Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
Lancia si tuffa nel mondo delle community. Dopo aver presentato il nuovo logo, i vertici del celebre marchio di casa Fiat hanno proposto ieri, in un incontro con la stampa a Roma, le strategie di comunicazione per raggiungere il target dell’ambita fascia 18-35 anni.
“Abbiamo concepito un piano di ricostruzione del brand – ha spiegato l’amministratore delegato Olivier Francois – che ha bisogno di un percorso di comunicazione. Per noi la coerenza nel tempo è fondamentale per la forza del marchio. La nostra Ypsilon, però, deve diventare l’icona della nuova generazione, quella che una recente ricerca ha curiosamente chiamato Y Generation”. Chiave per centrare l’obiettivo il lancio di due versioni ultratecnologiche delle medio-piccole Lancia, ovvero Ypsilon e Musa, nel tentativo di coniugare l’esperienza delle community in rete e dell’immagine in movimento con l’uso dell’automobile.
A fare da grancassa, inevitabilmente, saranno gli spot televisivi, confezionati da Vincenzo Vigo, direttore creativo di Armando Testa, insieme a Ricky Tognazzi, regista, che stanno dando sostanza e glamour al personaggio interpretato già in diverse occasioni da Alessandro Gassman.
Una campagna a forte impatto, basata sulla recitazione e sulla verve comica, ma aderente rigorosamente alla filosofia del ‘lancio sostenibile’. Non a caso, Lancia ha speso in comunicazione pubblicitaria 37 milioni di euro nel 2006, ovvero un terzo di Fiat e poco più della metà di Alfa Romeo. “Spendiamo meno dei nostri concorrenti – ha ammesso Francois – Il nostro obiettivo è che questa differenza non si veda”. Dopo lo spot della recentissima Musa Sky, uscito qualche giorno fa con la nuova partner di Gassman, Beatrice Borromeo, Tognazzi ha già messo in cascina un altro episodio, dedicato questa volta alla rete dei servizi Lancia. E la collaborazione è destinata a proseguire: sono previsti ancora un altro paio di film entro la fine del 2007.
Via Pubblicità Italia
Torniamo sul trend che abbiamo esaminato nelle settimane scorse: quello delle aziende / marche che invece di usare i contenuti di altri in Televisione, si fanno i propri.Ovvero le aziende che diventano produttrici di content per i mezzi, per bypassare cosi' il fatto che la pubblicita' televisiva diminuisce il suo effetto ( si vedano i post precedenti).Ma c’è chi va già ancora più lontano, lavorando per una TV totalmente brand-owned. Il caso forse più eclatante è quello di BudTV, un emittente televisiva (per ora solo online) multicanale - controllata da Anheuser-Busch, il produttore della nota birra Bud.In partenza dal mese di Febbraio, offre reality, programmi di intrattenimento, sport e contenuto prodotto dagli utenti stessi; si configura come un importante mezzo di comunicazione per la marca ma potrebbe aprirsi anche ad altre aziende interessate a sfruttare pubblicitariamente questo mezzo, orientato su un segmento demografico molto interessante.E’ invece già da qualche tempo attivo nel Regno Unito il canale televisivo privato di Audi – questa volta diffuso su satellite.A differenza di quanto successo alla nascita di Internet, le tradizionali agenzie di pubblicità non sembrano disposte a perdere questo treno. Stressando il rapporto di amore/odio che intercorre tra agenzia di pubblicità e emittente TV.Le Agenzie sembrano proprio determinate a recuperare le revenue a rischio (se declina il classico spot), visto anche che nella storia della Televisione i primi show furono proprio creati dalle agenzie, le uniche in grado di ideare e produrre nuovi contenuti di corta durata senza i lenti meccanismi delle Major cinematografiche – affidando quindi alle reti televisive l’esclusivo compito di trasmettere il programma fatto da cliente ed agenzia (ad esempio, le “soap opera”).Reimpossessatesi dagli anni '60 del tema della creazione, i network televisivi sembrano piuttosto restii a ridarlo in outsourcing non solo ai creatori di format ma a restituirlo anche alle agenzie stesse e agli investitori pubblicitari – ma saranno probabilmente costrette a accettare la tendenza se continueranno i dubbi sulla forza dei tradizionali spot...
L'uscita delle nuove console non è detto che si traduca per forza in una crescita del mercato. Qualche nube all'orizzonte esiste tanto che Gartner ha provato a individuare i fattori di rischio di questo mercato.
La crescita della potenza delle macchine, sostiene la società di ricerca, permette di realizzare giochi sempre più sofisticati, ma anche molto più costosi per quanto riguarda lo sviluppo. Oggi un titolo tripla A (i più importanti) per le nuove console ha un costo di sviluppo che con una stima un po' ampia oscilla fra i 15 e i venti milioni di dollari. Un costo che se non si traduce in almeno un milione di copie vendute decreta l'insuccesso del titolo.
Il mercato poi ha un forte bisogno di espansione. Oggi il consumatore tipo dei titoli per console è un maschio fra i 16 e i 34 anni interessato a giochi complessi con differenti livelli. Questo segmento però è stato ormai penetrato a fondo dalle console che difficilmente potranno vedere crescere di molto i loro numeri. Per questo bisogna rivolgersi alle donne o ad altri target differenti da quello degli hard gamers.
Le società di videogiochi dovrebbero poi lavorare un po' meglio di Pr. Il problema dei giochi violenti esiste, le polemiche sulla loro influenza sui giovani sono ricorrenti, per questo il settore deve porre maggiore attenzione sui prodotti e sulle relazioni con associazioni e istituzioni.
Di sicuro, i numeri dicono che questa generazione di console si sta muovendo a un passo decisamente più lento rispetto al passato. Secondo le cifre fornite da Gartner nel 2006 sono stati venduti 14,9 milioni di pezzi di vecchie console contro i 13,8 milioni delle nuove.
L'analisi di Gartner ha il limite di restringere il campo alle sole console da tavolo escludendo quelle portatili. Un errore visto che proprio da Psp e Nintendo Ds sono arrivati cifre importanti di vendita per il mercato. In più, in particolare da Nintendo con titoli come Nintendogs (che hanno costi di sviluppo più bassi) è arrivata quella espansione del mercato verso altri target (le ragazzine per esempio) più difficile da realizzare con le console da tavolo. Inoltre, non bisogna sottovalutare il ruolo di Wii che più che sulla potenza della macchina ha puntato sull'innovazione di prodotto che fino a oggi permette a Nintendo di raccogliere ottimi risultati. Forse innovazione e mobilità sono il futuro dei videogiochi.
Luigi Ferro
Il lato meno noto della grande guerra sulla televisione riguarda la sincronizzazione automatica dei canali sul telecomando. Poiché è difficilmente immaginabile che vi siano volonterosi o maniaci interessati a programmarsi manualmente più di 100 canali, è evidente che la questione della programmazione "dall’alto”, automatica e pilotata, del telecomando riveste un valore semplicemente stratosferico. E riguarda già da ora tutto il digitale terrestre, con particolare valenza per le due aree che già sono in area switch off (Sardegna e Valle d’Aosta), per quelle che sono ai nastri di partenza (Veneto, Sicilia, Toscana più le due province di Trento e Bolzano) e poi per tutto il Paese. L’associazione di tutte le emittenti, nazionali, regionali e locali, attraverso il coordinamento di DGTV presieduto da Piero De Chiara (Telecom) è arrivato alla quadratura del cerchio. Dal numero 1 al numero 9 del telecomando le nazionali. Nell’ordine noto, prima Rai, poi Mediaset, poi Telecom. Dal 10 al 15 le locali, tramite il ribaltamento pedissequo delle attuali graduatorie dei Corerat regionali. Dal 15 al cinquanta di nuovo le nazionali. Poi nuovamente le locali. I telecomandi dovranno poter sincronizzare automaticamente il numero delle emittenti attuali moltiplicato per 4/5. Infatti l’occupazione di banda di un canale digitale terrestre è mediamente un quinto dell’occupazione di banda di un singolo canale analogico. La guerra del telecomando, quindi, si concentrerà soprattutto nella fascia che va dalla numerazione 15 alla numerazione 50, dove la classificazione non potrà essere fatta per ascolti ma per gruppi editoriali o per multiplex. Andranno per primi quelli della Rai? E dentro i canali Rai anche i canali che troveranno ospitalità dentro i suoi due multiplex, secondo la direttiva che impone la cessione del 20 % della capacità trasmissiva (e che per la Rai si tradurrà nel 40 % del multiplex B, visto che il mulotiplex A per definizione sarà di puro servizio pubblico e quindi non frazionabile)? Siamo all’inizio delle grandi manovre. Ma il fatto che si stia decidendo di questioni così rilevanti (e che oggi l’indiscreto pubblica in anteprima) ci dice che il digitale terrestre comincia effettivamente a muovere dei passi veri verso l’attuazione.
Via Lillo Perri
Il podcasting si è ormai trasformato da media rivoluzionario, che fa notizia, a media tutto sommato "normale", che va per la sua strada sulla sua utenza.
Ormai un gran numero di media tradizionali hanno inserito una certa quantità di contenuti in versione "podcast" (io sono fidelizzato ai documentari audio della BBC che mi ascolto in metropolitana).
Certo, spesso si tratta di un uso un po' strumentale da parte del mezzo, tanto per mettere lì qualcosa e far vedere che si podcasta. Non sono molti i media che usano in maniera strategica il podcast.
In ogni caso quasi sempre si vede il podcast come mezzo per un utenza consumer - tipico caso le guide turistiche.
Interessante è riflettere sulle potenzialità dei podcast per un uso B2B, business to business, come mezzo per un'azienda di fare business su un'altra azienda. Come un nostro tool di mobile marketing.
Non sono molte le aziende che usano questo strumento, a me vengono in mente solo Oracle o BMC Software (se ne conoscete alte segnalatemele)
Certo il mezzo, sul target "business", se il nostro target-ascoltatore è il responsabile acquisti del nostro prodotto, ha dei limiti e delle specificità di utilizzo non da poco. Possiamo pretendere che ascolti il nostro file audio in ufficio? Direi proprio di no. Siamo tutti troppo abituati a leggere, che ad ascoltare ci sembra di perdere tempo.
Possiamo sperare ci ascolti in auto mentre va al lavoro o in cuffia mentre gira in treno o in metropolitana? Forse. Ma dobbiamo essere dannatamente interessanti.
Possiamo sperare ci ascoltino se diamo news di settore; siamo probabilmente morti se speriamo che ascoltino al nostra "pubblicità". Per quello si fa prima a sfogliare una brochure o il sito web.
Forse il taglio che possiamo dare al nostro podcast B2B che più probabilmente potrebbe portarci download e ascolti è quello della formazione. Del Training.
Dare un valore a gratis, fare contenuti educational che possano aiutare il nostro target nel lavoro ( e che siano "relevant" rispetto al nostro prodotto).
Sempre sperando che il target abbia voglia e interesse a formarsi - fuori dalle 4 mura dell'ufficio. Ma lì sta anche a noi rendere interessante il contenuto e stimolare il bisogno nell'audience potenziale.
Potremmo poi affrontare il discorso di realizzare non semplici file audio ma file video per il training ma lì, davvero mi viene il dubbio. Sì, magari in ufficio se li guardano, ma allora parliamo di webinars. Qualcuno davvero si guarderebbe una conferenza sull'ipod video mentre aspetta l'aereo? (Io, molto onestamente, mi guardo una qualche puntata di "Lost")...
D'altra parte è anche vero che io ho imparato non poco spagnolo sfruttando corsi di lingue scaricabili sull'ipod e ascoltando podcast in lingua castigliana. Insomma, come al solito un mercato con un interessante potenziale ma su cui dobbiamo ancora chiarirci le idee?
Nokia utilizza di nuovo le tecnologie proposte da IgpDecaux Innovate per comunicare il progetto ‘Music Gets you talking’. La necessità di contattare i giovani fra i 14 e i 24 anni per informarli di quanto i prodotti di telefonia Nokia siano vicino alla musica, ha portato il centro media Kinetic a scegliere due tecnologie abbinate: Bluetooth e Sonic, nelle pensiline a Milano.
La creatività studiata da Grey Worldwide gioca sul claim ‘Music gets you talking’: su richiesta una nuova melodia viene diffusa sotto la pensilina (dalle 9 alle 20) mentre un’altra viene veicolata via bluetooth sul telefono cellulare degli utenti in attesa del mezzo di trasporto. La pianificazione IgpDecaux comprende per le città di Milano, Roma e Napoli.
Via Pubblicità Italia
Un altro po' di cifre che, seppur inverificabili, fanno sempre piacere ( e spesso comodo...)
Secondo Morgan Stanley il 2008 dovrebbe chiudersi con 1,3 miliardi di utenti Internet nel mondo, rispetto al 1,08 di oggi (fonte eMarketer) - portando quindi la penetrazione su scala mondiale al 16.6%.
Questa della penetrazione mondiale è ovviamente una cifra assolutamente inutile, in quanto media gli Stati Uniti con la Cina, l'Africa, il Bhutan...( ah, le statistiche)
Più sensato guardare alle penetrazioni paese per paese: ad esempio segnaliamo gli USA in testa con circa 182 milioni di utenti (63,6% di penetrazione), messi bene anche UK (35 milioni, 58%), Giappone (87 milioni 68.4%), benissimo la Corea (34,4 milioni e 70.5 di penetrazione!) etc etc
L'Italia secondo questa fonte avrebbe 28,6 milioni di utenti, oltre il 49% di penetrazione. Per non piangerci come al solito addosso, ciò significa che siamo ben avanti alla Francia (47%), abbiamo parecchie lunghezze di vantaggio sulla Spagna (40.8%), stracciamo la Cina (133,5 milioni di utenti ma solo il 10.2%) e poi il Brasile, l'India e un sacco di altri posti nel mondo.
Venite in Rete gente, venite - che più gente c'è più bestie si vedono...
In una mossa degna dei migliori Legal Thriller, Coca Cola ha deciso intraprendere una azione legale contro Coca Cola Zero, con la motivazione di un preteso furto di gusto.
Su questo tema ruota l'ultima campagna di Coke, articolata in una serie di spots e di azioni di marketing online...
Guardatevi le "candid camera" (manager di Coca Cola che si riuniscono con avvocati per chiedere un parere legale sulla possibilità di farsi causa) e, se volete, trascinate in tribunale un amico con l'esclusivo servizio "Sue-a-Friend" offerto da Coca Cola sul proprio sito...
Indesit ottiene un click-through rate di oltre il 16% con l’advertising su mobile Nokia Italia. L’esperimento di campagna pubblicitaria, incentrato sul personaggio di Jack the Cuckoo, viral marketing di Indesit, era rivolto ai possessori di un sistema WAP mobile con accesso a internet e prevedeva il raggiungimento di 100k impressions.Il click-through rate registrato è stato di oltre il 16%, mentre il benchmark tra il 5 e il 10%: un buon risultato se si pensa che il click-through rate su internet raramente supera il 2%.Collegandosi al sito Nokia Italia, i banner sul sito guidavano alla landing page di Indesit, dove era possibile scaricare suonerie e video del personaggo di Jack the Cuckoo, il viral movie ideato da Indesit lo scorso anno e già protagonista di advertising on line e attività di viral marketing.Il momento di maggiore accesso al servizio si è registrato in prima serata, dalle 19 alle 21, quando si verifica un maggiore consumo di tv su mobile da parte degli utenti.“Indesit è stato il primo in Italia a testare questo tipo di comunicazione innovativa, che rispecchia lo spirito di questo brand dinamico e attento alle nuove forme di comunicazione – dichiara Marco Rota, direttore marketing di Indesit Company -. Per testare questo nuovo canale di comunicazione abbiamo scelto un partner affidabile e leader nel suo settore come Nokia Italia, e visti gli ottimi risultati raggiunti non escludiamo di continuare ad investire in nuove frontiere di comunicazione efficaci e innovative come questa esperienza”.
Via Pubblicità Italia
Il direct marketing con la rete: una grande occasione per le imprese Grandi, rapidi cambiamenti nel mondo dell' informazione. Di conseguenza si stanno necessariamente modificando le logiche e le tecniche anche nel settore della comunicazione pubblicitaria. Mutano gli strumenti ma anche i contenuti. Il mezzo televisivo che, dopo la scoperta della lampadina elettrica, ha praticamente rivoluzionato il palinsesto della giornata famigliare (chi non ricorda la canzone di Arbore che diceva: "vengo dopo il tg?") non è più quella novità che, in pochi decenni, mise in crisi in termini di audience e di gettito pubblicitario non pochi media tradizionali.
Con l'informatica in ogni casa, o quasi, (ma il pc.oggi te lo ritrovi, a differenza della televisione, anche sul posto di lavoro!) abbiamo, e siamo in tanti, un oblò aperto verso il mondo. Un finestra che non conosce barriere, distanze, differenze di costumi e che comincia ad aiutare largamente a superare anche molti problemi linguistici. Inoltre ci portiamo sempre dietro anche i cellulari, chi in tasca, chi nella borsa, che ci accompagnano ormai per tutte le 24 ore della giornata e stanno superando la loro funzione di strumenti di conversazione per diventare veri e proprio organi di comunicazione. In un Paese come il nostro dove, come è già stato purtroppo sottolineato, soltanto 16 mila aziende investono adeguatamente in pubblicità per il lancio, la promozione dei loro prodotti e dei loro servizi, si sapranno cogliere le opportunità che queste nuove suggestive alternative sembrano proporre? Alternative indubbiamente caratterizzate da criteri assolutamente diversi da quelli che hanno fino ad oggi connotato la filosofia degli investimenti in in Italia. Fino ad oggi è stato importante, soprattutto “sparare sul mucchio”. Siamo, forse, alla vigilia di una nuova era: quella nella quale sarà importante saper fare centro. La comunicazione mirata.
Le nuove formule si propongono, favorite dalle loro stesse caratteristiche tecniche, di offrire quei canali di comunicazione che dovrebbero consentire di avvicinare il cliente, o il possibile cliente, nel posto giusto al momento giusto. Un “media” ad personam. Si parla, a questo proposito, di “search advertising”, una sintesi perfetta delle possibilità di comunicazione e di interattività offerta da Internet. Un servizio molto più qualificato, qualificante e certamente molto impegnativo per chi lo offre, che va al di là del banner (una specie di annuncio pubblicitario, di manchette, come sono oggi le inserzioni sui giornali) o del più moderno, più invadente “pop up” che ti spunta improvvisamente sul monitor mentre stai navigando quasi come uno spot che interrompe, sia pure per poco, una trasmissione televisiva. Ma è l'aspetto contrattuale che presenta delle novità rivoluzionarie. Contraddistinto dal termine “pay-per-lead” questa nuova formula contrattuale sta a significare che, in pratica, l'inserzionista dovrà pagare un costo unitario per ogni contatto diretto che si verificherà dopo che un visitatore avrà cliccato sul bannner dell'azienda interessata, consentendo a quest'ultima di attingerne il nominativo, i diversi indirizzi ( quello di casa ma anche quello e-mail) e conseguentemente di poterlo più opportunamente e più agevolmente contattare. Insomma una forma suggestiva di advertising per la pubblicità emozionale, quella finalizzata alla affermazione del “brand” con i banner e, al tempo stesso, grazie alla formula pay-per-wiew, per un direct marketing preciso e sofisticato al tempo stesso. Il tutto connotato da rapidità di comunicazione, economia nei costi e sollecito controllo dei tempi, dei modi, dei costi della redemption. Intanto gli investimenti per pubblicità su Internet stanno registrando interessanti incrementi anche da noi: nel 2006 si sta registrando una crescita del 30 per cento rispetto allo scorso anno. Una prospettiva quanto mai interessante soprattutto se questi nuovi mezzi potranno rappresentare per la loro efficacia, ma anche per i loro costi, un'opportunità per molte aziende nazionali che, molto spesso anche per problemi di budget, hanno avuto fino ad oggi difficoltà ad utilizzare la comunicazione pubblicitaria in modo ampio e scientifico per lo sviluppo delle loro attività.
A questo punto vale la pena anche esprimere l'augurio che tali opportunità possano essere tempestivamente prese in considerazione dai diversi gruppi multieditoriali nazionali. Non può, infatti, non destare un minimo di preoccupazione il fatto che Google gestirà tutta la pubblicità che apparirà sui portali eBay, al di fuori degli Usa. Pare, addirittura, che utilizzando Wi-Fi, l'Internet senza fili, sarà possibile, a questi grandi motori di ricerca, di raccogliere, programmare. trasmettere via web perfino la pubblicità locale. Come cavallo di Troia di queste novità potrebbe giocare un ruolo importante la non ancora sufficientemente esplosa VOIP. Una formula che più che a portare la “voce” via Internet, con conseguente risparmio nei costi tele fonici, dovrebbe portare le immagini sui monitor dei nostri personal computer. Un terreno di scontro tra colossi. Tutto questo mentre negli Usa è già stato dato il “via”, di recente, ai primi test per far arrivare gli spot (si gli spot telelevisivi) anche sui cellulari. Un grande traguardo per i fautori della banda larga. Ma sta proprio tutto cambiando? Forse varrebbe la pena dedicare qualche attimo di riflessione alla prorompente progressione dei “blog”. Chiamiamoli gruppi di opinioni, chiamiamoli target, si tratta comunque di incontri tra tante persone, magari distanti tra di loro nello spazio, che condividono particolari “welthanshaung”. Una realtà della quale se ne stanno accorgendo anche mezzi di comunicazione tradizionali, come i quotidiani ad esempio. E ci si sta accorgendo che è giunto il momento di dare spazio anche a coloro che chiedono la parola. Da sei anni, in Corea del Sud, è attivo un sito web caratterizzato dallo slogan “ogni cittadino è un reporter”. Il suo inventore, Oh Yeon-ho da qualche tempo ha lanciato questo servizio, con il quale si mira a ridefinire un nuovo modello di relazione tra “media” e utenti, anche in Giappone. “Se va bene qui – avrebbe detto a Tokio pochi tempo fa – vado a farlo anche in Italia".
Via Marketing Journal
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