Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
Secondo una ricerca di GfK, una stragrande maggioranza dei consumatori americani dichiara che, una volta passata la recessione, continuerà a comprare le private label della grande distribuzione.
(si veda questo pdf scaricabile)
A quanto pare, la qualità di questi prodotti è considerata più che soddisfacente - uguale o migliore di quella dei prodotti a marchio (definizione, btw, abbastanza superata - ormai anche molti prodotti delle catene sono delle vere e proprie marche...).
Anzi, emerge una domanda di avere ancora più varietà e numerosità dei prodotti a marchio privato, quasi una richiesta di copiare e migliorare i prodotti esistenti...ad un prezzo migliore.
Sicuramente la recessione con le sue pressioni economiche è un fattore molto motivante nel cambiare abitudini d'acquisto, e questo ha portato ad un incremento nell'acquisto delle marche commerciali - acquisto che si sta trasformando in una abitudine.
Questo fenomeno sicuramente pone interessanti sfide per le marche, he devono obbligatoriamente lavorare, sia in termini di marketing che di comunicazione, per riguadagnere la percezione di un superiore valore, di una giustificazione di un prezzo più elevato o premium agli occhi dei loro consumatori...
Sempre più promozioni sugli scaffali della distribuzione moderna. A sostenerlo è Nielsen. Lo scenario che emerge da una recente ricerca di mercato sull’argomento mostra una decisa accelerazione del ricorso alla leva promozionale nella prima parte dell’anno, sia in termini di volumi che di valori movimentati.
Un fenomeno particolarmente sentito, a livello di aree geografiche, nelle regioni del Sud Italia. La pressione promozionale, in verità, è in crescita da una decina d’anni a questa parte. Ma nel 2009, sostenuta da una domanda piuttosto debole specie nei primi mesi, ha subìto una significativa impennata.
Il cambio di marcia nell’intensità delle iniziative promozionali da parte della Gdo (che arriva dopo un biennio di relativa stabilità) è durato fino alla fine del primo semestre di quest’anno, per poi “tirare un po’ il fiato”. Nel frattempo, però, i valori interessati alle promozioni sono letteralmente schizzati all’insù, raggiungendo il 24,2% del fatturato totale (rispetto al 22,7% dell’anno precedente). Anche il numero di referenze ha registrato un aumento, passando da un’incidenza del 10% del 2008 al 10,8% di quest’anno
Nei supermercati, tra le tipologie di promozioni maggiormante utilizzate dalle catene distributive, sono stati soprattutto i tagli prezzo a distinguersi per l’incremento: +1,6% nell’anno terminante ad agosto 2009. Più in generale, si sono fatte notare le promozioni con sconti “importanti”, quelli cioè compresi tra il 20% e il 30%.
Una fascia di sconto, questa, che non ha risparmiato nemmeno i prodotti a marchio, con la sola eccezione dei prodotti ortofrutticoli. Nel complesso, il peso del taglio prezzo all’interno del canale super è passato dal 20 al 21,9%. Non da meno le performance delle iniziative promozionali legate alle fidelity card, aumentate dall’11,3 al 12,7%. In crescita, infine, anche il sottocosto.
Il principale veicolo utilizzato dalle varie insegne per comunicare le promozioni - il volantino - non ha manifestato particolari cambiamenti. Sia a livello di ipermercati che di supermercati è diminuito leggermente il numero medio di pagine (rispettivamente a 23 e 15), tornando ai livelli del 2007.
Quanto alle referenze medie promozionate, a seguito di un maggiore affollamento di referenze nei volantini degli iper, tra i due canali si è ampliata la forbice (193 contro 161 item). Fatto questo che evidenzia una controtendenza dopo la convergenza dei valori nella seconda parte del 2008.
La hit parade delle categorie merceologiche più presenti a volantino nei supermercati vede sempre primeggiare la drogheria alimentare, stabile a quota 28,2%. E’ il fresco, tuttavia, che registra la maggiore crescita, passando dal 27,3 al 27,9% del totale.
Un aumento avvenuto probabilmente a scapito dei liquidi, terza categoria per importanza, la cui presenza nei volantini ha accusato una flessione dello 0,6% (dal 13 al 12,4%). Più in particolare, le tipologie di prodotto maggiormente “gettonate” nel canale super mostrano in testa i salumi, seguiti dal vino, detersivi casa, carni rosse, gastronomia, verdura fresca, l’aggregato yogurt-dessert-fomaggi alla frutta, formaggi duri e semiduri, detergenti vari e pesce fresco
di Armando Brescia
A partire dal 2003 lo sviluppo degli ipermercati in Italia si è arrestato. Se, infatti fino alla seconda metà degli anni Novanta gli ipermercati guadagnavano circa un punto di quota ogni anno, la crescita negli ultimi otto anni è stata molto lenta e la quota è rimasta pressochè invariata dal 2008 ad oggi.
Si è assistito inoltre ad una importante trasformazione dell’offerta degli ipermercati. In particolare, negli utlimi anni, le principali Catene hanno preferito aprire negozi di superficie mediamente più piccole rispetto alle grandi strutture aperte nei primi anni duemila ed il forte sviluppo degli ipermercati con metrature superiori agli 8.000 mq si è arrestato.
Negli ultimi anni i più importanti attori del canale ipermercati, per fronteggiare la crisi, stanno trasformando i negozi esistenti, razionalizzando e rivedendo l’offerta in particolare dei reparti non food.
Il richiamo delle promozioni Nel periodo di suo massimo sviluppo, l’ipermercato aveva tra i suoi principali elementi di attrattività l’offerta di prodotti in promozione. Viceversa, i supermercati presentavano una minore incidenza delle vendite promozionali. Oggi, a distanza di circa sette anni, la differenza di offerta promozionale tra un supermercato e un ipermercato si è ridotta drasticamente.
Assortimenti e prezzi La semplicità della spesa ha assunto una sempre maggiore importanza per i clienti; l’ipermercato per far fronte a questa esigenza ha razionalizzato i propri assortimenti. In particolare, nell’ultimo anno, si è osservato una riduzione del numero di articoli a scaffale per le grandi superfici, in controtendenza rispetto ai trend registrati negli altri canali.
Assortimenti e prezzi La semplicità della spesa ha assunto una sempre maggiore importanza per i clienti; l’ipermercato per far fronte a questa esigenza ha razionalizzato i propri assortimenti. In particolare, nell’ultimo anno, si è osservato una riduzione del numero di articoli a scaffale per le grandi superfici, in controtendenza rispetto ai trend registrati negli altri canali.
Concorrenza: category killer e mercati di prossimità Le flessioni di fatturato più significative degli ipermercati si sono registrate sull’area del non food, in particolare sulle categorie merceologiche del bazar pesante (es.: grandi elettrodomestici) per le quali i consumatori si sono sempre più spesso rivolti alle grandi superfici specializzate. Un’altra criticità per gli ipermercati è stata rappresentata, negli ultimi cinque anni, dall’affermarsi dei “mercati” di prossimità. Una forte espansione dei discount e una riqualificazione dei punti di vendita con superfici medio-piccole, localizzate in bacini densamente popolati, hanno costituito un disincentivo alla visita delle grandi superfici, mediamente localizzate più lontane dai centri urbani.
Alla luce delle evidenze sopra citate, le grandi superfici di vendita non sembrano più avere una grossa forza attrattiva sul consumatore; le esigenze dei consumatori dovranno quindi rappresentare il punto di partenza per dare una nuova spinta al canale.
Via Nielsen
SAP prevede che l’Internet of Things (IoT) genererà utili per 329 miliardi di dollari entro il 2018 nel settore retail, ivi compreso il settore della moda. Questa impressionante crescita inevitabilmente porterà notevoli rischi legali non solo in materia di cybersecurity e conformità alla normativa privacy, ma anche in relazione alla responsabilità dei diversi soggetti coinvolti nella filiera.
Che cosa è l’Internet of Things nel settore del retail/shopping?
L’Internet of Things porterà le società del settore retail, ivi comprese le società di moda, a conoscere meglio i propri clienti, adattare la propria offerta alle loro esigenze e fornire una migliore esperienza d’acquisto tramite sensori e i c.d. big data analytics. E’ ancora presto per identificare le aree di maggiore crescita dell’IoT nel settore retail, ma le seguenti sembrano quelle di maggior interesse al momento.
Distribuzione multichannel
Viene di solito denominata come “me-tailing” e si riferisce all’abilità dei retailer di raccogliere dati in tempo reale relativi ai propri clienti da diverse fonti come il canale mobile, i social media, i dispositivi messi a disposizione dei clienti nei negozi e, nel futuro molto prossimo, tramite le tecnologie indossabili, in modo da consentire interazioni tra il retailer e i clienti molto personalizzate nel senso che l’offerta sarà customizzata alle preferenze del consumatore.
L’analisi delle preferenze e del comportamento dei propri clienti diventerà essenziale al fine di mostrare il prodotto giusto al cliente giusto. Ciò avviene già di frequente negli store online e sta notevolmente aumentando anche nei negozi fisici, ma richiede un’analisi dettagliata dei gusti del consumatore tramite una profilazione dello stesso.
Allo stesso modo, il bisogno di rendere più semplici e più facilmente accessibili i mezzi di pagamento rappresenta una delle aree in cui l’Internet of Things ha maggiori potenzialità di crescita. I nostri smartphone, smartwatch o anche le tecnologie indossabili saranno in grado di comunicare con il sistema di gestione dei pagamenti del negozio al fine di consentire i pagamenti in modo più veloce e comodo.
Tracciamento degli oggetti e dei clienti
L’utilizzo di tecnologie RFID avviene già di frequente nel settore retail al fine di prevenire i furti, ma le stesse tecnologie sono e saranno sempre più utilizzate anche per raccogliere informazioni sui propri clienti, le loro preferenze e il luogo in cui si trovano, e al tempo stesso per gestire l’inventario del proprio negozio, anche nell’ottica di una integrazione con la piattaforma di vendita online. Allo stesso tempo, i c.d. codici QR sulle etichette dei prodotti consentono di fornire informazioni aggiuntive relative ai prodotti e di compiere attività di marketing nei negozi stessi.
Ma l’Internet of Things viene di solito identificato con l’utilizzo di sensori. Questi possono essere utilizzati nel settore retail al fine per esempio di cambiare un’area del negozio tramite dei display interattivi quando un cliente si trova nelle vicinanze. Ma possono essere utilizzati anche per tracciare e misurare il flusso di clienti in certe aree nel negozio facendo un’attività di in-store analytics.
Gli addetti ai lavori vedono le maggiori potenzialità per l’Internet of Things nel settore retail attraverso le applicazioni Bluetooth Low Energy (BLE) di solito denominate “beacon” e tecnologie simili. La maggior parte degli smartphone e delle tecnologie indossabili sono già dotati di tali applicazioni che consentono al dispositivo di comunicare con i beacon situati nei negozi al fine di consentire ai retailer di tracciare i propri clienti ed inviargli ad esempio comunicazioni, mentre gli stessi visitano il negozio.
Il principale vantaggio dei beacon è che consentono di identificare il luogo in cui si trova il cliente con un’approssimazione molto dettagliata (circa 5/10 metri) il che rende le attività di marketing, tracciamento e pagamento nel negozio molto più efficaci. E ad esempio i clienti potrebbero ricevere comunicazioni di marketing sul proprio smartphone quando si avvicinano ad una sezione del negozio in cui sono disponibili prodotti in promozione.
Ma quali sono i rischi legali?
Le tecnologie dell’Internet of Things si basano per propria natura sulla raccolta di dati relativi agli individui, alla loro analisi sia con riferimento ai singolo che in forma aggregata tramite i c.d. big data e il loro utilizzo al fine di aumentare l’efficienza e le vendite tramite la fornitura di servizi ed iniziative di marketing customizzati.
Violazione della nostra privacy?
Alcune delle problematiche che derivano dall’utilizzo delle tecnologie dell’Internet of Things nel settore retail erano state già sollevate dai garanti privacy europei di recente. I garanti hanno identificato nella mancanza di trasparenza di queste tecnologie uno dei problemi principali. I clienti non sono spesso in grado di conoscere completamente quando e come i propri dati personali sono raccolti, come vengono utilizzati e i soggetti a cui i dati sono comunicati.
Il problema dipende dal livello di informazione e dalla tipologia di consenso che sono richiesti ai clienti per l’utilizzo di queste tecnologie, specialmente tenendo conto che i dati raccolti tramite le stesse possono generare profili dettagliati dei clienti. E un tentativo di trovare soluzioni efficienti è stato già eseguito dalla Commissione europea con riferimento agli RFID, ma stiamo lavorando al fine di trovare soluzioni simili anche per le altre tecnologie dell’IoT.
Cyber Security
Come già menzionato in un mio precedente articolo, i rischi relativi alla cybersecurity con riferimento alle tecnologie dell’Internet of Things sono molto elevati vista la quantità di dati raccolti tramite queste tecnologie. Allo stesso tempo, l’adozione di misure di sicurezza troppo onerose potrebbe rendere la tecnologia poco efficiente e comoda da utilizzare. La perdita dei dati raccolti con queste tecnologie può portare a responsabilità per la c.d. “data breach” che saranno soggetti a sanzioni fino al 5% del fatturato globale ai sensi della nuova normativa privacy europea.
Responsabilità dei diversi soggetti coinvolti
Un problema comune con riferimento all’utilizzo delle tecnologie dell’Internet of Things è relativo alla responsabilità dei diversi soggetti coinvolti nella gestione di tali tecnologie. I retailer faranno spesso affidamento sulla tecnologia fornita da terzi che a loro volta gestiranno la piattaforma cloud tramite i propri subappaltatori. Il problema è come i retailer debbano essere protetti non sono in termini di livelli di servizio, ma anche per i possibili danni reputazionali in caso di perdita di dati o cybercrime. E un ulteriore problema è dato dall’identificazione del “proprietario” dei dati raccolti la cui identificazione genera gli obblighi di compliance sopra indicati.
Questi sono alcuni dei problemi legali relative all’utilizzo delle tecnologie IoT nel settore retail. Quello che stiamo cercando di ottenere per i nostri clienti e di garantire la conformità con gli obblighi sopra esposti secondo modalità “business oriented” che consentano di fare affidamento sulle necessarie protezioni legali e contrattuali secondo modalità che siano economicamente fattibili per i fornitori.
Via Tech Economy
«Il punto centrale della nostra strategia digitale è il negozio, inteso sia come rete di negozi fisici che come online: l’eCommerce infatti è il nostro punto vendita più grande, quello che fattura di più». Così Luca Sorichetti, Direttore Information Technology di Esselunga, ha iniziato il suo intervento sulle strategie di Mobile Marketing e Service del colosso della grande distribuzione al recente convegno dell’Osservatorio Innovazione Digitale nel Retail del Politecnico di Milano.
In Italia Esselunga è una delle principali realtà del settore, con 146 superstore e supermarket in Lombardia, Toscana, Emilia Romagna, Piemonte, Veneto, Liguria e Lazio, oltre 20mila dipendenti e un fatturato di quasi 7 miliardi di euro. Sorichetti però ha citato tre soli numeri, «tre macroindicatori che sono il nostro faro»: i 18.000 euro di fatturato annuo per metro quadro di negozio («circa il triplo della media italiana, e in linea con la media dei colossi inglesi del retail, che sono il nostro riferimento»), il 94,4% come percentuale di vendite legate alle carte fidaty («dato che dimostra quanto il programma sia diffuso e apprezzato dai clienti»), e la crescita «in doppia cifra» del fatturato dell’eCommerce.
L'eCommerce è il più grande punto vendita, ribadisce Sorichetti: «Chi fa logistica, o acquisti o IT, li fa anche per l’eCommerce. E l’obiettivo della strategia digitale è di supportare il cliente prima e dopo la spesa, che si fa nel negozio, fisico o online». Un esempio molto interessante è il primo esperimento di promozione “personalizzata”, denominata “scegli il tuo sconto”: «Si possono scegliere 6 prodotti da un paniere, e i relativi sconti che si aggiungono alle promozioni già esistenti e disponibili per tutti. È una promozione multicanale: è fruibile da pc, da App e da chiosco. Anche da noi l’uso dell’App ha superato di gran lunga l’uso del sito web da pc, ma anche il chiosco ha numeri importanti, a testimonianza del fatto che il nostro cliente è ancora legato alla fisicità e presenza in negozio».
Uno dei pilastri fondamentali della strategia di Esselunga è ovviamente la Mobile App, anzi per meglio dire il sistema di App, visto che ne ha sviluppate cinque: per iPhone e iPod, per iPad, per smartphone Android, per tablet Android e per Windows Phone. «L’App è nata quasi per gioco, su iniziativa dei sistemi informativi, dal lavoro di alcuni studenti del Politecnico di Milano, con l’obiettivo di testare iniziative promozionali – spiega Sorichetti -. Nel 2011 siamo arrivati in finale allo Smau Mob App Award, poi per un anno l’App è restata quasi “dormiente”, perché non riuscivamo a definire un buon business case, ma successivamente è decollata».
Tanto da spingere l’azienda a un investimento significativo, visto che come accennato è stato creato un “sistema” di cinque App ma con la stessa grafica, fruibilità, look e feel: «È stato deciso di fare qualcosa di bello, funzionale, elegante: un “vestito sartoriale”».
Le App hanno molte funzionalità: ci si può registrare con la fidaty card e “scegliere” lo sconto, scansionare il bar code e attivare lo sconto su quell’articolo, fare la lista della spesa («una funzione chiesta espressamente dai clienti: la “co-creazione” è un modello che stiamo applicando sempre più»), gestire i programmi fedeltà, prenotare premi, vedere volantini digitali, e in genere tutti gli articoli in promozione («non solo quelli sul volantino di carta), e anche chiedere promozioni per una determinata categoria di prodotti.
«Un altro sviluppo imminente per la App è la smaterializzazione completa in essa della carta fidaty, con possibilità di usare lo smartphone per farsi riconoscere». Ma anche nei negozi fisici, sottolinea Sorichetti, il digitale si sta diffondendo: «Dalla scorsa estate tutte le casse sono abilitate ai pagamenti contactless: speravamo in diffusione maggiore dei terminali NFC, invece è più lenta del previsto ma comunque siamo pronti, e stiamo anche incentivando questa forma di pagamento. Per esempio abbiamo anche girato i terminali verso i clienti perché la “percezione” del self service fosse maggiore».
E per il futuro su cosa sta lavorando Esselunga? «Su molte cose: dobbiamo raccontare di più, il digitale è un ottimo veicolo per raccontare storie in modo multimediale, per spiegare per esempio quello che c’è dietro un prodotto, la sua filiera, la sua qualità. Anche il social ci aiuterà in questo, a informare, coinvolgere, spiegare: non ci siamo ancora mossi in quest’ambito ma ci stiamo ragionando. In generale la direzione è chiara, i servizi digitali saranno sempre più “integrati” nelle modalità stesse con cui ci proponiamo quotidianamente al nostri clienti».
Via Wireless4Innovation
Un primo quadrimestre positivo per il largo consumo, che a volume conferma i buoni risultati degli ultimi due anni e a valore torna a crescere del 2,2%, il tasso migliore degli ultimi cinque anni. Questi i risultati presentati alla conferenza stampa d'apertura di Linkontro, l'evento di Nielsen che per il 33esimo anno fa il punto su scenario presente con sguardo al futuro.
A fare da traino nella gdo è l'alimentare (food + beverage + pet), con vendite che sullo stesso periodo dell’anno precedente mettono a segno un incremento del +3,4%, mentre gli altri prodotti non-food subiscono un calo del -2,5%. L’incremento complessivo, a totale negozio, è pari a +2,1%.
A livello di categoria si segnalano: frutta e verdura +9,6% (frutta fresca +7,1%, frutta secca +11,9%, verdura +11,4%), freddo +5,8% (gelati +2%, surgelati +6,4%), pane/pasticceria/pasta +5,7%, pet food +3,8%, bevande +2,5%, cibo confezionato +2,4%, macelleria e polleria +2,3%, salumeria/gastronomia/formaggi +2,2%, fresco confezionato +1,5%, pescheria +0,7%. Performance negative, invece, per la cura della persona (-1,3%), la cura della casa (-1,7%) e il bazar e tessile (-2,5%).
Abitudini di consumo
- I segmenti benessere e naturale (compresa l’ortofrutta) continuano a fare la parte del leone rappresentando il 41% della crescita. Le altre componenti che contribuiscono sono: affettati in busta 10%, piatti pronti freschi 9%, prodotti gourmet 5% e pet care 4%. Tra le categorie dei prodotti naturali/salutistici si segnalano in particolare: biscotti integrali +14%, frutta secca +12%, yogurt greco +12%, frutta disidratata +10%, integratori vitaminici +9%, cioccolato (tavolette) +9% e salmone affumicato +7%.
- Non si rinuncia tuttavia ai prodotti che offrono esperienze di gusto superiori o un elevato contenuto di servizio, come zuppe pronte fresche +33%, piatti pronti freschi (sushi) +25%, caffè in capsule +20%, spuntini/tramezzini +20%, filetti di pesce surgelato +12%, charmat secco +11%, pizze surgelate +9%, basi pasta/pizza +9%, creme dolci +8%, salumi affettati +7%, sughi pronti +6% e vino DOC +5%.
- Le nicchie sono sempre meno nicchie. Dall’analisi dei trend emerge infatti che la spiegazione dei fenomeni è sempre più legata a bisogni cross-categoria e che il rapporto tra nicchia e mainstream è cambiato nel corso degli ultimi mesi. Mercati che fino a ieri erano considerati nicchie, oggi hanno perso la caratteristica originaria e spiegano una parte rilevante della crescita dei consumi. Il biologico, ad esempio, ha raggiunto un giro d’affari di 1 miliardo e 292 milioni di euro (+19,8%), con 5,2 milioni di famiglie che lo acquistano tutte le settimane (in crescita di 1 milione vs. 2015). Il boom dei prodotti integrali ha generato vendite per 435 milioni (+11,3%). Anche i free-from hanno andamenti sempre più positivi: il senza glutine raggiunge 170 milioni (+26,3%), il senza lattosio 376 milioni (+6,3%) e le bevande vegetali 198 milioni (+7,4%).
L'eCommerce Cresce anche il fatturato proveniente degli acquisti effettuati online, che generano 622 milioni di euro nel 2016 (+45% vs 2015), con un’incidenza pari all’1,1% del fatturato complessivo del largo consumo. La crescita del canale online è stata trainata dall’incremento degli acquirenti (5,4 milioni, +39%) e dall’aumento della spesa media annua (pari a 115,5 euro, +4,2%)
Prezzi e promozioni Tornano a muoversi i prezzi di vendita dopo gli andamenti deflattivi dello scorso anno, contribuendo positivamente alla crescita dei fatturati. L’analisi dei prezzi evidenzia anche l’arresto del downgrading del carrello (-0,3%) e un sensibile miglioramento rispetto agli scorsi anni. Le vendite promozionate sono in leggero calo e la pressione promozionale scende di 0,8 punti, arrestando la spirale di incremento degli acquisti in promozione.
Assortimenti e marche del distributore Si confermano i segnali di dinamicità degli assortimenti con un’ulteriore accelerazione nel corso dell’ultimo anno (+3,8%, anno terminante marzo 2017 vs A.T. marzo 2016). E l’identikit delle nuove referenze sembra seguire le tendenze della domanda. Rimane stabile l’incidenza delle vendite di prodotti delle marche del distributore (18,7% delle vendite complessive) e in leggera crescita la quota assortimentale (19,6%, +0,3 p.ti). A fronte di vendite stabili, si evidenzia una trasformazione dell’offerta della marca del distributore con la crescita dei segmenti premium e il crollo dei primi prezzi.
"La velocità del cambiamento – dichiara l’amministratore delegato di Nielsen Italia Giovanni Fantasia – è la principale caratteristica degli attuali mercati. Lo studio presentato oggi in apertura de Linkontro evidenzia uno scenario mutevole e frenetico, che impone alle imprese di adattarsi alla nuova domanda del consumatore".
Via Mark Up
Italiani e millennial vedono i supermercati del prossimo futuro come aggregatori di prodotti e servizi sempre più diversificati. Secondo un’indagine Censis i millennial vedono le unità di vendita come vere e proprie piattaforme relazionali ad alta intensità di tecnologia, capaci di promuovere la personalizzazione e di facilitare la vita dei clienti, ovvero hub che condensano valore da intercettare. I millennial dunque rappresentano la fascia di popolazione che mostra un apprezzamento “nuovo” e più forte, oltre a un’interazione che segue diverse modalità, nei confronti dei supermercati tradizionali.Nello specifico la ricerca dimostra che il 33% dei millennial si aspetta di trovare al loro interno modalità più veloci e più semplici di pagamento, contro il 29% del totale degli intervistati, e il 31% sente la necessità di orari di apertura più flessibili e prolungati, contro il 26% del totale. Inoltre, il 28% vorrebbe ricevere offerte personalizzate direttamente sullo smartphone (vs il 21% del totale) e usufruire del servizio wifi all’interno nei negozi (27% dei Millennial vs il 18% del totale).
Per quanto riguarda invece l’utilizzo di siti, app e social network per venire a conoscenza di informazioni sulle iniziative della distribuzione moderna, il 31% dei millennial consulta i diversi canali regolarmente, mentre la media italiana è del 21,5%. Inoltre, mentre il 21% dei millennial interagisce con post e commenti, solo il 12% degli italiani dichiara di farlo. E infine, il 38% è venuto a conoscenza di promozioni e offerte interessanti attraverso le app scaricate, contro il 21% della media nazionale.
Via Mark Up
|