Per l’85% dei principali merchant italiani la consegna tradizionale a domicilio gestita da terzi (corrieri espresso, operatori postali) è la modalità più utilizzata dai propri web shopper. I consumatori prediligono, inoltre, gli strumenti di pagamento contestuali all’acquisto (carta di credito e PayPal), i quali generano il 96% del transato eCommerce B2c. Relativamente al post-vendita, il 78% degli operatori combina 2 o più strumenti di assistenza al cliente: tra questi, l’email e il telefono rappresentano le modalità più adottate (87% e 86%), seguono chat/chatbot (23%) e social network (11%).
È quanto emerge dalla fotografia scattata dall’Osservatorio eCommerce B2c Netcomm - School of Management del Politecnico di Milano*. La ricerca, presentata a Milano presso il Campus Bovisa in occasione del Convegno“Pagamenti e logistica per un eCommerce B2C di successo”, analizza le due fasi a valle della catena del valore eCommerce, ossia le attività volte a gestire l’evasione dell’ordine e assistere il consumatore durante l’acquisto.
La gestione del pagamento “Nel 2018, l’utilizzo degli strumenti di pagamento contestuali all’ acquisto è la modalità più apprezzata dai consumatori: ben il 96% dell’eCommerce è generato attraverso carta di credito (64%) e PayPal (32%). Resta basso l’impiego di altri mezzi di pagamento, come il bonifico (2%) e il contrassegno (2%)”AffermaValentina Pontiggia, Direttore dell’Osservatorio eCommerce B2c Netcomm – School of Management del Politecnico di Milano“É confermata, inoltre, la bassa incidenza delle frodi, pari a un valore dello 0,15% del mercato (in linea con quanto registrato nel 2017). La sicurezza percepita rimane però una delle principali barriere all’acquisto online da parte di molti potenziali clienti”.
Tra le diverse fasi del customer journey, quelladi check-outrisulta essere quella più critica: su 100 visitatori che inseriscono nel loro carrello almeno un prodotto, ben 88 abbandonano il sito senza finalizzare l’acquisto. Ridurre il tasso di abbandono del carrello, lavorando sull’offerta di strumenti di pagamento per intercettare le preferenze di tutti i potenziali clienti e semplificando il processo di acquisto, rimane una delle sfide più critiche per i merchant eCommerce.
Le modalità di consegna del bene “L’85% dei merchant intervistati dichiara che la consegna tradizionale a domicilio gestita da terzi (corrieri espresso, operatori postali) è la modalità più utilizzata dai propri web shopper. L’8% dei merchant, concentrati soprattutto nell’Alimentare, segnala invece come soluzione più impiegata la consegna a domicilio con mezzi propri, mentre il 7% il ritiro in store.”AffermaRiccardo Mangiaracina Direttore Scientifico dell'Osservatorio eCommerce B2c Netcomm – School of Management del Politecnico di Milano“A fianco della consegna standard, aumenta l’offerta di servizi a valore aggiunto, che arricchisce e migliora il servizio base e rappresenta un fattore competitivo di differenziazione rispetto alla concorrenza. Attraverso questi servizi i merchant vogliono sia ridurre i costi delle mancate consegne (uno dei principali freni all’acquisto online) sia migliorare il livello di servizio e la soddisfazione del cliente, con ritorni importanti sul fatturato.”
Tra i servizi a valore aggiunto offerti dai primi 50 merchant di prodotto in Italia, quelli più semplici, come la consegna in un giorno definito e “al piano”, sono offerti da circa il 40% degli operatori, mentre quelli che puntano alla riduzione delle consegne fallite, come la consegna al sabato, serale o su appuntamento, sono adottati dal 20%. Ancora poco offerti i servizi che puntano sulla velocità, come la consegna same day (15% dei merchant) e la consegna in due ore (6% dei merchant, concentrati nel food delivery). I principali merchant dell’Informatica ed elettronica offrono invece la consegna con installazione.
Supporto al cliente durante il processo di acquisto L’analisi condotta sui primi 100 merchant per fatturato, operanti in Italia, ha evidenziato un utilizzo consapevole e maturo di diversi sistemi di assistenza al cliente, sia sincroni (telefono, chat…) sia asincroni (email, post sui social…).
“La strategia dei merchant italiani è combinare l’offerta di più strumenti di assistenza: Il 78% ricorre infatti ad almeno 2 canali. L’email e il telefono rappresentano le modalità più adottate (87-86%), seguono chat/chatbot (23%) e social network (11%). Al tempo stesso, cresce anche l’uso di mezzi meno tradizionali come Skype e WhatsApp” concludeSamuele Fraternali, Ricercatore Senior dell’Osservatorio eCommerce B2c Netcomm – School of Management del Politecnico di Milano “La scelta del canale di assistenza è influenzata dal comparto merceologico di appartenenza: nei prodotti prevale l’email mentre nei servizi il telefono, più adatto a gestire consulenze più complesse. Adottare adeguati sistemi di assistenza favorisce la capacità di convertire l’interesse in acquisto e di creare una relazione prolungata e ricca di valore con il proprio consumatore”.
Via Osservatori Digital Innovation del Politecnico di Milano
Da qualche tempo ormai, si sta parlando delsorpasso di Instagram su Facebook.
I Millennials hanno già ampiamente dimostrato di preferire il social del visual storytelling per eccellenza a quello che è diventato Facebook, una sorta di repository di informazioni di nessun valore per le nostre vite (sede di lamentele, polemiche e commenti gratuiti), fake news, inserzioni pubblicitarie mal targettizzate e condivisioni di contenuti virali quanto anonimi.
Perché Instagram piace più di Facebook?
Così, mentre Facebook arranca, Instagram attira sempre più pubblico. Perché? Per svariati motivi.
In primis, perché siamo tutti per natura edonisti per cui apprezziamo le cose belle (una bella fotografia, una gallery armoniosa o un invidiabile stile di vita – che, anche se di plastica, ci è d’ispirazione). Oltre a questo ci siamo tutti un po’ stancati di leggere cavolate qua e là e quindi preferiamo che siano le immagini a parlare; del resto, l’interpretazione personale che noi facciamo di una determinata immagine e le emozioni intime che questa ci suscita, rappresentano un’esperienza di gran lunga più coinvolgente di quella che faremmo leggendo le dozzinali riflessioni di qualcun altro. Inoltre, Instagram risulta molto meno invadente del fratello poiché manca di tutti quegli aspetti che, a lungo andare, diventano fastidiosi, ad esempio il pulsante per la condivisione, limitando così lo spam isterico di notizie non sempre meritevoli di essere condivise.
Per tutte queste ragioni – e perché i due social network sono figli dello stesso padre –Facebook punta nuovamente ad assomigliare un po’ di più a Instagram, testando la Visualizzazione griglia e implementando un nuovo strumento dedicato all’Influencer Marketing.
Facebook testa la Visualizzazione griglia
Nella versione desktop, potrete notare la comparsa di un’opzione alternativa alla classica “Visualizzazione lista”, ovvero la “Visualizzazione griglia”: un nuovo modo di visualizzare i post del profilo, suddividendoli in griglie di immagini quadrate (o card, in caso di contenuti di solo testo)… proprio come Instagram.
Dopo aver fatto un copia/incolla della funzione Stories (senza troppo successo),Facebook dimostra ancora una volta di voler diventare sempre più instagrammabile, per stare al passo con i tempi e con i gusti dei Millennials.
In ogni caso, la nuova feature non è stata ancora ufficializzata e potrebbe rimanere uno dei tanti test a cui periodicamente viene sottoposta la piattaforma.
Facebook punta sull’Influencer Marketing
Facebook alza un altro po’ l’asticella e testa uno strumento volto a facilitare la connessione tra aziende e influencer – personalità che su Facebook non sono mai risultate particolarmente di spicco. Si chiamaBranded Content Matchinged è un motore di ricerca intelligente che permette alle aziende di individuare facilmente quali creator vantano l’audience più affine al proprio target di riferimento.
Gli influencer potranno inserire all’interno della piattaforma tutte le informazioni necessarie a stilarne un profilo preciso (collaborazioni migliori, numero fan, …) volto ad alimentare ildatabase di creator interno a Facebook. Le aziende potranno autonomamente accedere a questi profili, selezionandoli per caratteristiche d’interesse (età, genere, stato sentimentale, livello di studio, …) e ottenere subito una lista dei creator più affini al proprio target di riferimento. Per ogni creator sarà visibile anche il tasso di engagement e le visualizzazioni dei propri video in media per facilitare la scelta dell’influencer ideale da parte dell’azienda, in base agli obiettivi di comunicazione.
Questo tipo di strumento dà la possibilità a Facebook di sfruttare la nuova forma pubblicitaria dell’Influencer Marketing(che attualmente riscuote più successo rispetto alle classiche inserzioni) per aumentare l’attrattiva della propria piattaforma per gli inserzionisti.
Inizialmente, lo strumento sarà utilizzabile solo su Facebook… furbacchione di un Mark!
Con l’arrivo della funzioneShopping, Instagram si appresta a diventare ilPostalmarketdella rete, annichilendo le aspirazioni di Pinterest e dando del filo da torcere ad Amazon e eBay .
Shopping nelle Storie Da oggi le aziende, piccole e grandi, potranno inserire all’interno delle Storie un adesivo contenente un link ad una pagina con la descrizione del prodotto. Da qui l’utente potrà procedere all’acquisto andando sul sito del brand. I marketer potranno monitorare, negli Insights, il numero di click sullo sticker e quelli verso il loro sito. La funzione, testata da giugno, è stata già usata mediamente da 90 milioni di persone al mese.
Shopping in Esplora Viene anche inaugurato un nuovo canale Shopping nella sezione Esplora dell’applicazione (in attesa di un app dedicata che sarebbe in sviluppo). In pratica raccoglierà i post contenenti il tag di Shopping provenienti dagli account seguiti o da quelli consigliati dall’algoritmo secondo le nostre abitudini di utilizzo del social medium.
In definitiva l’app di Kevin Systrom vuole dimostrare ai 25 milioni di profili business iscritti, e non solo, che è in grado di portare traffico gratuito e acquirenti verso i loro siti. Presto però, come già accaduto con Facebook e come è fisiologico che sia, ci si renderà conto che senza un adeguato supporto pubblicitario non basterà usare uno sticker per ottenere conversioni. Ovviamente il consiglio, soprattutto alle piccole imprese, è di non cedere alla facile tentazioni di appaltare la community ad Instagram, ma di lavorare per costruirla sul proprio terreno.
Nonostante il grande e continuo lavoro, diretto e con influencer di ogni sorta, da parte dei brand,Googlestrapazza ancora i social media quando si tratta di portare traffico ai siti web del lusso. È quanto emerge dal report ‘Luxury Brands Online 2018’ redatto dall’agenziaPmxche ha analizzato i comportamenti online dei consumatori americani. I motori di ricerca, infatti, rappresentano il 49,7% delle fonti di traffico ai siti web dei marchi del lusso (questi, non solo americani), e oltre il 95% di questa fetta di torta riguarda Google. Il 21,4% del traffico deriva da siti di shopping online (5,4% dai department store), in primisAmazonseguito daMacy’seEbay. Il 3,3% dei navigatori virtuali approda ai siti dei marchi del lusso attraverso i servizi via email. A sorpresa solo il 5,9% del traffico deriva dai social network e appena lo 0,2% da Instagram, superato da Facebook (2,5%), YouTube (1,9%), Reddit (0,3%).
Questo limitato apporto al traffico del sito risalta ancor più se confrontato con i tassi di crescita dell’ingaggio social. Sempre secondo il report, nell’ultimo anno i social network hanno visto un incremento del 20% dei luxury social media follower. Combinando Instagram, Facebook e Twitter, gli oltre 90 fashion brand presi in considerazione dal report Pmx contano oltre 677 milioni di likes e follower, nel 2017 erano 564. Instagram, in particolare, vanta una crescita annua del 23% a 346 milioni. Il social network fotografico si conferma un ottimo strumento di engagement; delle oltre 1 miliardo di interazioni con i luxury brand il 95% deriva proprio da Instagram mentre Facebook si ferma appena al 4 per cento.
Questo distonico andamento tra traffico social e traffico web, tuttavia, non è detto si traduca in un effetto ‘spiazzamento’ sul fronte delle vendite online. Vero è che dopo la visita al sito web di un luxury brand il campione americano esaminato da Pmx visita un sito di shopping (38,9%) oppure si rivolge a un motore di ricerca (17,3%), un social network (6,5%, in primis Facebook e YouTube), oppure Amazon (2,4%). Ma gli strumenti attuali puntano a favorire sempre più il passaggio diretto dal social media alla piattaforma e-commerce, non necessariamente attraverso il sito web del marchio.
Snapchat dichiara di avere 188 milioni di persone che usano l’app quotidianamente e che accedono, in media, 20 volte al giorno. Le nazioni con più “Snapchatter” sono gli Stati Uniti e il Canada con 93 milioni e l’Europa con 73 milioni. Per capire qual è la situazione in Italia ho dato un’occhiata alle informazioni direachriportate utilizzando lo strumento diadvertisingdella piattaforma.
Quanti sono gli utenti italiani di Snapchat?
Gli italiani che usano Snapchat sono circa 2,5 milioni. Un dato non entusiasmante sia se lo si rapporta allo scorso anno, quando erano 2 milioni, sia se lo si confronta con nazioni simili alla nostra. Ad esempio in Spagna, dove la popolazione internet è inferiore a quella italiana, Snapchat raggiunge 4 milioni di individui. La Francia, che ha una popolazione simile alla nostra, ha la più alta presenza di Snapchatter del continente: 17,5 milioni.
Qual è la composizione demografica degli italiani su Snapchat?
Il 60% degli italiani su Snapchat sono donne (1,5 milioni) mentre gli uomini coprono il restante 40% (1 milione). Questa è la prima peculiarità del servizio, visto che suInstagramsi ha una leggera prevalenza delle donne, mentre suFacebookaccade l’opposto.
La seconda peculiarità riguarda la prevalenza dei teenager dai 13 ai 18 anni che rappresentano il 39% degli iscritti italiani.Nè in Instagram, né in Facebook si riscontra questa situazione, anche se stiamo parlando di circa 1,1 milione di ragazzi. L’altro gruppo che ha una presenza percentuale importante è quello della fascia 19-24 che rappresenta il 33% degli utenti raggiungibili. Seguono i 25-29enni al 13,5%. I 30-35enni sono solo il 4% mentre tutti gli altri sono il 10,5% (da notare che il sistema non fornisce dati sui più anziani e ciò è un’ulteriore conferma della sua focalizzazione sul pubblico giovane).
In definitiva Snapchat in Italia può essere considerato uno stimolante terreno di comunicazione, ma non per tutte le aziende.Sicuramente i brand che vogliono parlare ad un pubblico giovane farebbero bene ad iniziare a comprendere i codici comunicativi degli Snapchatter e ad utilizzarli nelle loro sperimentazioni. Tutti gli altri, che magari non hanno risorse adeguate, farebbero bene a massimizzare gli sforzi sugli altri social media.
Per rimanere sempre aggiornati sulle statistiche riguardanti i social media in Italia vi consiglio di tenere d’occhio la pagina dell’Osservatorio Social Media, mentre per i dati internazionali c’è “Social Media Statistics“.
La seconda trimestrale 2018 di Facebook ha mostrato, per la prima volta, segnali di rallentamento dell’impero Zuckerberg in termini di ricavi e utenti. Pur raggiungendo2,2 miliardi di personeogni mese, negli ultimi tre mesi si è registrato un calo in Europa sia degli utenti giornalieri (-3 milioni) che mensili (-1 milione).
Per capire cosa sta succedendo in Italia, ad un anno dalla mia ultima rilevazione, condivido a beneficio di tutti i dati disponibili sulla sua ampiezza.
Lo strumento nativo di advertising segnala 31 milioni di account potenzialmente raggiungibili. Una penetrazione di circa il 91% se si considera che gli utenti mensili di internet sono stimati in circa 34 milioni (Audiweb).
Secondo le mie stime nel giorno medio sono 25 milioni gli italiani che visitano il social network. In mobilità lo usano quasi la totalità: almeno 29 milioni una volta al mese e 24 milioni quotidianamente.
Come sta cambiando la composizione demografica degli iscritti a Facebook in Italia? Oggi il 58% degli utenti ha più di 35 anni. La fascia con più utenti è quella 35-46 con 6,7 milioni di iscritti. Interrogando lo strumento di advertising emerge chiaramente la drastica diminuzione dei giovani (non è detto che si siano disiscritti, ma potrebbero non essere stati attivi e quindi non considerati dal tool come raggiungibili dalla pubblicità).
Considerando la fascia 13-29 il calo, rispetto allo scorso anno, è di 2 milioni di persone. In particolare i 13-18enni diminuiscono del 40%, i 19-24enni del 17%, i 25-29 del 12%. Calano anche i 30-35enni e i 36-45enni. A crescere solo le fasce più avanzate: quella dei 46-55enni e quella degli ultra 55enni che fa un salto del 17%.
La mutazione di Facebook mi sembra irreversibile. E’ sempre il centro commerciale più grande del paese, ma per i giovanissimi non è più la prima destinazione social, mentre per i più maturi rimane il luogo nel quale intrattenere relazioni e apprendere informazioni.
Per ulteriori statistiche sui social media in Italia vi consiglio di tenere d’occhio la pagina dedicata dell’Osservatorio Social Media in Italia.