I 20 anni della nascita di Google segnano un nuovo capitolo della storia del motore di ricerca, che ha modificato profondamente il nostro modo di acquisire informazioni e conoscenza. Da oggi la ricerca cambia sulla base di tre paradigmi:
da risposte a percorsi: non più semplici risposte a domande degli utenti, ma la proposizione di percorsi di ricerca, sulla base degli interessi;
da query all’assenza di query: non ci sarà necessità di fare una specifica richiesta, ma il motore farà emergere contenuti su misura per l’utente;
da testo a immagini: i risultati saranno più visivi (foto, video, storie)
Tutti questi cambiamenti sono resi possibili dai miglioramenti delle tecniche di Intelligenza Artificiale, che oggi sono in grado di comprendere concetti e non semplici parole.
Da risposte a percorsi Oggi gli utenti non fanno ricerche una tantum, ma spesso ritornano su ricerche precedenti. E così Google ha pensato di introdurre le “Activity Cards” che mostreranno le pagine visitate in precedenza e le query effettuate (eliminabili all’occorrenza) in modo da rendere più immediate le successive interrogazioni. Queste Card potranno essere salvate e organizzate in “Collections” tematiche (tipo Pinterest).
Topic Layer Il miglioramento delle capacità di ricerca passa anche dal potenziamento del cosiddetto “Knowledge Graph” ossia quell’insieme di relazioni tra fatti (persone, eventi, luoghi, argomenti) che Google costruisce nel tempo e che gli permette di “comprendere” le domande di ricerca. Viene introdotto il concetto di “Topic Layer” per descrivere la capacità del sistema di individuare e mostrare una serie di sotto argomenti (quindi articoli sempreverdi e nuovi) legati alla chiave di ricerca principale.
Il Feed diventa Discover Il News Feed, il flusso di notizie cui si accede usando l’app mobile di Google, usato da 800 milioni di persone al mese, viene rinominato “Discover”. Presto apparirà quando si aprirà google.com da un browser su dispositivo mobile. Il suo compito è di mostrare le news del giorno e quelle più rispondenti agli interessi del singolo utente. Ogni notizia sarà accompagnata da una sorta di tag tematico che, cliccato, farà partire una ricerca più ampia sullo specifico argomento. Si potrà decidere di seguire o smettere di seguire un topic, segnalando a Google l’interesse verso lo stesso.
Da testo a immagini I risultati della ricerca saranno sempre più visivi. Ad esempio conterranno le Storie AMP, il formato mobile promosso da Google che è in grado di contenere foto, video, testi al fine di raccontare una notizia. Ogni frammento della storia, cliccato, porterà a scoprire nuovi contenuti (attraverso la ricerca). La cosa interessante è che queste storie saranno composte automaticamente da un sistema di Intelligenza Artificiale.
Nella SERP vedremo anche più video, le cui anteprime saranno selezionate da un sistema di “computer vision” in modo permettere una immediata identificazione di quelli più rilevanti.
La sezioneGoogle Imagesverrà profondamente rinnovata in modo da mostrare sia le ricerche correlate alla parola inserita, sia delle descrizioni di contesto insieme alle foto. In pratica diventerà Pinterest. Saranno privilegiati i contenuti nuovi e quelli provenienti da siti autorevoli che danno grande spazio ai contenuti visivi. Verrà aggiunta anche la funzioneGoogle Lens, che permetterà di eseguire ricerche visive di dettaglio rispetto agli oggetti contenuti in una foto.
In definitiva i risultati di ricerca di Google conterranno meno link blu, più elementi visivi, dati strutturati e tasti-scorciatoia per semplificare le operazioni successive di ricerca. Chi pubblica sul web probabilmente dovrà puntare ancora di più sulla qualità, anche visiva, e sull’aggiornamento dei contenuti.
‘Se non puoi batterli fatteli amici’. E trasformali in una ‘categoria-di-scelta’ del tuo negozio online. È il pensiero che sta prendendo piede negli e-tailer statunitensi che stanno dedicando spazi alle influencer all’interno dei propri shop online. Non più solo testimonial, ma vere e proprie promoter commerciali, coinvolte soprattutto da realtà fashion e beauty, ma non solo. Spazi in cui poter suggerire prodotti alle utenti, spesso proprie follower sui social network. Collaborazioni firmate a quattro mani con l’e-tailer o, semplicemente, una selezione di items prescelta dalle star del web. Alla fine, dunque, oltre alle selezioni per brand, tipologia merceologica o prezzo, si potrà scegliere anche per influencer.
“Le persone non acquistano più seguendo un brand, acquistano perché hanno una connessione personale con qualcuno, queste nuove strategie retail seguono quest’idea”, riassumeIvka Adam, fondatrice e CEO del brand di gioielliIconeryche, all’interno del proprio sito, ospita una sezione dedicata a celebrities e influencer. Le commissioni sulle vendite, riportaWwd, possono variare dal 5% fino al 25 per cento.
“In molti casi, il ruolo di un retailer – suggerisceKirsten Greendella società di venture capital Forerunner Ventures – è stato quello di creare un contesto intorno a un prodotto. Gli influencer hanno l’opportunità di essere un mini store in sé perché possono mostrare il prodotto attraverso le proprie raccomandazioni e le modalità d’uso, è parte di un trend in ascesa che sta rimappando l’ecosistema retail ridefinendo i ruoli di tutti diversi player e l’aspetto dei loro business”.
È questoil tempo che l’utente medio dedica ogni giorno alla fruizione di contenuti. Un tempo destinato ad aumentare di soli 18 minuti nei prossimi 5 anni, il che significa che l’attenzione umana, già praticamente satura, è il nuovo terreno di competizione per tutti i player, fuori e dentro la rete.
Per descrivere il fenomeno in USA si è arrivato a parlare addirittura di“peak media”.
Il digitale è ovviamente il mezzo più usato per la fruizione del contenuto: un cambiamento reso possibile dall’ascesa di internet, che ha costretto non solo i merchant e i service provider ma anche i gruppi editoriali a ripensare il proprio modo di fare business.
Perché quindi l’affiliate marketing?
Ilfatturato pubblicitarioderivante dalla stampa è infattiin calo costante dal 2012e il duopolio diFacebook e Googleha reso necessario trovare strategie pubblicitarie alternative.
Ecco quindi perché sono sempre di più i gruppi editoriali che potremmo definire “tradizionali” che si stanno rivolgendo all’affiliazione, un business in continua crescita chevale oggi 13 miliardi di euro a livello globale(fonte: The Awin Report 2017/2018), per aumentare le entrate. Una scelta fatta anche per compensare l’inefficienza e la mancanza di risultati di altri metodi di monetizzazione standard, quali ad esempio gli annunci display, e in grado di arginare anche il crescente utilizzo degliad blockerda parte degli utenti.
Tutto questo grazie a un semplice principio:la non invasività. Il lettore è sempre al primo posto e quello che gli si offre è un vero e proprio servizio; una lettura non solo interessante ma anche utile grazie areview di prodotto, gallerie di immagini e link ai siti dei brandche vendono l’oggetto del desiderio (il 43% delle vendite è influenzato da consigli e promozioni). L’obiettivo è trovare i prodotti giusti per i propri clienti, non viceversa. Lettori soddisfatti si trasformano in clienti felici e in una vittoria sia per il merchant che per il publisher. Grazie atecnologie di tracciamento, il sito che ha originato il click dell’utente, l’editore appunto, riceverà una commissione commisurata alla vendita che ha generato.
Importante è ovviamentepiena trasparenzae dichiarare quindi la finalità commerciale dietro questa attività, all’inizio o alla fine dell’articolo in questione: a differenza di quanto si pensa, gli utenti non hanno alcun problema a riguardo e anzi apprezzano contenuti ben fatti che aiutano a rimuovere quell’alone di incertezza che aleggia tutti gli acquisti effettuati online (“il prodotto che ho ordinato sarà come quello della foto? E se fosse di scarsa qualità?”). Il lettore saprà cosa compra ancora prima di ricevere il prodotto davanti alla porta di casa.
Gli stessi influencer d’altronde ci stanno abituando ormai aglihashtag #ad, #adv e #advertisingall’interno di post e story.
All’estero troviamo tanti importanti nomi dell’editoria che già lavorano con network d’affiliazione come ilTime, Telegraph, DailyMail, Independent e Business Insider. Grazie all’expertise acquisita sul mercato USA e UK infatti, da sempre precursori delle tendenze del digitale europeo, ilnetwork di affiliazione internazionale Awinha già raccolto interessanti insight e best practice.
I dati dell’affiliazione
I gruppi editoriali che hanno iniziato a lavorare con l’affiliate marketing hanno registratoun aumento del 31% del trafficoeuna crescita del 53% delle venditeche hanno contribuito a generare tra gennaio – aprile 2017 vs. gennaio – aprile 2018. Un altro fattore rilevante è comel’utilizzo dei codici scontoall’interno dei propri contenuti aumenti notevolmente i tassi di conversione, che hanno raggiunto il 2,28%, a differenza di una media di settore dell’1% -2%. Interessante anche notare come lo share delle vendite effettuatevia desktop e mobilesia praticamente 50-50 (con rispettivamente il 54% vs. il 46%), che aiuta a contestualizzare come vengono fruiti digitalmente i contenuti dei grandi editori. Per finire, i contenuti non conoscono limiti di tempo:gli articoli contribuiscono a generare revenue fino a 33 mesi dopo la loro pubblicazione, e senza costi aggiuntivi (SEO, baby!).
Anche in Italia ci si prepara a seguire queste orme e sono già attive le partnership conViviMilano,Notizie.it, Consigli.it, Today.it e Il Post. Proprio con Il Post ad esempio è stato realizzato un articolo in occasione del Black Friday 2017, che ha coinvolto, tra gli altri, alcuni clienti del network Awin (Unieuro, eDreams, Euronics, La Feltrinelli), che hanno registrato un AOV di 131 euro.
Grazie all’expertise del gruppo,Awinfornisce consulenza a tutte le realtà che desiderano avvicinarsi al mondo della pubblicità personalizzata, aiutandoli a stabilire che tipo di contenuto scegliere e quali strumenti utilizzare per rendere più efficace l’attività di promozione.
Il medium con la maggiore penetrazione rimane la TV, ma quella lineare al 89,9%, continua a calare del 2,3% rispetto all’anno precedente. Crescono gli spettatori via web tv e smart tv (30,1%) e quelli che guardano la televisione in mobilità (25,9%). Le piattaforme tv digitali (Netflix e simili) salgono al 17,9%, con punte del 29,1% tra i giovani under 30;
Flessione anche per la radio tradizionale (56,2%), compensata dall’ascolto via pc (17%) e smartphone (20,7%).
Crollano i lettori dei quotidiani cartacei dal 67% del 2007 al 37,4% di oggi, ma crescono di poco quelli delle versioni online (26,3%). Gli aggregatori di notizie sono consultati dal 46,1% degli italiani.
I connazionali che usano la rete passano dal 75,2% al 78,4%, con una differenza positiva del 3,2% rispetto allo scorso anno e del 33,1% dal 2007.
Gli italiani che si dichiarano utenti dei social network passano dal 67,3% al 72,5%. L’app più usata resta WhatsApp che guadagna 1,8 punti in un anno (al 67,5%), ma ne perde 4 tra i giovani di età compresa tra i 14 e i 29 anni (all’81,6%). Facebook continua a primeggiare tra i social network ma il suo utilizzo resta inchiodato al 56% della popolazione e cala di 9 punti tra gli adolescenti. YouTube, invece, è la destinazione del 52% della popolazione (+2 punti), ma cala per la prima volta tra i giovani di circa 5 punti. Tonfo annunciato per Google+ (-14) e flessione minore per Twitter (-1,3 nel complesso -2,5 tra i giovani) e LinkedIn (-1,1 in generale e -5 tra i giovani). L’unico a crescere sensibilmente è Instagram che guadagna ben 5,7 punti percentuali e 6,6 punti nella fascia “young”. Bene anche Telegram che guadagna circa 3 punti in entrambe le coorti, mentre Snapchat rimane stabile nella popolazione (5,7%) ma cresce di un punto tra i giovani (al 16%).
Sul versante e-commerce Amazon è usato dal 31% della popolazione (+4,4), mentre eBay pur mantenendo la sua utenza al 18%, continua a perdere i giovani (-2,7%).
Queste le percentuali CENSIS raccolte attraverso il metodo delle interviste. Se volete conoscere l’ampiezza dell’utenza dei vari social media in Italia, sintesi di diverse fonti in mio possesso, vi consiglio di tenere d’occhio la pagina dell’Osservatorio Social Media.