti di popolazione da servire? Addirittura ibridarli?
La domanda non è raminga, soprattutto con la crisi dell’ipermercato. Carrefour con la strategia del “mass del marge” ha tentato di dare una risposta cercando la giusta efficienza e declinando una parte di assortimento comune ai diversi formati-canali.
Nell’alimentare siamo arrivati a una diversificazione verticale (dalla grande alla piccola superficie: ipermercato, superstore, supermercato, superette, discount) e orizzontale (a seconda della location e del bacino di utenza) esaustiva. C’è un altro canale che ha lavorato a una così forte segmentazione: è quello delle librerie con Feltrinelli.
Questo il suo portafoglio: Tradizionale, Multistore (con musica), Village (per i centri commerciali), Express (tipologia adatta ai luoghi di scambio). Avrà anche un’insegna di cartoleria e design e il negozio virtuale. Saranno sufficienti ad affrontare il futuro e le ricerche intellettuali dei suoi clienti? Ma sì che lo sono, perché il Multistore ha il caffè, la toilette in store e soprattutto un visual di servizio adeguato (da vedere l’ultimo negozio di Bergamo città) per guidare il cliente dalle directory allo scaffale, al ripiano, al libro, al prezzo.
Costruisce in questo modo un’identità di formato che si basa sullo sviluppo dei particolari. Per esempio con la recensione scritta a mano dei principali libri in graduatoria. È quello che ha sempre fatto nel food Marco Brunelli nei suoi ipermercati, che, adesso, sta cercando di riproporre nel non-food: la cura dei profumi, il modo di scrivere il prezzo, l’accostamento dei prodotti e dei colori (insomma: il micromarketing).
Però l’innovazione del formato è meglio che parta dal miglioramento del formato attuale piuttosto che da un nuovo formato tout court. Per spiegarlo con la matita e un disegno, come ha detto Giuseppe Brambilla di Civesio, ad di Carrefour: «Noi crediamo nella multicanalità: il cliente al centro e noi intorno».
Il format basato sulla relazione Il moltiplicarsi dei luoghi di acquisto (fisici e online) 7 giorni su 7 e 24 ore su 24, 365 giorni all’anno complica il futuro e la lunghezza del ciclo di vita del format. L’obsolescenza del punto di vendita è ormai da scatoletta di tonno. I negozi si somigliano sempre più, soprattutto se, sbagliando, scelgono di inserire corner di marche di fornitori vieppiù esigenti e onnivori. C’è una sola tipologia di vendita che può lavorare come un contenitore multimarca: il department store (banalizzando, la Rinascente e Coin). Come si affronta questo problema per tutte le altre tipologie? A giudizio di Mark Up costruendo una relazione con la R maiuscola con il consumatore, il cliente e il cittadino, dando una risposta di efficienza, prezzo, risparmio di tempo e soddisfazione in termini merceologici dell’acquisto.
L’efficienza è un insieme di comportamenti e tecnologie per portare il prodotto giusto, al momento giusto, nel luogo giusto, al prezzo giusto all’acquirente. Di prezzo oggi si può anche morire: inflazione e pressione promozionale stanno imballando il sistema del largo consumo e il prezzo è diventato un rebus e un momento tattico più che strategico. Il tempo è un’altra cosa: il vicinato e il discount sono scelti dagli acquirenti di ipermercati e supermercati anche perché fanno risparmiare tempo (per il trasferimento in auto, per la complessità dell’assortimento, per la difficoltà di leggere la scala prezzi, per il numero di passi fare, per la coda alle casse). Risparmiare tempo è un dovere.
La soddisfazione dell’atto di acquisto è la parte più difficile: bisogna lavorare sul contenitore (l’ambiente, il layout fisico e quello merceologico), sui mix assortimentali, sul personale. Sintetizzando: la relazione dovrà mettere al centro il consumatore e non il negozio o tanto peggio i fornitori: si baserà su ascolto del cliente (con diverse leve), Crm non invasivo, consiglio-informazione da dispensare nel negozio fisico e in quello virtuale.
Via Marketing Journal
La televisione tradizionale generalista può dirsi ancora una solida realtà in Italia, dove è seguita abitualmente (frequenza settimanale di almeno tre volte) dall'85,6% dei cittadini, e in Francia, dove l'utenza si attesta al 91% (in Gran Bretagna scende al 79,3% e in Germania al 49,7%).
Tuttavia, il 20,6% degli italiani guarda abitualmente la Tv satellitare e il 7,7% usa il digitale terrestre. Il 41,6% degli italiani usa il telefonino nelle sue funzioni di base, contro un 29,4% che utilizza abitualmente apparecchi che permettono le funzioni più sofisticate. Cresce l'uso dello smartphone tra gli uomini (il 31,7% contro il 27,3% delle donne) e soprattutto tra i soggetti più istruiti (il 37,7% rispetto al 20,2% dei meno istruiti). Poco più della metà degli italiani legge abitualmente quotidiani acquistati in edicola, e la quota dei lettori della free press si attesta a circa il 18%.
Il balzo in avanti nell'uso di Internet da parte dei giovani italiani tra 14 e 29 anni è stato enorme: tra il 2003 e il 2007 l'utenza complessiva (uno o due contatti la settimana) è passata dal 61% all'83%, e l'uso abituale (almeno tre volte la settimana) dal 39,8% al 73,8%. Il cellulare è usato praticamente da tutti i giovani (il 97,2%), il 74,1% legge almeno un libro l'anno (esclusi ovviamente i testi scolastici) e il 62,1% più di tre libri.
Il 77,7% dei giovani legge un quotidiano (a pagamento o free press) una o due volte la settimana (il 59,9% nel 2003), mentre il 57,8% legge almeno tre giornali la settimana. La flessione che si registra nell'uso della televisione tradizionale rispetto al 2003 (dal 94,9% all'87,9%) è ampiamente compensata dall'incremento conosciuto in questi anni dalla Tv satellitare (dal 25,2% al 36,9% dei giovani).
Solo il 37,4% degli spagnoli ritiene che la Tv generalista sia vecchia e inutile, percentuale che scende al 31,6% in Francia, al 31% in Gran Bretagna, al 28,8% in Italia e al 18,9% in Germania. Sono altri i problemi con cui devono confrontarsi i canali generalisti. Il loro difetto peggiore per spagnoli (86,8%) e italiani (73,1%) è la volgarità.
Inoltre, per l'82,6% degli spagnoli e l'82% degli italiani i Tg messi in onda dai canali televisivi generalisti sono troppo legati al potere politico, mentre in Francia il valore scende al 69,9%, per diminuire ancora al 49,5% in Gran Bretagna e al 40,1% in Germania. Solo il 30,7% degli spettatori italiani ritiene che i Tg siano effettivamente rispettosi del pluralismo, in Spagna il 44,5%, in Francia il 55,3%, in Gran Bretagna il 61,2% e in Germania il 64,2%.
Ci si informa usando un menù assortito che va dalle Tv ai quotidiani, dai periodici ai portali Internet, alle emittenti locali. Si contano a livello locale 538 Tv, 1.244 radio, 133 quotidiani regionali e provinciali (quasi 2,6 milioni di copie medie giornaliere, considerando solo le testate rilevate dall'Ads). Per il 35% dei cittadini il Tg regionale della Rai è la principale fonte informativa sulla propria città e il territorio, al secondo posto si collocano i quotidiani locali (25%), seguono le televisioni e le radio locali (15,4%), poi la cronaca locale presente nelle pagine dei quotidiani nazionali (11,9%).
La televisione è il principale strumento utilizzato per formarsi un'opinione sull'offerta politica in campagna elettorale (il 78,3% degli elettori, in crescita rispetto alla precedente tornata elettorale del 2006). Segue la carta stampata (20,8%). I rapporti non mediati, come il confronto con familiari e parenti (16,7%), la partecipazione diretta a incontri politici, comizi e assemblee (9,8%), o anche le discussioni con amici e colleghi (9,2%), sono canali preferenziali per quote via via decrescenti di elettori.
Internet è la fonte informativa per una fetta ancora minoritaria del corpo elettorale (7,6%, in crescita rispetto alla precedente rilevazione), con un livello di importanza assimilabile ai tradizionali volantini e materiali di propaganda dei partiti, e maggiore di quella attribuita a un altro mezzo tradizionale come la radio (6,3%, in netta flessione rispetto al 13% registrato alle elezioni del 2006).
Nel complesso rapporto tra potere politico e media, si nota anche che nell'ultima legislatura si contano 64 deputati giornalisti (la quarta professione rappresentata alla Camera, dopo avvocati, dirigenti e imprenditori, prima dei funzionari di partito) e 28 giornalisti senatori (la sesta professione attualmente rappresentata al Senato): praticamente c'è un giornalista ogni dieci parlamentari. Ma si registra anche un pericoloso crollo della fiducia nei media (senza eccezioni per nessun mezzo), più bassa in Italia che negli altri Paesi europei.
La stampa gode della fiducia del 36% dei cittadini (il valore medio in Europa è pari al 44%); la televisione è il mezzo di cui gli italiani si fidano di meno (solo il 35% la ritiene affidabile, valore che sale al 53% nella media europea); si fida della radio il 42% degli italiani (è il mezzo di comunicazione considerato più attendibile, ma con un consenso comunque inferiore al 61% medio europeo); infine, Internet è pienamente apprezzata dal 35%.
Secondo una indagine realizzata dal Censis in dieci metropoli del mondo, solo un quarto del campione (25,8%) sostiene che la propria paura deriva dall'individuazione di un rischio effettivo che si possano verificare eventi indesiderati. Il 25,6% dichiara che la paura deriva dal fatto che giornali e televisioni non parlano d'altro. Interrogati su quali sono i soggetti responsabili dell'aumento dell'insicurezza, il 20,4% afferma che il circuito informativo-mediatico cavalca le paure, attraverso la presentazione selettiva delle notizie, per catturare l'audience.
Prima, però, vengono i politici, ritenuti tra coloro che più fomentano le paure per distogliere l'attenzione dai problemi reali, favorire il consenso, legittimare il proprio ruolo (la pensa così il 29,6%). In particolare, quasi un romano su due (47,8%) imputa ai media la responsabilità di creare allarme sociale, più di un quarto (28,6%) alla politica, mentre i gruppi terroristici vengono indicati solo dal 7%. Il ruolo dei media viene sottolineato da quote rilevanti di intervistati anche a Parigi (27%) e New York (22,2%), mentre chiamano in causa soprattutto la politica gli abitanti di Parigi (il 31,9% indica al primo posto proprio i politici), San Paolo (49,4%), Tokyo (37,3%) e Mosca (23,8%).
Fonte Censis via Blogosfere.it
I programmi televisivi maggiormente visti sul web durante il mese di dicembre 2008 sono stati Lost, Saturday Night Live e Grey’s Anatomy, stando ai dati delle ricerche Nielsen Online. Nel dettaglio, sulla Abc.com Lost ha registrato circa 1,4 milioni di utenti unici, sulla Nbc.com Saturday Night Live 1,1 milioni e sempre sulla Abc.com Grey’s Anatomy ha avuto 879 mila visitatori unici.
Per visitatori unici si intende in questo caso visitatori che hanno visto tutto l’episodio del programma in questione, parte dell’episodio o un video sull’episodio. “Mentre per la popolarità online di alcuni programmi, come Grey’s Anatomy, si può supporre che alcune persone facciano uso di internet per vedere gli stessi programmi che guardano in televisione, la popolarità online di programmi come Saturday Night Live indica che c’è un’audience web che potrebbe superare quello tv, poiché include spettatori che non seguono il programma sugli schermi televisivi”, ha commentato Jon Gibs della Analisi Media Nielsen Online. Gli spettatori di Lost invece, sembrano voler familiarizzare con lo show su internet prima che riprenda la messa in onda in televisione (il telefilm è stato visto sul web a dicembre, mentre in televisione ha ripreso solo a gennaio).
Considerando invece il tempo trascorso sui vari programmi, Cwtv.com con Privileged si trova al primo posto e ha registrato 215 minuti per visitatore, seguito da Nbc.com con Churck e Lipstick Jungle per 163 e 153 minuti rispettivamente. YouTube resta comunque il mezzo maggiormente usato per scaricare i vari video.
Via Quo Media
Cala la diffusione dei quotidiani italiani. Nel febbraio 2009, rispetto a dodici mesi prima, Rcs vede il Corriere della Sera scendere a 590.375 copie (-8,5%, ma comunque il primato di giornale più letto d’Italia) e la Gazzetta dello Sport a 337.642 (-4%).
La Repubblica, che non viene più distribuita nelle scuole, cala a 505.957 (-19%), ma il Gruppo Espresso dice di aver reinvestito nella testata online. Scende il Sole 24 Ore: 321.428 e -3,2%.
Male anche Il Giornale, che si assesta a quota 170 mila, registrando un calo del 9,8%. Fa eccezione La Stampa, che cresce dello 0,9% e, grazie agli abbonamenti nel nord-ovest, raggiunge le 309 mila copie mensili.
Via Quo Media
Warner Brothers lancia oggi un servizio di dvd masterizzati a richiesta, consentendo così agli appassionati di acquistare i film più vecchi del proprio catalogo (spesso mai uscite su dvd) senza mediatori.
Warner è il primo tra gli studios hollywoodiani ad aprire il suo magazzino a una simile iniziativa, e renderà disponibili 150 titoli direttamente sul sito warnerarchive.com: tra questi, pellicole che risalgono alla fabbrica dei sogni di Hollywood con, ad esempio, Cary Grant nei panni di Mr. Lucky (1943).
Il servizio non dovrebbero riguardare le uscite più recenti, almeno per ora, ma ma permette alla casa di produzione di utilizzare in un altro modo i suoi archivi, generando entrate da materiale di giacenza pressoché inutilizzato.
Il servizio on demand consente anche alla società di evitare il rischio di stampare troppe copie di film vecchi o sconosciuti per poi doverle stoccare in magazzino, invendute. Warner Bros. ha annunciato che renderà disponibile ogni mese 20 tra film e programmi tv da acquistare in dvd, tra i quasi 7 mila titoli a sua disposizione.
L’iniziativa cade in un periodo di stanca delle vendite di dvd, che nel 2008 sono scese del 7%, secondo i dati del Digital Entertainment Group. Gli studios puntano dunque sul mercato blu-ray disc, quadruplicato negli ultimi dodici mesi, per contrastare il calo del dvd.
Ma forse è la strategia di mercato basata sui supporti, nell’era del peer to peer e del digitale a banda larga, ad avere in sé una falla.
Via Quo Media
Per la prima volta nella sua storia, Google ha deciso di intraprendere una campagna pubblicitaria via tubo catodico.
La compagnia informatica ha girato uno spot per promuovere Chrome, il suo browser per la navigazione internet. Il filmato, 30 secondi nello stile sobrio e comunque fresco della società di Mountain View, è apparso nello scorso fine settimana su una serie di reti televisive statunitensi.
Una pubblicità anomala, che non fa uso di alcuna voce, né specifica che il prodotto di cui si parla è un browser internet, e mostra il riconoscibile logo della compagnia solamente in coda.
“Dopo aver realizzato questo video per il web, abbiamo avuto molti riscontri positivi - ha detto un portavoce dell’azienda - Così abbiamo realizzato una campagna tv che ci auguriamo farà conoscere il nostro browser...siamo curiosi di vedere come andrà questa prova e quali effetti concreti può avere la televisione sulla fama del nostro prodotto”.
Nonostante sia, senza ombra di dubbio, il motore di ricerca più popolare e utilizzato del globo, Google ha estremo bisogno di incrementare l’utenza di Chrome, lanciato in pompa magna lo scorso settembre, ma fino a oggi incapace di impensierire i rivali di mercato come Explorer e Firefox.
Secondo i numeri raccolti da Net Application, Chrome è usato dall’1,4% degli internauti. Un’inezia se paragonato al 66% del leader Microsoft Explorer e al 22% del programma di Mozilla.
Via Quo Media
The New York Times ha lanciato quest’oggi Times Wire, servizio online di notizie e attualità in tempo reale.
Il sito raccoglie articoli destinati alla pagina web del quotidiano ed eventualmente, l’indomani, all’edizione cartacea. Servizi e notizie vengono pubblicati senza soluzione di continuità, in diretta, una voltà scritti dai giornalisti della testata.
Times Wire debutta in un periodo non facile per il foglio newyorkese, indebolito dalla crisi economica e dall’emorragia pubblicitaria: il nuovo servizio sarà gratuito, almeno per il momento, perché l’editore sta pensando a un contributo d’iscrizione a tutte le attività web marcate New York Times, per avere un guadagno garantito dal giornalismo online.
Il sito principale del giornale, nytimes.com, nel mese di marzo è stato il più visitato in America nella sua categoria, con 20,1 milioni di utenti unici.
Via Quo Media
Microsoft ha annunciato un accordo con il gruppo di pay-tv francese Canal Plus, che consentirà di guardare film e partite di calcio attraverso la console Xbox 360 prodotta dalla compagnia americana. Oltre un milione di utenti francesi di Xbox potranno accedere ai servizi di video on demand, scegliendo tra film, soap opera, serial e lungometraggi, oltre al campionato di calcio nazionale, alla Champions League e alla Europe League. L’accordo con Canal Plus, fa seguito a quello siglato il mese scorso tra Microsoft e l’emittente inglese a pagamento BskyB.
Via Quo Media
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