Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Finalmente qualcuno ha istituzionalizzato ciò che ho fatto io di mestiere come lancia libera per parecchi anni
Plannair è un gruppo di giovani planner che si sono raggruppati per dare alle agenzie spagnole la possibilità di avere accesso a competenze strategiche senza caricarsi di costi fissi. Insomma un reparto planning in outsourcing.
Dalla mia esperienza spagnola (anche lì facevo quello, almeno per un 50% del tempo) devo dire che laggiù ne hanno un grandissimo bisogno e che in effetti il budget per il pensiero mi sa che è veramente poco...
Comunque complimenti e auguri... che sia l'inizio di una tendenza?
In trent'anni che bazzico questo mondo ho visto via via esternalizzare il media, poi la produzione, poi parte dei servizi generali, parte dei creativi... a quando un'agenzia con solo un amministratore delegato e tutto il resto free lance e strutture esterne? (che ovviamente poi ti scippano il cliente almeno per la parte di loro competenza e ti sfilano quindi ancora un'altra parte di una remunerazione sempre più scarsa per i servizi d'agenzia...)
In allegato il loro powerpoint di presentazione (un planner senza quattro slides di piattaforma non va nemmeno a prendere un caffé).
Ah, una piccola nota... sul loro sito - che con un video promette una presentazione al mondo delle loro attività una ventina di giorni fa - non c'è nulla a parte il suddetto video. Che siano già talmente pieni di clienti da non aver bisogno di comunicare?
Plannair planning low cost - An overview
Sto finendo in questi giorni la lettura di Gratis di Chris Anderson e il nuovo libro del diretto di Wired Usa mi ha dato degli ottimi spunti per integrare un tema di cui ho già parlato: la massima distribuzione della propria presenza sul web.
Di fatto i navigatori sempre più fruiscono il web con una modalità che non è più quella della navigazione sequenziale all’interno di una serie di siti preferiti, agevolati dai feed rss, i servizi di aggregazione come iGoogle e Netvibes, applicazioni come i widget e le web slice.
immagine tratta da http://laurelpapworth.com
Nel libro di Anderson si parla del fatto che l’economia digitale sta favorendo un nuovo modello economico, basato sul gratis, grazie alla crescita combinata dello spazio su disco, dei processori e della capacità di banda.
Che cosa c’entra tutto ciò con i feed e gli aggregatori? Beh, l’unica cosa ad essere scarsa in tanta abbondanza è il tempo dei gli utenti: potete offrire quanti contenuti volete ma dovete considerare che non tutti verranno a visitare sempre il vostro sito.
Per questo dovete offrire gratuitamente contenuti e, perché no, anche servizi complementari al vostro business e lasciare che possano essere fruiti anche fuori dal vostro sito, a patto che poi alla fine essi riportino da voi.
E’ l’esempio di Google news o anche di The Huffington Post: è vero che vanno a prendersi i contenuti dei giornali senza autorizzazione ma bisogna anche dire che per leggere il contenuto completo si deve aprire il sito originale, con un aumento del traffico.
Dunque non si deve temere che altri possano attingere ai vostri contenuti gratuitamente e senza permesso, a patto che poi questa agregazione riporti gli utenti da voi.
Il contenuto reso esportabile dunque dovrà essere un assaggio chiaro ma non esaustivo, che deve essere completato visitando il sito o un altro servizio web aziendale. Dovrà essere ben visibile nelle pagine aziendali e avrà più efficacia se sarà già accompagnato da bottoni (forniti gratuitamente dai vari servizi) che ne permettono velocemente l’aggiunta e/o lo sharing sulle maggiori piattaforme.
Naturalmente anche il contenuto dovrà essere di qualità e frequentemente aggiornato, per meritarsi un posto di riguardo nella mente e nel browser del cliente, e più material sarà disponibile e maggiore sarà la possibilità di innescare quegli effetti di coda lunga di cui ho già parlato in passato.
In più la possibilità di sfruttare le connessioni degli utenti (nodi di rete e connettori), in particolare per quanto riguarda i legami deboli che superano i limiti tradizionali quali il numero di Dumbar, crea una forma di comunicazione efficace e potente.
E’ una nuova forma di comunicazione diffusa, dove (secondo il principio della potenza delle connessioni della teoria della complessità) le relazioni e gli interscambi che le persone attuano fra loro portano ad un risultato finale superiore ad un’addizione dei singoli contributi.
Sieti pronti?
Gianluigi Zarantonello
via http://webspecialist.wordpress.com
La posta elettronica potrebbe perdere il primato di mezzo di comunicazione più usato del web. I nuovi contendenti dell’e-mail sono i social network. Questo stando alla ricerca svolta da Nielsen in collaborazione con The Wall Street Journal.
Gli abitanti di Stati Uniti, Australia, Brasile e dei principali paesi europei, tra agosto 2008 e agosto 2009, hanno incrementato l’uso della posta elettronica (+21%, per un totale di 276,9 milioni di persone), ma ancor di più quello di Facebook e affini, cresciuti del 31% a 301,5 milioni di internauti.
Poco spam, possibilità immediata di riconoscere i messaggi importanti grazie al criterio della pregressa concessione di ‘amicizia’. Questi alcuni dei motivi del successo della comunicazione a 140 caratteri di Twitter.
Ma non solo. La velocità, l’immediatezza e il fascino discreto del voyerismo via internet, tutti elementi cardine della struttura dei social network, riscuotono un consenso sempre maggiore tra gli utenti online, a discapito della scrittura più prolissa, lenta e privata richiesta dall’e-mail.
Via Quo Media
L’editoria va (anche) online, a volte con successo. Come nel caso di Lonely Planet, nome storico per le guide di viaggio. La casa australiana, dal 2007 di proprietà di Bbc, ha dichiarato, per il 2009, 20 milioni di dollari di entrate per la sezione web, il doppio rispetto all’anno passato. Sono 500 mila le app per iPhone scaricate (15,99 dollari per ciascun volume), mentre crescono le vendite su Kindle di Amazon (che conta 600 ‘Lonely’ in catalogo). Proprio gli e-reader sembrano essere il nuovo stadio di sviluppo per l’editoria di viaggio, a discapito delle finora fruttuose edizioni cartacee.
Via Quo Media
Negli ultimi nove mesi, in Europa si registra un calo totale degli investimenti pubblicitari sui media del 9,1%.
Questo secondo gli ultimi dati rilasciati dall’istituto di ricerca Nielsen, che (ri)lancia l’allarme per tutto il settore.
Difficile la situazione in Italia: da gennaio ad agosto c’è stata una flessione del 16% rispetto allo stesso periodo del 2008, per una spesa totale di 5,28 miliardi di euro.
Via Quo Media
Nel giorno di Google e delle presentazione dei suoi sorprendenti risultati, il social network Facebook rilancia e si dice pronto a intercettare quel 90% di internauti che non trovano risposte nell'offerta di BigG.
Stando al parere di Sheryl Sandberg, direttrice operativa di Facebook, infatti, Google soddisfa il 10% della domanda pubblicitaria, intercettando le persone che già sanno cosa vogliono e hanno già deciso di procedere con un eventuale acquisto.
La raccolta pubblicitaria di Facebook potrebbe portare dunque ricavi superiori a quelli di Google. Le entrate del social network del momento stanno crescendo molto velocemente, tanto da raggiungere un attivo nel 2010 e rispettare il traguardo di 500 milioni di dollari a fine 2009.
Il futuro, stando a Sandberg che vede il mercato pubblicitario come una piramide rovesciata , sarebbe ancora più roseo, perché ci si aspetta di trarre profitti dalla nuova pubblicità diretta ai 300 milioni di utenti sparsi per il mondo.
Via Quo Media
Qualche giorno fa ho parlato di Enterprise 2.0 ed ho citato anche due interessanti post di Leonardo Bellini (li trovate qui e qui) sui 10 principi delle reti sociali ripresi da il Passaparola di Emanuel Rosen.
Dal momento che ho sottolineato che la costruzione dell’enterprise 2.0 parte da un clima organizzativo e culturale ho provato ad applicare alcuni dei 10 principi in questione alla comunicazione interna e mi sembra che vi siano degli spunti interessanti su cui riflettere.
Un grafo di social network analysis, fonte http://www.thedailybit.net
1° : le reti sociali sono invisibili, al di là dei disegni fatti sull’organigramma da sempre si creano delle reti di relazioni e collaborazione tra diverse aree e funzioni, in presenza di un sistema di condivisione fluido e accettato da tutti delle informazioni questa situazione non potrà che essere massimizzata crescendo oltre le previsioni che si possono fare all’inizio.
2° : simile cerca simile (Affinità elettive) e 3° : chi si assomiglia tende a raggrupparsi, il che può creare paradossalmente dei problemi, perché tende a mantere l’informazione all’interno di gruppi di lavoro chiusi. Questo viene evidenziato anche nel 5° principio: le informazioni restano intrappolate nei gruppi. L’abilità di chi governa le informazioni deve essere dunque quella di portare costantemente a contatto gruppi diversi e farli interagire in un ambiente comune.
Al contrario, il fatto che persone che non sono in un rapporto diretto e continuativo (legame forte) entrino in interazione con altre aree e con le loro informazioni esalta la forza dei legami deboli “scoperti” da Mark Granovetter che sono l’oggetto dell’8° principio (i legami deboli sono sorprendentemente forti).
Nel momento in cui il clima organizzativo e gli strumenti tecnologici permettono l’accesso alle informazioni e alle conoscenze da parte di molteplici persone, anche senza un’interazione personale approfondita, saranno proprio i legami deboli a far viaggiare la collaborazione attraverso i diversi gruppi, tramite delle persone che fanno da connettori e nodi di rete (6° principio).
La tecnologia ovviamente potenzia alla grande il potere dei legami deboli (9° principio) mettendo il dubbio il tradizionale limite posto dal numero di Dumbar e permettendo anche in grandi organizzazioni l’interazione e la condivisione fra centinaia di persone.
E dunque che cosa ci dice questa breve carrellata di principi applicati alle organizzazioni?
1) Le informazioni devono essere accessibili anche al di fuori dei propri gruppi abituali di lavoro disegnati sull’organigramma.
2) Per fare questo ci deve essere un clima organizzativo e delle policy che incentivino le persone a non tenere per sè le informazioni e ad essere proattive nell’utilizzo di quelle rese disponibili da altri.
3) Nel momento in cui le persone sono aperte a questo approccio è necessario dare loro degli strumenti tecnologici semplici e potenti per parlarsi e per mettere in circolo l’informazione.
La vostra esperienza lavorativa è così o c’è ancora da lavorare?
Gianluigi Zarantonello
via http://webspecialist.wordpress.com
Shopping gratuito, i clienti devono registrarsi e pagare 5 euro ogni sei mesi: in cambio 5 prodotti gratis ogni due settimane purchè non siano gli stessi. Un nuovo free cost per promuovere i brand nuovissimi.
Sarebbe stata la meta ideale per la protagonista di I Love shopping. A Barcellona in barba alla crisi, l’impresa catalana Guia de Tendencia ha aperto nel cuore della città di Gaudì il primo negozio in Europa dove è possibile portarsi via gratis le ultime novità.
Si chiama “Esloultimo” (È l’ultima moda) ed è ubicato nella centralissima Ronda Universitat, a pochi passi da piazza Catalunya. Per evitare l’arrembaggio e il saccheggio di acquirenti frustrate dalla prolungata astinenza, dovuta alla mancanza di liquidità, alla Guia de Tendencia hanno escogitato un sistema efficace: i clienti devono registrarsi e pagare cinque euro ogni sei mesi. In cambio, possono visitare la show-room ogni due settimane e portarsi via un massimo di cinque prodotti in maniera gratuita, scelti liberamente fra quelli in esposizione.
L’unico limite è che non si può portare via due volte lo stesso prodotto, dato che l’obiettivo è far conoscere le novità delle marche in esposizione. I problemi sorgono quando si gradisce particolarmente un articolo, al punto da essere disposti a tirare fuori i contanti o la carta di credito per acquistarli. Non c’è verso, impossibile pagare nel tempio del “free-cost”.
L’unica maniera è l’iscrizione con la quota di cinque euro che dà diritto all’accesso alla show-room e, nello stesso periodo, il diritto a portarsi a casa fino a 60 prodotti diversi. «Fra le marche presenti, in tutto un’ottantina, ci sono alcune fra le più richieste dal mercato spagnolo, come Pepsico, Bimbo, Sanex, Ausonia o Hp», spiegano a Esloultimo. Sugli scaffali c’è di tutto, dai prodotti di cosmetica, agli accessori, a quelli per l’igiene o per le pulizie domestiche. Quando si dice, il marketing per il marketing. Guia de Tendencia è infatti un’impresa specializzata in studi di mercato, che, nello store di Barcellona, potrà realizzare i suoi sondaggi praticamente in diretta.
Oltre ad ottenere entrate supplementari dal fitto del locale per eventi di promozione. Il business plan della compagnia, come hanno spiegato il fondatore di Guia de Tendencias, Gabriel Gil, e la direttrice marketing, Cristina Miguez, in occasione dell’apertura del negozio, prevede di raggiungere un fatturato di 3,5 milioni di euro nel 2010.
Al “free-cost” di Barcellona, la società punta per quest’anno ad aggiungere un secondo negozio nel centro di Madrid e, nel 2010, a sbarcare in altre capitali europee fra cui Parigi, Berlino, Londra, Amsterdam e Roma, con un investimento iniziale di 2 milioni di euro. In una seconda fase, è previsto il lancio oltre Oceano, a New York, Los Angeles, Monterrey, Ottawa e Rio De Janeiro, con un ulteriore investimento di 2,5 milioni di euro.
E l’ultimissimo in fatto di nuove tendenze è senza dubbio la parte espositiva dedicata alle innovazioni tecnologiche dei marchi più noti. Allo studio, anche i prodotti gratuiti a domicilio, in modo che il cliente possa provare gli articoli in casa, prima di acquistarli.
Ma, questo sì, solo dopo aver partecipato a un sondaggio di opinione sul gradimento.
La grande superficie di Ronda Universitat, come spiegano i promotori, ha avuto una buona accoglienza anche fra le imprese che mettono a disposizione gratuitamente i propri prodotti, senza ovviamente pagare lo spazio.
La clientela è assicurata: dall’apertura, tre giorni fa, dello ’shopping-freè di Barcellona, in media sono 15mila le persone che passano per non-acquistare o semplicemente dare un’occhiata nel negozio.
Via Marketing Journal
Cresce il valore dei mercati digitali consumer in Italia. I dati riguardanti il 2008, rilasciati dalla School of management del Politecnico di Milano in occasione della 46esima edizione di Smau, quantificano in 10 miliardi di euro il volume d’affari del settore, incrementato del 13% lo scorso anno e previsto in crescita del 7% nel 2009, nonostante la crisi economica. “Il 50% di questo mercato è rappresentato dalla vendita di prodotti e servizi non strettamente digitali - dice la ricerca - mentre l’altro 50% è diviso tra contenuti digitali a pagamento (40%) e pubblicità (10%)”. Tra le piattaforme, a spadroneggiare è internet, con circa il 60% del mercato, seguito dalla tv trasmessa attraverso tecnologie digitali (30%) e dal mobile (10%). “La dinamica dei mercati digitali - spiegano i ricercatori del politecnico - evidenzia innegabili segnali positivi”: l’e-commerce è cresciuto del 18% lo scorso anno, mentre il volume della pubblicità sulle piattaforme specifiche ha fatto segnare un +21%.
Via Quo Media
Prosegue l’integrazione tra siti d'informazione e social network. Grazie all’accordo tra Huffington Post e Facebook, link agli articoli possono essere postati direttamente dal quotidiano online Usa sul social network, tramite una finestra pop up. Il servizio ha portato 6,825,000 utenti in settembre, mentre Facebook ha fatto registrare 3,5 milioni di visite.
Via Quo Media
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