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 mymarketing.it: e tu cosa ne pensi?... di Admin
 
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Errare è umano, ma per incasinare davvero tutto è necessario un computer.

Arthur Bloch
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\\ : Storico (inverti l'ordine)
Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
 
 
Di Max Da Via' (del 22/10/2021 @ 07:45:31, in Marketing, linkato 1409 volte)

Prossima destinazione: gaming, un mondo sempre più immersivo, inclusivo e ibrido che entra a grandi passi nelle strategie di branded entertainment. Il tema non è nuovo ai brand ma è passato dal riguardare categorie merceologiche di nicchia a diventare trasversale e ibridare le strategie di coinvolgimento e comunicazione di brand diversi, dalla gdo al mondo luxury. La crescita di campagne pubblicitarie digitali, meno invasive e più indirizzate verso una scelta di partecipazione del cliente porta a una ricerca di nuovi spazi dove condividere il purpose e portare le persone a diventarne parte integrante. Non sorprende, dunque, che giochi come Fortnite e Animal Crossing, o social come Twitch e TikTok, stiano diventando le piattaforme d’elezione dove andare a sperimentare nuove strategie di branded entertainment, ovvero tutti quei prodotti editoriali ideati, realizzati e finanziati da un brand, interamente originali (original production) oppure integrati (brand integration) in un progetto comunicativo preesistente, veicolato da piattaforme mediali e finalizzato a intrattenere un pubblico target in modo coerente tanto con i valori e gli obiettivi del brand quanto con gli elementi caratteristici della piattaforma. Intrattenere, ma come? Il branded entertainment è un’occasione per focalizzare il purpose con messaggi che vanno dal coinvolgimento emotivo ai messaggi fun e sociali condividendo con trasparenza e all’insegna dell’intrattenimento i valori di marca con quelli del cliente che entra a tutti gli effetti a far parte del processo di intrattenimento.

Una sperimentazione condivisa

Nei due principali eventi dedicati alla comunicazione pubblicitaria dei brand, Obe Summit e Upa 2021 si è stati concordi nell’individuare nella relazione con i più giovani e nelle loro visioni e competenze una leva di trasformazione per i brand che vede da una parte la qualità dell’informazione, la completezza e trasparenza dei contenuti proposti, dall’altra le piattaforme e le modalità da utilizzare per rendere gli utenti digitali parte attiva della creazione di contenuti per i brand con un coinvolgimento che ne metta in evidenza e ne utilizzi, al contempo, le competenze che non sono più apprese ma create, secondo una logica disruptive. È questa la sfida più interessante: creare produzioni originali che uniscano intrattenimento e purpose, dando l’opportunità agli spettatori/clienti di entrare nel dialogo da protagonisti in piattaforme diventate estensioni della quotidianità. Non è più possibile pensare a progetti di branded entertainment su un solo canale. Ecco, dunque che la crescita dell’offerta brand integration rilevata dall’Osservatorio di Branded Entertainment riconduce alla maggiore necessità di progetti transmediali nei quali sono vincenti trasversalità e ibridazione dove il gaming, sia come piattaforma sia come modalità, diventa protagonista anche integrandosi con i media offline. I cambiamenti prioritari della comunicazione dei brand ricadono oggi su una necessità: parlare a quell’umanità che il filosofo Cosimo Accoto vede sempre più propensa all’intrattenimento che vuole essere confortata e ingaggiata nella sua dimensione mediatica. Il fenomeno del gaming che, dati We Are social alla mano, coinvolge 4 utilizzatori digitali su 5, apre a modalità di branded entertainment che utilizzano sia le modalità di immersione in chiave storytelling, inserendosi appieno nelle modalità di gioco, sia una presenza collaterale, con la vendita di accessori per avatar digitali.

Alcuni esempi dal mondo gaming

Twitch, piattaforma di livestreaming, di proprietà di Amazon, nata per ospitare i tornei di eSports è diventata un punto di riferimento per il mondo gaming ma anche per l’apprendimento di strumenti di programmazione e sviluppo software arrivando recentemente a ospitare con più frequenza dibattiti di cultura, turismo, attualità. Integra gaming e dibattiti, dialogando con TikTok, social con il quale condivide target e linguaggi e diventa sempre più trampolino per il lancio e la condivisione di progetti di branded entertainment in ottica multicanale. Per esempio, per il lancio del canale su TikTok, il noto videogame Fortnite (che oggi conta oltre 5 milioni di follower) ha lanciato una challenge, #EmoteRoyaleContest dove invitava gli utenti a creare balli da trasformare in emote (particolari emoticons, uno dei pilastri di Twitch) da utilizzare per i personaggi di Fortnite. L’hashtag è stato utilizzato oltre 250 milioni di volte. Grazie alla presenza di community fidelizzate Twitch si presta a campagne di branded entertainment basate sul coinvolgimento. Uno dei casi più famosi è quello di Porsche che per lanciare la presenza in Formula E ha coinvolto gli spettatori del canale in una esperienza di guida virtuale, registrando oltre 900mila utenti unici e oltre un milione di visualizzazioni. La sfumatura dei confini tra reale e virtuale è racchiusa anche nelle esperienze di Animal Crossing New Horizons, game della Nintendo. H&M, per esempio, nella sua Loop Island sensibilizza i suoi visitatori sul tema del riciclo dei vestiti coinvolgendo l’attrice e influencer Maisie Williams. Kfc Filippine ha aperto un suo ristorante anche nell’atollo dedicato all’interno del videogioco, sfidando i gamers a trovare il Colonnello, simbolo e mente dell’azienda, per vincere una consumazione gratuita in un ristorante Kfc reale.

 

Portare l’esperienza del gaming su TikTok

Una delle peculiarità di questo social è la sua capacità di intrattenimento attraverso un flusso continuo, customizzato sulla base degli interessi. È qui che si gioca la partita del branded entertainment. Vigorsol, per esempio, con la #sempreungioiachallende chiede di raccontare l’altra faccia di una situazione negativa, usando i filtri dedicati. Red Bull condivide il purpose della marca condividendo esperienze ad alto tasso adrenalinico e lasciando che siano gli stessi utenti a generare contenuti di branded entertainment. Un altro esempio è Moncler che ha chiesto agli utenti di immaginare una luxury bubble, avvolgendosi in qualsiasi cosa rimandi ai capi del brand e, utilizzando l’apposito filtro, trasformare il look in un outfit Moncler. Questo perché TikTok è più vicino al mondo gaming che a quello social e non è mai un’esperienza passiva ma spinge le persone a mettersi in gioco, a sperimentare, diventare parte di un flusso creativo anche senza grandi dispendi economici.

 

Dove essere

TWITCH

Oltre 6 miliardi di ore di visualizzazioni, il 73% del tempo trascorso dagli spettatori delle piattaforme di videostreaming dedicate al mondo gaming.
Da TikTok a Twitch e viceversa
Esperienze virtuali
Dibattiti, podcast, incontri culturali
Da tenere a mente: mai prendersi troppo sul serio

Opportunità:

  • Uscire da uno schema di comunicazione noto per intercettare le tendenze della community di Twitch e costruire insieme un nuovo pezzo del purpose
  • Raccontare sfumature meno note del brand in un nuovo contesto

TIKTOK

  • Il 60% dei TikTok users appartengono alla GenZ
  • Uso di video, filtri, green screen e audio
  • Challenge come nudge per far creare nuovi messaggi di marca agli utenti
  • Utilizzo delle hashtag challenge sponsorizzate.

I sette consigli di TikTok

  1. Usa una voce autentica
  2. Pensa come il tuo pubblico
  3. Adotta tendenze e cultura
  4. Fai un uso creativo dei suoni
  5. Divertiti e fai divertire
  6. Lascia un segno negli utenti
  7. Crea la tua storia con semplicità

Opportunità:

  • Gli user interpretano e propongono nuove soluzioni alla comunicazione di marca partendo da uno stimolo come una challeng
  • Scoprire una “quotidianità del brand” anche su clienti non in target

ANIMAL CROSSING NEW HORIZONS

Opportunità:

  • Vendita di accessori di brand reali nelle isole virtuali dedicate
  • Isole shopping con offerte esclusive da utilizzare negli store fisici
  • Eventi ed iniziative dedicate alla scoperta del purpose

FORTNITE

Opportunità:

  • Personaggi customizzabili anche usando le emote di Twitch
  • Creazione di mondi in linea con l’identità del brand
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Di Max Da Via' (del 27/12/2021 @ 08:39:05, in Marketing, linkato 1152 volte)

Con gli importanti cambiamenti avvenuti in questi ultimi due anni, il mondo dei media dovrà adattarsi e imparare a trovare nuove strategie per il successo. Che si tratti di investire in più contenuti per attirare gli spettatori in un mercato affollato, di ripensare i modelli commerciali o di sperimentare nuovi approcci per utilizzare meglio i dati, l'adattabilità e la capacità di testare e imparare saranno fondamentali.

Questa la sintesi di Francois Nicolon, Cmo Media Division di Kantar, a commento del report Media Trends and Predictions 2022. Il documento, grazie a un mix di insight e punti di vista esperti, offre un'interessante prospettiva sul futuro, utile come guida strategica non solo all'industry media ma a tutti brand (che, peraltro, stanno investendo sempre di più in una comunicazione filmica su "effetto Netflix").

Sono 5, in particolare, le tendenze e le relative aree di evoluzione delineate da considerare per i piani 2022.

  1. Video streaming: un mercato complesso e in continua evoluzione
    Dalle attitudini del pubblico ai modelli commerciali, ci saranno molteplici cambiamenti nel mercato più dinamico dei media. La trasparenza creata con la pubblicazione di un maggior numero di dati reali di visualizzazione VoD a livello di programma, genererà una serie di trasformazioni. I proprietari e i produttori di contenuti avranno diritti di negoziazione delle licenze e diritti di diffusione più alti di prima. Le piattaforme di streaming per lo sport e gli e-sports guadagneranno più terreno tra i fan. Il consolidamento delle piattaforme continuerà, guidato dalla necessità di offrire più (e migliori) pacchetti di contenuti, per attirare nuovi spettatori in un mercato affollato. Le offerte di singoli abbonamenti saranno sempre di meno. Il volume degli accordi accelererà ai livelli del 2021, poiché le piattaforme, che operano in ecosistemi sempre più sovrapposti, continueranno a fondersi e a costruire partnership.
  2. La riconfigurazione dell’internet commerciale
    Per i media owner e gli inserzionisti la tregua di due anni da parte di Google rappresenta un'opportunità per sperimentare nuovi approcci. Secondo gli esperti di Kantar, è in corso una seria riconfigurazione dell'internet commerciale. I brand e le agenzie stanno sperimentando strategie di dati ibridi che comprendono pienamente la privacy, utilizzando intenzionalmente i dati di consumo di loro proprietà con fonti basate su panel e altri dati di alta qualità - e con il pieno consenso - di terze parti, come i dati socio-economici, il comportamento di acquisto, le attitudini nei confronti di altri brand e altro ancora. In merito al targeting, aspettiamoci uno spostamento verso la pubblicità contestuale. Mentre in relazione all’efficacia della campagna, l'investimento nella misurazione basata sull'integrazione diretta come il Project Moonshot di Kantar, assicurerà che gli inserzionisti possano misurare in modo indipendente le performance delle campagne pubblicitarie attraverso una serie di publisher.
  3. Performance Media e Marketing
    Molti brand hanno adottato strategie basate sulla performance per sopravvivere alla pandemia. La questione ora è come poter seguire questo rimbalzo del 2021. Vedremo una crescente competizione per la spesa di performance marketing con la crescita del social commerce, con i giganti retail locali che diventano attori sempre più sofisticati nella spesa pubblicitaria dell'e-commerce e i metaverso che conquistano importanza. Gli esperti di Kantar prevedono anche un ribilanciamento della spesa tra la performance dei media e le campagne di brand building. Vedremo, inoltre, una misurazione più avanzata delle campagne cross-media e un'ottimizzazione in real-time per aumentare l'efficienza, dato che gli inserzionisti richiedono misurazioni delle performance su una base comparativa delle piattaforme.
  4. Un nuovo approccio ai dati
    L'atteggiamento degli inserzionisti nei confronti dei dati sta cambiando. Il 2022 vedrà emergere una maggiore rilevanza e consapevolezza dell’importanza della rapidità nell’avere i dati, proprio perché la ricerca di dati di alta qualità è diventato il problema in più rapida crescita per i marketer. I brand faranno leva sulle loro relazioni dirette con i consumatori per ottenere il meglio grazie ai loro dati di proprietà di prima parte. I brand arricchiranno il behavour planning con sovrapposizioni e raffinamenti attitudinali, e svilupperanno nuove metodologie per superare la mancanza di intelligenza competitiva. Il tutto per una comprensione completa dei consumatori.
  5. La vita al tempo della pandemia e ciò che significa per i brand e i media
    Le offerte dei brand dovranno adeguarsi, riflettere e quindi cambiare sulle base dei nuovi comportamenti dei consumatori. I brand, i prodotti e i servizi dovranno soddisfare le nuove esigenze dei consumatori in termini di convenience, valore, sostenibilità e innovazione. I brand che investono - in dati, insight, persone e marketing - prospereranno. Le marche di maggior successo abbracceranno le differenze - diversità e complessità - del pubblico che stanno cercando di raggiungere. Questo presenta una grande opportunità per i brand di svilupparsi in questo periodo di ripresa: esplorare segmentazioni più complesse e impegnarsi con le comunità andando oltre al proprio target.
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Di Max Da Via' (del 29/12/2021 @ 07:33:05, in Tecnologie, linkato 1239 volte)

Metaverse, in italiano “metaverso”, per chi non lo sapesse è un mondo virtuale, per lo più ancora ipotetico, al quale si può accedere da una particolare tecnologia di realtà virtuale (VR) e realtà aumentata (AR). L’idea è quella di creare una sorta di Internet di livello superiore, sovrapposto al mondo fisico. Le persone collegate al metaverso fanno parte del mondo fisico, come tutti gli altri, ma possono vedere e interagire con cose che gli altri non vedono, perché appartengono a un mondo virtuale.

Poiché si tratta ancora solo di un’idea, non esiste un’unica definizione del metaverso sulla quale siano tutti concordi. Quel che sembra certo è che il metaverso potrebbe stare alla realtà virtuale come gli attuali smartphone stanno ai primi, rozzi, modelli di cellulari degli anni ’90.

Invece di utilizzare un computer, nel metaverso basterebbe usare un auricolare (o un visore) per entrare in un mondo virtuale che collega tutti i tipi di ambienti digitali.

Indice degli argomenti

Da dove proviene il concetto di metaverso

A differenza dell’attuale realtà virtuale, utilizzata principalmente per i giochi, questo nuovo mondo virtuale potrebbe essere utilizzato praticamente per qualsiasi cosa: lavoro, concerti, viaggi, cinema. O semplicemente, come surrogato dell’uscire di casa per incontrare altre persone. Come? Con un avatar 3D, una rappresentazione digitale noi stessi.

Se ne parla molto in questo periodo, per via delle dichiarazioni rilasciate da Mark Zuckerberg: “Siamo all’inizio di un nuovo capitolo per Internet, ed è anche un nuovo capitolo per la nostra azienda”, ha detto il fondatore e CEO di Facebook il 28 ottobre 2021, annunciando il metaverse e Meta, il nuovo nome di Facebook. Un termine che deriva dalla parola greca che significa “oltre”.

“D’ora in poi, saremo metaverse-first, non Facebook-first. Ciò significa che nel tempo non avrai bisogno di un account Facebook per utilizzare i nostri altri servizi”, ha scritto Zuckerberg nella lettera ai founders.

Il concetto di metaverso, però, non è nuovo: il termine è stato coniato dallo scrittore Neal Stephenson nel 1992, nel suo romanzo di fantascienza del Snow Crash, ambientato in un futuro prossimo in cui il mondo virtuale e il mondo fisico sono indissolubilmente interconnessi.

Nella fantasia di Stephenson, il metaverso è immaginato come una immensa sfera nera di 65.536 km di circonferenza, tagliata in due all’altezza dell’equatore da una strada percorribile anche su una monorotaia, che ha 256 stazioni, ognuna a 256 km di distanza. Su questa sfera ogni persona può realizzare in 3D ciò che desidera: negozi, uffici, locali pubblici e altro, il tutto visitabile dagli altri utenti.

Facebook e il metaverso: 10mila assunzioni nei prossimi anni

C’è un grandissimo entusiasmo per il metaverso tra gli investitori e le big tech. Facebook ha fatto della costruzione del metaverso una delle sue priorità; tanto che recentemente ha investito 50 milioni di dollari nel finanziamento di gruppi senza scopo di lucro per aiutare a “costruire il metaverso in modo responsabile”, anche se esprime la convinzione che questa idea impiegherà 10-15 anni per avverarsi. Intanto, ha già annunciato che per sviluppare il metaverso assumerà 10mila persone in Europa. L’intenzione, comunque, è di arrivare a investire 10 miliardi di dollari nel metaverso.

Zuckerberg e altri imprenditori miliardari della Silicon Valley sembrano convinti che il metaverso sia ormai un traguardo vicino. In una recente intervista apparsa su The Verge, il fondatore di Facebook lo descrive come “il successore di Internet mobile“, una sorta di “Internet incarnato, in cui invece di visualizzare solo i contenuti, ci sei dentro”.

L’estate scorsa, in Facebook è stato creato un nuovo team appositamente dedicato allo sviluppo del metaverso. Il team fa parte della divisione di realtà virtuale Reality Labs, guidata da Andrew ‘Boz’ Bosworth, l’autore delle cuffie Oculus, ed è composto da specialisti di Instagram, Facebook Gaming (videogiochi) e della stessa Oculus.

Un cambio di passo nella strategia dell’azienda, pronta a investire sempre di più nelle tecnologie AR e VR in grado di offrirle la possibilità di controllare la propria piattaforma hardware.

Si tratta di un concetto che richiama, in qualche maniera, quello degli NFT (Non Fungible Token), legati alla blockchain, che nell’ultimo anno hanno conquistato il mondo dell’arte, con i loro certificati di possesso di beni non tangibili. Pur facendo le debite differenze (le bit tech come Facebook tendono a essere dei centralizzatori, mentre la blockchain e le criptovalute sono opera dei decentralizzatori) entrambi immaginano il progresso tecnologico più o meno negli stessi termini: qualcosa per sfuggire alla realtà.

Il metaverso non piace a tutti

Ad esempio, a Frances Haugen, l’ex product manager di Facebook che a ottobre ha rivelato che Facebook dà priorità al profitto rispetto alla sicurezza degli utenti e programma i suoi algoritmi per promuovere contenuti divisivi. La Haugen è preoccupata per la capacità di Meta di controllare ciò che viene pubblicato nel mondo virtuale. In una intervista alla CBS ha dichiarato che gli stessi problemi che ha denunciato si potrebbero ripetere nella realtà virtuale del metaverse. “Facebook non ha effettivamente pensato alla sicurezza fin dalla progettazione”, ha detto.

Secondo la Haugen, piattaforme come TikTok, dove una piccola parte dei contenuti genera la maggior parte delle visualizzazioni, sono più facili da moderare rispetto al modello più distribuito di Facebook. Negli spazi virtuali in cui Meta scommette in grande, moderare i contenuti, rimuovere la disinformazione e tracciare i trasgressori sarà una sfida, perché le interazioni non vengono registrate.

Quali sviluppi per la realtà virtuale

Una realtà virtuale, dunque. Qualcosa di non certamente nuovo. La sua nascita, infatti, risale agli anni ’80, a opera dello scienziato informatico Jaron Lanier, con la sua azienda VPL Research, acronimo di Virtual Programming Languages.  A oltre trent’anni di distanza, però, la realtà virtuale (VR) e aumentata (AR) di qualsiasi tipo non si sono affermate come si prevedeva. Oculus VR, il visore per la realtà virtuale realizzato dalla omonima società acquisita da Facebook nel 2014, è rimasto niente più che un gadget, perlomeno a livello consumer. La realtà virtuale sembrava dover essere il futuro tecno-utopico. Ma, come ha recentemente notato Paul Skallas, l’autore della piattaforma per newsletter Substack, “Nel 2000 ti dicevano che la realtà virtuale era sul punto di esplodere, che avrebbe cambiato tutto. È il 2020: dov’è?”.

La realtà virtuale – e insieme l’AR – si sono imbattute in un grosso scoglio: la consuetudine delle persone a relazionarsi fisicamente. Anziché nella quotidianità, quindi, VR e AR si sono affermate maggiormente nell’industria.

Quali società potrebbero essere interessate

Facebook ha investito molto nella realtà virtuale attraverso i suoi visori Oculus, rendendoli più economici dei rivali, forse anche in perdita secondo alcuni analisti. Sta anche creando app VR per i social e per il lavoro, comprese app che interagiscono con il mondo reale. Nelle intenzioni del colosso tech, però, il metaverso “non sarà costruito da un giorno all’altro da una singola azienda”.

Quali altre aziende potrebbero essere interessate? Epic Games, che produce Fortnite, gioco multipiattaforma free to play, potrebbe essere una di quelle. I giochi multiplayer online condividono i mondi interattivi da decenni; non sono il metaverso, ma hanno diverse idee in comune. Negli ultimi anni, Fortnite ha ampliato il suo prodotto, ospitando concerti, eventi del brand e altro ancora all’interno del proprio mondo digitale. Ciò ha mostrato a molti ciò che è possibile fare con la realtà virtuale e ha messo sotto i riflettori la visione del metaverso.

Altri giochi si stanno avvicinando a un’idea del metaverso. Roblox, ad esempio, è una piattaforma per migliaia di singoli giochi collegati all’ecosistema più ampio.

Unity, una piattaforma di sviluppo 3D, sta investendo in “gemelli digitali“, copie digitali del mondo reale, e la società di hardware grafico Nvidia sta realizzando il suo Omniverse, che viene descritto come “una piattaforma per connettere mondi virtuali 3D”.

Metaverso, non solo videogame

Il metaverso è quindi solo una forma evoluta e sofisticata di videogame? No, anche se le idee su cosa potrebbe essere sono molte e diverse, la maggior parte di esse vede al centro l’interazione umana e sociale.

Ancora Facebook ha sperimentato un’app per riunioni VR chiamata Workplace e uno spazio sociale chiamato Horizons, che utilizzano entrambi sistemi di avatar. Il posto di lavoro del futuro di Facebook prefigura riunioni in realtà virtuale in cui le persone utilizzino dei personal computer.

Un’altra app VR, VRChat, è interamente incentrata sull’incontrarsi online e chattare, senza alcun obiettivo o scopo diverso dall’esplorazione degli ambienti e dall’incontro con le persone.

Altre applicazioni aspettano solo di essere scoperte.

Il Ceo di Epic Games, Tim Sweeney, ha dichiarato di recente al Washington Post che immagina un futuro in cui una casa automobilistica, per pubblicizzare un nuovo modello “lascerà la sua auto nel mondo digitale in tempo reale e chiunque sarà in grado di guidarla”.

Allo stesso modo, quando faremo shopping online proveremo i vestiti in una realtà digitale, ossia virtuale, prima di ordinare quelli che ci arriveranno nel mondo reale.

Appare ormai chiaro che stiamo assistendo alla nascita del “metaverse marketing”, come lo ha definito la rivista Forbes.

Metaverso e luxury

Varie realtà del fashion e del luxury stanno cominciando ad investire nella realtà virtuale. Balenciaga vende “skin” su Fortnite, Gucci ha messo in vendita una borsa solo virtuale, Dolce&Gabbana ha ottenuto 5,7 milioni dalla vendita di 9 Non-Fungible-Token,  Nike ha deciso di vendere scarpe “virtuali”. Secondo Morgan Stanley, per il settore moda e lusso, gli introiti derivanti dalla realtà virtuale potrebbero ammontare, entro il 2030, a 50 miliardi di dollari (circa 44 miliardi di euro). È normale che le multinazionali del settore si stiano attrezzando in questo senso.

Metaverso: quale sarà il futuro?

Il metaverso si propone di offrire una versione ordinata e razionalizzata del mondo, per sua natura caotico. Siamo ancora alle prime fasi; l’evoluzione del metaverso sarà disputata tra i colossi della tecnologia nel prossimo decennio, o forse anche di più. Ma ad oggi è difficile prevederne gli sviluppi e capire quanto inciderà nelle sue concrete applicazioni l’eventuale preferenza delle persone per la realtà fisica rispetto a quella virtuale.

Brent Mittelstadt, un ricercatore senior in etica dei dati presso l’Oxford Internet Institute, ritiene che il potenziale impatto sociale del metaverso sia tutt’altro che certo. “Se diventasse dirompente, ad esempio conducendo le persone ad andare ad appuntamenti virtuali anziché incontrarsi, sarebbe molto difficile dire quale effetto avrebbe sulla natura delle relazioni, nello stesso modo in cui era difficile prevedere l’impatto che i social media avrebbero avuto quando se ne parlava solo come un’idea”.

Mittelstadt vede nel metaverso principalmente un modo per Facebook per fare più soldi. “Se riesce a farti passare molto tempo lì, sta raggiungendo il suo obiettivo di raccogliere più dati e monetizzarli. Avrebbe più fonti di dati di quelle attualmente esistenti che vengono combinate e incanalate attraverso questa cosa che è il metaverso”.

È sempre difficile fare previsioni quando si parla di tecnologie, e anche i migliori possono sbagliare. Come accadde a Paul Krugman, economista, premio Nobel ed editorialista del New York Times, che nel 1998 affermava: “Entro il 2005, diventerà chiaro che l’impatto di Internet sull’economia non sarà stato maggiore di quello del fax”.

Non resta che attendere per vedere quale sorte spetterà al metaverso che sta suscitando tanto interesse.


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Di Max Da Via' (del 14/01/2022 @ 07:56:07, in Social Networks, linkato 1436 volte)

Virtual Dining Concepts (VDC), azienda statunitense attiva nel settore della ristorazione online, ha annunciato l’inizio, per ora circoscritto agli USA come terreno di sperimentazione a partire da marzo 2022, di TikTok kitchen, che fa seguito ad una partnership con la piattaforma TikTok. L’alter ego internazionale della cinese Douyin (il nome cinese di TikTok) della società ByteDance ha deciso, infatti, di lanciarsi nel segmento food, vista la rilevanza che questo ha in termini di impatto sul suo social, ricreando e mettendo a disposizione offline i food trend più di successo. Tale collaborazione, annunciata lo scorso 17 dicembre 2021, sarà organizzata – per lo meno in fase iniziale – come “delivery-only” e resa possibile grazie a ghost kitchen (cucine fantasma) che cucineranno i piatti in tendenza sulla piattaforma, prima di recapitarli a domicilio (di questa parte di servizio si occuperà la società Grubhub).

Il menu sarà, infatti, ispirato appunto alle ricette più virali, è pensato per cambiare trimestralmente con circa 300 ristoranti sparsi per gli States che hanno già aderito, ed entro la fine del 2022 saranno oltre 1000 (c’è un modulo di adesione al programma rivolto ai proprietari di ristoranti sia sulla pagina dedicata del sito di Virtual Dining Concepts, sia su tiktokdelivered.com). Tra i locali che hanno già confermato la loro collaborazione con TikTok e VDC ci sono pure catene che offrono piatti di cucina italiana come Bertucci’s e Buca di Beppo, molto conosciuti negli USA.

C’è da specificare che VDC non è alle prime armi per quel che riguarda la messa a terra del connubio star dei social media e food: la startup è dietro casi di successo  come MrBeast Burger, lanciato nell'autunno 2020 dalla star di YouTube Jimmy Donaldson, che  ha venduto 1 milione di hamburger in tre mesi, e ora conta 1.500 sedi negli USA,  Canada e Gran Bretagna, oppure, come si legge sul loro sito, Mariah’s Cookies (la linea di biscotti della cantante Mariah Carey) e tante altre.

In ogni caso, ritornando a TikTok Kitchen, a quanto fin ora noto, come è possibile rintracciare su The Verge e Bloomberg, il menu iniziale includerà sicuramente il che secondo Google è stato il piatto più cercato dell’anno sul motore di ricerca proprio per la popolarità conquistata sul social cinese: la pasta con feta al forno (baked feta pasta). A seguire, lo smash burger, ovvero un hamburger che durante la cottura viene schiacciato sulla piastra al fine di creare una sottile crosticina croccante attorno all’hamburger; e, ancora, le “patatine di pasta” (pasta chips), dei maccheroni preparati in maniera da risultare croccanti come le patatine, le costine di pannocchia (corn ribs) con spezie e parmigiano. Per quel che riguarda i prezzi, non vi sono al momento dettagli specifici, ma pare che saranno in linea con quelli degli altri marchi sviluppati da Virtual Dining Concepts, per cui un hamburger, ad esempio, costerà circa 6-7 dollari.

La triangolazione degli sforzi tra TikTok, Virtual Dining Concepts e Grubhub vuole quindi assicurare un’experience sempre più integrata e fluida tra online (e social in particolare) e offline, per dirla con il concetto del Prof. Luciano Floridi onlife”, delineando anche nuove forme di collaborazione e organizzazione del lavoro, rendendo evidenti nuove nicchie d’investimento.

In particolare, se si pensa all’utenza attiva di TikTok e alle sue prospettive di crescita, TikTok Kitchen rappresenta un’opportunità di business considerevole, che coniuga creatività e volumi di utenti – potenziali acquirenti pure nell’offline – tutt’altro che trascurabili. Come si legge nella sezione italiana della newsroom di TikTok, nel 2021, oltre 1 miliardo di persone hanno utilizzato TikTok e secondo le prospettive di crescita che riporta TechCrunch basate sui dati raccolti da Insider Intelligence, TikTok nel 2022 si classificherà come il terzo social media più usato al mondo, dietro Facebook e Instagram.

Utenti dei social media a livello globale, per piattaforma
© Insider Intelligence

La previsione di Insider Intelligence, come dichiara la stessa azienda, è un po' più conservativa a causa della sua metodologia, ma si aspetta che l'app continuerà a crescere, anche se ad un ritmo più lento del 15,1% nel 2022.

Per di più, la società di App Intelligence Sensor Tower ha notato che, nel luglio 2021, TikTok (compresa l'app sorella Douyin in Cina) è diventata la prima app mobile non-Facebook (al di fuori del segmento gaming) a raggiungere 3 miliardi di download a livello globale attraverso l'App Store e Google Play.

In conclusione, viste tutte tali premesse di potenziale crescita ed espansione, se nello specifico di TikTok e dei suoi partner non è chiaro se il progetto è pensato come qualcosa da consolidare nel lungo termine o come un’impattante azione di marketing (dipenderà quasi sicuramente dai risultati del periodo di test), di certo apre uno spiraglio anche per competitor e business affini che potrebbero intravederci opportunità o trarne ispirazione per qualcosa di ancora più innovativo.

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Di Max Da Via' (del 28/01/2022 @ 07:16:45, in Brand, linkato 1381 volte)

Appuntamento 2022 con la classifica Brand Finance Global 500 (qui l'intero report) che ordina i marchi per maggior valore finanziario a livello globale. A livello complessivo, la tecnologia rimane il settore di maggiore valore e il retail si conferma al secondo posto grazie ad un incremento medio del 46% rispetto ai valori pre-pandemia. Guardando, invece, alla più rapida crescita risulta in testa il settore farmaceutico, con il raddoppio dei marchi in classifica rispetto al 2020.

Nel dettaglio dei nomi, Apple mantiene il titolo di brand di maggiore valore al mondo con una valutazione record di oltre 355 miliardi di dollari, seguito da Amazon e Google. WeChat, d'altro canto, è per il secondo anno consecutivo il marchio più forte del mondo, con un punteggio massimo di 93,3 su 100 e un rating d'élite AAA+. La new entry TikTok è, invece, il marchio in più rapida crescita, con un incremento del 215% che ne fa un emblema di come stia cambiando il consumo dei media.

La veloce crescita delle media company risulta evidente anche osservando Snapchat e Kakao, che insieme a TikTok sono top performer di quest’anno. Il social media Snapchat ha aumentato il proprio valore del marchio del 184% raggiungendo così i 6,6 miliardi di dollari. Il valore del social media sudcoreano Kakao è aumentato invece del 161%, raggiungendo i 4,7 miliardi di dollari.

Sempre tra i media sono cresciuti molto le piattaforme streaming come Disney (valore del marchio in aumento dell'11% a 57 miliardi di dollari), Netflix (valore del marchio in aumento del 18% a 29,4 miliardi di dollari), YouTube (valore del marchio in aumento del 38% a 23,9 miliardi di dollari) e Spotify (il valore del marchio è aumentato del 13% a 6,3 miliardi di dollari). Diversamente, i marchi dei media tradizionali sono stati tra i più colpiti dalla pandemia. Warner Bros, ad esempio, è tra i brand in più rapida caduta nella classifica di quest'anno (valore del marchio in calo del 33% a 6,8 miliardi di dollari).

Una differenza significativa, quindi, rispetto a quanto accaduto nel settore retail, dove un nome tradizionale come Walmart figura tra i top performer. Come rileva lo stesso Massimo Pizzo di Brand Finance: "All’inizio del lock-down sembrava che il retail ne avrebbe risentito, ma i brand che hanno saputo adattarsi e utilizzare la tecnologia hanno avuto solidi ritorni economici. La trasformazione del settore per soddisfare le esigenze in evoluzione dei consumatori ha gettato i semi per una crescita sia a breve che a lungo termine”.

A livello geografico, scomponendo i risultati per Paese, i marchi degli Stati Uniti e della Cina continuano a dominare il Brand Finance Global 500. Oltre i due terzi del valore totale del marchio nella classifica è attribuibile a questi due Paesi. Il peso dell’Italia rimane ancora basso, con solo l’1,1% del valore complessivo della classifica dovuto ai 9 brand italiani presenti: Gucci, Enel, Eni, Intesa SanPaolo, Generali, Ferrari, Poste Italiane, Tim e Conad. Tranne Ferrari, gli altri 8 brand italiani in classifica hanno messo a segno risultati positivi.

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Di Max Da Via' (del 07/02/2022 @ 07:16:32, in eCommerce, linkato 1574 volte)

Scenario in costante evoluzione per quanto riguarda le abitudini di consumo e lifestyle degli italiani. Questo vale anche per il mondo della spesa online, una pratica sempre più consolidata dal boom della prima ondata pandemica, che spinse gran parte delle persone a superare le barriere culturali e di competenza rispetto all'eCommerce, soprattutto in date categorie merceologiche.

A fare un punto sul tema analizzando alcune tendenze del 2021 è stato Everli, che riporta dati calcolati sulla base degli acquisti effettuati dagli utenti del marketplace tramite sito web o app nel periodo gennaio-dicembre dello scorso anno. Il focus è sulla spesa online tipica da gdo (grocery e affini).

Complici limitazioni meno severe rispetto ai lockdown del 2020, la spesa totale effettuata online in Italia risulta in leggero calo (-4%), una contrazione fisiologica e prevedibile cui pure sottende un numero di ordini complessivamente salito (+6%). Il valore medio del carrello è inferiore (-9,8%), a conferma che i consumatori dello Stivale nel 2021 hanno integrato la spesa effettuata online nella loro quotidianità, gestendo un numero maggiore di spese, ma un po' più “piccole”. In sintesi: i tempi delle scorte da "apocalisse zombie" sono (fortunatamente) passati.

Guardando ai momenti d'acquisto, se nel 2020 era il lunedì il giorno preferito per ordinare la spesa online, nel 2021 è il venerdì a risultare come giornata più deputata a questa attività. La domenica, invece, anche nel 2021 rimane il giorno in cui si registrano meno ordini sulla piattaforma. Sul fronte orari, il mattino si conferma il momento più gettonato per ordinare la spesa online, soprattutto tra le 10 e le 11. Infine, l’app per la spesa è di gran lunga preferita dagli abitanti del Bel Paese rispetto alla versione web (68% vs 31%), con una crescita di ben 7 punti percentuali rispetto al 2020.

Passando, invece, alle categorie di prodotto, risultano rispettivamente sul podio verdura, frutta e pasta di semola seguite da acqua naturale, uova, insalate pronte al consumo, merendine, pane a fette e agrumi. Un orientamento complessivamente salutista rispetto al 2020, dove in classifica comparivano invece formaggi e salumi, latte e burro, gelati e scatolame. Anche le merendine prima erano in seconda posizione ed ora perdono terreno, complice probabilmente anche uno spostamento del cosiddetto comfort-food nel fuori casa o take away.

Curiosità per aree geografiche

Nel complesso, la zona d’Italia che ha visto maggiormente affermarsi la spesa online è stata il Nord-Est (Friuli-Venezia-Giulia e Veneto): infatti, Venezia (+17,5%), Udine (+17%) e Trieste (+15%) sono le tre città dove si è registrata la crescita maggiore anno su anno.

Tra le curiosità il fatto che Messina è stata la provincia italiana che ha acquistato il maggior numero di prodotti della categoria frutta e verdura (18%), mentre l’Emilia-Romagna si riconferma per la terza volta consecutiva la regione "più healthy" con ben 3 province nella top 10: Bologna (2° posto), che sale di quattro gradini rispetto al 2020, Parma e Modena, rispettivamente in 4° e 6° posizione. Sondrio, invece, si aggiudica il primato di città più “godereccia” d’Italia per l’acquisto online di dolciumi, seguita da Napoli al secondo posto e da Taranto (3°). Le spese più ingenti di carne e pesce sono state effettuate in provincia di Caserta, seguita da Imperia e Alessandria.

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Di Max Da Via' (del 28/02/2022 @ 07:38:30, in Web 3.0, linkato 1851 volte)

Nel Metaverso c’è una vera e propria corsa a prendersi i propri spazi. A posizionarsi. Sembra un discorso fuori da ogni logica, visto che stiamo parlando di realtà e di spazi potenzialmente infiniti, ma questo è ciò che sta accadendo.

Succede per i terreni in vendita, per le case, per i videogames ed ora anche per due grandi brand: Nike e Adidas. La loro rivalità a livello mondiale dura ormai da decenni e ora si sta spostando nel metaverso.

Quali sono state le mosse di Nike e Adidas

Il passo decisivo per entrambi i brand è stato fatto sul finire dello scorso anno, quando hanno dato un’accelerata definitiva alla loro entrata nel metaverso. In questo caso è molto interessante capire come lo abbiano fatto. Sono state due strade diverse.

Da una parte abbiamo Adidas che ha deciso di seguire un percorso più guidato dalla comunità e collaborativo con una serie di aziende affermate nello spazio Web 3. Dall’altra parte, Nike, inizialmente ha sposato la piattaforma Roblox e il Web2 per poi cambiare rotta strategica acquisendo la nota azienda di abbigliamento digitale, RTFKT.

rima mossa di Nike è stata quella del lancio di Nikeland.

Un mondo virtuale persistente estremamente impressionante con esperienze, mini giochi e abbigliamento.

La prima scelta fatta non è stata di certo rivoluzionaria ma piuttosto basata sulla sicurezza di un terreno già sondato con successo da altri marchi di abbigliamento come Vans e Gucci.

Nello scorso dicembre, invece, Nike diventa il principale creatore di sneaker virtuali nel metaverso, nonché co-creatore della collezione NFT più scambiata su OpenSea (prima del lancio BAYC di Adidas). Questa seconda strada intrapresa è sicuramente più rischiosa ma mette Nike nella condizione di poter essere un’azienda all’avanguardia e di successo anche nel metaverso.

Adidas e il suo percorso “virtuale”

Mentre Nike ha dovuto bruscamente virare per cercarsi un posto più d’elitè (ed esporsi comunque a più rischi ma anche a più profitti) Adidas perseguiva su una strada precisa, delineata. Il gigante dell'abbigliamento sportivo ha inizialmente acquistato Bored Ape Yacht Club (BAYC) NFT #8774 nel settembre 2021, qualcosa che qualsiasi individuo (di certo con un patrimonio netto elevato) potrebbe fare.

Migliorando ulteriormente le sue credenziali Web3, Adidas ha acquistato un terreno nel The Sandbox per costruire AdiVerse: pensalo come un rivale decentralizzato di Nikeland.

I suddetti NFT serviranno come token di accesso per il merchandising virtuale in AdiVerse, quindi i possessori possono equipaggiare i loro avatar Sandbox con un abbigliamento unico. Secondo quanto riportato da The Verge, la risposta è arrivata nella notte italiana tra il 17 e il 18 dicembre 2021, dato che Adidas ha ufficializzato tramite un tweet.

Perché nel metaverso

Il Metaverso è il luogo in cui chiunque può esprimere le proprie idee più originali ed il proprio sé più autentico, in qualunque forma possa assumere” – ha dichiarato il Senior Director of Digital Growth di Adidas, Tareq Nazlawy .

Adidas è nel metaverso e vogliamo capire quale sia la cosa più innovativa da fare in questo spazio e iniziare a coinvolgere la community. Abbiamo intrapreso la nuova era dell’originalità, abbiamo detto fin dall’inizio che se vogliamo essere il brand che rappresenta e aiuta nella diffusione dei valori della Z generation, allora dobbiamo muoverci alla stessa velocità e con lo stesso dinamismo. Questo spirito si fonde perfettamente con i principi di Adidas, dove abbracciamo il limite, apriamo la porta al nuovo e agiamo con ottimismo ribelle”.

Nike e Adidas nel Metaverso: la sfida è iniziata

Insomma, la sfida nel metaverso è appena iniziata e c’è tutto un mondo ancora da esplorare. I numeri però ci sono già (ogni singolo NFT legato alla collezione Adidas è stato proposto a 0,2 ETH (Ethereum), che attualmente equivale a circa 692 euro) (approfondisci qui l'andamento NFT di Adidas).

Adesso non ci resta che attendere impazienti le prossime mosse. I grandi marchi dell’abbigliamento sportivo stanno investendo con fondi e con idee. Il finire del 2021 è stato pirotecnico e ha indicato la direzione. Ma siamo sicuri che in un mondo così in evoluzione, come lo è il metaverso, i cambi di strategia saranno all’ordine del giorno in questo 2022.

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Di Max Da Via' (del 17/03/2022 @ 07:31:12, in Web 3.0, linkato 2138 volte)

DAO è l’acronimo di Decentralized Autonomous Organization ossia organizzazioni, con scopo di lucro o no-profit, che sfruttano la tecnologia blockchain per essere autonome e decentralizzate.
L’autonomia è raggiunta attraverso l’utilizzo di Autonomous Agent, agenti software programmati ed eseguiti per compiere determinati compiti senza l’intervento umano (un po’ come i virus informatici, ma qui si chiamano smart contract e si usano per l’esecuzione automatica delle regole che ci si è dati).
La decentralizzazione indica l’assenza di una gerarchia, sostituita da meccanismi di coordinamento e voto sulle decisioni da prendere, abilitati dalla blockchain.

Il termine DAO si usa anche per riferirsi al software che serve a gestire le organizzazioni e che gira su reti blockchain. La maggior parte delle DAO funzionano su rete Ethereum, ma altre sfruttano Polkadot, Cosmos, EOS e Cardano. Il primo a concepire quest’idea è stato proprio il co-fondatore di Ethereum, Vitalik Buterin, che nel 2014 le chiamò DAC (Decentralized Autonomous Corporations).

In pratica, chi costituisce una DAO emette dei token fungibili nativi (tipicamente aderenti allo standard ERC-20), che danno alcuni diritti e utilità ai possessori (a volte bisogna acquistare più token per avere diritto di voto). Il fondatore dell’organizzazione, nella maggioranza dei casi, decide di metterli in vendita, per cui chi li acquista diventa automaticamente membro (in questo caso la DAO viene detta “permissionless”).

Vantaggi e svantaggi delle DAO

Questo approccio technology based all’organizzazione aziendale ha dei vantaggi:

  • costituzione e gestione: esistono strumenti tecnologici che, rispetto alla costituzione di società, semplificano queste procedure e non richiedono la notarizzazione di terzi (è pur vero che bisogno avere qualche infarinatura tecnologica);
  • accessibilità: le barriere all’ingresso teoricamente sono più basse perché chiunque può diventare membro, anche se c’è bisogno di una conoscenza di base del mondo cripto. Le organizzazioni tradizionali possono avere criteri di accesso miranti ad escludere determinate tipologie di persone
  • trasparenza: le attività di una DAO sono registrate sul registro decentralizzato e visibili da tutti. Nelle aziende tradizionali gli azionisti hanno visibilità del bilancio aggregato in momenti specifici dell’anno.

I possibili svantaggi di una DAO sono:

  • lentezza: i meccanismi di voto possono essere più lenti di un consiglio di amministrazione o di un CEO, per cui c’è il rischio di non essere tempestivi;
  • qualità delle decisioni: sebbene la possibilità di votare sia data a tutti i possessori di token, i membri attivi della comunità potrebbero rivelarsi pochi e magari non così informati sulle implicazioni delle decisioni;
  • riconoscimento giuridico: non c’è ancora e quindi regna l’incertezza circa future regolamentazioni. In Italia costituire una DAO è possibile, ma non esiste una legislazione specifica. La forma giuridica potrebbe essere quella di una s.r.l. ma c’è il problema della circolazione delle quote incorporate nei token (le quote di una s.r.l. diversamente dalle azioni delle S.p.a., non sono, infatti, destinate alla circolazione tra il pubblico). Il legislatore potrebbe rivedere l’art. 100-ter del T.U.F. sul crowdfunding per adattarlo all’uso della blockchain.

Tipologie di DAO

Uno dei primi casi di organizzazione autonoma decentralizzata è stato TheDao, un fondo di capitali di ventura decentralizzato che, nel 2016, raccolse 150 milioni in Eth. La storia è emblematica della peculiarità di questa nuova forma socio-tecnica, perché il fondo fu oggetto di un furto di 60 milioni e poi del loro rocambolesco recupero grazie ad un controverso “hard fork” sulla blockchain Ethereum.

Recentemente ha fatto parlare di sé ConstitutionDAO, un gruppo temporaneo riunitosi per raccogliere fondi tramite i quali acquistare la prima versione stampata della Costituzione degli Stati Uniti. Nonostante la raccolta di oltre 45 milioni di dollari, l’asta da Sotheby’s è stata vinta da un privato. Sfumato il sogno comunitario, la DAO è stata sciolta e i finanziatori rimborsati (anche se al netto dei costi di “gas fee” da pagare per l’uso della rete Ethereum).

Panorama delle DAO 2021

Al momento della scrittura di questo post si contano più 4.200 DAO, che servono a dare una forma organizzativa ad aziende con obiettivi diversi. Cumulativamente, le loro tesorerie hanno superato i 13 miliardi di dollari (+3.200% rispetto al 2001). Seguendo la tassonomia di Coopahtroopa si possono distinguere:

  • DAO Operating Systems: sono organizzazioni che offrono strumenti per facilitare il lavoro di chi vuole creare una DAO (vedi dopo);
  • Protocol DAO: hanno come obiettivo lo sviluppo e la promozione di un protocollo. Spesso nascono da pochi sviluppatori e, soltanto successivamente, decidono di vendere i token al pubblico. Tra i più importanti:
    • Uniswap che è un DEX ossia un exchange decentralizzato. Ha un capitale di 2,4 miliardi di dollari e oltre 300.000 possessori di token;
    • Compound è un protocollo decentralizzato per gestire i prestiti e i loro tassi d’interesse algoritmicamente. Possiede oltre 340 milioni di dollari e ha circa 200.000 membri;
    • MakerDAO ha creato una stablecoin decentralizzata, governata dai membri della DAO che decidono sulla politica monetaria attraverso una votazione online. Ha 166 milioni di fondi e 83.000 “soci”;
  • Investment DAO: permettono ai membri di mettere insieme del capitale a scopo di investire in progetti nelle fasi iniziali di sviluppo. Ad esempio, BitDao ha un fondo di 2,1 miliardi di dollari e oltre 21.000 partecipanti;
  • Grants DAO: sono quelle che hanno lo scopo di sovvenzionare dei progetti, spesso ancillari ad uno principale. I partecipanti decidono quali, votando. Tra gli esempi  Uniswap Grants Compound Grants;
  • Service DAO: sono organizzazioni che aggregano talenti e puntano ad offrire servizi di diversa natura. Possono essere viste come crypto talent agency. Il lavoro dei singoli viene spesso remunerato in token. RaidGuild è un’agenzia decentralizzata di designer e sviluppatori che offre i suoi servizi a chi vuole sviluppare app per il web3. Ha 60 membri, ma un fondo di poche migliaia di dollari.
  • Social DAO: raggruppano persone che vogliono fare networking e che spesso hanno uno stesso interesse. FWB raggruppa artisti, operatori e appassionati del Web3 che si ritrovano a scambiare stimoli e collaborare su Discord e in eventi privati;
  • Collector DAO: mettono insieme collezionisti per l’acquisto in comune di opere in forma di NFT. PleasrDAO gestisce oltre 90 milioni di dollari con una community di 75 persone;
  • Media DAO: sono pubblicazioni collaborative che danno potere ai produttori di contenuti che vi contribuiscono. I membri possono decidere cosa pubblicare e come investire le risorse. I guadagni sono condivisi. Tra questi Forefront e BanklessDAO.

Strumenti per DAO

La comunità cripto ha creato una serie di strumenti che aiutano chi vuole creare e gestire una DAO senza partire da zero:

  • Framework: AragonDAOStackDAOhaus MyCo che permettono di progettare, lanciare e organizzare una community d’interesse basata su blockchain;
  • Votazione: Snapshot è pensato per gestire la proposizione di questioni gestionali e il relativo voto tra i possessori del token;
  • Coordinamento: Coordinape e SourceCred per gestire la community, incentivando la partecipazione attraverso ricompense ai maggiori contributori;
  • Tesoreria: Parcel e Coinshift permettono di gestire l’utilizzo dei fondi comuni;
  • Pagamenti:  Superfluid e Sablier servono a gestire i pagamenti ricorrenti all’interno di una DAO 

Per orientarsi tra le organizzazioni esistenti si può usare Deep DAO che offre la possibilità di filtrarle secondo diverse metriche: capitale raccolto, membri, proposte, votanti.

La democratizzazione delle aziende attraverso l’automatizzazione dei meccanismi decisionali potrebbe rivelarsi un’utopia, ma non c’è dubbio che per alcune iniziative temporanee e con scopi precisi, le DAO potrebbero rivelarsi una soluzione agile ed efficace (Ukraine DAO, creata dalla fondatrice della band Pussy Riot, ha raccolto 6,75 milioni in Eth per il popolo ucraino). Ma siamo solo agli inizi. Il tempo e le applicazioni reali ci diranno quanto questo strumento potrà reggere alla prova dei fatti.


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Di Max Da Via' (del 28/03/2022 @ 07:56:24, in Social Networks, linkato 2143 volte)

Come ogni anno faccio il punto sull’utilizzo dei social media in Italia, rielaborando i dati di Audiweb powered by Nielsen. Nel corso del 2021 ogni mese hanno navigato in rete 44,3 milioni di italiani (dati riferiti agli utenti da 2 anni in su), pari al 74,5% della popolazione (+2,2% rispetto al 2020). Nel giorno medio, invece, lo hanno fatto 37,1 milioni di persone, pari al 62,3% della popolazione (+8,2%).
Lo strumento preferenziale di accesso rimane lo smartphone, usato da 39,1 milioni di persone ogni mese (+5,1%) e da 33,7 milioni nel giorno medio, con una crescita del 12,8%.

Prima di addentrarci nell’analisi dei social media, è importante sapere che, in questo caso, l’universo di riferimento è rappresentato dagli utenti della fascia 18-74 anni (sia per la fruizione da computer che da mobile). Al momento la navigazione da mobile da parte di minori di 18 anni non è rilevata, dunque è probabile una sottovalutazione dell’impatto dei servizi usati prevalentemente in mobilità da questo segmento della popolazione.
Questa volta non farò confronti con l’anno precedente perché non sarebbero coerenti dato che Audiweb ha effettuato un adeguamento del suo sistema di rilevazione in vista del nuovo scenario cookies. Voi se volete potete dare un’occhiata ai dati del 2020.

Gli utenti italiani dei social media

Considerando le medie mensili del 2021, il social più usato dagli italiani è stato YouTube, che ha collezionato un audience di 35,4 milioni di persone al mese. Col fiato sul collo Facebook, che ha fatto registrare una media di circa 35 milioni di utilizzatori. Sul podio permane anche Instagram con 28,4 milioni di utenti.

In quarta posizione arriva Pinterest con un pubblico di 20,7 milioni di aficionados, che supera LinkedIn fermo a 18,3 milioni di professionisti (in preoccupante calo durante gli ultimi mesi dell’anno). L’alto valore di Pinterest potrebbe essere dovuto al traffico che riceve da Google Immagini.
Twitter riesce a coinvolgere 11,5 milioni di persone, grazie soprattutto alla sua capacità di “stare sulla notizia” e sui trend del momento.
Il fenomeno degli scorsi anni, TikTok continua ad ampliare la sua audience e ad arrivare a 9,6 milioni di persone (dai documenti ufficiali sappiamo che l’utenze effettiva ad aprile del 2021 era di 12,5 milioni di italiani).
Un’altro social da guardare con interesse è Twitch che riesce a catalizzare l’attenzione di 4,7 milioni di spettatori. Tiene Reddit che raccoglie nei suoi forum 3 milioni di persone. I social che fanno più fatica sono Snapchat, che ha un’audience di circa 2 milioni di utenti, e Tumblr con 1,8 milioni di irriducibili.

In questa disamina non considero i servizi di messaggistica istantanea, ma c’è ne è uno, Telegram, che in questi anni ha assunto una forma ibrida di strumento privato e pubblico (i canali pubblici sono visibili, funzionando come account Twitter). Il servizio del russo Pavel Durov ha trovato terreno fertile nel nostro paese: gli italiani che lo hanno utilizzato nel 2021 sono stati ben 17 milioni.

Tempo di utilizzo dei social media in Italia

Per quanto tempo abbiamo utilizzato i social media nel 2021? Per capirlo ho a disposizione dei dati che considerano solo la fruizione di pagine web e app mobile, non specificamente dei video, per cui i dati di YouTube sono sicuramente sottostimati.

Anche se nel 2021 non è stato il luogo più frequentato, Facebook è stato quello nel quale gli italiani trascorrono più tempo: in media ha toccato le 11 ore e 29 minuti al mese per persona.
A grande distanza, al secondo posto c’è Instagram, usato per 6 ore e 6 minuti, mentre al terzo TikTok con 5 ore e 38 minuti di utilizzo (quest’ultimo coinvolge le persone per 33 minuti in media nel giorno medio). A ruota segue YouTube con 5 ore e 18 minuti.

Twitch riesce a tenere alta l’attenzione per 2 ore al mese per persona, mentre nell’intorno dell’ora si posizionano Twitter (1h e 9′) e Snapchat (1h e 5′). In coda Reddit e Tumblr con 25 minuti, seguiti da Pinterest con 17 minuti e LinkedIn con 16 minuti, che hanno un grave problema di permanenza.

Via Vincos Blog
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Di Max Da Via' (del 01/04/2022 @ 07:13:56, in Web 3.0, linkato 2108 volte)

A breve distanza dall'annuncio di una partnership tra The Sandbox e Bric, il Metaverso accoglie un ulteriore attore entro i confini del proprio universo digitale.

Arianee, tra le principali piattaforme attivo nel settore web3, ha infatti annunciato il raggiungimento di un accordo con il team di The Sandbox. Le due compagnie, in particolare, hanno concordato sulla possibilità di unire le forze per proporre un servizio in grado di unire asset reali e virtuali mediante soluzioni NFT. Il progetto sfrutta il principio di "metaverse ready": "Il concetto è semplice. - dichiarano i due neo-partner commerciali - se possiedi un NFT nella vita reale, puoi ottenere quello corrispondente in The Sandbox e viceversa. I brand che creano NFT su entrambe le piattaforme saranno in grado di offrirli ai propri clienti mediante un'interfaccia semplice".

Per il momento, vige ancora il più stretto riservo sull'identità dei marchi coinvolti nel progetto, con i primi annunci in merito che verranno condivisi nel corso della primavera di quest'anno. Questi ultimi, ad ogni modo, dovrebbero coprire le più disparate attività commerciali, tra dispositivi indossabili, organizzazione di eventi e molto altro ancora. Al momento, tra i partner di Arianee si contano già brand del calibro di Moncler, Breitling, Mugler, Panerai, IBM, Ba&Sh, IWC, Paris Fashion Week e il gruppo Richemont.

In chiusura, ricordiamo che al momento The Sandbox è protagonista al Museo della Permanente di Milano, nell'ambito di una mostra dedicata all'arte digitale e agli NFT.


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