Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Ancora un trimestre di passione per il mercato italiano dei prodotti di tecnologia di consumo, che registra secondo i dati rilevati da Gfk (www.gfktemax.com) per il periodo aprile-giugno una flessione dell'8,8% rispetto allo stesso periodo del 2008, chiudendo con un consolidato di oltre 4,4 miliardi di euro di euro. Il ribasso di vendite riguarda praticamente tutti i settori monitorati e chi più e chi meno ha pagato dazio alla crisi: la frenata più contenuta è dei piccoli elettrodomestici (-4,4%) e dei comparti telefonia, grandi elettrodomestici e informatica mentre le contrazioni maggiori hanno toccato l'elettronica di consumo (tranne il digitale terrestre), la fotografia e soprattutto il segmento dei prodotti per l'ufficio (in discesa del 13,5%) e quello delle stampanti in particolare. Trimestre che va quindi in archivio condizionando, ovviamente in negativo, anche il consuntivo del primo semestre 2009: la frenata è del 7,9% per un totale di 8,9 miliardi di euro, con un significativo -9,1% per la consumer electronics, il settore più importante per dimensioni dell'intera industria hi-tech. Tutta colpa della recessione economica? Non esattamente, o per lo meno – questa la lettura degli analisti di Gfk – la crisi non può essere considerata come l'unico fattore di freno e di caduta dei mercati in virtù dell'assenza di importanti novità tecnologiche che vanno a influenzare in qualche modo le scelte di acquisto (o di non acquisto) del consumatore. I netbook sono lo specchio di questo fenomeno: prodotto "nuovo" ed accessibile che continua a crescere in popolarità e rimane di conseguenza una categoria hi-tech ancora in forte espansione.
Il bianco soffre meno grazie agli incentivi, bene i cellulari entry level, spopolano i netbook
Il settore dei piccoli elettrodomestici ha prodotto nel secondo trimestre dell'anno un giro d'affari di 336 milioni di euro e il trend negativo del 4.4% si spiega con la minore domanda delle macchine da caffè e dei prodotti per la cura della persona, che ha smorzato gli effetti di uno spostamento delle vendite verso soluzioni di fascia medio/alta. Per l'industria del bianco, invece, il consuntivo a livello di fatturato è stato di 986 milioni di euro e la flessione del 7.1% si giustifica in parte con l'erosione dei prezzi delle lavatrici, che ha controbilanciato l'inizio sottotono della domanda di frigoriferi. In linea generale il comparto ha beneficiato secondo Gfk degli incentivi governativi sugli apparecchi di categoria A++ e A+, quelli a maggiore risparmio energetico.
Sebbene l'Italia rimane pur sempre uno dei Paesi con la maggiore penetrazione dei cellulari ma il saldo del secondo trimestre, in termini di fatturato, si è chiuso in calo del 6.5% attestandosi a quota 645 milioni di euro. A generare tale erosione del giro d'affari il fatto che i consumatori hanno preferito investire nel complesso su telefonini entry level a basso costo (sebbene il numero degli smartphone venduti sia in rialzo) con la conseguenza di aver abbassato ulteriormente il prezzo medio di listino all'utente finale. Simile la frenata del settore informatico, sceso del 7.6% per complessivi 822 milioni di euro e buon per i produttori di computer che i pc bonsai hanno continuato a tirare (la crescita anno su anno è a tre cifre) riducendo la caduta in valore di tutto il comparto hardware. Buoni risultati li hanno prodotti anche gli accessori per le console di gioco mentre sembra essersi quasi esaurita la corsa all'acquisto delle chiavette Usb per connettersi a Internet dal pc portatile.
Fotografia in ribasso, boom per i decoder per il digitale terrestre
Chi paga lo scotto maggiore del rallentamento dei consumi è in definitiva il settore dell'elettronica, Le vendite sono infatti scese in valore dell'11.4% chiudendo a poco più di un miliardo di euro e la causa va ricercata nel fatto che i tre segmenti a più forte dinamica di crescita fino a ieri - flat TV, lettori audio portatili, navigatori satellitari – hanno segnato il passo. È stato invece un boom per i decoder per il digitale terrestre, dovuto agli switch over e switch off in atto in varie regioni, mentre le cattive notizie per i produttori di macchine fotografiche (le reflex digitali hanno subito un'erosione di prezzo più forte che quella registrata per le compatte) si concretizzano in una flessione dell'11.6% per un controvalore di 165 milioni di euro.
Home video in recessione, colpa della pirateria
A completare il triste quadro del mercato hi-tech italiano c'è il rapporto di Gfk presentato nei giorni scorsi a Venezia da Univideo, l'Associazione degli editori di prodotti audiovisivi. Un rapporto secondo cui lo stato di salute del settore è pessimo: la flessione patita nel 2008 dal settore home video è stata infatti del 17% rispetto al 5% di decrescita che fotografa la media europea, all'8% del Giappone e al 3,3% degli Stati Uniti. In cifre, l'auspicato superamento di quota un miliardo di euro è rimandato – il consuntivo 2007 era stato di 998 milioni, quello 2008 di è fermato a 828 milioni – e per il comparto c'è anche da registrare l'avvenuto sorpasso operato dai giochi elettronici. Italiani disamorati dei Dvd e dei Vhs quindi, fatta eccezione per i film di animazione, che rappresentano un quarto dell'intera industria audiovisiva nazionale ? Sembrerebbe di sì, anche considerando il flop del canale dei titoli a noleggio, che ha segnato una discesa del 26,5%. Il problema principale, dice il rapporto è comunque la pirateria, i cui effetti potrebbero impattare significativamente sui dati del primo semestre di quest'anno. Dati che dovrebbero sancire però un ulteriore salto in avanti del Blu-ray, che ha chiuso il 2008 in crescita del 221% in termini di fatturato ma costituisce ancora una porzione marginale del mercato. La speranza, dicono i portavoce di Univideo, è che la passione degli italiani per la tecnologia regga all'urto della crisi e che gli acquisiti di lettori e film in Dvd (unitamente a quelli di televisori e cellulari) continuino a correre. Oggi i riproduttori di dischi ottici sono presenti in due case su tre e sono circa sette milioni le famiglie che hanno già acquistato una Tv predisposta per l'alta definizione.
Il mercato delle "technical goods" in Italia
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Dati in milioni di euro
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Q4 2008
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Q1 2009
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Q2 2009
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Q2 2009 vs Q2 2008
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Q1-Q2 2009
|
Q1-Q2 2009 vs Q1-Q2 2008
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Consumer Electronics
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1,65
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1,149
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1,053
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-11.4%
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2,203
|
-9.1%
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Photo
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247
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154
|
165
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-11.6%
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318
|
-7.9%
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Major Domestic Appliances
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1,05
|
873
|
986
|
-7.1%
|
1,859
|
-6.3%
|
Small Domestic Appliances
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444
|
299
|
336
|
-4.4%
|
635
|
-2.6%
|
Information Technology
|
1,13
|
965
|
822
|
-7.6%
|
1,787
|
-7.7%
|
Telecommunication
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943
|
659
|
654
|
-6.5%
|
1,314
|
-5.5%
|
Office Equipment & Consumables
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431
|
403
|
398
|
-13.5%
|
801
|
-15.8%
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Totale
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5,9
|
4,502
|
4,415
|
-8.8%
|
8,917
|
-7.9%
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Fonte: GfK TEMAX Italia, GfK Retail and Technology
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di Gianni Rusconi su ILSOLE24ORE.COM
Gli italiani non sono internauti provetti, almeno stando all’indagine realizzata da Nielsen per l'Osservatorio permanente sui contenuti digitali, che verrà presentata questo venerdì a Milano.
Il 45% dei cittadini del Belpaese, con età superiore ai 14 anni, non usa internet, mentre per il 25% degli intervistati la tecnologia digitale è sinonimo esclusivamente di svago o gioco. Questi i dati più significativi svelati dalla ricerca.
L’utilizzo del web è cresciuto in maniera esponenziale negli ultimi due anni (+5 milioni di persone), coinvolgendo oltre 28 milioni di connazionali. Ma restano pochi gli adulti che praticano un utilizzo consapevole del mezzo. Chi vi accede lo fa sempre più in modo superficiale, in sostituzione del vecchio zapping tv.
Via Quo Media
Twitter, social network in rapida ascesa, ha modificato nei giorni scorsi il proprio regolamento per consentire agli inserzionisti pubblicitari di sfruttare al meglio i 45 milioni di utenti che ogni mese visitano il sito di microbloggimg.
“Lasciamo la porta aperta alla pubblicità. Vorremmo mantenere aperte le nostre opzioni” ha scritto il fondatore Biz Stone su blog.twitter.com/, spiegando la scelta con la necessità di incrementare i profitti, anche per garantire la sopravvivenza di Twitter a lungo termine.
Via Quo Media
Mi chiedo però se questa frammentazione di sistemi operativi, applicazioni, sviluppatori sia di reale giovamento per lo sviluppo di servizi evoluti e di larga diffusione, da fruire via web mobile, soprattutto in vista delle ulteriori potenzialità prospettate con l’arrivo dello standard LTE.
Negli ultimi due anni infatti la palla dell’evoluzione del web mobile (e dell’uso evoluto della telefonia) è passata dagli operatori telefonici ai produttori di device, fermo restando, almeno in Italia, una stretta ‘collaborazione’ che sta all’origine, ad esempio, del costo dell’iPhone.
Da un lato questa forte concorrenza, trainata dall’arrivo di Apple come ipotizzato qualche tempo fa, sta consentendo uno sviluppo vivace e ricco di novità, dall’altro però il modello di business basato sull’ecosistema chiuso (molto redditizio) è una barriera per lo sviluppo di strumenti trasversali ai vari tipi di sistemi operativi.
Chi conosce un po’ questo mondo infatti sa che già oggi, con pochi player davvero importanti (essenzialmente Symbian, Windows, iPhone, Rim e Android), lo sviluppo di applicazioni per il mobile richiede una miriade di varianti, con costi e tempi che lievitano.
In comune resta solo la rete su cui ci si appoggia per navigare (costi degli operatori permettendo) ma già il fatto che esistano siti fatti solo per iPhone mi sembra un indizio che anche il web mobile possa diventare non realmente cross platform.
Senza nulla togliere ai leciti profitti degli apps store temo dunque che alla lunga si possano creare delle barriere tra i vari os tali da impedire lo sviluppo di strumenti di larga diffusione, specie per quanto riguarda la pubblica utilità.
La soluzione? Potrebbe essere un protocollo analogo a quello che sta sotto il web e l’html, derivante dalla collaborazione di più player, in grado di bypassare le differenze, non solo nei siti (dove il linguaggio è ancora comune) quanto negli strumenti.
In alternativa i produttori potrebbero competere per rendere uno standard di fatto una loro applicazione o suite, per tutti i vari sistemi esistenti.
Utopia? Fine della festa per i produttori e per gli apps store?
Non è detto, e prova ne è il recente accordo Office Mobile e Symbian, con il quale Nokia guadagna un prezioso strumento di lavoro e Microsoft espande esponenzialmente l’ecosistema della sua suite di programmi.
I profitti degli sviluppi dei software nati in un certo ecosistema, per le applicazioni di un certo interesse, potrebbero aumentare grazie alla diffusione mentre gli apps store avranno sempre senso e mercato per applicativi molto specifici, come possono essere ad esempio quelli legati al multitouch dell’iPhone.
Sia come sia, credo che la competizione giovi molto al settore, mentre la frammentazione in ambienti chiusi no.
Voi che ne dite?
Gianluigi Zarantonello
via http://webspecialist.wordpress.com
In soli cinque mesi il social network Creato da Mark Zuckemberg ha aggiunto 100 milioni di nuovi utenti raggiungendo la ragguardevole cifra di 300 milioni. Un risultato per certi versi sorprendente, che testimonia il successo di una formula "servizio-passatempo-utilità" che sta incontrando l'interesse delle persone di ogni generazione. Ma la cosa più interessante è che è possibile un'ulteriore crescita. Per fare qualche esempio, in Italia dove si è registrata una forte crescita nell'arco degli ultimi 12 mesi, si è giunti, ad oggi, a quasi 11milioni e cinquecentomila utenti attivi. Il numero rappresenta poco più di un terzo dei navigatori italiani, ma anche poco più della metà degli utenti Facebook inglesi.
Inoltre, esistono delle nazioni ancora potenzialmente vergini, quali la Germania o la Spagna, ferme rispettivamente a 4 e poco meno di 7 milioni. Facebook nel frattempo si sta anche strutturando a livello di "azienda di servizi", andando a fornire soluzioni marketing attraverso le "fans page", le applicazioni o, addirittura, diventando la piattaforma pubblicitaria "mirata" più semplice e alla portata di tutti in circolazione. Ha acquisito nel corso del tempo una serie di società che operano sul web con il fine di dimostrarsi più resistente nei confronti di possibili concorrenti, soprattutto verso il tanto citato Twitter. Ma il brand Facebook oggi è così forte che altri servizi, come per esempio l'affermatissimo Youtube per la condivisione dei filmati sul web, cercano di sfruttare il veicolo Facebook per aumentare la propria market share ed essere consacrati leader indiscussi nei propri segmenti.
Zuckemberg stesso, in un post sul proprio blog, spiega che nel corso del 2010 l'azienda dovrebbe finalmente raggiungere un cash flow positivo, affermandosi come servizio indipendente per investimenti a lungo termine. Ma non sono tutte rose e fiori. Facebook ogni tanto "cancella" qualche utente che i sistemi automatici tracciano come troppo attivi e quindi possibili generatori di "spamming", piuttosto che lentezze e disservizi che che ormai sono all'ordine del giorno. Nonostante tutto, la "famiglia Facebook" sta crescendo moltissimo. Per esempio, oggi è un'incredibile mezzo per creare una "memoria collettiva" grazie agli album fotografici, è un formidabile mezzo di intrattenimento attraverso i filmati pubblicati dalle persone e la miriade di applicazioni, dal "biscotto delle fortuna" ai giochi online, ma anche un sistema di informazione privilegiato, in cui le notizie si mischiano con le considerazioni personali.
Non è solo una moda e probabilmente molto è lì da esplorare. Facebook sta cambiando pelle e probabilmente sono gli utenti stessi che guidano il cambiamento, ma è anche uno strumento maturo per il marketing, un canale globale che inizia ad avere una massa critica che spaventa ma al tempo stesso attrae marchi, prodotti e servizi.
di Gigi Beltrame su ILSOLE24ORE.COM
Si sente parlare sempre più spesso di Enterprise 2.0, ossia quello che Wikipedia definisce un insieme di approcci organizzativi e tecnologici orientati all’abilitazione di nuovi modelli organizzativi basati sul coinvolgimento diffuso, la collaborazione emergente, la condivisione della conoscenza e lo sviluppo e valorizzazione di reti sociali interne ed esterne all’organizzazione.
Una modalità di lavorare e progettare che nasce dall’esperienza del web 2.0 e che si avvale di molte delle tecnologie nate in quest’ambito, come blog, wiki, rss, tagging. Anche le infrastrutture di rete basate su SOA e BPM sono ormai mature e si stanno diffondendo in ambito aziendale e si stanno affermando molti software collaborativi pensati per le più varie esigenze d’impresa (per una panoramica visitate l’ottimo http://www.softwaresociale.com).
Le tecnologie dunque ci sono e hanno costi sempre più bassi, dal mio punto di vista però c’è un tema che non va sottovalutato: le persone sono pronte a collaborare? E fino a che punto?
E’ un’altra faccia della medaglia dell’approccio strategico ai social media: bisogna capire prima chi sono gli intercolocutori e quali obiettivi si vogliono raggiungere e solo poi si può approcciare una tecnologia.
L’enterprise 2.0 dunque è prima di tutto un approccio organizzativo, che passa per la corretta comprensione della valenza del lavoro collaborativo, dei principi della delega e della cultura di un approccio win-win per tutti gli enti e le persone coinvolte.
Le aziende ne sono consapevoli? E la mentalità lavorativa degli italiani è pronta con le dirigienze in grado di accompagnare il cambiamento?
Vedremo, certo la tecnologia senza le persone non serve a nulla…
Gianluigi Zarantonello via http://webspecialist.wordpress.com
Cattive nuove per l’editoria d’informazione d’Oltremanica. Secondo una ricerca condotta da Harris Interactive, solo il 5% dei lettori britannici sarebbe disposto a pagare per le news online. Il 74% degli utenti abituali dei più popolari quotidiani web, qualora questi divenissero a pagamento, fuggirebbero verso altri lidi digitali, dove le notizie si trovano gratis. L’8% si limiterebbe alla lettura dei titoli, che rimarrebbero ad accesso libero. Il 12% degli interpellati si dice incerto sul da farsi, ma c’è da credere che opterebbe più facilmente per siti d’informazione free. “Fino a che esisterà l’alternativa gratuita, i consumatori si orienteranno su di essa per le loro informazioni quotidiane” ha detto Andrew Freeman, consulente per la ricerca. I risultati dello studio sono stati resi noti pochi giorni dopo l’annuncio di News Corp., che dal 24 ottobre renderà a pagamento il sito del Wall Street Journal, mentre altre importanti testate (Liberation, per esempio) preparano la medesima svolta.
Via Quo Media
Facebook strizza l'occhio agli inserzionisti e si accorda con la società di ricerca Nielsen per interrogare gli utenti in merito ad messaggi pubblicitari. Ad esempio, gli internauti iscritti al popolare social-network saranno chiamati a rispondere in merito ai banner che promuovono l'uscita di un film. In questo modo Facebook, che ha di recente toccato quota 300 milioni di utenti registrati in tutto il mondo, punta a rassicurare le aziende e i marchi sul valore dell'acquisto di spazi pubblicitari sul portale, consegnando loro dati non fatti in casa, ma elaborati e confezionati da un istituto di ricerca esterno.
Via Quo Media
Procter & Gamble ha deciso che l'e-commerce dovrà diventare un canale distributivo di importanza pari ai drugstore, in termini di fatturato (anche attraverso le vendite su Amazon e Walmart online). Un obiettivo di 4 miliardi di dollari. Lo sappiamo tutti, quelli di P&G in genere quando si muovono lo fanno avendoci pensato bene e ci vanno giù molto seri.
L'obiettivo è sicuramente ambizioso, significando moltiplicare per otto i fatturati attuali,.Per riferimento, i fatturati complessivi sono sui 79 miliardi di dollari.
Via: Adage.com, leggete l'articolo per approfondimenti
Gli analisti prevedono una crescita esponenziale nell’utilizzo dei social media in ambito Marketing: secondo uno studio Unisfair, 3/4 degli investitori sta pianificando un maggiore sfruttamento dei social media per il 2010.
Grandi prospettive per l’utilizzo dei social media a livello business per il 2010: secondo un recente studio di Unisfair 3 investitori su 4 stanno pianificando un maggiore sfruttamento dei canali social per il prossimo anno, mentre il 50% prevede investimenti mirati nell’Email Marketing o negli eventi virtuali.
Secondo il sondaggio USA, LinkedIn sarebbe il social network più efficace (26%), seguito da Facebook (23%) e Twitter (17%).
Stando ai dati Anderson Analytics, rispetto alle altre reti LinkedIn sarebbe caratterizzato da utenti più benestanti, istruiti, impiegati a tempo pieno e più propensi ad effettuare acquisti online in tutte le categorie di prodotto.
Un terreno fertile dunque. Ma allora, quali sono oggi i maggiori freni al Marketing virtuale? Soprattutto il timore di un’elevata complessità di gestione.
Ad ogni modo, la fiducia è tanta: dallo stesso studio è emerso che per il 60% degli investitori la priorità 2010 sarà l’acquisizione di nuovi clienti, mentre il 48% si concentrerà sul mantenimento dei clienti attuali.
di Noemi Ricci
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