Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Facebook conferma quanto scritto dal Financial Times lo scorso novembre: a breve offrirà un nuovo servizio dedicato alla vita professionale. L’azienda dice che sta iniziando a testare «Facebook at Work» insieme a «selezionati partner pilota». L’app sarà visibile sugli app store di iOS e Android e disponibile solamente per i partner dei test.
Facebook at Work, continua la nota, «è un’esperienza completamente separata da quella della piattaforma e offre agli impiegati la possibilità di connettersi e collaborare in modo efficace attraverso l'utilizzo degli strumenti Facebook – molti dei quali già noti e largamente utilizzati come il News Feed, i Gruppi, messaggi ed eventi. Sarà quindi possibile restare in contatto con i propri colleghi nello stesso modo in cui lo si fa con i propri amici e familiari attraverso Facebook. Facebook at Work offre infatti un'esperienza – anche visiva - simile a quella di Facebook, condividendone infatti gli strumenti».
L’ambizione di Facebook è dunque entrare anche nelle imprese, nella vita lavorativa dei suoi utenti. Il social network è infatti spesso bandito all’interno delle aziende, mentre in questi anni si sono fatti strada diversi tool collaborativi aziendali che cercano di imitare semplicità e condivisione cui siamo abituati in ambito privato. Secondo alcune indiscrezioni sui giornali americani, la versione per aziende sarebbe a pagamento e dunque non sostenuta dalla sola pubblicità.
Microsoft ha acquisito Yammer nel 2012, Google ha i suoi prodotti, Ibm un servizio chiamato “Connections” e una partnership con Apple per sviluppare app dedicate alle aziende. Insomma, è un mondo che si sta popolando e una opportunità di business. Ovviamente Facebook deve stare attento ai dati personali, pena l’esclusione dalle aziende, e infatti il comunicato ci tiene a sottolineare che le informazioni su Facebook at Work «sono al sicuro, protette, confidenziali e completamente separate da quelle del proprio Profilo Facebook personale. Le informazioni condivise tra gli impiegati sono infatti accessibili solamente alle persone della compagnia».
Via IlSole24Ore.com
Sempre più mobile, sempre più video. Il futuro dell’advertising è tracciato, come quei romanzi che, inizi a leggerli, e sai già come finiranno. E chiedete pure a quelli di Facebook, che qualche mese fa hanno sborsato mezzo miliardo di dollari per assicurarsi LiveRail, piattaforma di video advertising che genera qualcosa come 7 milioni di video pubblicitari al mese. Oppure a Twitter, che nei mesi scorsi ha fatto incetta di startup del macrocosmo video, portandosi a casa MoPub, Namo Media e TapCommerce, e ora è pronta a lanciare la sua piattaforma, con una versione beta che è già disponibile per i profili verificati.
Proprio su Twitter è doveroso spendere qualche riga in più. E non solo perché la sfida dei video può ragionevolmente segnare il futuro del social network di Jack Dorsey.
A San Francisco sono abituati a fare le cose in grande, e dalle prime (e poche) indiscrezioni che trapelano dagli uffici di Market Street, si apprende che il video player di Twitter consentirà agli utenti di caricare video di una durata massima di 10 minuti, mentre i formati supportati saranno mp4 e mov, e non ci saranno limiti per la dimensione del file. Inoltre, l’immagine di anteprima, che spesso decreta il successo di un video, sarà selezionabile dall’utente. Il lancio? Ancora qualche settimana. Poi chiunque ha un account Twitter potrà postare video, senza ricorrere a piattaforme terze come Vine e YouTube.
La mossa di Twitter, e prima ancora quella di Facebook, sono probabilmente i segnali più chiari di come l’evoluzione dell’advertising online stia virando in modo deciso verso i video. Pre-roll, mid-roll e post-roll sono vocaboli ai quali faremo abitudine prestissimo, anche perché le previsioni lasciano poco spazio ai dubbi. Secondo un’infografica presentata da Iab Italia, il mercato del video advertising è in costante crescita negli ultimi due anni. E dovrebbe toccare quota 11,4 miliardi di dollari nel 2016. Un piatto ricco sul quale i colossi del web hanno posato gli occhi in largo anticipo. È notizia di qualche giorno fa, ad esempio, il nuovo finanziamento ottenuto da Teads, una delle piattaforme internazionali più popolari nel campo del video advertising. 24 milioni di euro per un’operazione finanziaria che la dice lunga sulla fiducia degli investitori nel settore e che vede coinvolte banche del calibro di Bank of China, Hsbc, Bnpp e Bpi.
Ora però, è già scattata la guerra ai click. E in questo senso la mossa più astuta, senza ombra di dubbio, pare essere stata quella di Mark Zuckerberg. Già da qualche mese Facebook ci ha “abituati” ai suoi video in auto-play, cioè quelli che partono da soli scorrendo la time line (per fortuna in modalità silenziosa). E “abituati”, attenzione, sembra il termine più adatto per descrivere la capacità pervasiva del social di Palo Alto. Ora, non appena i filmati pubblicitari sbarcheranno su Facebook, il business esploderà con forza devastante. Se la logica rimarrà quella attuale, basterà scrollare la time line per far partire un pre-roll correlato a un video. Ergo: basterà uno scroll per innescare il business. Anche per questo Twitter s’è mossa sui video. Rimanere indietro, oggi, potrebbe compromettere il futuro. I cinguettii potrebbero non bastare più, fra qualche mese.
La vera battaglia, dunque, sarà sulle visualizzazioni dei video. Una battaglia che, in realtà, è cominciata già da qualche mese e vede due protagonisti indiscussi: Facebook e YouTube, con il primo che da quando ha introdotto il proprio player sta insidiando i vari primati che lo storico “tubo” ancora detiene. Le statistiche si sprecano, e sembra l’ennesima guerra senza esclusioni di colpi fra Google e il social network da oltre un miliardo di utenti. Perché i numeri, in questo caso, non rimangono solo numeri. Ma si tramutano in danaro.
Via IlSole24Ore.com
Quali sono le principali tecnologie e innovazioni che caratterizzeranno il mercato nei prossimi 12-18 mesi? A questa domanda ha provato a rispondere Deloitte con una serie di Prediction che, per il 2015, “anticipano una rivoluzione nelle vendite al dettaglio paragonabile all’avvento dell’e-commerce – spiega Alberto Donato, Partner Deloitte e responsabile italiano Technology, Media & Telecommunication (TMT) – Saranno rivoluzionate le modalità di consegna degli acquisti online, ritirati quando e dove il cliente desidera, e i pagamenti in negozio, sempre più spesso effettuati con il cellulare.”
Ecco le “TMT Predictions 2015” che assumeranno particolare rilevanza nel mercato italiano:
La corsa all’ultimo smartphone coinvolgerà 1,4 miliardi di persone nel 2015 Si venderanno più smartphone che tv, tablet, pc e videogiochi messi insieme con ricavi per oltre 300 miliardi di dollari. Lo smartphone sarà l’oggetto tecnologico più desiderato dal grande pubblico nel 2015. Si stima infatti che saranno venduti circa 1,4 miliardi di nuovi smartphone in tutto il mondo, di cui un miliardo sarà acquistato dopo soli 18 mesi dall’acquisto dello smartphone precedente. Gli acquisti di nuovi smartphone nel 2015 porteranno, per la prima volta, il numero di possessori oltre la soglia dei 2 miliardi. I principali fattori che spingeranno alla scelta di un modello piuttosto che un altro saranno la varietà di nuove funzionalità offerte (come il riconoscimento con impronte digitali), le capacità della fotocamera ed il look accattivante.
La batteria dello smartphone continua a essere insufficiente Ma se i telefoni stravincono gli investimenti nella ricerca per realizzare batterie più efficenti non produrranno i risultati sperati: nel 2015 la carica durerà in media solo il 5% in più del 2014. La difficoltà consiste nel trovare un sostituto al litio, materiale attualmente utilizzato, che oltre a durare di più abbia anche le stesse caratteristiche di sicurezza, economicità e adattabilità. In Italia, la necessità dilagante di disporre di uno smartphone sempre carico ha dato vita al mercato molto diffuso delle batterie esterne.
Pagamenti via smartphone I presupposti ci sono tutti: Mastercard e Visa si sono preparate ai pagamenti in negozio con gli smartphone mentre per Apple è già realtà. La fine del 2015 segnerà il punto di svolta per l’uso dei telefoni cellulari come alternativa agli strumenti di pagamento tradizionali, avviando di fatto il processo per il quale lo smartphone diventerà un vero e proprio portafogli. Nel 2015, circa il 5% degli smartphone in tutto il mondo verrà utilizzato per effettuare un pagamento in un negozio, almeno una volta al mese. Percentuale oggi ferma allo 0,5%.
Compri Online e ritiri dove vuoi Scuole, parcheggi, banche e stazioni della metropolitana: i luoghi in cui il consumatore online potrà scegliere di ritirare i propri acquisti. Un cittadino europeo su due effettua acquisti online, richiedendo miliardi di consegne ogni anno di cui non è soddisfatto. Perché aspettare ore a casa l’arrivo del corriere quando è possibile scegliere dove e quando ritirare il proprio acquisto? Il 2015 vedrà il boom del “click & collect”, cioè la diffusione degli acquisti online consegnati in armadietti, stazioni ferroviarie e negozi, dove saranno gli utenti stessi a ritirare la merce. Si raggiungerà il mezzo milione di location ad hoc in Europa, con un aumento del 20% rispetto al 2014. Con il 67% delle preferenze, i luoghi più gettonati per la consegna saranno gli armadietti (dislocati in Italia per lo più vicino a scuole, banche e parcheggi), seguiti dalle stazioni e dai negozi. Proprio per i negozi le nuove modalità di spedizione potranno rappresentare un’opportunità ma anche un onere: se da una parte il cliente che entra a ritirare il pacco può essere invogliato ad effettuare acquisti tradizionali, dall’altra sarà necessario progettare negozi predisposti ad accogliere la merce da ritirare e a gestire i resi.
IoT: un affare per le aziende Non solo smartphone e tablet, nel 2015 saranno connessi a internet un miliardo di nuovi oggetti come elettrodomestici e automobili, con una crescita del 60% rispetto al 2014. Nonostante l’attenzione dei media sia concentrata sui benefici per i consumatori finali, gli oggetti connessi alla rete faranno guadagnare soprattutto le aziende, con ricavi fino a 10 volte superiori ai risparmi per i consumatori. Quali i settori per primi renderanno i loro oggetti “intelligenti”? In primo luogo quello energetico: i nuovi contatori saranno capaci non solo di rilevare cortocircuiti o disservizi, ma anche di abilitare un’analisi della domanda di energia nei periodi di picco evitando la costruzione di nuove centrali. Anche gli elettrodomestici intelligenti porteranno grandi vantaggi, fornendo in tempo reale dati mai raccolti prima sia sullo stato di usura che sulle modalità di utilizzo. Internet rappresenta il futuro anche del settore automobilistico: si stima che nel 2015 verranno vendute in tutto il mondo circa 16 milioni di automobili intelligenti (pari alle previsioni di vendita 2015 di tutto il mercato USA), con enormi ritorni economici per le compagnie di assicurazione.
Aumenta la velocità di navigazione del 20% 725 milioni di case saranno connesse alla banda larga, ma la vera rivoluzione sarà nelle performance e nella varietà dell’offerta. A livello globale, nel 2015 le case con una connessione a banda larga aumenteranno del 2% rispetto al 2014, raggiungendo 725 milioni. La rivoluzione non sarà nel numero di nuovi utenti ma nella crescita delle performance della connessione disponibile nelle case, con un aumento della velocità media di navigazione del 20%. Il mercato offrirà sempre maggiori tipologie di banda larga, diverse per prezzo e performance, facendo crescere il divario tra coloro che hanno accesso ad una connessione super veloce e quelli che preferiscono una connessione standard. Il divario sarà particolarmente evidente per chi usa funzionalità che consumano molta banda come lo streaming dei video.
Libro VS e-book: vince la carta Il paradosso della carta: i libri stendono gli e-book mentre le librerie sono messe KO dall’ e-commerce. CD, DVD e giornali sono stati ormai largamente sostituiti dai loro cugini digitali mentre il buon vecchio libro resisterà saldamente alla diffusione dell’e-book, generando l’80% dei ricavi del settore nel 2015. Lettori di tutte le età dichiarano di preferire libri stampati a quelli elettronici. Il libro cartaceo resta il preferito da circa il 60% degli intervistati non solo per l’innegabile fascino legato al tatto, alla vista e all’olfatto della carta stampata, ma anche perché facilita la memorizzazione dei contenuti. È apprezzata, inoltre, la copertina del libro tradizionale che trasmette una serie di informazioni impossibili da veicolare tramite un libro elettronico. Se nella lettura la tradizione prevale sui libri digitali, la stessa cosa non si può dire per le modalità di acquisto: dal 2009 le librerie continuano a chiudere battenti perché i libri, ormai, si comprano online.
Via Tech Economy
Starbucks continua a ottenere riscontri importanti, anche e soprattutto economici, dal mobile payment: il gigante americano del caffè rivendica di aver raggiunto la quota del 90% del miliardo e seicentomila dollari spesi nei negozi statunitensi utilizzando uno smartphone nel 2013, e nel 2014 probabilmente la quota non sarà molto diversa, nonostante l’introduzione di Apple Pay nel mese di ottobre.
I conti trimestrali danno conto di un successo nel settore dei pagamenti in mobilità che il colosso non è affatto intenzionato a cedere: nel suo primo trimestre fiscale del 2015 chiuso al 28 dicembre, la società ha dichiarato di avere 13 milioni di utenti da telefonia mobile negli Stati Uniti, in decisa crescita rispetto ai 12 milioni registrati nel mese di ottobre.
Il CEO di Starbucks Howard Schultz ha fatto dei pagamenti mobili una priorità assoluta, anche suggerendo alla fine dell’anno scorso le carte Starbucks potrebbero diventare una valuta più ampia che potrebbe essere utilizzata anche per comprare in altri negozi. Sarà una sfida, ma è chiaro che l’azienda non ha intenzione di cedere clienti ad Apple Pay, Google Wallet, o qualsiasi altro sistema di pagamento mobile.
Per ora l’applicazione Starbucks sta aiutando l’azienda a più livelli: l’applicazione ha contribuito a rinforzare il meccanismo alla base di Starbucks Rewards, il programma fedeltà dell’azienda, perché rende più facile tenere traccia degli acquisti per ottenere bevande gratuite e altri incentivi da parte degli utenti. Ma l’app di mobile payment alimenta anche altre ambizioni di Schultz, come il processo di ordine e pagamento in mobilità delle bevande: la società ha testato la possibilità di ordinare su smartphone e ritirare nei negozi per evitare linee a Portland, in Oregon nel mese di dicembre. La sperimentazione, anche in mancanza di numeri ufficiali, deve essere andata bene visto che la società prevede di lanciare lo stesso meccanismo in altri 600 punti vendita nel nord-ovest del paese nei prossimi mesi. “Una novità che farà crescere il numero delle transazioni mobili nei negozi,” ha spiegato Schultz.
Secondo molti analisti, se è vero che Apple Pay sta macinando successi presso gli utenti di iPhone 6 e presso brand e banche, e anche Google Wallet non sta certo a guardare, l’app di Starbucks sembra destinata a rimanere popolare grazie alla sua combinazione per ora unica di forme di pagamento associate a meccanismi di ricompensa per i clienti.
Via Tech Economy
I commenti sui social sono un diluvio intorno al sito VeryBello, e le ragioni di critica stanno crescendo e consolidandosi nel tempo.
Poiché si tratta di un ambito fondamentale (è convinzione diffusa che Expo2015 può essere una importante occasione per l’economia italiana) e poiché ci sono già diversi problemi legati al completamento dei lavori e alla trasparenza (che grazie all’operazione Open Expo è in via di decisiva ripresa), è importante condividere precocemente le criticità dell’iniziativa, come contributo al MiBACT per un loro superamento.
Proviamo a sintetizzarle:
- Dal punto di vista formale, il dominio di un sito istituzionale non può essere di proprietà di un privato, come è in questo caso;
- Dal punto di vista di strategia operativa, il sito VeryBello, come vetrina di eventi, si sovrappone al sito Italia.it e lo priva di uno dei ruoli principali. Poiché non si comprende l’integrazione, siamo tra la sovrapposizione, la duplicazione di sforzi e il cannibalismo interno. In un momento di difficoltà gestionale di Italia.it e di necessità di ottimizzazione delle risorse l’iniziativa appare poco comprensibile;
- Dal punto di vista tecnico, il sito VeryBello, monolingua (solo italiano) e statico (al momento in cui scrivo sono presenti eventi già trascorsi), privo di funzionalità chiave (la navigazione per calendario/agenda e per mappa geografica), è chiaramente un passo indietro rispetto allo stesso sito Italia.it e molto lontano dal poter supportare gli obiettivi di “vetrina internazionale per Expo2015” che il MiBACT si propone di raggiungere.
È certamente difficile fare dei passi indietro dopo la pubblicizzazione di un’iniziativa, ma lo sforzo organico che in questi mesi il governo sta producendo, anche con la produzione di documenti strategici e l’avvio di progetti di sistema, obbliga a valutare attentamente vantaggi e svantaggi delle iniziative, benefici e problemi, così da intervenire precocemente sugli errori, anche rivedendo profondamente le scelte fatte. Questo sembra il caso.
Via Agenda Digitale
BrainJuicer Group PLC , agenzia di ricerca che è stata votata la più innovativa al mondo ed è il pioniere dei test sulla pubblicità basati sulle emozioni, annuncia il “Global FeelMore50”, la prima classifica globale mai realizzata sulla pubblicità mondiale. L’annuncio top del 2014 è “Oh Emma”, realizzato da Leo Burnett Paris per Le Trefle, una marca francese di carta igienica.
“Oh Emma”, prende in giro la nostra moderna ossessione con la tecnologia. Quest’annuncio esilarante dimostra come un piccolo marchio e un prodotto dall’utilizzo quotidiano possano generare un livello emozionale così forte da essere in grado di competere con alcuni dei più grandi inserzionisti di tutto il mondo. La risata è sicuramente un ottimo metodo per ottenere successo a livello emotivo, ma non l’unico. Tutte le pubblicità FeelMore50 seducono, invece di convincere a fare qualcosa, e fanno sì che chi le guarda provi delle sensazioni forti a loro riguardo.
Il secondo annuncio migliore è affascinante, una storia che genera felicità grazie al suo essere in grado di dare vita alla meraviglia del volare. Turkish Airlines era stata criticata per servire poche tratte nazionali all’interno del proprio paese – la sua risposta è stata data tramite Lowe Istanbul, una promessa emotiva di fare meglio in futuro.
Il terzo annuncio migliore al mondo è stato creato da Anomaly US per Budweiser, che ha vinto la battaglia delle pubblicità del Super Bowl per il secondo anno di fila, con “Puppy Love”, un sequel della pubblicità vincitrice del FeelMore50 dello scorso anno “Brotherhood”. Qui il cavallo Clydesdale e il suo padrone hanno un nuovo amico, un cucciolo adorabile. La combinazione di ragazzi ruvidi e animali carini, mixati con un pizzico di romanticismo sembra fatta su misura per rendere felici le persone.
“Oh Emma” è la migliore pubblicità del 2014 perché è la più emozionale. Studi effettuati su larga scala sull’efficacia della pubblicità (‘The Long and the Short of It’, IPA 2013) hanno dimostrato che le campagne pubblicitarie emozionali sono di gran lunga migliori predittori degli effetti commerciali a lungo termine rispetto a quegli annunci pubblicitari che adottano una strategia di comunicazione razionale, basata sulla persuasione. Quando le persone sono più coinvolte a livello emozionale comprano di più. Decine di migliaia di nuovi spot vengono lanciati ogni anno. Il FeelMore50 ha utilizzato l’approccio fortemente predittivo di BrainJuicer, per testare oltre 400 degli annunci più acclamati, premiati, e diventati virali al mondo, e li ha classificati su un punteggio da 1 a 5-stelle. Più alto è il punteggio, più è probabile che la pubblicità impatti in maniera notevole il business a lungo termine. Il punteggio medio ottenuto dalle oltre 35,000 pubblicità testate da BrainJuicer a livello globale è 2 stelle, ma quelle incluse nel FeelMore 50 ottengono tutte delle valutazioni di 4 o 5 stelle e sono incredibilmente emozionali.
A questo link la classifica completa “Global FeelMore50”.
Prosegue la crescita del mercato discografico italiano nel 2014, dopo i primi dati positivi del 2013. Secondo i dati certificati da Deloitte l’anno appena trascorso si è chiuso con un incremento del 4% e un fatturato di 122 milioni di Euro al sell in. Nel 2013 il mercato era tornato a crescere dopo undici anni consecutivi di calo.
Complessivamente il segmento digitale, sul dato annuale, rappresenta il 38% del mercato contro il 32% del 2013.“Guardando i dati nel dettagli – ha dichiarato Claudio Ferrante, Presidente e fondatore di Artist First – è evidente che l’impatto dello streaming è molto forte: è ormai fuori di dubbio che il mercato stia andando in quella direzione e che, in futuro, le piattaforme di streaming saranno sempre più utilizzate. Il punto focale sarà la possibilità di accedere a pagamento a un’offerta molto variegata e particolarmente profilata sull’utente, così come oggi avviene con l’offerta televisiva. E’ una frontiera che ancora tarda ad affermarsi in Italia. D’altra parte, bisogna considerare che il supporto fisico rappresenta ancora la fetta principale del mercato, pari al 62%. Questo dimostra come, praticando un prezzo equo all’utente finale o dando un valore aggiunto con la realizzazione di confezioni de-luxe che possano appassionare il pubblico, oltre all’oggetto che è il CD, è possibile puntare ancora sulla diffusione del supporto fisico parallelamente a quella digitale”.La crescita è stata trainata soprattutto dai servizi streaming come TIMmusic, Google Play, Spotify, Deezer, YouTube e Vevo che complessivamente sono saliti di oltre l’ottanta per cento. Nello specifico, i servizi sostenuti da pubblicità sono cresciuti dell’84% mentre quelli in abbonamento del 82%.
Oggi lo streaming rappresenta il 57% del digitale contro il 43% del download, sceso nel 2014 del 15%.Nel 2013 lo streaming rappresentava il 12% del totale mercato, oggi il 22%. Da rilevare il rallentamento del calo del supporto fisico che rappresenta comunque il 62% del mercato, e in questo contesto va segnalata inoltre la costante crescita del vinile, cresciuto dell’ 84% anche se rappresenta sempre un fenomeno di nicchia con il 3% del mercato.
Via IlSole24Ore.com
Le cifre parlano chiaro: il mobile è il luogo dove la pubblicità digitale esprime sempre maggiori potenzialità. Lo sostengono molte ricerche estere e oggi i nuovi dati del dall’Osservatorio Mobile Marketing & Service della School of Management del Politecnico di Milano, non fanno che confermare un trend in crescita anche nel nostro Paese.
“Gli italiani passano sempre più tempo a navigare in Internet da smartphone, più di quanto ne passino giornalmente davanti a un Pc. Le aziende si sono ormai rese pienamente conto della rivoluzione in atto e del fatto che il mobile possa diventare il grimaldello che apre il portone della multicanalità – afferma Andrea Rangone, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio Mobile Marketing & Service. “E così nel corso del 2014 abbiamo assistito ad una forte crescita degli investimenti in Mobile Advertising, alla sperimentazione di diverse soluzioni di Mobile Couponing, al ripensamento di alcuni processi di business in una logica customer-centric.”
Sono in media 15 milioni i cosiddetti mobile surfer giornalieri, ovvero gli italiani connessi a Internet ogni giorno da smartphone. Se si considera anche l’utilizzo del tablet, il numero di coloro che accedono alla rete da device mobili raggiunge i 16,4 milioni. Gli italiani passano sempre più tempo a navigare su smartphone, precisamente 90 minuti al giorno a fronte dei 70 spesi davanti al monitor di un Pc.
L’utilizzo del mobile tra i consumatori è significativo anche all’interno del processo d’acquisto: oltre tre quarti dei mobile surfer, infatti, usa lo smartphone in almeno una delle fasi (pre-vendita, vendita, post-vendita). In particolare, il 58% dei Mobile Surfer lo usa fuori dal negozio e il 41% direttamente dentro il punto vendita; le due attività prevalenti sono la ricerca di informazioni sui prodotti da acquistare e il confronto prezzi. Il 18% impiega lo Smartphone per attività a seguito dell’acquisto: tra quelle più frequenti ci sono il monitoraggio della spedizione e la pubblicazione dei commenti sul prodotto. E’ il settore dell’elettronica di consumo quello dove si registra la percentuale più alta di utenti che utilizzano lo smartphone nel processo d’acquisto: il 60% dei mobile surfer contro il 48% del mondo abbigliamento e accessori e il 29% della GdO Grocery. “Il mobile è dunque pienamente entrato nel processo di acquisto – dice Guido Argieri, Telco&Media Director di Doxa – e 1 internauta su 3 ci dice che grazie allo Smartphone l’esperienza d’acquisto è decisamente migliorata.”
E le aziende? Ad un uso così intensivo dei device mobili corrisponde una progressiva presa di coscienza da parte dei brand. Sul fronte del mobile marketing & service, nel 2014 le aziende sono diventate consapevoli del ruolo giocato dal mobile come touchpoint necessario nelle strategie di relazione e fidelizzazione dei consumatori e come potenziatore degli altri punti di contatto. Per utilizzarlo nel modo più efficace è però necessario offrire, attraverso il Mobile, un’esperienza del brand migliore e garantire un reale valore aggiunto al consumatore, per convincerlo a scaricare e utilizzare un’Applicazione Mobile.
“Alcuni settori hanno già maturato una vision strategica e l’hanno resa operativa, come i pure player del mondo eCommerce, nei quali il Mobile guida le scelte di investimento in termini di sviluppo, design, usability” afferma Andrea Boaretto, Responsabile della Ricerca dell’Osservatorio Mobile Marketing & Service. “I Retailer tradizionali, invece, si stanno interrogando su quale possa essere la reason why per i propri consumatori nell’uso dell’App. In questo settore, tuttavia, abbiamo rilevato una crescente attenzione verso il potenziamento della shopping experience dei consumatori, in particolare all’interno del punto vendita. Le aziende produttrici del settore largo consumo utilizzano il Mobile per conoscere i propri clienti e iniziare a costruire una relazione costante con loro, mentre per le imprese di servizi (settore Finance/Banking, Telco e Utility) il Mobile assume un duplice ruolo strategico di acquisizione nuovi clienti e di supporto al customer care. Nel settore Automotive, il paradigma dell’Internet of Things, delle Connected Car, rendono lo Smartphone uno strumento di vera e propria interazione col veicolo.”
La crescita del mercato del mobile advertising conferma questa crescente consapevolezza verso le opportunità offerte dal canale: nel 2014 supera, infatti, i 300 milioni di euro, registrando un incremento del 48%. Raggiunge così il 15% dell’Internet Advertising (solo due anni fa era il 5%) e il 4,5% del totale mezzi (nel 2012 valeva l’1%). Il mercato rimane però fortemente concentrato, a livello sia di offerta sia di domanda. Sul ‘lato offerta’, tre quarti del mercato sono nelle mani di Google e Facebook, che complessivamente crescono di quasi il 60%; ‘lato domanda’, oltre il 60% degli investimenti riguarda le aziende che fanno vendita diretta tramite il canale Mobile.
“La maggioranza degli investimenti su Mobile”, afferma Marta Valsecchi, Responsabile della Ricerca dell’Osservatorio Mobile Marketing & Service, “rimane legata a obiettivi di performance, ovvero lead generation, download di App, iscrizione a newsletter, vendita. Nel 2014 sono però cresciuti in maniera significativa anche gli investimenti con obiettivi di branding, con campagne realizzate anche attraverso l’utilizzo del formato Video e Rich Media. Un altro trend emergente è lo sviluppo del Programmatic Advertising anche su Mobile, non solo in termini di investimenti ad hoc, ma soprattutto in una logica di pianificazione multicanale. Ma l’ambito di innovazione più rilevante che guiderà la crescita del mercato nei prossimi anni è, a nostro avviso, la possibilità di sfruttare le enormi potenzialità di profilazione del Mobile non disponibili su altri canali (ad esempio il geo-behavioral targeting).”
Il mercato del Mobile Commerce (solo smartphone) nel 2014 raddoppia, arrivando a 1,2 mld di euro (9% delle vendite eCommerce B2c). La crescita così significativa è legata al fatto che questo canale non è più utilizzato solo per le vendite ‘time based’, ma anche per le vendite di prodotti o servizi il cui esito è completamente svincolato dallo specifico momento in cui vengono effettuate.
Anche per il Mobile Payment i numeri iniziano comunque a essere confortanti e a far credere che il 2015 possa davvero essere l’anno dello sviluppo dei servizi: a fine 2014 in Italia, infatti, si contano già 250.000 POS contactless (su un parco di 1,3 milioni di POS bancari in circolazione) e oltre 10 milioni di utenti con in tasca uno Smartphone NFC .
Negli ultimi 3 anni oltre 530 startup operanti in ambito Mobile Marketing & Service hanno ottenuto finanziamenti a livello internazionale. I business in cui operano tali realtà mostrano i principali filoni di innovazione di questo mercato. Tra gli ambiti più presidiati ci sono: Mobile Wallet (28% del totale), Soluzioni Tecnologiche Verticali a supporto della creazione di servizi Mobile più ampi (25%), Mobile Advertising (21%), Mobile Service (14%) e Mobile Commerce (12%).
Il fermento emerso a livello internazionale si riflette anche in Italia: sono 35 le startup italiane che hanno ottenuto finanziamenti. La penetrazione delle categorie è però differente da quella globale. La principale categoria (28%) è quella dei Mobile Wallet. Al secondo posto ci sono, invece, startup operanti in ambito Mobile Commerce (26%); al terzo posto, a pari merito, startup in ambito Mobile Service e Soluzioni Tecnologiche Verticali a supporto della creazione di servizi Mobile più ampi.
Via Tech Economy
Qual è la nazione che trascorre più tempo su Internet? Quale il paese che sfrutta maggiormente i device mobili? Quanti sono gli account attivi sui social media e chi sono i frequentatori più assidui di Facebook piuttosto che di WhatsApp? A svelare questi dubbi sono Digital, Social e Mobile 2015 elaborato da We Are Social. La relazione 2015 copre più di 240 paesi con un focus approfondito su 30 tra le nazioni più “influenti” a livello economico e offre una panoramica regionale e globale dei dati chiave per internet, social media e l'utilizzo mobile. L’intero report offre puntuali informazioni di scenario per capire come si sta evolvendo il mondo digitale a livello globale oltre a delineare alcuni trend che caratterizzeranno l’intero 2015. Una panoramica a livello mondiale.
FACEBOOK E SMARTPHONE. Gli indicatori mondiali sono all’insegna della crescita: la popolazione mondiale è arrivata a quota 7.2 miliardi di persone e il numero di utenti internet attivi ha superato i 3 miliardi (contro i 2.5 miliardi di 12 mesi fa) con una penetrazione che ha raggiunto il 42% dell’intera popolazione mondiale. Gli account attivi sui social media sono oggi più di 2 miliardi ed è cresciuto del 23% il numero di persone che usano attivamente i social media dai propri smartphone. A livello globale il numero di pagine visitate da desktop è diminuito del 13% mentre è aumentato del 39% da smartphone (e 17% da tablet). La piattaforma più usata si conferma Facebook (1.36 miliardi di utenti attivi), ma è interessante osservare come continui il trend di crescita dei servizi di instant messaging: WhatsApp ha superato i 600 milioni di utenti e Facebook Messenger è usato oggi da più di 500 milioni di persone.
L'ITALIA. Nel nostro Paese gli utenti Internet attivi in Italia sono 36.6 milioni con una penetrazione pari al 60% mentre gli account social media attivi sono 28 milioni (22 milioni accedono da dispositivi mobile): quest’ultimo (accesso a canali social da mobile) è il dato che ha visto il maggior incremento negli ultimi 12 mesi (+11%), a dimostrazione di una sempre maggior propensione di interagire in mobilità. Gli italiani trascorrono in media 6.7 ore al giorno su Internet (tra mobile e desktop), e 2.5 ore sono dedicate all’utilizzo dei canali social, dato quest’ultimo che si posiziona leggermente sopra la media mondiale (2.4 ore). Anche in Italia si conferma la forte crescita delle piattaforme di instant messaging; nel Belpaese questo dato risulta ancora più marcato rispetto alla media internazionale considerando che WhatsApp risulta il servizio più usato ogni mese, ancor più di Facebook. SHOPPING ONLINE. Risultano interessanti inoltre i dati relativi all’utilizzo dei device durante il processo di acquisto; corrisponde al 39% la percentuale della popolazione che ha cercato un prodotto da desktop contro il 20% da smartphone. Il processo di acquisto avviene maggiormente da desktop (39%) piuttosto che da smartphone (16%).
Potete trovare il report completo qui.
Via Business People
Quanto a fiducia, l’Italia appare in controtendenza rispetto agli altri grandi Paesi europei e del mondo. Una sorprendente rilevazione che emerge dall’ultima edizione, la quindicesima, dell’Edelman Trust Barometer – la ricerca annuale che misura la fiducia e la credibilità di aziende, governi, media e NGO’s realizzata da Edelman. La fiducia è infatti caduta ai livelli della grande crisi del 2009: sotto al 50% nei due terzi di Paesi, compresi Stati Uniti, U.K., Germania e Giappone. “Gli inimmaginabili eventi del 2014 hanno fatto svanire la fiducia nelle istituzioni”, osserva Richard Edelman, presidente e CEO di Edelman. “L’epidemia di Ebola in Africa, i disastri aerei; gli arresti dei politici cinesi; le difficoltà di alcune grandi banche internazionali; i passi falsi di alcuni grandi gruppi globali, hanno minato la fiducia della gente”. In Italia invece nell’ultimo anno la fiducia è cresciuta nei confronti di tutti: governo (dal 24 al 28%), imprese (dal 45 al 53%), media (dal 40 al 48%) e NGO’s (dal 62 al 64%). Certo si tratta di percentuali molto basse in assoluto, soprattutto quella nei confronti del governo, ma il trend non lascia dubbi. Quanto alle imprese, sorprendente la forbice che si registra in Italia fra la credibilità della aziende statali (al 35%) rispetto a quella delle grandi imprese (52%) e a quelle familiari (71%), soprattutto se comparata alle media mondiale: 50% le statati, 57% le grandi, 68% le familiari.
I MOTORI DI RICERCA BATTONO I MEDIA TRADIZIONALI Per la prima volta i media tradizionali perdono la leadership nei confronti dei motori di ricerca come fonti di informazione per le notizie, con una fiducia rispettivamente al 62% contro il 64%, a livello globale. Valori ancora più accentuati in Italia: 57% dei media tradizionali contro il 69%.2 I motori di ricerca vengono utilizzati per raccogliere e comparare informazioni da fonti diverse, così come opinioni di altre persone su un determinato argomento, oppure ancora per verificare le notizie. Anche la fiducia nei media online in Italia è aumentata dal 50% nel 2014 al 61% nel 2015, interrompendo il trend negativo che registravano da anni. Un fenomeno dovuto ad un graduale processo di accettazione da parte del pubblico che è stato incoraggiato da fattori come il miglioramento della qualità di questo tipo di media, grazie agli investimenti da parte degli editori. Inoltre le abitudini in Italia stanno cambiando, i consumatori si stanno spostando dai media tradizionali come la Tv verso l’uso di Internet, la tecnologia mobile sta incoraggiando questo cambiamento. A questo si aggiungono i motori di ricerca, che incoraggiano l’utilizzo dei mezzi di informazione online.
CAMBIO DI PASSO, IL WEB PRIMA DI TUTTO Non a caso il web in Italia lo strumento più utilizzato in assoluto per informarsi: per il 34% i media online e motori di ricerca sono la prima fonte consultata, il 45% in Italia li usa per trovare “breaking news”, mentre per il 52% sono lo strumento migliore per trovare conferme sulle notizie. Un trend in crescita negli anni che riscontriamo anche a livello globale. Restano indietro televisione e giornali cartacei con valori nettamente inferiori.
I SOCIAL NETWORK PERDONO FIDUCIA La caduta di fiducia nei confronti dei CEO continua per il terzo anno consecutivo scivolando nei Paesi sviluppati a un valore mondiale 31%. A livello medio mondiale i CEO si collocano al 41% mentre i rappresentanti del governo 38%; valori molto bassi se raffrontati con gli accademici (70%) le “persone come te” (63%). Valori in linea con quelli riscontrati in Italia: 67% per gli accademici e 61% per le “persone come te”, mentre i CEO arrivano al 32%. In Italia c’è più scetticismo sui creatori di contenuti sui social network, tutte le categorie hanno un livello di fiducia più basso rispetto alla media mondiale. Solo gli amici e la famiglia in Italia rimangono nella categoria “fidati” con il 63%, tutti gli altri scivolano nella categoria “incerti o neutri”, inclusi gli esperti accademici. Le aziende e i loro lavoratori sono percepiti anche loro “incerti o neutri”, mentre la maggior parte dei creatori di contenuti tra cui giornalisti, dirigenti, VIP e celebrità, ricevono percentuali basse che li collocano nella categoria “sfiduciati”. Un’indicazione rilevante per la comunicazione soprattutto delle aziende.
INNOVAZIONE, ITALIA PRONTA AL CAMBIAMENTO Per la prima volta l’indagine ha sondato la fiducia nei confronti dell’innovazione: a livello mondiale il 51% degli intervistati ritiene che sia avvenuta troppo in fretta. Ma qui c’è un’altra sorpresa: fra gli italiani sono più quelli che credono che il fenomeno sia troppo lento (43%). Rispetto a un mondo tutto sommato un po’ “conservativo” l’Italia appare quindi un Paese ben disposto nei confronti dell’innovazione tecnologica. Quasi metà dei rispondenti (47%) dichiara che secondo loro le aziende non fanno abbastanza test durante la fase di sviluppo dei prodotti. Di contro, le azioni che aiutano maggiormente a costruire la fiducia in Italia sono: rendere pubblici i test (71%) e stringere partnership con istituzioni accademiche (68%).
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