Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
Si parla molto di editoria digitale: e-reader e affini incuriosiscono sempre più gli italiani, ma l’offerta è scarsa e la diffusione minima.
Tanto rumore per nulla, o quasi. In autunno, editori e grandi distributori del comparto elettronico avevano ufficialmente dichiarato aperta, anche in Italia, la stagione degli e-book. Il libro digitale come nuovo feticcio dell’industria culturale (ri)organizzata dalla rete. Nonostante l’entusiasmo dei promotori e lo slancio del pubblico più attento, i numeri non promuovono ancora l’editoria digitale. Una ricerca presentata nei giorni scorsi da AtKernsey, intitolata significativamente ‘I lettori sognano i libri elettronici?’, prova a dar conto dell’universo e-book.
Cinque anni fa Amazon lanciava Kindle negli Stati Uniti, e-reader oggi leader di settore ma sbarcato in Europa solamente lo scorso anno, quando l’editoria digitale ha aperto i battenti anche nel Vecchio Continente, con la presentazione di iPad e la definizione dei progetti di Google in materia di biblioteche virtuali. Nonostante il rapido recupero tecnologico, gli editori e i consumatori europei non sono ancora maturi per sfruttare a pieno le opportunità del canale digitale. Il mercato continentale vale un decimo rispetto a quello americano (75 milioni di euro contro 750), ed è dominato dal Regno Unito, che conta il 65,5% degli introiti. L’Italia si ferma al 2,6%, contro il 5,3% della Francia e il 25,8% della Germania. Le principali deficienze europee in materia di e-book sono tre: bassa penetrazione dei lettori digitali e numero limitato di titoli in catalogo, l’assenza in molti paesi dei grandi attori del settore (Amazon e Google sono assenti in Italia, Spagna e Svezia), la poca chiarezza dei modelli di business adottati, scarsamente sostenuti dai rispettivi governi statali.
Per quanto riguarda la prima problematica, in Italia si contano settemila volumi digitalizzati a disposizione dei 470mila utenti che già possiedono un lettore apposito. Decisamente pochi per poter sperare di indirizzare il pubblico nostrano all’acquisto di un e-reader, aggeggio molto utile in potenza ma in pratica vezzo per pochi vista la ridotta libreria presente sul web nella nostra lingua madre. La grande industria di settore non ha ancora aggredito il mercato dello Stivale, poco allettante per questioni numeriche e di profilo. L’italiano resta lingua per pochi e nel Belpaese i lettori forti sono una minoranza esigua. Per questo gli investimenti chiave dipendono dagli operatori nazionali (editori, distributori, commercianti online, provider) più che dalle grandi multinazionali come Google e Amazon, che comunque in futuro proveranno a conquistare anche l’Italia. Quanto ai modelli di business, l’Italia presenta un grande calderone di iniziative, più o meno riuscite. Mentre i distributori scarseggiano (sono essenzialmente sei), proliferano i rivenditori online (oltre venti). Tra questi Internet Bookstore, Bol.it e il portale delle Librerie Feltrinelli, che sono l’estensione web di librerie fisiche e offrono un modello misto, in cui i libri digitali rappresentano solo una piccola parte del business, basato sulla vendita online di libri cartacei, dischi, dvd. Il Libraio e Rizzoli.it sono invece rivenditori online puri. Book Republic ha scelto di trattare esclusivamente e-book, così come Isbn Reader, primo esperimento nazionale di un editore (Isbn appunto) che ha provato a fare tutto in casa, con app studiate per e-reader e tablet. Novità di fine 2010 è Biblet Store, libreria online nata dall’investimento di Telecom Italia che, sul modello di Amazon, sta provando a costruire un sistema proprio che prevede un lettore digitale, un catalogo costruito grazie ad accordi con i singoli editori e una distribuzione diretta.
La struttura cresce in maniera poco organizzata, privilegiando gli store senza sviluppare adeguatamente i contenuti. Restano poi le disfunzioni di sistema. Un e-book italiano costa mediamente il 25% in meno della sua equivalente versione cartacea in prima edizione (non economica, quindi), mentre nel Regno Unito e negli Usa la differenza è del 40-50%. L’Iva sui titoli digitali è del 20%, a dispetto del 4% agevolato per le copie cartacee. Gli utenti sono pigri e spesso poco informati, anche se la curiosità per il nuovo formato è alta, almeno quanto il numero degli scettici. Il dato di penetrazione degli e-book in Italia, fermo allo 0,2% del settore, è sconfortante, ma la storia dell’editoria digitale è solo all’inizio. Il libro elettronico può avere un futuro roseo, specie in settori specifici come la scolastica e la manualistica. Pratico, poco costoso, interattivo. Ma, al momento, è come se non esistesse. E il fascino altero della carta resiste.
Via Quo Media
Apple e Google hanno lanciato in pochi giorni due servizi rivolti agli editori che vogliono vendere i loro contenuti. L'offerta è diversa, non soltanto nella spartizione dei ricavi. Nel caso di Google è multipiattaforma, "entra" nei siti di news online che aderiscono all'offerta, dando una sorta di piattaforma di ecommerce comune, si adatta a tutti i device e al negozio di applicazioni Android. Nel caso di Cupertino è più centralizzata e legata all'Appstore.
Google One Pass consente agli editori di vendere abbonamenti, singoli articoli e altri contenuti online. L'utente che arriva su un sito partner clicca una news, vede un'anteprima dell'articolo, finisce sulla piattaforma di pagamento di Google e una volta sottoscritta una formula di abbonamento, o fatto il login con il profilo creato precedentemente, ha accesso all'articolo. È possibile utilizzare il sistema anche per i pagamenti all'interno dell'Android market.
«Da tempo dialoghiamo con gli editori - spiega al Sole24ore.com Madhav Chinappa, responsabile sviluppo partnership strategiche di Google per l'area Emea (Europa, medioriente e Africa) -. È emersa la necessità di innovare e sperimentare nuovi modelli di business. Ci vuole una tecnologia efficiente per mettere a pagamento i contenuti digitali, compito estremamente difficile. Abbiamo deciso di collaborare, mettendo a disposizione una piattaforma che possa essere trasversale».
Una volta registrato un account, l'utente avrà la possibilità di utilizzare lo stesso servizio su altri siti partner. Gli articoli potranno essere letti su pc, notebook, cellulari o tablet. La scelta delle modalità di pagamento e delle piattaforme spetta agli editori. I ricavi della vendita dei contenuti sono divisi in questo modo: il 90% agli editori, il 10% a Google.
Per la gestione del pagamento viene utilizzato Google checkout, piattaforma lanciata da Mountain View nel 2006 per i siti che fanno ecommerce. I primi editori che hanno aderito alla sperimentazione sono Focus Online (Tomorrow Focus), stern.de e Axel Springer in Germania, Nouvel Obs in Francia, Prisa in Spagna e Rust Communications negli Stati Uniti. «Entro marzo lanceranno il servizio - afferma Chinappa - ma alcuni partner lo renderanno operativo già da settimana prossima. Speriamo di poter fare lo stesso a breve anche in Italia, l'idea è stata accolta molto bene».
Quello di Apple è invece un servizio di abbonamento per i contenuti distribuiti dal negozio digitale App store e usufruibili su iPhone e iPad. La durata dell'abbonamento è variabile e modificabile dall'utente. Sembrerebbe dunque riguardare più le versioni di quotidiani e riviste studiate per tablet e device portatili che i siti di informazione online. Differente anche la spartizione dei ricavi: il 70% va all'editore, il 30% a Apple. Il ceo Steve Jobs ha poi spiegato che «quando l'editore porta un utente esistente o un nuovo abbonato all'app, l'editore mantiene il 100 percento e Apple non guadagna nulla». Viene chiesto all'editore che sta facendo un'offerta di abbonamento al di fuori dell'app, di farla anche all'interno dell'applicazione, con le stesse o migliori condizioni.
di Luca Salvioli su IlSole24ORE.com
I libri digitali cominciano a parlare italiano. Il fenomeno e-book si diffonde anche nel Belpaese, con un catalogo decuplicato negli ultimi dodici mesi. In maggio, i titoli a disposizione degli internauti nostrani erano oltre 11mila. Ma alla crescita del materiale accessibile in rete non è corrisposta una crescita reale del mercato.
In Italia, gli e-book valgono appena lo 0,1% del giro d’affari editoriale (70 milioni di euro l’anno), a dispetto del 3% della Gran Bretagna, senza dubbio il mercato più maturo. Il paese guida in materia di letteratura digitale sono però gli Stati Uniti, in cui la categoria contribuisce al fatturato totale con una quota del 9%. I dati, resi noti dall’Associazione italiana degli editori al forum Editech della scorsa settimana, evidenziano la popolarità del nuovo formato, in cui gli editori sembrano voler investire con fiducia (quelli attivi nel digitale sono passati da 299 a 471), ma anche la sua intangibilità da un punto di vista commerciale.
L’utenza italiana interessata a Kindle e simili, secondo Nielsen, è in aumento, ma in assoluto resta limitata (600mila persone, circa il 20% di chi già legge su schermi digitali). Il calo dei prezzi degli e-reader, che oggi è possibile acquistare anche a 100 euro, aiuterà lo sviluppo del settore, ma servono anche un’educazione all’editoria digitale e un intervento governativo per meglio regolare il mercato.
Via Quo Media
Nel 2011 i consumatori spenderanno 74 miliardi di dollari per i videogiochi, ovvero il 10,4% in più rispetto alla spesa del 2010 (67 miliardi).
Lo rivela un report della società di ricerche Gartner, secondo cui il trend positivo non si fermerà: entro il 2015 la spesa mondiale per il gaming raggiungerà i 112 miliardi di dollari.
Trainati dal software. Il segmento che incide di più è quello del software, che da solo ha generato un fatturato di 44,7 miliardi di dollari nel 2011 e che, secondo Gartner, continuerà a dominare il mercato del gioco anche nei prossimi cinque anni (con 51 miliardi nel 2013, 56,5 miliardi nel 2015). La seconda voce di spesa del 2011 è stata quella per le console (hardware), pari a 17,8 miliardi. Secondo le stime arriverà a 27 miliardi nel 2015.
Ma il vero boom del prossimo triennio si registrerà per il settore dell'online gaming, che passerà dagli 11 miliardi del 2011 ai 28 miliardi del 2105, quando si compirà il sorpasso sull'hardware.
Oltre all'online crescerà anche il mobile gaming: i giochi in mobilità rappresentavano nel 2010 il 15% della spesa in software, ma saliranno al 20% del totale nel 2015, grazie alla diffusione di smartphone e tablet.
«Questo trend – spiega Brian Blau, research director di Gartner - è legato all'ascesa del social gaming, in cui il gioco online è connesso ai siti e alle piattaforme di social networking».
Via IlSole24ORE.com
Il social game assedia l'industria delle console portatili. E dopo Nintendo anche Sony taglia i prezzi
Più che una fiera pare una seduta psicanalitica. L'industria delle console che si è data appuntamento a Colonia per il Gamescon l'evento che si apre oggi dedicato all'intrattenimento elettronico made in Europe sembra proprio non voler accettare l'esistenza di nuovi e temibili concorrenti. Ai tablet, smartphone, notebook e iPad vari si è aggiunta Google+ che punta con decisione a diventare a breve anche piattaforma videoludica. Tiri diritta per la sua strada nonostante la complicata crisi dei consumi che sta investendo non solo il mercato europeo ma almeno qui a Colonia ha preso coscienza di aver perso il monopolio del videogame.
E individuato la terapia: in attesa di produrre nuovo hardware tocca rilanciare le vendite di console, a ogni costo. Così, a poche settimane dalla decisione di Nintendo di ridurre drasticamente il prezzo della propria3DS - con tanto di scuse, inchino e taglio dello stipendio da parte del management – è il turno di Sony a mettere mano al proprio parco macchine. La Playstation 3 passerà da 299 circa a 249 euro, una riduzione prevista per arrivare al Natale con qualche carta in più.
Per contrastare la 3Ds Sony ha anche annunciato il lancio di un nuovo modello della Psp, l'E-100, a 99 euro, senza wi-fi e con una vocazione più fanciullesca. Niente regalo di Natale invece per PS Vita. La nuova console portatile di Sony debutterà in Europa non prima di febbraio, con grande disappunto del management che perde così una occasione per spingere le vendite durante le festività.
Ma per i tre grandi produttori di hardware il problema è un'altro. «Il mercato delle console rappresenta ormai soltanto il 40% dell'industria, solo dieci anni fa era l'80%», ha detto John Riccitiello, big boss di Electronic Arts nel corso di una intervista a Gamesindustry.org. Dalle parole poi è passato ai fatti con uno shopping milionario che ha portato all'acqusizione nel giro di poche settimane di PopCap Games e Bights due sviluppatori per iPad e iPhone. Due colpi non isolati. Gli editori di videogame sembrano guardare con maggiore interesse ai nuovi mercati. E si stanno attrezzando di conseguenza.
Di fatto, quello dell'intrattenimento mobile è un mercato che vale da solo 33 miliardi dollari. I giochi rappresentano 8 miliardi ma il business salirà a 11,4 nei prossimi tre anni. Per gli sviluppatori videoludici quello su tablet e smartphone è un modello di business completamente diverso. Pochi, anzi pochissimi i titoli che finora hanno saputo sfruttare al meglio le potenzialità di questi dispositivi. I più noti però mostrano cifre incredibili. Come il milione di dollari al mese raccolta da Angry Birds in versione gratuita solo con la pubblicità. Senza contare i 232 milioni di utenti attivi che usano ogni mese i giochi di Zynga su Facebook.
Ora che anche Google+ ha deciso di credere nel social gaming, per le piccole case di sviluppo si apre un ulteriore mercato di sbocco. Che promette di fare bene a tutta l'industria ma di ridurre il monopolio delle console. Anche se, a sentire ieri sviluppatori emergenti come Kellee Santiago, fondatrice di Thatgamecompany e produttrice del bellissimo Journey, le console continueranno a essere il centro dell'intrattenimento quantomeno per chi è intenzionato a innovare. Un modo per dire che accanto agli uccelli grassi di Angry Bird buoni per tutti gli schermi servono anche luoghi deputati a sperimentare.
Tuttavia, l'eco di questi nuovi e rabbiosi birds è arrivato con forza anche a Colonia. Nel corso della presentazione di Ps Vita, Jim Ryan, il nuovo capo di Sony Computer Entertainment Europe ha insistito molto sull'anima social della nuova console, la connessione wireless e il collegamento con il mondo delle reti sociali (Facebook, Twitter ecc). Sono infatti le macchine da gioco portatili quelle più in discussione in questo momento. E Nintendo e Sony lo sanno bene.
di Luca Tremolada su IlSole24ORE.com
Come sarà il mercato dei tablet in futuro? Quello che è certo è che sarà sempre più affollato da produttori e modelli diversi, mentre una costante sembra essere costituita da Apple con iPad, che continuerà a essere il dispositivo più venduto in questo segmento di mercato almeno fino al 2015.
Secondo una previsione di mercato di Informa Telecoms & Media, sarà solo tra circa quattro anni che i produttori che si sono affidati al sistema operativo Google Android vedranno riconosciute le proprie fatiche per primeggiare proprio a scapito di Cupertino.
Attualmente iPad detiene il 75% del mercato dei tablet, e si pensa passerà dai 20 milioni di unità nel 2010 a oltre 230 milioni nel 2015. In quell'anno però Apple avrà solo, si fa per dire, il 38% del mercato grazie all'arrivo di diversi tablet Android che saranno meno costosi e più vari in forme e contenuti, mentre nel 2016 ci sarà il sorpasso da parte di Google.
Sembra invece che Rim che dovrà attendere il supporto alle applicazioni di Android, a nuove modalità di connessione per riuscire a migliorare le proprie vendite, che comunque rimarranno minori rispetto agli altri colossi del mercato.
Via Quo Media
Il fatturato della musica digitale ha raggiunto l'anno scorso, in tutto il mondo, 5,2 miliardi di dollari, segnando una crescita dell'8% sul 2010. Sono i dati dell'Ifpi, International federation of the phonographic industry, contenuti nell’annuale report.
Musica virtuale che ormai pesa il 32% su tutti i ricavi delle case discografiche ma che negli Stati Uniti e in Corea del Sud ha superato il 50%. Più che raddoppiati anche i Paesi nei quali sono stati resi disponibili i servizi di musica legale, dai 23 del gennaio 2011 ai 58 di oggi.
Ma il numero più significativo è forse quello degli utenti paganti, che ha toccato quota 13,4 milioni, segnando un +65% sull'anno precedente. Parlando di difesa del copyright l'Ifpi sostiene che la pirateria rimane “un'enorme barriera per la crescita sostenibile” di questo business.
Via Quo Media
Il mercato della tecnologia di consumo è in recessione. Fa eccezione la telefonia mobile, che però in Italia non ha infrastrutture adeguate per dar vita a un’economia virtuosa.
Gli smartphone piacciono a tutti, anche in periodo di crisi. Nel primo trimestre 2012, la telefonia mobile ha registrato un +7,3%, a dispetto del calo che ha colpito i piccoli elettrodomestici, -5,6%, l’informatica, azzoppata del 9,7%, e gli apparecchi legati alla tv, in ribasso del 25%. Il mercato urla recessione, ma non per i cellulari, che nel complesso hanno fatturato 780 milioni di euro tra gennaio e marzo: questo grazie alle vendite di iPhone, Android e dei nuovi Windows Phone. In Italia circolano circa 95 milioni di telefonini: molti di questi sono di ultima generazione e necessitano di una rete adeguata e veloce.
Il problema sono proprio le infrastrutture che non consentono agli utenti italiani di sfruttare a pieno i loro dispositivi: wifi latitante, connessioni lente, siti non ottimizzati per la visione sui display mobili. La questione infrastrutturale è ancora irrisolta: si discute dei problemi del 3G, quando altrove si diffonde il 4G; la rete senza pubblica fili resta un miraggio; e Agcom, che dovrebbe deliberare in materia, è invischiata nel rinnovo del consiglio. Le aziende, dal canto loro, mancano di siti e servizi pensati per i sistemi mobili.
La mania degli italiani per gli smartphone, se supportata da strutture adeguate, potrebbe creare un circolo tecnologicamente ed economicamente virtuoso, basato su e-commerce, servizi pubblici e privati. Ma ad oggi si può solo parlare di consumo compulsivo o, forse, di onanismo hi-tech.
Via Quo Media
A distanza di poche ore Sharp e Sony si trovano costrette ad annunciare un pesante taglio nelle prospettive per il 2012. Sony ha delineato introiti per 20 miliardi di yen contro i 30 previsti in precedenza, Sharp ha registrato una perdita di 1,2 miliardi di yen nel solo primo trimestre dell’anno e sta pensando a 5000 licenziamenti per ristrutturare i conti aziendali.
Entrambi i gruppi, colossi mondiali della produzione di apparecchi televisivi, si trovano infatti a fare i conti con un prodotto che nonostante l’innovazione non è più in grado di trainare gli acquisti e stimolare il ricambio. Chi ha un tv, insomma, se lo tiene: il passaggio all’alta definizione è stato l’ultimo grande traino, il 3D ha incespicato in difetti tecnici e costi eccessivi e la grande macchina televisiva si è così arenata in una baia nella quale i grandi produttori hanno attraccato in attesa di idee.
Idee che, però, rischiano di non arrivare. Ed è questo il contesto nel quale si va ad incastonare il maggior pericolo per i vecchi equilibri del settore: l’avvento di nuovi grandi nomi che potrebbero sparigliare le carte e far proprio il mercato in tempi estremamente rapidi.
Via Quo Media
Nel Regno Unito la vendita online degli e-book ha superato quella dei libri cartacei. Lo dicono i dati che Amazon ha riportato riguardo alle sue vendite in Gran Bretagna, in base ai quali emerge che per ogni 100 libri cartacei venduti si vendono 114 e-book. Un dato in linea con il trend mondiale che ha visto già gli Stati Uniti fare il “giro di boa” verso il digitale già nel 2011.
Amazon sostiene inoltre, che il rapporto tra libri cartacei e digitali è ridotto rispetto alla percentuale reale, poiché nel calcolo non sono conteggiati i libri disponibili gratuitamente sulla piattaforma nella versione “Free Kindle”.
Secondo Amazon, il salto nelle vendite è stato dettato anche dalla crescita delle vendite proprio del Kindle, un prodotto che sta prendendo così tanto piede in Gran Bretagna da convincere la catena di librerie Waterstones a mettere in vendita il Kindle nei suoi 300 punti vendita.
Ma i dati di Amazon evidenziano come l’azienda stia a poco a poco diventando anche un web editor forte, in grado di diventare poco a poco un editore a tutti gli effetti.
Alcuni degli autori più apprezzati dal pubblico britannico sono editi dalla stessa Amazon e questo, col tempo, potrebbe diventare un fattore non trascurabile. Tre di essi (Nick Spalding, Katia Lief e Kerry Wilkinson), rientrano addirittura nella top 10 dei libri per Kindle più popolari nel 2012.
Via Quo Media
|