Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Tra cinque anni il 18% degli europei comprerà l’auto online, mentre il 79% opterà per un approccio ibrido, usando il web in alcune delle fasi del processo d’acquisto e la visita in concessionaria per altre. Il restante 3% continuerà a fare tutto assieme al rivenditore, senza passare dal web: sono questi i principali risultati di un’indagine condotta da Motork e presentata nel corso di IAB Internet Motors (http://www.internetmotors.it), edizione speciale dell’evento di digital automotive più importante d’Europa, giunto alla quindicesima edizione.
IAB Internet Motors 2017 è stato organizzato da MotorK – azienda italiana che sta guidando in Europa l’innovazione della distribuzione auto – in collaborazione con IAB Italia, associazione leader a livello mondiale nel campo della pubblicità digitale, che ha permesso di fare il punto anche sui trend degli investimenti pubblicitari nel settore automotive.
L’indagine, condotta da MotorK nei cinque Paesi europei in cui opera (Italia, Francia, Spagna, Germania e Gran Bretagna), è stata compiuta incrociando i ritmi di crescita dei processi di digitalizzazione delle concessionarie con quelli relativi al comportamento dell’utente in tutte le fasi di ricerca e acquisto dell’auto: dalla ricerca di informazioni alla richiesta di preventivo, dalla trattativa con il concessionario all’acquisto vero e proprio.
Il processo di acquisto dell’auto è di fronte ad uno dei più cruciali momenti di cambiamento, che sta investendo il lavoro di produttori, distributori, consumatori e tutta l’industry digitale. I distributori automatici di veicoli e l’acquisto totalmente self service online non sono più solo fantascienza, e gli esempi non mancano nemmeno in Europa; questa prassi, però, è ancora lontana dall’imporsi come unica via: quello che si sta affermando sempre di più è un approccio che è simultaneamente, senza soluzione di continuità, online e offline.
«I concessionari hanno il tempo e gli strumenti necessari per affrontare questo epocale cambiamento di paradigma – dichiara Marco Marlia, fondatore e CEO di MotorK, società ideatrice di Internet Motors. – Il cliente sta chiedendo una semplificazione dell’esperienza, un sistema di post vendita con alti livelli di servizio e una maggiore flessibilità relativa al prodotto. Nei prossimi cinque anni dovremo lavorare assieme ai dealer per garantire un compiuto processo di digitalizzazione, più che necessario per intercettare quel 79% di utenti che non si negheranno l’esperienza offline».
La risposta del mondo della pubblicità a questo cambiamento non si sta facendo attendere: secondo gli ultimi dati Nielsen gli investimenti nel digital advertising del 2018 cresceranno del 9,4% rispetto all’anno precedente: ben più della media del mercato digital, che si fermerà al 7,9%.
«Vedere come la tecnologia sta trasformando l’acquisto di un bene come l’auto, storicamente molto legato a elementi tangibili come la visita in concessionaria o la prova su strada della macchina, ci dimostra ancora una volta quanto il digitale influenzi radicalmente ogni ambito della vita quotidiana.” ha dichiarato Daniele Sesini, Direttore Generale di IAB Italia. “Diventa sempre più importante, quindi, che tutti i player del digital advertising operino in un’ottica di evoluzione continua del mercato, riuscendo ad utilizzare le nuove tecnologie per andare incontro alle attuali e future esigenze dei consumatori, e per comunicare in modo sempre più efficace».
L’EVOLUZIONE DEL CUSTOMER JOURNEY
In un passato non troppo lontano comprare l’auto rappresentava un momento di forte stress per il consumatore. Questi poteva solo far riferimento a quanto affermato dal venditore, dal produttore e dai media specializzati. Oggi, i clienti “studiano” l’auto da acquistare molto prima di recarsi da un concessionario: grazie al web, tutte le informazioni di acquisto pertinenti sono disponibili con un clic (secondo gli ultimi dati Google il 53% delle ricerche di auto iniziano online e il 39% iniziano da un motore di ricerca*). Eppure, confusione, paura e frustrazione continuano ad essere i sentimenti prevalenti nel processo di acquisto: la prima regna in tutto il momento della scelta, la seconda la fa da padrone al momento dell’acquisto e la terza, infine, può emergere nella fase di possesso quando ci si preoccupa dei costi di gestione, assieme al rimpianto di aver sbagliato auto.
Via Tech Economy
Si dilata la quantità del nostro tempo consumato online. Le pubblicità, ovvero la Digital Advertising, costantemente appaiono sui nostri browser. In rete si può comprare di tutto, addirittura, secondo un’indagine condotta da Motork e presentata nel corso di IAB Internet Motors, tra cinque anni il 18% degli europei comprerà anche l’auto online, mentre il 79% opterà per un approccio ibrido, usando il web in alcune delle fasi del processo d’acquisto e la visita in concessionaria per altre, mentre il restante 3% continuerà a fare tutto assieme al rivenditore, senza passare dal web.
E’ chiaro quindi che il modo di comprare, ma, soprattutto, di ricevere messaggi pubblicitari dal web, aumenterà in modo sostanziale nei prossimi anni.
La risposta del mondo della pubblicità a questo cambiamento non si sta facendo attendere: secondo gli ultimi dati Nielsen e un nuovo rapporto di Juniper Research, si è riscontrato che la spesa pubblicitaria digitale crescerà del 18% del tasso di crescita annuale (CAGR) nel corso dei prossimi cinque anni, passando da 184 miliardi di dollari nel 2017 a 420 miliardi di dollari nel 2022; le cifre includono la spesa pubblicitaria su mobile, desktop, indossabili e DOOH (Digital-out-of-Home).
E’ pur vero che tutta questa pubblicità online alla fine stanca l’utente medio, che, per contrastare l’incessante martellamento pubblicitario, installa sui propri browser degli ad blockers ovvero estensioni che si installano nel browser per filtrare le pubblicità.
Questo, chiaramente, porterà a delle perdite nel settore del Digital Advertising, ma, secondo il report Juniper Research, a causa dell'impatto dell'adozione del blocco degli annunci attraverso dispositivi desktop e l'uso crescente di dispositivi mobili come mezzo primario per la navigazione, si prevede che la crescita annua della spesa pubblicitaria in linea rallenterà solo del 4% a livello mondiale entro il 2022.
Secondo la ricerca, le piattaforme pubblicitarie cercheranno un maggiore grado di controllo sui tipi di annunci pubblicitari che vengono bloccati, grazie ad un maggiore utilizzo dell’AI (Artificial intelligence). Si prevede che entro il 2022 quasi il 75% di tutti gli annunci digitali utilizzerà l'AI come mezzo per il targeting degli utenti. In più, aumentando l'efficienza di targeting, utilizzando molti più dati, quali: geolocalizzazione, cookie di navigazione e cross-device identificazione, si farà in modo da fornire agli utenti finali annunci digitali altamente personalizzati.
Sicuramente le pubblicità rimarranno nei nostri browser per sempre, ma l’unico mezzo per sopravvivere sia al Digital Advertising sia a noi utenti circondati dalla pubblicità, sarà offrire annunci più personali e quindi più accettabili.
Via CorCom
Le Pmi possono guadagnare con Facebook? Come lo spiega il social network nel report Future of Business Survey , realizzato in collaborazione con Ocse e Banca Mondiale. Già 70 milioni di imprese nel mondo utilizzano attivamente una pagina Facebook raggiungendo connessioni interessanti: «L’87% degli italiani presenti su Facebook hanno almeno una connessione con una Pmi italiana», dice Marco Grossi, senior manager di Facebook Italia, «e 143 milioni di persone nel mondo sono connesse con un’azienda in Italia tramite Facebook, quindi possiamo affermare che grazie all’utilizzo di Facebook e Instagram le imprese hanno effettivamente la possibilità di incrementare la propria crescita e lo sviluppo internazionale».
Come le pmi possono guadagnare con Facebook
Facebook è una risorsa non solo per le grandi aziende, ma soprattutto per quel 95,3% di Pmi italiane che ha meno di 10 addetti. Un terzo di queste non ha un sito internet, ma può farne a meno se ha una pagina Facebook ben gestita. Ma come si possono sfruttare al meglio le potenzialità di business offerte dal social network di Mark Zuckeberg? Innanzitutto con le campagne mirate. «L’algoritmo», spiega ancora Grossi, «consente di indirizzare una campagna agli utenti che presentano caratteristiche simili a quelli che sono già connessi a quell’impresa o che hanno già fatto acquisti di quel genere».
«Come dimostrato da un recente studio sulle Pmi italiane che sono sulla piattaforma», sottolinea Laura Bononcini, head of public policy di Facebook Italia, «una Pmi su 3 afferma di aver assunto più persone grazie all’aumento di domanda derivante dalla loro presenza digitale. Il dato è inoltre confermato dal fatto che il 70% delle imprese sostiene di avere aumentato il numero di clienti grazie a un utilizzo strategico di Facebook».
Campagne mirate e Messenger
Il prossimo passo sarà l'ottimizzazione della comunicazione con il cliente con Messenger: «Nei prossimi cinque anni la messaggistica sarà fondamentale perché attraverso i Bot si automatizzeranno sempre di più i customer service», aggiunge Grossi. In due anni le ore su Facebook le ore sono raddoppiate. E le 11 Pmi italiane che hanno partecipato alla survey ne hanno approfittato: : per far pubblicità verso nuovi potenziali nuovi clienti (78%), per mostrare i prodotti e servizi (78%), per dare informazioni (69%) e per comunicare con i propri clienti e fornitori (56%).
Un’altra novità di rilievo per Messenger è l'accordo siglato pochi giorni fa, che permette agli utenti di pagare con PayPal attraverso il servizio di messaggistica. Il servizio è partito negli Stati Uniti e per ora solo su dispositivi Apple, ma sarà presto esteso ad Android e a tutto il resto del mondo. «Questo consente, in pratica, di fare acquisti direttamente su Facebook», chiarisce Grossi.
Via Business People
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