Oggi voglio tornare su di un tema che è sempre di grande attualità, la misurazione del ROI delle attività sul web e, in particolare, dei social media.
Partiamo dal web “in generale” per alcune considerazioni.
Prima di tutto Internet è il mezzo di comunicazione più misurabile in assoluto, niente a che vedere con convenzioni approssimative come l’Auditel o le varie metriche dell’advertising tradizionali, cui tutti credono perché non c’è altra modalità di rilevazione (e perché alla fine fa comodo che non si possa realmente verificare il dato). Qui parliamo di un mezzo dove ogni singola azione e reazione è tracciata nel dettaglio e può essere utilizzata per spingerci fino ad una comunicazione one to one. Il problema dunque del poter misurare sul web non si pone.
Questo però ha un risvolto che nessuno considera: avere tanti dati vuol dire anche dover scandagliare una mole elevata di informazioni, il che implica lavoro, come ho scritto già in passato abbiamo il tempo e le risorse per l’analisi? E abbiamo le competenze? Siamo sicuri che non ci stiamo rallegrando di un + 15% di visite senza vedere che queste vengono da altro un sito dove si dice che noi sfruttiamo i bambini e usiamo materiali cancerogeni per i nostri prodotti?
Dunque, senza entrare nel dettaglio dello sviluppo della web analytics (rich media, ajax, packet sniffing etc.) , pensiamo prima di tutto a dotarci di un sistema di misurazione e usiamolo, possibilmente anche con l’aiuto di esperti ad hoc. La maggior parte delle aziende, ricordiamolo, non ha accesso diretto a tali dati e spesso non li legge nemmeno nei report forniti dalle agenzie.
Per quanto riguarda poi i social media, anche qui è doveroso fare qualche ragionamento.
E’ possibile prima di tutto monitorare con appositi software la rete per intercettare commenti, citazioni, sharing di contenuto e via discorrendo, dunque sul piano quantitativo si può, e si deve, misurare ciò che si dice di noi nelle reti sociali online. Certo al numero di citazioni si deve affiancare l’analisi delle opinioni e del famoso sentiment, per i quali i normali paramentri di ROI e KPI (anche web) sono inadeguati.
un grafo di social network analysis
Mi pongo però un problema, siamo sicuri che non stiamo cercando di misurare l’acqua con un metro da muratore? Forse non è più corretto incrociare un dato quantitativo (vivacità del discorso su di noi) con uno qualitativo (relazione creata con gli utenti e qualità dei commenti)? Non dimentichiamo infine che si possono misurare in mille modi le redemption (e dunque il ROI) di azioni promosse dentro le community di clienti (digital coupon, legame con carte fedeltà, partecipazione a eventi speciali etc.).
In sintesi trovo dunque che il ROI dei social media potrà essere calcolato davvero solo dalle aziende che sapranno investire nelle competenze ad hoce che non cercheranno di adattare al web i metodi tradizionali di misurazione per paura delle novità o per tutelare il potere e l’autorevolezza di chi ha governato finora il marketing.
E voi siete pronti a lavorare sul futuro? Che esperienze avete in questo campo?
Cresce il mercato pubblicitario nel primo trimestre del 2010. A testimoniarlo i risultati Nielsen, che evidenziano un incremento del 4% grazie a un volume di investimenti superiore ai 2,2 miliardi di euro.
La televisione ha visto una crescita del 6%, tenendo conto anche delle tv satellitari. I quotidiani hanno recuperato rispetto al bagno di sangue di inizio 2009 facendo segnare un +11,3%. A distinguersi è la radio, con un rialzo de- gli introiti legati alle sponsorizzazioni pari al 12,6%.
Dal mondo virtuale a quello reale e ritorno - interessante approccio promozionale.
In breve; esistono in Rete (e specialmente su Facebook) una serie di giochi molto popolari, in primis FarmVille, che fatturano un botto di soldi. Perché c'è un sacco di gente che ci gioca. E non pochi spendono dei soldi veri per migliorare la propria fattoria etc.
Adesso Zynga lancia una nuova forma di promozione: comprando prodotti in promozione da 7-Eleven (una catena di supermercati) si otterranno goodies speciali per FarmVille, MafiaWars e YoVille. Ad esempio avere accesso a sementi speciali o a articoli decorativi in edizione limitata per la propria fattoria . E quindi 7-Eleven può rivendere questa promozione alle marche distribuite
C’è un aspetto che credo sia spesso trascurato nelle organizzazioni italiane di tutte le dimensioni, la comunicazione interna e in generale la circolazione delle informazioni all’interno dell’azienda. La mia ovviamente è una brutale generalizzazione, tuttavia credo che la sensibilità su questi temi non sia altissima, soprattutto vedendo la rarità con cui vengono trattati ad alto livello.
La cosa diventa ancora più vera quando ci spostiamo sul terreno dei software collaborativi, quell’Enterprise 2.0 di cui mi sono già occupato per sottolineare come se le persone non sono pronte a livello di mentalità ogni strumento sia inutile.
Siccome sapete che mi piace essere molto concreto vorrei provare a proporre soluzioni e spunti nello spazio breve di un post, mentre per altre considerazioni sulle reti sociali e le aziende vi rimando a questo post.
Prima di tutto le persone per condividere delle informazioni devono avere una forma di gratificazione che le spinga a fare quello che altrimenti potrebbero ritenere un lavoro in più inutile, se non perfino una perdita di quel potere che deriva dalla convinzione di essere gli unici a sapere qualcosa.
Dunque un primo punto è quello di coinvolgere coloro che sappiamo essere predisposti alla sperimentazione e ad un modo più logico di lavorare, in maniera che qualcuno inizi a popolare un contenitore con delle informazioni rese disponibili a tutti. Per queste persone il motore motivazionale sarà la voglia di sperimentare e di costruire qualcosa di nuovo. Il contenitore di partenza non deve essere troppo complesso né troppo pieno di cose, per non scoraggiare da subito l’adozione.
Questa prima base sarà necessaria per poi avere il committment dei vertici aziendali, che d’altra parte devono pur vedere qualcosa di tangibile per rendersi conto realmente delle potenzialità, favorendo poi la diffusione a tutte le aree.
L’altro aspetto chiave è quello di far sì che tali strumenti non siano una fonte di impegno in più ma piuttosto una semplificazione dei compiti grazie percorsi più logici e alla possibilità di intervenire in modo efficace. In più nel momento in cui c’è un unico luogo dove trovare certe informazioni che ci servono per un flusso di lavoro diventa subito evidente il danno del mancato inserimento del proprio contributo da parte di un anello, oltre che più chiara la concatenazione che ciascuno ha con gli altri.
Infine è bene ricordare che un sistema davvero funzionante prevede dei contributi da parte dei suoi membri: un semplice luogo di archiviazione non favorisce la diffusione dell’informazione e ci sono molti modi di gestirlo altrimenti. Le informazioni devono invece essere commentabili e, secondo livelli diversi di permessi, anche migliorabili grazie ai contributi delle varie persone.
Sembra tutto molto difficile ma se si superano le resistenze e i dubbi della prima ora poi il problema sarà davvero quello di moderare la voglia di partecipazione.
Avete qualche esperienza da raccontare in materia?
Google prosegue nella sua strategia del "mattoncino", ovvero nel proporre una serie di tecnologie caratterizzate da una forte sinergia tra di loro, tanto da creare una piattaforma comune e polivalente. In questi giorni, per esempio, è in corso la Google I/O, cioè l'evento annuale dedicato agli sviluppatori. In due giorni sono stati almeno tre gli annunci che vanno a confermare come il colosso di Mountain View stia lavorando a un progetto unico ma suddiviso in più blocchi.
Stiamo parlando di Android 2.2, della Google Tv e del Chrome Web App Store, il negozio virtuale di applicazioni che sarà varato nel corso dell'anno e che consente di aggiungere widget al browser. In particolare quest'ultimo segnala come la maturazione di Chrome OS, il sistema operativo per computer derivato dal software di navigazione Web, stia procedendo. Sì, perché il Web App Store è più a uso e consumo dell'OS che del browser: sulla falsariga degli application store per telefonino, consentirà di estendere le funzioni del programma principale. L'obiettivo principale è di arricchire Chrome al fine di renderlo competitivo rispetto ai browser concorrenti (Google è interessatissima a diventare una spina nel fianco di Firefox e Microsoft), proporre un sistema operativo (Chrome OS) che operi con la stessa semplicità di utilizzo di un iPad e potenziare la sincronizzazione con Android. E qui si inserisce Froyo, cioè la release 2.2 del sistema operativo per smartphone, che offre nuovi strumenti di sviluppo, prestazioni superiori e un Market migliorato.
Presentato al Google I/O, sarà disponibile "a breve" (intanto è in procinto di essere pubblicato il kit di sviluppo per i developer) e presenterà novità anche dal punto di vista grafico. Per esempio, sul desktop compariranno le nuvolette accanto ai widget per fornire istruzioni e informazioni utili su questi programi. Android 2.2 migliora sul fronte della sicurezza e del supporto a Microsoft Exchange, andando quindi nella direzione delle esigenze nelle aziende, mentre in fatto di multimedia garantisce una gestione migliore della fotocamera e dei giochi. Il browser, derivato da Chrome, promette di essere più veloce ed efficiente di quello attuale in virtù anche del supporto per il motore V8 per i Javascript. Di serie ci sarà anche la possibilità di condividere la connessione Umts/Hspa sfruttando il reparto Wi-Fi. A far dialogare smartphone, pc e tablet ci pensa il televisore. All'I/O è stata annunciata l'attesa Google TV, nata dal consorzio tra il gigante californiano, Sony e Intel.
L'apparecchio avrà un hardware con processore Atom, scheda grafica, audio affidato a un Dsp e dispositivi esterni, alcuni dei quali forniti da Logitech, che prevedono anche un lettore per Blu-ray. Il tutto affidato a un sistema operativo con browser Chrome e piattaforma derivata da Android. A cosa serve? Sul blog di presentazione del progetto, si evince che l'obiettivo è di fornire un nuovo modo di fare advertising e marketing, oltre che di espandere il Market di Android a una nuova generazione di dispositivi. La connessione costante al Web prevista di serie per la Google Tv, perché da Internet preleva non solo i contenuti video da proporre, consentirà di indirizzare canali e pubblicità. Questo apparecchio confida nel racchiudere in un unico device funzioni moteplici, si affiderà a Flash 10.1 per la distribuzione dei contenuti ed è esplicito l'invito agli sviluppatori che si affrettino a ottimizzare i siti per questo nuova incarnazione dell'Internet da salotto.
Una rivoluzione? Difficile dirlo. Certo, Erich Schimdt, Ceo di Google, nel presentare la sua idea di Tv ha usato toni celebrativi. D'altro canto si tratta di un progetto che segue una tendenza, cioè quella di portare il Web sul televisore di casa, e che va a rafforzare l'obiettivo ultimo di Google: creare un sistema di advertising ubiquo.
Di Altri Autori (del 26/05/2010 @ 07:27:05, in Mobile, linkato 2121 volte)
Si fa sempre più serio lo scontro per il dominio nel mercato della pubblicità su dispositivi mobili. Google ha ricevuto il beneplacito della Federal Trade Commission per l’acquisizione della concessionaria AdMob.
L’affare, del valore di 750 milioni di dollari, consente a Mountain View di contrastare la rivale Apple, prima interessata a AdMob e ora in procinto di inglobare Quattro Wireless, con una spesa di 250 milioni di dollari.
iAd spacchera il mondo del mobile adv? La "trazione" dei device Apple sul mobile è tale (siamo già ad oltre 1 milione di iPad venduti, e non è ancora nemmeno stato lanciato in Italia....) che la casa di Cupertino ritiene di disporre di un canale, un media talmente forte da potersi permettere una piattaforma proprietaria di adv.
E se c'è una cosa che Jobs ha capito è che se si disegna bene una cosa, si può chiedere un prezzo molto, molto superiore a prodotti analoghi e concorrenti.
E da quello che si è saputo, iAd è un sistema che rischia di disintermediare (insomma, di portare via budget) alle agenzie di pubblicità. Che, come sappiamo, sono dei player la cui importanza si sta progressivamente riducendo.
Tra qualche giorno ci scrivo un pezzo, adesso no che sono in partenza per Firenze. Però vi lasco con il video della presentazione di iAd da parte di Jobs.
C'è un interessante paradosso generato dalle tecnologie che costituiscono il web sociale: se da una parte gli utenti dicono fin troppo di se stessi sulla rete dall'altra le aziende lo fanno troppo poco.
Naturalmente ci sono una serie di spiegazioni legate ai timori, giustificabili, dei manager nell'esporsi sul web, paure che ho provato a esorcizzare attraverso la divulgazione con questo blog e tramite uno dei miei ultimi e-book.
Tuttavia io vedo anche un altro aspetto, molto concreto e per questo mai trattato da chi discetta dei massimi sistemi: l'informazione in azienda è realmente disponibile a tutti e facile da gestire?
Io mi occupo di social media da ben prima che il fenomeno esplodesse e posso dire serenamente che moltissime delle cose che si fanno ora si potevano fare anche 8 anni fa. Solo che ci volevano conoscenze tecniche, molto più tempo e...non c'era pubblico!
La grande rivoluzione invece è stata data dalla facilità con cui tutti posso accedere a dei contenuti e ripubblicarli, condividerli, rimaneggiarli in pochissimo tempo e con uno sforzo quasi nullo.
Sembra incredibile ma i contatti che ho tutti giorni nel mio lavoro con tantissime aziende terze, anche molto importati e strutturate, mi danno una ragionevole certezza che invece non ci sia quasi nessun investimento in tecnologie di digital asset managemente nella formazione del proprio personale interno circa l'organizzazione dei materiali e le logiche di condivisione.
Risultato: le informazioni esistono, ma recuperarle è difficoltoso in termini di ricerca prima e di lavorazione poi (documenti in formati diversi, incompatibilità tra sistemi, file con estensioni proprietarie che girano solo su specifici programmi etc).
AdMob è ufficialmente di proprietà di Google. E’ lo stesso colosso di Mountain View ad annunciarlo sul suo blog a pochi giorni dal via libera ottenuto dalla Federal Trade Commission sull’acquisizione da 750 milioni di dollari.
La transazione era stata ‘congelata’ per sei mesi dalle indagini dell’autorità americana, preoccupata che con AdMob, società leader nel settore del mobile advertising, Google potesse estendere la sua posizione dominante in un nuovo e cruciale settore tecnologico. Riserve poi sciolte, hanno spiegato i commissari della FTC, anche grazie all’ingresso di Apple nel mercato con la sua piattaforma iAds, considerata dall’agenzia Usa un potenziale “forte concorrente nel segmento del mobile advertising”.
La rivalità tra i due colossi per dominare questo business diventerà ora più agguerrita, ma era cominciata già a novembre quando Google ’soffio” AdMob proprio alla Apple. Dopo un paio di mesi, a gennaio, Cupertino ha risposto con l’acquisto di Quattro Wireless, un altro network pubblicitario per dispositivi mobili.
Entro cinque anni la vendita di volumi digitali supererà quella di libri cartacei. La valutazione è di Steve Haber, presidente della divisione digitale di Sony. "Tre anni fa - ha spiegato Haber - pensavo ci sarebbero voluti almeno dieci anni, invece ne basteranno cinque". Haber ha inoltre affermato che quello che Sony ha fatto nella digitalizzazione di musica e fotografia sarà realizzato anche nel mercato dei libri.
L'offerta di Sony nel settore è composta da tre modelli: il Sony Reader Touch e il Sony Reader Pocket in Europa e il Sony Reader Daily Edition negli Stati Uniti. Haber ha tenuto a sottolineare che i suoi dispositivi offrono un'esperienza di lettura 'immersiva' e che i device come iPad sono utili per un numero maggiore di funzioni, motivo per il quale le due realtà possono coesistere. Secondo una recente ricerca commissionata da Sony negli States solo l'11% di chi ha acquistato iPad l'ha fatto per sfogliare e-book.