Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Era nell'aria, prima o poi doveva accadere e alla fine è successo. A marzo 2017, per la prima volta le connessioni mobile hanno superato quelle da desktop. A dirlo sono i dati Comscore sulla Total Digital Population italiana (37,3 milioni di visitatori unici): le connessioni a internet esclusivamente tramite device mobili sono state 9,3 milioni (25% del totale) contro i 9,1 milioni di utenti che hanno avuto accesso solo da desktop (24%). Gli utenti multi-piattaforma rimangono la metà della popolazione digitale italiana (51%), in crescita di 4 punti rispetto a settembre 2016. L'aumento dell’audience mobile-only riguarda tutte le principali categorie di contenuto. Le maggiori crescite in punti percentuali si registrano nelle categorie News (passata dal 28% al 40%), Retail (dal 22% al 33%) e Sports (dal 41% al 51%). Gli interessi più "leggeri", dunque, come News e Lifestyles, raggiungono ormai l’80% della propria audience complessiva su dispositivi mobili (utenti esclusivi mobile e utenti multipiattaforma). Dove c'è invece un elemento transattivo, come nel Retail e nel Business la componente Desktop-Only ricopra ancora un ruolo importante. Via Business People
L’ultimo report di Contactlab ed Exane BNP Paribas, intitolato Online Offer Dive & Pricing Landscape FW16/17 (https://goo.gl/b9zObG), rileva una convergenza tra le strategie di prodotto e di pricing utilizzate dai brand del lusso nei canali di vendita online e offline. Lo sforzo di questi brand per conservare il loro carattere esclusivo e i rapporti personali con i clienti che acquistano online si sta traducendo in una drastica ridefinizione dell’offerta di prodotti e delle scelte di pricing online. Nella stagione FW 2016/17, brand come Fendi, Luis Vuitton, Saint Laurent, Ferragamo, Moncler, Bulgari e Cucinelli hanno ampliato di più del 20% la loro gamma di prodotti disponibili online.
Secondo l’analisi i 32 brand del lusso presi in esame stanno modificando le loro strategie di prodotto e di pricing nel continuo tentativo di aumentare quote di mercato e redditività. Dal 2014 al 2016 alcuni player del segmento soft luxury come Prada e Ferragamo hanno aumentato l’offerta di prodotti venduti online più della media. Sebbene in genere sul web sia presente l’intero catalogo di un brand, non tutti i prodotti sono acquistabili online, come nel caso del ready-to-wear per Prada e Louis Vuitton. Una conseguenza di questa strategia è quello di stuzzicare la curiosità dei consumatori, invogliandoli a recarsi in negozio per conoscere tutta la gamma di prodotti e quindi spendere di più. Burberry, dal canto suo, per recuperare l’esclusività e redditività ha scelto di ridurre drasticamente l’offerta di prodotti consolidando marchi secondari come Brit.
Anche Gucci ha scelto di ridurre la quantità complessiva di prodotti venduti online, in particolare in riferimento alle sue due categorie chiave: borse e soft luxury. D’altra parte, però, Gucci ha aumentato in maniera significativa l’offerta di ready-to-wear (+ 60%) e di categorie di prodotti non-core come gioielli e orologi. Il primato della più vasta offerta di borse spetta a Michael Kors, seguito a ruota da Louis Vuitton.
Il trend non è omogeneo nemmeno in relazione al pricing, con un incremento del 3% circa del prezzo mediano medio dei brand. Bulgari, Zegna ed Hermès hanno considerevolmente aumentato sia i prezzi mediani che gli entry price, mentre Dolce & Gabbana, Tiffany e Burberry hanno adottato la strategia opposta, riducendoli entrambi e rendendo così i loro prodotti alla portata di una fascia più ampia di consumatori. Per quanto riguarda i mega-brand, i prezzi applicati da Louis Vuitton (in calo) e da Gucci (in leggero aumento) continuano a convergere.
Marco Pozzi, senior advisor di ContactLab, commenta: “Sebbene i prezzi massimi dei prodotti acquistabili online siano aumentati da 150.000 dollari nella stagione FW15 (collana Tiffany) a 181.000 nella stagione FW16 (orologio Cartier), ben 11 brand sui 32 analizzati vendono prodotti a un prezzo inferiore ai 20 dollari! Il canale online, infatti, è ideale per attirare i clienti più aspirazionali. Ralph Lauren, Tiffany ed Hermes hanno un entry price inferiore a 150 dollari e sono i leader nella differenziazione dei prezzi per categoria di prodotto. Nel canale di vendita online persino brand del settore “luxury” come Chanel e Dior hanno entry price molto accessibili (rispettivamente 38 e 28 dollari), tutt’altro che distanti da quelli del marchio premium Swatch (38 dollari).
Il report mette in luce come i vari brand stiano sperimentando nuove strategie di prodotto e di pricing con l’obiettivo di trovare la giusta strada per catturare nuovi clienti nell’arena digitale. Considerando però che i consumatori che acquistano beni di lusso sia online che nei negozi fisici spendono circa il 50% in più all’anno rispetto a chi acquista soltanto in negozio, gli acquisti multicanale e non solo online sono la vera priorità e sfida per le aziende del lusso.
Via DailyOnline
Gli italiani spenderanno via ecommerce 23,1 miliardi di euro nel 2017, con un aumento del 16% sull’anno passato (oltre 3,2 miliardi). Cresceranno anche gli acquisti, con un incremento del 25%, in maniera più evidente che i servizi (+8%). Sono i primi dati annunciati in occasione della XII edizione del Netcomm Forum, evento dedicato al commercio elettronico e la trasformazione digitale. «Anche quest’anno il commercio elettronico in Italia vivrà un momento di grande dinamicità e di importanti cambiamenti che già oggi si stanno delineando, grazie soprattutto al processo di digital transformation trainato all’interno delle imprese proprio dall’ecommerce”, ha spiegato Roberto Liscia, presidente di Netcomm. «È in atto un cambiamento sistemico di acquisto e offerta che coinvolge alcuni fattori importanti del commercio elettronico. Il digitale non è più il futuro ma intride moltissimi aspetti della vita quotidiana del consumatore». DALL'ECOMMERCE ALL'UNIFIED COMMERCE «La chiave del successo competitivo è creare un’esperienza di unified commerce, dove online e offline e i diversi device si mescolano in un nuovo ecosistema esperienziale», prosegue Liscia. Saranno i prodotti per la prima volta al pari dei servizi (11,5 miliardi a testa) a trainare la domanda ecommerce in Italia per l’anno in corso. Il food & grocery (+37%) che da 593 milioni di euro del 2016 passerà a ben 812 milioni e l’arredamento & home living a quota 847 milioni (+27%). Vanno molto bene anche l’informatica e l’elettronica con 3.695 milioni (+26%), l’abbigliamento con 2.384 milioni di euro (+23%) e l’editoria che sfiora gli 800 milioni (+18%). Ancora in crescita, anche se ridotta, i servizi per il turismo (+9%, 9.347 milioni di euro) davanti alle assicurazioni che crescono del 6% sfiorando 1.300 milioni. Il peso dell’ecommerce sul totale acquisti retail degli italiani raggiungerà il 5,6%. ONLIFE COMMERCE Tra le novità in atto, c’è sicuramente la convergenza tra i canali fisici e digitali, fenomeno che sta creando un nuovo ecosistema di Always Connected Retail. Secondo i dati della ricerca Net Retail, elaborata da Human Highway per Netcomm, nel primo trimestre del 2017 i consumatori italiani che hanno acquistato online sono passati dai 18,7 milioni dello scorso anno a 20,9 di questa primavera con 12,2 milioni di famiglie italiane (oltre la metà del totale) che hanno adottato lo shopping digitale come modalità di routine quotidiana. Negli primi mesi del 2017, ogni 100 acquisti online, 8,5 sono stati effettuati da tablet pc (sia su sito web che via app, con quota stabile) e 17,4 da smartphone (sul sito web o via app). Particolarmente consistente è la crescita degli acquisti via smartphone (+52%), a 5,3 miliardi di euro (7 miliardi di euro se si considerano anche gli acquisti via tablet). In questo contesto il consumatore vive un’esperienza che possiamo definire di Onlife Commerce, in cui l’acquisto è solo una parte di un nuovo e più ampio processo conversazionale che valorizza tutti i nuovi punti di contatto tra l’acquirente e il venditore. Fondamentale è lo smartphone, che diventa il vero protagonista, capace di ricomporre la frammentazione delle nostre relazioni e conversazioni in un diverso assetto: “chi usa 3 device (pc, mobile, tablet) spende in media 2 volte di più di chi utilizza solo il pc, così come l’everywhere shopper compra di più in tutti i canali e usa lo smartphone per orientarsi e acquistare offline». COME COMPRARE La gran parte degli acquisti sono pagati al momento dell’ordine e solo nell’8,8% dei casi vengono saldati alla consegna o nel momento di utilizzo del servizio. In Italia il pagamento online contestualmente all’acquisto risulta in crescita alla fine dell’anno, dall’86,2% di inizio 2014 al 91,2% di marzo 2017. I pagamenti vengono eseguiti principalmente con carte bancarie: Il 44% degli ordini online viene saldato al momento dell’acquisto con una Carta di Credito (o prepagata) e il 38,8% con PayPal. Per quanto riguarda la consegna, in più di 9 casi su 10 in Italia il bene è recapitato dal sistema di consegna presso un indirizzo indicato dall’acquirente (più spesso in casa, talvolta presso un ufficio o un luogo terzo). Solo nell’8,6% dei casi i prodotti fisici acquistati online sono ritirati dal cliente presso un punto vendita o un punto di ritiro indicato dal merchant. Via Business People
La classifica dei quotidiani a marzo (.xls) per diffusione carta+digitale elaborata da Primaonline.it su dati Ads. La classifica è realizzata comparando il dato appena diffuso da Ads con quello del mese precedente per permettere un confronto omogeneo visto che, a causa della questione ‘copie multiple digitali’, un paragone anno su anno non è ancora proponibile.
Ads ha fatto sapere che i primi dati sulla diffusione digitale prodotti con il nuovo regolamento saranno quelli relativi alle stime di maggio 2017 che verranno pubblicati a luglio. - Leggi o scarica le tabelle con dati Ads di diffusione della stampa di quotidiani e settimanali a marzo e dei mensili a febbraio
Ads – Accertamenti Diffusione Stampa è la società che certifica e divulga i dati relativi alla tiratura e alla diffusione e/o distribuzione della stampa quotidiana e periodica di qualunque specie pubblicata in Italia.
Via Prima Comunicazione
Bisognerà attendere ancora qualche giorno, o settimana, affinché Facebook diventi un servizio da due miliardi di utenti nel mondo. Due miliardi. Un numero spaventoso che diverse aziende del beverage guardano dal basso e solo pochi altri non invidiano. Facebook ha chiuso il trimestre al 31 marzo con 1,94 miliardi di user mensili, fatturato in aumento del 49% a oltre 8 miliardi e un profitto a +76% per 3 miliardi. Il core business del colosso social – il cui fatturato è circa l’utile del rivale Alphabet – è l’advertising: di questa l’85% è transitata da mobile per un totale di 6,7 miliardi di dollari. Il giro d’affari della sola pubblicità non accenna a rallentare, nonostante gli ammonimenti della stessa Facebook e le conseguenti preoccupazioni di Wall Street: +51% a 7,85 miliardi di dollari.
Oltre il newsfeed: Instagram, video e audience network
Facebook capitalizza 440 miliardi. Gran parte del suo business dipende dagli annunci sul newsfeed, che ormai hanno raggiunto una quota ‘eccessiva’. Non si possono più sovraccaricare gli utenti di messaggi promozionali. Per questo l’attenzione si è spostata verso Instagram, che quest’anno secondo i dati forniti da eMarketer dovrebbe fatturare poco meno di 4 miliardi di dollari e ormai raggiunge oltre 700 milioni consumatori; e dalla pubblicità video, il segmento più corposo in termini di raccolta pubblicitaria per via della diretta competizione con i più elevati budget televisivi. Un altro canale cui il social sta attingendo è Facebook Audience Network (FAN): in questo caso la vendita di pubblicità su siti e applicazioni esterni sembra poter compensare l’affollamento pubblicitario del newsfeed. Tuttavia ciò non dovrebbe bastare, secondo il chief financial officer David Wehner, ad arrestare il “significativo” rallentamento della crescita delle revenue di Facebook nel secondo semestre. Ma occorre operare ancora una volta una distinzione importante: il problema dell’ad load riguarda il solo newsfeed e non l’armata di app e asset in mano a Facebook. WhatsApp ha oltre 1 miliardo di utenti, Messenger ne ha oltre 1,2 miliardi. Queste sono destinazioni che potranno essere mettere a frutto, magari non nell’immediato, e le tante novità annunciate nel corso della ultima F8 developer conference lo confermano.
Utenza in ascesa. E più preziosa
Gli utenti attivi su base giornaliera sono 1,28 miliardi. La quasi totalità si connette da mobile. E il consumatore si fa più prezioso, anche in mercati consolidati come il Nord America, dove il valore del singolo utente (ARPU) è balzato del 37% a
Via DailyOnline
La società di ricerca eMarketer ha rivisto al rialzo le stime sull’utenza internet globale per il periodo 2016-2021, principalmente per gli incrementi previsti in Cina e altri Paesi dell’area Asia-Pacifico nonché in tutta Europa. A riferirlo è l’ultimo rapporto “Worldwide Internet and Mobile Users: eMarketer’s Estimates for 2016-2021”, in base a cui oltre il 47% della popolazione mondiale utilizzerà internet almeno una volta quest’anno, un dato il 6,1% più elevato rispetto al 2016 e pari a 3,47 miliardi di persone. La soglia del 50% verrà superata solo nel 2019, quando saranno 3,82 miliardi le persone connesse alla rete su scala internazionale. Una parabola ascendente che per gli operatori del settore significa una sola cosa: opportunità.
Le aree a maggiore crescita
Senza particolari sorprese, eMarketer spiega che la spinta più importante arriverà dalle zone rurali e a più basso reddito di alcune nazioni situate in Asia-Pacifico, Europa Centrale, Europa dell’Est, America Latina, Medioriente e Africa. In questi territori, diverse persone si collegheranno alle reti internet per la prima volta attraverso dispositivi mobili. A tal proposito, quest’anno circa l’80% dei navigatori web userà un telefono mobile per accedere online (+9,3%) grazie al traino dato da un’espansione della copertura del wi-fi e una maggiore disponibilità di tecnologie 3G/4G.
Il ruolo degli smartphone
Specialmente a causa di un abbassamento sia dei prezzi dei dispositivi sia dei piani dati, lo smartphone sta diventando una componente fondamentale per connettersi. Stando alle stime eMarketer, infatti, il numero di utenti smartphone crescerà a doppia cifra in tutte le zone esaminate, eccetto che nel Nord America. Al contempo, una riduzione del costo dei piani dati in America Latina dovrebbe fornire a questa macro-regione una grande spinta. Per la prima volta quest’anno, il 60% della popolazione locale userà uno smartphone per accedere regolarmente a internet.
Messaggistica e social al top
Una forte domanda per servizi di messaggistica e piattaforme di social media come WhatsApp, WeChat e Messenger sta guidando lo sviluppo dell’internet mobile: questi strumenti sono oggi la via più comune per comunicare con amici e parenti. E in alcuni Paesi hanno scavalcato anche le chiamate vocali e gli SMS. Quest’anno il 98% dei nordamericani e il 97% di chi vive in Europa occidentale userà uno smartphone per connettersi e la crescita, ovviamente più ristretta rispetto ai Paesi in via di sviluppo, sarà da attribuire alle fasce più anziane della popolazione. Che per la prima volta andranno sul web tramite il proprio smartphone.
Via DailyOnline
La Federal Trade Commission (Ftc) ottiene un primo storico riscontro dagli influencer americani. Dopo aver più volte segnalato la necessità di dichiarare esplicitamente il contenuto commerciale di alcuni contenuti condivisi sui social network attraverso gli hashtag #sponsored o #adv, qualcuno ha fatto il primo passo. Fohr Card, agenzia di marketing che connette alcuni influencer con le aziende, ha annunciato una doppia presa di posizione: l’esortazione dei propri clienti ad affiancare la sigla #sponsored agli scatti condivisi on line; l’esortazione agli stessi influencer a spiegare perché è necessario farlo.
Il risultato è che 120 degli iscritti all’agenzia hanno accettato la proposta, pubblicando una foto con tanto di testo esplicativo, hashtag e look “sponsored”. James Nord, fondatore di Fohr Card, ha dichiarato a Fashionista: “Volevamo dare agli influencer una piattaforma per intavolare una conversazione con i loro follower del tipo ‘Hey, investo molta energia in ciò che faccio per vivere, voi siete il motivo per cui ho questo lavoro e non firmo contratti che penso non siano giusti'”. Il manager ribadisce l’importanza di seguire le regole emesse dalla Ftc, e aggiunge quanto sia importante per gli stessi influencer poter avere la fortuna di collaborare con marchi riconosciuti da milioni di persone. Fortuna che, a maggior ragione, non va nascosta ma mostrata apertamente. In quanti seguiranno il suo esempio?
Via PambiancoNews
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