La Generazione Z è la protagonista del mercato, il vero focus delle ricerche di marketing, perché in grado di offrire spunti interessanti per l'impresa circa l'orientamento per gli anni futuri.
È la generazione dei nativi digitali che guarda ai social per scovare e partecipare alle tendenze culturali. "Partecipare" è proprio la parola chiave che li caratterizza: è composta da individui creativi, che vogliono esprimersi e far parte di quel processo di vendita che li porta ad essere consumatori. Desiderano condividere creatività, non tanto i propri stati e aggiornamenti personali, (tipico dei Millenial), come mostra la ricerca di Globalwebindex.
Secondo una ricerca di Adolescent Content, solo l'8% della Generazione Z crede che i brand li capisca a fondo, la maggior parte lamenta di non essere coinvolti da loro. È un popolo definibile come fluido, che migra dove trova spazio di espressione, ma quasi esclusivamente all'interno del mondo dei social network, come dimostrato da uno studio di Essence, secondo cui il 77% dei giovanissimi afferma di fare acquisti tramite i social.
La predilezione della Generazione Z per i social cambia il concetto di marketing, "...Cominciano ora ad avere un buon poter di spesa, e sono autori di uno dei più grandi cambiamenti culturali del mondo moderno. Le loro decisioni avranno impatto a lunghissimo termine, in positivo", ha affermato Liz Toney, co-fondatrice dell'agenzia di marketing PRZM, specializzata sulla Generazione Z.
Non avere paura dei mondi emergenti
Per affermare il proprio brand non ci si può più sedere sul bordo del fiume in attesa che emergano grandi trend, aspettare che un'idea oltrepassi la soglia della diffusione potrebbe essere già tardi! Bisogna capire come far penetrare il brand nel mondo della Generazione Z, tenendo conto delle caratteristiche che la contraddistinguono.
Il punto di forza potrebbe essere la ricerca di nuove piattaforme, sottoculture, tendenze non ancora esplose ma dal forte potenziale.
TikTok è l'esempio più eclatante: in soli 5 anni ha raggiunto 1,2 miliardi di utenti attivi, perché qualcuno, in tempi non sospetti, ha creduto e puntato sul fenomeno. Ora TikTok non è più un evento di nicchia ma il re dei social network, riuscito a superare, in numeri, quelli già affermati come LinkedIn, Twitter e Snapchat.
Le 3 parole chiave per attrarre la Generazione Z
- Definisci la mission (i valori portanti dell'azienda): i giovanissimi di questa generazione hanno a cuore temi quali i diritti della comunità LGBTQ, la diversità etnica come ricchezza culturale, la responsabilità sociale d'impresa nei confronti dei lavoratori e dell'ambiente
- Trasparenza e verità: i nativi digitali sanno navigare nel web con capacità, conducono ricerche e seguono le recensioni, sono in grado in grado di scovare eventuali false promesse legate al prodotto e all'azienda
- Personalità: il brand deve tirare fuori la voce, non avere paura di mostrare anche le imperfezioni, ma rivendicare con costanza il proprio ruolo, puntando sul divertimento (come sta facendo l'industria cinematografica di Hollywood)
Punta sui nano-influencer
Analizzare una sottocultura è vantaggioso, soprattutto se si è i primi, ma ciò che è fondamentale è avere naso per quelle carte che possono mostrarsi vincenti.
Il concetto di community continua ad essere il pilastro delle strategie social: la parola comunità fa pensare agli esseri umani non tanto ai numeri. I ragazzi vogliono creare una connessione emotiva con il brand e con i coetanei, e in questo sappiamo quanto l'influencer sia importante.
Ma visto che questa figura non è più una novità, così come il micro-influencer, è bene puntare gli occhi sui nano-influencer.
I nano-influencer sono personaggi con un numero di follower limitato (1000-10000 circa), spesso hanno un pubblico di nicchia e un'influenza locale. Hanno un ingaggio dal prezzo ridotto, generalmente infatti l'entrata del lavoro di influencer non è l'unica fonte di sostentamento. E proprio quest'ultimo aspetto è un fattore che gioca a loro vantaggio, mostrano una real life, simile a quella dei tanti giovanissimi, che quindi si identificano con facilità, mostrando un maggior livello di fiducia.
Affidarsi a influencer di questo tipo, apparentemente, sembrerebbe comportare una riduzione delle vendite, in realtà non è importante tanto il numero di follower quanto l'engagement che porta gli utenti a credere nel prodotto: spesso hanno un engagement superiore ad un micro influencer perché i follower sono davvero interessati e intorno a loro si crea una community nella quale si interagisce con facilità.
Scopri le potenziali app del futuro
Per attrarre l'attenzione della Generazione Z bisogna guardare al piccolo, scavare e individuare le novità che consentano di creare ambienti in cui i giovani possano sentirsi protagonisti.
Ogni social network ha un pubblico e delle dinamiche proprie da saper sfruttare. Per fare il salto di qualità bisogna guardare avanti e non ostinarsi a spremere i social già famosi.
Ecco qualche esempio:
Discord: lanciata nel 2015 dalla piattaforma statunitense VOIP, è cresciuta rapidamente fino a 350 milioni di utenti. Nata per offrire ai giocatori di videogiochi un modo per comunicare, oggi riguarda tutti gli utenti che vogliono creare una comunità: dopo aver aperto un server si creano delle stanze suddivise per argomenti, tramite chat, scritte e vocali.
Le chat, pur essendo private, (vi si partecipa tramite link di invito), possono essere molto ampie e connettere youtuber e nano-influencer con i seguaci. L'app sembra invertire la logica dei like, del numero di follower e degli algoritmi tipici del presente, piuttosto ricorda le chat degli anni '90-2000.
L'azienda ha l'opportunità, ad esempio, di aprire un server aziendale dedicato all'assistenza clienti, con i quali può connettersi e chattare direttamente o comunicare tramite livestreaming, arrivando direttamente al target.
Dispo: fondata nel 2019 dalla star di YouTube David Dobrik e Alexis Ohanian, è il social che lancia la sfida ad Instagram e all'uso incontrollato dei filtri. Funziona come una vecchia macchina fotografica usa e getta, (da cui prende il nome), le fotografie scattate appaiono nei feed degli utenti 24 ore dopo averle scattate (proprio come se dovessero essere sviluppate), e possono essere raccolte in album definiti rullini (rolls).
Riflettendo bene potrebbe risultare un'occasione rispetto ad Instagram, ormai noto a tutti, permettendo di trovare spazio più facilmente, ad esempio, affidandosi ad un influencer che invita i follower a condividere foto in un album comune.
Poparazzi: il social anti-selfie, basato anch'esso sulle foto, ma scattate dagli altri. Fondata dai fratelli Austen e Alex Ma, permette di creare un profilo che si arricchisce di foto in cui l'utente viene taggato da altri, come dei paparazzi, appunto. Non ci sono didascalie, like, commenti, e nessuna modifica agli scatti.
"Una nuova app di condivisione foto che si concentra sul conservare i momenti autentici con gli amici", si legge nella presentazione su Medium, The anti-selfie club.
Il fatto di non poter modificare le foto dopo che siano state pubblicate, da parte dell'utente taggato, fa sorgere il problema di eventuali scatti imbarazzanti. A tal proposito, si può chiederne l'eliminazione, o limitare, nelle impostazioni, la possibilità di taggare solo alle persone più fidate.
D'altronde, la questione privacy riguarda, in vari m0di, tutti i social, basta essere accorti e responsabili.