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Errare è umano, ma per incasinare davvero tutto è necessario un computer.

Arthur Bloch
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Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
 
 

Il numero delle campagne online che include una componente mobile in Europa nel 2016 è pari all’87% del totale. In Italia, la percentuale arriva addirittura a coprire il 96% del totale delle campagne, più di qualunque altro Paese europeo. Sempre nel 2016 in Italia, in termini di incidenza, le impression mobile rappresentano il 60% di tutte le impression misurate.

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Comprensione del mobile adv

In Italia la misurazione mobile è stata introdotta all’interno di Nielsen Digital Ad Ratings (DAR) alla fine del 2015. Per investitori, agenzie ed editori è sempre più strategico comprendere quanto le loro campagne mobile siano in grado di raggiungere efficacemente i propri target. Recenti ricerche dimostrano che advertiser e agenzie di tutto il mondo hanno fra i loro obiettivi prioritari una migliore comprensione degli impatti e della capacità del mobile advertising di raggiungere il target desiderato.

Il peso del mobile

“I dati di Nielsen Digital Ad Ratings che identificano la capacità di andare a target delle campagne digitali stanno aiutando i player della pubblicità a misurare il ritorno delle proprie campagne sul web – ha dichiarato Luca Bordin, g.m. Media Sales&Solutions di Nielsen -. Il peso rilevante della componente mobile nelle campagne rivela l’importanza che advertiser e centri media stanno attribuendo a questa forma di comunicazione e alla sua capacità di raggiungere target specifici. La precisione e la granularità delle informazioni fornite da Nielsen DAR sono fondamentali per comprendere le performance anche delle campagne mobile”.

Differenze nel raggiungere il target

I risultati dello studio evidenziano come ci siano differenze fondamentali nella capacità di raggiungere il target da parte dei diversi device. In particolare la percentuale di impression a target sul totale delle impression erogate per i target femminili è costantemente più alta per i posizionamenti mobile rispetto a quelli desktop. Per i target maschili vale esattamente il contrario. A livello europeo, per esempio, il classico target del mondo del largo consumo, ovvero le donne 25-54, è raggiunto mediamente dal 34% delle impression erogate, ma se scendiamo a livello di device emerge che per il desktop la percentuale di impression a target è pari al 33% contro il 41% del mobile. Per gli uomini vale il contrario: 40% è la percentuale media di impression a target che si confronta con il 41% del desktop e il 33% del mobile. In Italia sullo stesso target la situazione è pressoché analoga: il dato medio per le donne 25-54 è pari al 37% (36% desktop e 41% mobile), a fronte di una media per gli uomini del 44% (45% desktop e 34% mobile). La spiegazione di questi risultati non va ricercata tanto nella capacità dei sistemi di planning ed erogazione della pubblicità digitale di mandare le impression a bersaglio, quanto in un diverso approccio di uomini e donne al differente utilizzo dei due device.

Via DailyOnline
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Amazon dovrebbe annunciare già questa settimana una nuova soluzione di header bidding basata su cloud rivolta principalmente agli editori, secondo quanto è riuscito a scoprire AdAge. L’header bidding è diventato nell’ultimo periodo uno dei più importanti segmenti dell’ad tech, che consente ai publisher di trarre maggiore valore dai propri spazi potendo scegliere tra offerte multiple simultaneamente. Lato advertiser, in generale, permangono invece alcuni punti di domanda legati soprattutto al tema della trasparenza.

Un nuovo header bidding

L’header bidding è dominato da attori come Facebook e Google mentre attori come Rubicon Project stanno cercando di rafforzare questo asset. Amazon non è nuovo a questo settore ma la novità è che l’offerta sarà basata su cloud. L’header bidding, a livello tecnico, spiega l’esperto Alessandro Sisti sul suo sito, funziona nel seguente modo: “prima ancora di passare la chiamata all’adserve, un container html nella pagina del publisher invia in parallelo una bid request a tutte le piattaforme SSP degli Adexchange Partner, indicando il time out massimo per chiudere l’asta, entro i limiti di una latenza accettabile per l’utente web”. La nuova proposta di Amazon, invece, non lavorerà attraverso questa modalità: le richieste pubblicitarie, infatti, non verranno più gestite sui browser dei consumatori ma sul cloud attraverso server, con benefici sul caricamento delle pagine.

Amazon non è il primo a puntare sul cloud

Secondo AdAge già altre società hanno tentato un approccio simile all’header bidding, senza successo. Amazon, in questo senso, ha un grande vantaggio: il poter contare su un’offerta cloud ampia, articolata e funzionate da diverso tempo. Ed è stato uno dei pionieri dell’header bidding in veste d’inserzionista: ora sta aggredendo il comparto dall’altra parte della catena, cioè quella dei publisher.

La sfida a Google e ai big dell’ad tech

Come più volte affermato anche dallo stesso Google, il programmatic è una delle aree a maggiore crescita e in cui il gigante pubblicitaria ha un ruolo preminente. Sul campo dell’header bidding, come racconta AdAge, Google è invece più indietro mentre solo da pochi mesi Facebook ha reso noto di essere al lavoro per integrare l’header bidding in Audience Network. E, ora, sta entrando anche Amazon, con una offerta unica che nonostante alcuni elementi ancora poco chiari, promette di porsi come reale alternativa alle soluzioni più note. Aumentando ancora il livello competitivo.

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Di Altri Autori (del 05/12/2016 @ 07:24:58, in eCommerce, linkato 2615 volte)

L’Osservatorio eCommerce B2C, giunto alla sedicesima edizione e promosso dalla School of Management del Politecnico di Milano e da Netcomm, ha scattato una fotografia del mercato ecommerce nel Food&Grocery che, nel 2016, vale 575 milioni di euro, facendo registrare un +30% rispetto al 2015. Nonostante la crescita in linea con la media di mercato dei prodotti (+32%), il Food&Grocery in valore assoluto incide ancora marginalmente (3%) sul totale mercato ecommerce b2c italiano, pari a quasi 20 miliardi di euro. Gli acquisti via smartphone nel settore raddoppiano e raggiungono quota 100 milioni di euro, pari al 17% del totale che sale al 25% se si aggiungono gli acquisti via tablet. L’Enogastronomia cresce del 17% e, con un valore di poco superiore ai 240 milioni di euro, rappresenta ancora il 47% del valore dell’Alimentare online, la spesa Grocery sui siti ecommerce dei supermercati tradizionali con consegna a domicilio cresce del 40% e vale 188 milioni di euro. Nel Food&Grocery la componente principale, in termini di valore degli acquisti, è rappresentata dall’Alimentare, pari al 90% del comparto, per un valore di 519 milioni di euro, in crescita del 27% rispetto al 2015. La componente Health&Care pesa per il restante 10%. L’Alimentare è a sua volta composto per oltre il 90% dall’acquisto di prodotti Food e per meno del 10% dal Wine.

L’online è ancora indietro rispetto al retail fisico

“Nonostante il Food&Grocery rappresenti una delle principali voci di spesa degli italiani, la sua diffusione online è stata fino a oggi limitata. L’incidenza degli acquisti online sul totale acquisti retail è pari allo 0,35% nel 2016, una penetrazione significativamente inferiore sia rispetto a quella osservata in altri comparti merceologici più sviluppati. Negli ultimi anni però si è assistito a una proliferazione di iniziative online, sia da parte dei retailer tradizionali sia da parte di Dot Com pure player, anche startup”, come ha affermato Afferma Alessandro Perego, direttore scientifico degli Osservatori Digital Innovation del Politecnico di Milano. “Sebbene non manchino le opportunità e la domanda per le aziende di offrire nuovi servizi o soddisfare nuovi bisogni legati all’alimentazione, in Italia le iniziative di efood sono ancora marginali e rappresentano una nicchia del mercato ecommerce. Il 2016 sarà percepito come un anno spartiacque in cui l’ecommerce si è imposto come modello di business contando circa 20 miliardi di euro di ricavi e 19 milioni di eshopper. Il cambiamento deve provenire dalle aziende e le imprese del food non sono esenti”, gli ha fatto eco Roberto Liscia, presidente di Netcomm.

Il fronte estero

Dalla ricerca presentata ieri a Milano presso il Campus Bovisa in occasione del Convegno “Food online: l’appetito vien comprando!”, è emerso inoltre come l’export, inteso come valore delle vendite da siti italiani a consumatori stranieri, incida per circa il 10% delle vendite del settore e rappresenti il 2% circa del totale export
ecommerce.

Via DailyOnline
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Per chi si avvicina per la prima volta all’Enterprise Social Intelligence è molto difficile distinguere tra il processo da seguire e i Tool che lo compongono. Ancor più difficile risulta valutare la qualità dei vari strumenti, dal momento che questa si misura attraverso l’analisi dei risultati che se ne ottengono, operazione per la quale sono necessarie competenze specifiche e il tempo di dedicarvisi per fare raffronti tra strumenti simili. Per questo, nell’analisi ci siamo avvalsi dell’esperienza in materia della dott.ssa Marina Suardi, Leader del Team di Data Science di QuestFactory, società specializzata in Enterprise Social Intelligence.

Sintetizzando, i punti evidenziati dalla dott.ssa Suardi abbiamo cominciato l’analisi di una selezione degli oltre 130 Tool rilevati sul mercato, partendo da quelli ad uso gratuito. In una serie di prossimi post passeremo quindi alla rassegna di quelli più sofisticati, e a pagamento, in grado di assicurare più funzioni e risultati di maggior qualità.

In pratica, i Tool di “Social Media Monitoring”, o “Social Media Listening” servono ad ascoltare ciò che viene detto sulla rete in relazione ad un determinato Brand (marchio), prodotto, servizio, settore o anche in riferimento a specifiche campagne promozionali, eventi o iniziative. A tal fine, le operazioni che svolgono i Listening Tool sono le seguenti:

  1. Navigano sulla rete, usando anche specifiche API e accordi commerciali con i vari Social Media per accedere ai loro contenuti;
  2. Indicizzano i siti e ne classificano i contenuti;
  3. Consentono di scegliere i contenuti da rilevare in base a keyword e filtri, operando analogamente a come si fa normalmente con le ricerche su Google;
  4. Offrono meccanismi per eliminare dai risultati quelli non attinenti, il rumore e l’eventuale spam.

Vediamo quindi una breve rassegna di Listening Tool e quanto questi rispondono alle caratteristiche e ai principali requisiti che dovrebbero rispettare.

1. Google Alerts

La rassegna dei Tool di ascolto della rete non poteva che cominciare dal più antico e noto di questi strumenti, Google Alert, che fa parte della ricca famiglia di Tool messi a disposizione da Google che, ovviamente, ha tutto l’interesse a facilitare le ricerche sulla rete e il compito di chi vi investe, così da raccogliere dati dai naviganti ed esser molto più efficace nel proporre loro pubblicità mirata.

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Google Alerts è di uso semplicissimo e immediato, a patto di avere un account su Gmail. L’ascolto della rete può esser impostato per citazioni (mention), parole chiave, argomenti, considerando che nella scelta si ha massima libertà e che quindi può esser usato anche per monitorare i concorrenti.

Il Tool risulta utilissimo, ad esempio, per fare del Guest Posting, ovvero per pubblicare commenti o contenuti sui Post di personaggi autorevoli che normalmente trattano le materie – prodotti, servizi, tematiche – di proprio interesse. Come si rileva dalla figura, è molto semplice da configurare e attivare: una volta entrati con le propre credenziali, basta inserire quanto di proprio interesse e da quel momento in poi, Google Alert invierà una mail all’interessato ogni volta che ci saranno degli elementi nuovi in relazione a quanto specificato.

Ottimo strumento per iniziare, ma con numerosi limiti: non c’è alcuna indicazione sul tono della citazione, se le citazioni sono tante si rischia di esser inondati di mail, non si può operare in modo sincrono con la rete, visto che le mail vengono inviate di tanto in tanto, non sono selezionabili le fonti da monitorare… Insomma, Google Alert è un eccellente Tool per ricevere indicazioni puntuali, ma non certo per lavorare su grande scala, inserendo filtri e condizioni più o meno sofisticate.

2. Klout

Francamente, trovo che nelle valutazioni che genera, Klout sia piuttosto misterioso. Di fatto, questo tool rileva sulla rete tutto ciò che attiene un determinato autore, monitorandone i contenuti pubblicati e le reazioni suscitate sui principali Social Media: Twitter, Facebook, Linkedin, Blogger e via dicendo. Si tratta di una vista parziale, considerato che gli sfuggono i siti di news, i forum e tante altre fonti. Tuttavia, Klout ha la pretesa di sintetizzare il “peso” dell’autore attribuendogli un punteggio da 0 a 100. Un buon metodo per valutare gli influencer, ma con una visione un po’ distorta dell’insieme della rete, non orientabile in altre direzioni che non gli autori e senza esprimere alcun giudizio sulla positività o negatività delle reazioni generate.

Tant’è che Klout ha alcuni fervidi sostenitori, ma altrettanti detrattori che ne contestano il sistema di attribuzione dei punteggi.

Indipendentemente da ogni altra considerazione, Klout può esser utile per valutare gli Influencer, magari andando ad approfondire su cosa stanno scrivendo e su quale pubblico si indirizzano, bilanciando anche tra il peso individuale e quello della testata o del brand che rappresentano. Ad esempio, per dare un’idea, il punteggio attribuito a Beppe Severgnini è 80 – forte del Corriere della Sera e di un pubblico generalista come i lettori ai quali si rivolge -, Barak Obama è a 99, mentre io mi fermo a 47, cosa per altro comprensibile dal momento che mi occupo solo di pochi argomenti, molto specifici e per un pubblico di nicchia.

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Un altro modo di usare Klout è scegliere un argomento – keyword – e vedere chi viene giudicato come tra i più autorevoli, sebbene non sia possibile inserirvi filtri particolari né operare in lingua italiana.

Nulla di più, ma gratis!

3. Mention

mentionMolto simile al precedente, ma con più funzioni e la possibilità di operare in 42 lingue diverse, Mention consente di monitorare le citazioni del proprio marchio, dei propri prodotti, di argomenti di proprio interesse e molto altro ancora, selezionando le fonti da ascoltare, così come la lingua o le lingue da considerare.

Questo Tool consente di tenere traccia delle citazioni, di fissare degli allarmi, anche in modo condiviso, di gestire le azioni da intraprendere in seguito alle segnalazioni ricevute.

Con la versione gratuita si potranno ricevere degli Alert via mail in corrispondenza di ogni citazione rilevata, ma è anche possibile sottoscrivere dei piani di abbonamento che partono da 29 dollari al mese, superando facilmente anche i 100, per ricevere Report sintetici e strutturati in vari modi in funzione delle necessità dell’azienda. Per valutarne la corrispondenza alla proprie esigenze, si può attivare un piano gratutito di due settimene e quindi decidere se procedere o meno.

In ogni caso, i dati sono sempre di tipo puntuale e non propongono analisi di sentiment, di trend, né la comparazione tra varie fonti e livelli di engagement. In compenso, risulta molto e più funzionale di Klout nel rilevare piccole quantità di segnalazioni da gestire in modo artigianale “una a una”…

4. Social Mention

Indubbiamente, Social Mention è uno dei Tool più completi e sofisticati tra quelli utilizzabili gratuitamente. Ha un’interfaccia essenziale – le stringhe di interrogazione vanno inserire nell’unica riga che appare sulla Home Page in modo simile a quella di Google. Offre un’eccellente copertura dei Social Media, rileva le keyword, gli hashtag, i siti.

E’ anche in grado di valutare il Sentiment, l’Engagement e molti altri parametri utili a chi vuole “ascoltare” la rete per trarne indicazioni di valore, ma per noi ha un grosso limite. L’unica lingua attualmente supportata è l’inglese e lo stesso dicasi per i Social Network “ascoltati”, che tuttavia sono circa un centinaio.

Un aspetto apprezzabile e unico è che analizza i dati relativi a sentimente e influence sulla base di quattro parametri: Strength (Forza), Sentiment, Passion e Reach, calcolato dividendo il numero degli autori unici che citano il marchio per il numero totale delle citazioni.

Sebbene sia di uso intuiitivo ed estremamente semplice, in rete ci sono anche le istruzioni per usarlo sfruttandone le funzioni più avanzate.

Il solo punto che mi lascia perplesso e dubbioso è relativo all’azienda che sta dietro a Social Mention e al suo modello di business. Infatti, se da un lato non si capisce bene da dove traggano i ricavi – non solo il servizio è totalmente gratuito, ma non ne esiste alcuna versione più avanzata “a pagamento”, come accade nella maggior parte dei tool di questo genere – dall’altro non è chiara la consistenza dell’azienda, la sua localizzazione, chi ne sono gli investitori.

Anche su Linkedin, oltre alla descrizione generica dei servizi che offre (a social media search platform that aggregates user generated content from across the universe into a single stream of information), ne compaiono solo 3 collaboratori: il canadese Jon Cianciullo, più un americano basato in Florida ed un tedesco di Berlino. Molto strano per una società che è attiva da parecchi anni e che offre un servizio di indubbio valore…

socialmention

5. IceRocket

icerocketIcerocket ha una storia molto carina dietro le spalle, che val la pena di esser raccontata prima di illustrarne le peculiarità.

Nasce nel 2004 a Dallas grazie ad un finanziamento di Mark Cuban, per eseguire ricerche in tempo reale su Internet via PDA, puntando a diffondersi unicamente per passaparola. Una formula che non ha avuto molto successo, ma che grazie alle tecnologie sviluppate ha attirato le attenzioni del gruppo Meltwater che l’ha acquisita nel 2011.

A sua volta, anche Meltwater ha un’interessante storia da ricordare. L’azienda è nata nel 2001 in Norvegia, a Oslo, e come tutte le società scandinave che hanno una vocazione all’internazionalizzazione nel proprio DNA, è partita con 15.000 dollari, ma sin da subito operando in inglese e puntando al mondo come mercato.

L’obiettivo con il quale è partita era semplificare l’assunzione di decisioni, utilizzando i dati come fattore determinante e Internet come fonte.

Il primo problema con il quale Meltwater si è cimentata è stato creare delle rassegne stampa in modo automatizzato, anticipando così “l’ascolto” delle conversazioni e delle News sulla rete e sui Social Media.

Dal successo conseguito in patria, la rapida espansione in Europa e quindi negli USA sino al grande passo: lo spostamento del quartier generale dell’azienda a San Francisco, integrato da uffici in altri 20 paesi e 41 città del mondo. Da qui la continua espansione del portafoglio prodotti e servizi, oltre che della clientela, con varie acquisizioni tra le quali IceRocket che continua ad offrire i propri servizi di ascolto della rete in forma gratuita, ma considerandoli come complementari all’offerta della capogruppo.

Con queste origini, non può sorprendere che IceRocket sia multi-lingua, multi-geografico e multi-fonti nell’ascolto di Blog, dai quali è partito, allargati quindi a Forum, Social Media Tools, News, immagini… Basta inserire le keyword da monitorare, il peridodo di rilevazione, le fonti da considerare e il Tool ne rileva le citazioni.

Anche in questo caso, però, come nella maggior parte dei tool/servizi gratuiti, i dati vengono proposti in forma tabellare, con pochi elementi di sintesi e analisi.

6) HowSociable

howsociablePiuttosto diffuso – 250.000 clienti – HowSociable è disponibile sia in forma gratuita, con alcune limitazioni in quanto a metriche e fonti, sia a pagamento con tre piani di abbonamento mensile, basati sulla quantità di dati da rilevare.

Sul mercato dal 2008, risulta molto semplice da configurare e utilizzare, fornendo alcuni parametri di valutazione, a cominciare da “Magnitude Score” che riflette il livello di attività associato alla keyword osservata nel periodo scelto. L’intervallo va da 0 a 10, con il valore più basso attribuito a quando si hanno bassi livelli di attività.

Si tratta tuttavia di un parametro che riflette le azioni, non il sentiment o l’engagement del pubblico. In ogni caso, nella versione a pagamento, HowSociable mette a disposiizione 36 metriche per valutare la presenza sui Social, ma non consente di utilizzare dei filtri sulle lingue, sulla geografia.In compenso, offre anche dati di carattere storico a partire dal 2008.

Tra i siti coperti ci sono: Twitter Facebook YouTube LinkedIn Google Plus Tumblr yFrog Lockerz Blogger WordPress Foursquare GetGlue Amazon Ebay Apple Etsy Reddit StumbleUpon Digg Hacker News LiveJournal Posterous MySpace Ning 4chan Xing MeetUp SoundCloud DailyMotion Vimeo Flickr Instagram TwitPic PhotoBucket Quora Pinterest. Nella versione gratuita, per la quale occorre comunque registrarsi, i siti coperti sono solo 12, ivi inclusi Tumblr e WordPress ma non Facebook e Twitter, mentre per avere una vista su tutti gli altri occorre sottoscrivere un abbonamento a pagamento.

L’uso migliore di HowSociable è per valutare l’efficacia e la reattività dei vari canali Social rispetto ai propri interessi, senza però poter svolgere alcuna comparazione con concorrenti o altre organizzazioni.

7. Addictomatic

Addictomatic è un eccellente esempio di tool di ascolto di pessima qualità, sulla base dei parametri indicati dalla dott.ssa Suardi e non solo. Ma andiamo con ordine.

addictomatic

Nella figura, ci sono i risultati dell’indagine sulla keyword “Enterprise Social Intelligence”, tema sul quale abbiamo pubblicato vari pezzi su questo sito, riprendendoli poi su Linkedin, Twitter, Facebook. Ora, mentre può esser comprensibile che nell’ascolto il sito www.itware.com non sia incluso, è sorprendente che, contrariamente ad atri tool, non abbia rilevato i tweet ed i retweet su Twitter, uno dei siti indicati come oggetto di attenzione

In secondo luogo, mentre l’ascolto comprende numrosi siti tra i quali Flickr, YouTube, WordPress, Bing News, Delicious, Google, Ask.com, lascia perplessi la scelta di non considerare né Facebook – forse anche a causa della scelta di quest’ultima di non dare più facile accesso ai propri dati – né Linkedin. Cosa della quale ci si rende conto solo in seconda battuta, visto che questi due sono tra i più trafficati al mondo e quindi dovrebbero costituire il principale punto di partenza di ogni Tool di Listening. Ma non è tutto!

Detto della scarsa qualità dei dati e della limitata lista di Social Media monitorati, si aggiungono alla lista delle mancanze la possibilità di definire i periodi di ascolto, di valutare la geografia delle fonti e tutte le altre funzionalità di filtro indispensabili per svolgere una qualsiasi analisi di tipo professionale. Per non considerare vari altri elementi tipo la possibilità di aggregare i dati in report, di valutare il tono dei contenuti, di svolgere dei confronti comparativi.

Gli unici due meriti? E’ gratuito e facile da usarsi, ma considerati i risultati può essere addirittura pericoloso in quanto induce a delle conclusioni che solo apparentemente derivano da dei dati…

8) HootSuite

Come ultimo di questo breve elenco di Listening Tool gratuiti ho tenuto Hootsuite, che forse di tutti è il migliore, ma che di fatto non è un vero e proprio Tool di Ascolto, quanto un insieme di Tool che offrono vari servizi, il primo dei quali è una Dashboard Online nella quale si possono inserire in una visione unica i Social Media con i quali si lavora abitualmente. Da qui, se ne possono derivare numerose informazioni e indicazioni utili ad indirizzare al meglio la propria attività. E come facilmente intuibile, non si tratta di una Suite gratuita, ma di un prodotto/servizio con vari livelli di funzionalità, alla cui base ci sono quelli di tipo gratuito che possono bastare per soddisfare le esigenze iniziali di chi si avvicina a questa attività.

Il punto è che non appena si comincia a lavorare con HootSuite, dal momento che l’appetito vien mangiando, si sarà fortemente tentati di passare alle versioni a pagamento. Così, in questo post ne presentiamo solo la versione gratuita – coerentemente con il titolo del post stesso – mentre ne riprenderemo le funzioni di più alto livello quando in un prossimo articolo tratteremo dei Listening Tool a pagamento.

Nella figura c’è la sintesi del significato di “Social Media Management Dashboard” di HootSuite: attraverso un’unica interfaccia si hanno gli stream dei Social Media di proprio interesse, con l’evidenza dei contenuti pubblicati di recente:

hootsuite

Per attivarla, basta registrarsi, associarvi i propri indirizzi Social ed il gioco è fatto!

Non stiamo parlando di “ascolto”, ma di monitoraggio e gestione della propria presenza sui Social Media: un servizio importante e prezioso per chi opera e investe su questi canali, in quanto consente di risparmiare molto tempo nel controllarli e aggiornarli. Se si hanno più di 3 profili da gestire, si deve passare alla versione Pro, o a quella Enterprise, che hanno rispettivamente un corso di 9 e 75 euro al mese, ma sulle quali in questo post non entriamo.

Un particolare non da poco è che questa è l’unica piattaforma di questo genere ad esser stata tradotta in italiano, così come il servizio di assistenza telefonica.

Una volta caricati gli Account, si potranno inserire i propri post sui vari Social, sempre dall’interfaccia di Hootsuite, eventualmente condividendoli anche all’interno dei gruppi di propria appartenenza e scelta. La pubblicazione dei post può inoltre esser programmata nel tempo, per cogliere i momenti migliori in funzione delle singole piattaforme.

A questo punto, sfruttando le funzioni di ascolto di HooSuite che sono le stesse della versione a pagamento, se ne possono ricavare alcuni grafici molto semplici quali l’analisi della crescita del numero di follower su Twitter o dei contenuti che vengono maggiormente commentati/rimbalzati dal proprio pubblico. In sintesi, i grafici della versione gratuita sono 3:

  • Panoramica profilo Twitter: una panoramica del profilo Twitter che include la crescita dei follower nel corso del tempo, le menzioni tramite parole chiave e i link più popolari in formato Ow.ly, il compressore di indirizzi usato per default da Twitter.
  • Panoramica pagina Facebook: una panoramica della pagina Facebook che include i Mi Piace e i feedback sui post del giorno.
  • Sommario Click Ow.ly: le statistiche dei click su tutti i link di Ow.ly Twitter sui quali qualcuno ha cliccato. Include i click totali in base al giorno, alla regioni e i click più popolari.

Per tutti gli altri Report di ascolto occorre passare alla versione Pro o a quella Enterprise.

Via Spot and Web
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Di Altri Autori (del 01/12/2016 @ 07:17:59, in eCommerce, linkato 2358 volte)

Il 2016 è senza ombra di dubbio l’anno spartiacque per l’eCommerce in Italia durante il quale si è affermato il nuovo concetto di cross: cross border, cross canalità e cross device i tre punti su cui le aziende si devono concentrare per offrire al cliente la migliore esperienza di acquisto di sempre. Il fattore determinante del successo di un’azienda risiede infatti nella capacità di reagire tempestivamente alle nuove esigenze e anticipare le tendenze future, ripensando i propri modelli di business. Ciò è valido sia per le imprese B2C che per quelle B2B, il cui confine è divenuto con il tempo sempre più labile perdendo i confini storici che hanno da sempre differenziato i due business, oggi in continua evoluzione e spesso convergenti, e dando così vita a un nuovo contesto competitivo tra le imprese. Questo il tema su cui si è concentrato “E-commerce B2B e B2Retail: modelli e casi di successo”, il convegno organizzato da Netcomm e tenutosi a Milano il 29 novembre.

Secondo una ricerca del Consorzio del Commercio Elettronico Italiano, infatti, oltre il 50% dei buyer vorrebbe dai propri fornitori strumenti digitali per ridurre i tempi di acquisto. In Italia le imprese sottovalutano ancora le potenzialità del B2B in rete, eppure il numero dei siti di eCommerce B2B in Italia ha registrato un aumento significativo pari al 46%, passando da 7.660 del 2015 a 11.200 di quest’anno (fonte Osservatorio Cribis-Netcomm). Inoltre, il 30% del totale dei siti di commercio elettronico italiani del Paese è B2B. “Le potenzialità dell’eCommerce B2B sono importanti, persino maggiori rispetto a quelle B2C” spiega Roberto Liscia, Presidente Netcomm e Executive Board Member Ecommerce Europe. “Il valore del commercio elettronico B2B nel 2015 è stato infatti di 20 miliardi di euro, contro i 18 miliardi del B2C”.

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È da considerarsi eCommerce, infatti, tutti quei modelli nei quali avviene un incontro e una qualificazione tra domanda e offerta che poi si concretizza in un ordine o una transazione su altri canali. Il marketplace B2B in particolare si sviluppa in ogni settore, da quello della sanità alla manutenzione, dai prodotti enogastronomici al fashion, e crea diversi modelli di business, dai distributori online alle house of brand, dal marketplace con comunità brick & mortar a quelli basati sul dropshipping.

“Le imprese italiane che vendono online in Italia sono circa il 7% del totale, contro il 17% di quelle presenti a livello europeo” aggiunge Roberto Liscia. “L’Italia eccelle in moltissimi mercati e il potenziale del Made in Italy online è tra i maggiori al mondo. Le aziende dovrebbero affrontare con maggiore aggressività il nuovo contesto competitivo del B2B dove a farla da padrone sarà la crescita del ruolo dei Marketplace, lo sviluppo del B2B da parte dei grandi Marketplace B2C, l’apertura dei mercati di vendita e acquisto, e il crescente ruolo delle filiere a fronte del nuovo concetto di cross”.crescitaec

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