Immagine
  mymarketing.it: perchè interagire è meglio!... di Admin
 
"
Errare è umano, ma per incasinare davvero tutto è necessario un computer.

Arthur Bloch
"
 
\\ : Storico per mese (inverti l'ordine)
Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
 
 
Di Altri Autori (del 16/10/2014 @ 07:14:18, in Strategie, linkato 1307 volte)

Quale è il più pericoloso rivale di Google nel mercato delle ricerche online? Non è Yahoo! e neppure Bing, il motore di ricerca di Microsoft, come sarebbe logico aspettarsi. Bensì Amazon. Lo ha detto a chiare lettere Eric Schmidt, presidente di Google durante un intervento a Berlino. La competizone nel mondo dell’online «non è sempre tra simili», ha detto aggiungendo: «Nessuno pensa ad Amazon come a un motore di ricerca ma se cerchi qualche cosa da comprare di solito vai anche sul loro sito». Come riportato dalla Bbc, secondo Schimdt per quanto più concentrati sul commercio elettronico il colosso di Jeff Bezos ha lavora a fondo sulle tecnologia di ricerca e sugli algoritimi per far incontrare la domanda e offerta sulla base delle nostre abitudini di consumo.

Il caso Twitch.

Che ci fossero sovrapposizione tra Google e Amazon era chiaro solo in teoria. In agosto l’acquisizione di Twitch da parte di Amazon aveva confermato ai due interessavano le stesse cose. All’inizio dell’estate si dava infatti per certo il passaggio del sito di game streaming al gigante di Mountain View. Uomini di Google erano andati in visita e l’operazione aveva un senso chiaro visto l’interesse di Brin e Page per i contenuti video. Le cose poi sono andate diversamente e Twitch è diventata l’acquisizione più costosa della storia di Amazon. «Qualcuno da qualche parte in un garage - ha aggiunto Schmidt - sta lavorando per prendere il nostro posto. Lo sappiamo perché anche noi veniamo da un garage. I cambiamenti arrivano da dove meno te lo aspetti».

Via IlSole24Ore.com

Articolo (p)Link   Storico Storico  Stampa Stampa
 
Di Altri Autori (del 15/10/2014 @ 07:49:58, in Brand, linkato 1587 volte)

Secondo la classifica di Eurobrand, la società produttrice degli iPhone ha un "brand value" di oltre 113 miliardi di euro, quasi il doppio di Google che con un balzo del 23% sorpassa la bevanda sul podio. Dominano gli Usa nei primi dieci posti, "dimenticata" la FerrariNel 2014 Apple, con un 'brand value' di 113,165 miliardi di euro, resta il primo marchio a livello mondiale. Segue Google (67,471 miliardi) che nel 2014 supera Coca-Cola (64,775 miliardi) che si colloca al terzo posto. Microsoft (62,309 mld) si conferma al quarto posto. E' quanto emerge dalla classifica 'Global Top 100' stillata da Eurobrand nella quale nei primi cento posti non figurano marchi italiani.

Nei primi dieci posti si trovano solo marchi Usa. Al quinto posto, infatti, si conferma Ibm (54,436 mld). Al sesto posto si colloca McDonald's (48,058 mld) come nel 2013. Al settimo si conferma Procter & Gamble (47,768 mld), all'ottavo Johnson & Johnson (47,218 mld) che conquista un posto, al nono At&t (44,968 mld) che conquista due posti e al decimo Philip Morris che perde due posti.

All'undicesimo posto si colloca l'operatore cinese China Mobile (43,929 mld) che perde un posto rispetto al 2013 mentre al dodicesimo posto il gruppo di lusso francese Lvmh (39,351 mld). Nestlé (33,049 mld) si colloca al 18esimo posto e perde tre posti rispetto al 2013. Volkswagen (25,611 mld) guadagna due posti e si colloca al 21esimo posto nel 2014.

La classifica completa dei 100 marchi

Le classifiche sulla "forza" dei marchi sono variegate. Nel caso di Eurobrand, si parla di valorizzazione monetaria del simbolo delle maggiori case internazionali. In una diversa graduatoria, quella di Brand Finance, il Cavallino Rampante "è  immediatamente riconoscibile in tutto il mondo anche dove non ci sono ancora le strade" e per questo è definito il più "influente" del globo. La sua valorizzazione, però, di 4 miliardi lo proietta fuori dalla top 100 di Eurobrand, che pone in fondo al gruppone il marchio BhpBilliton da 9,8 miliardi.

Via Repubblica.it

Articolo (p)Link   Storico Storico  Stampa Stampa
 
Di Altri Autori (del 14/10/2014 @ 07:57:21, in Digitale, linkato 1474 volte)

C'era solo un modo per colmare la distanza che separa film, dischi, libri e videogiochi digitali dalle loro controparti fisiche: la condivisione. Prima dell'avvento degli acquisti virtuali eravamo soliti comprare una sola copia di un determinato libro, Cd o Dvd che poi veniva condivisa dalla famiglia. Al contrario nell'economia digitale i file risiedono all'interno dei nostri dispositivi personali e quella condivisione ha subito un blocco: se scarico legalmente un file sul mio cellulare non posso farlo ascoltare, vedere o leggere ad altri a meno che non gli dia anche lo smartphone. Qualcosa però sta cambiando.

A far rumore è soprattutto Apple che con il nuovo iOs 8 ha lanciato In Famiglia, un sistema per condividere tutti i propri acquisti, dalle app ai film passando per la musica, con un massimo di sei persone e dieci dispositivi. Chiaramente è previsto un controllo genitori per stabilire diversi livelli di accesso per ogni contenuto e per ogni utente incluso nel nucleo famigliare. Mossasi la Mela ecco arrivare uno dei suoi concorrenti, Amazon, che sta per lanciare Family Library, la libreria di famiglia. In questo caso i contenuti condivisi dovrebbero essere solo ebook, app e audiobook, senza musica e film, ma d'altra parte funzionerà sia sui dispositivi di Amazon sia tramite la sua app per Android e iOs. Se Amazon e Apple propongono la condivisione dello stesso contenuto su più dispositivi c'è anche chi sta lavorando alla condivisione del device stesso: il gaming. Al grido di “Condividi il tuo computer? Ora condividi anche i tuoi giochi”, il negozio virtuale Steam ha attivato il “Family Sharing” che consente di giocare coi videogame di tutta la famiglia senza bisogno di installarne nuove copie sullo stesso pc. Sony invece risponde con Share Play, previsto per novembre insieme al nuovo firmware della Playstation 4. Qui non si parla più di famiglia ma di amici e la teoria di un solo dispositivo condiviso diventa totale. L'amico che avremo invitato infatti giocherà con la nostra console e avrà pieno accesso alla nostra libreria di giochi attraverso la sua Play 4. Non c'è bisogno di nessun download, il passaggio avviene tutto in streaming, e ovviamente entrambi i giocatori dovranno avere l'abbonamento Playstation Plus. «Giocare insieme, condividere lo stesso videogioco, rappresenta da sempre un'esigenza imprescindibile degli utenti», afferma Marco Saletta, general manager di Sony Computer Entertainment Italia. «Se in passato questo avveniva riunendo più amici all'interno della stessa stanza, Share Play consentirà di vivere l'esperienza di condivisione senza limiti, mettendo in comunicazione tra loro utenti di tutto il mondo, connessi grazie a Playstation Network».

Insomma, la condivisione è la strada del futuro e i servizi che la mettono in pratica non mancano di certo ma a ben guardare quella che sembra una novità è in realtà una cosa già vista. Nell'ambito delle aziende la condivisione era in voga già dall'avvento della tecnologia. Nelle logiche di rete i fornitori di contenuti per le imprese offrono da tempo delle piattaforme a pagamento su cui poi vendono diversi servizi che possono essere usati da tutti i dipendenti. Senza dimenticare poi i software con licenze plurime in cui si compra un solo Cd o Dvd e lo si installa su più computer usando diversi seriali. La condivisione offerta agli utenti poi non è un regalo o una gentile concessione: a offrirla sono aziende che vendono sia i contenuti che i dispositivi per usufruirne. E non è un caso, con questo sistema Apple, Amazon e Sony raggiungono diversi obiettivi. Prima di tutto ci portano sempre più all'interno dei propri negozi, secondo poi tentano di convertirci definitivamente alla distribuzione digitale, che abbatte i costi e aumenta i ricavi. Terzo e più importante, si sprona tutta la famiglia e gli amici a comprare dispositivi che fanno parte del medesimo ecosistema. Se il papà ha l'iPhone e la mamma l'iPad il figlio non potrà avere Android, altrimenti addio condivisione. Se il mio amico ha una ricca libreria sulla Playstation non comprerò certo l'Xbox, sarei folle. Nel caso di telefoni e tavolette il vero passo avanti sarebbe stato avere In Famiglia, Family Library e soci, più una funzione per passare rapidamente da un utente all'altro sullo stesso device, così da poter condividere anche il device con tutta la famiglia, con un profilo per ognuno. I maggiori produttori però si rifiutano categoricamente di inserirla nei propri dispositivi e c'è da capirli: condividere va bene ma meglio non esagerare.

Via IlSole24Ore.com

Articolo (p)Link   Storico Storico  Stampa Stampa
 
Di Altri Autori (del 13/10/2014 @ 07:08:14, in Digitale, linkato 1607 volte)

Il mondo del turismo è sempre più digitale: la spesa più innovativa, infatti, quella che passa attraverso i canali digitali, è in crescita del 10%, per un valore complessivo vicino a 9 miliardi di euro nel 2014. A riferirlo sono i dati contenuti nella prima edizione dell’Osservatorio Innovazione Digitale promosso della Scho­ol of Management del Politecnico di Milano, presentato oggi.

Dall’analisi emerge che se è vero che gli acquisti 2014 per Turismo e viaggi in Italia, sia riguardanti gli italiani che scelgono l’Italia o gli italiani che vanno all’estero, sia riguardanti gli stranieri che vengono in Italia sono rimasti stazionari (+1%) rispetto all’anno precedente, attestandosi intorno ai 50 miliardi di euro, la componente digitale ha un ruolo sempre più preponderante sul totale sia in valore, passando dal 16% del 2013 al 18% del 2014, sia a livello di importanza attuale e prospettica nelle considerazioni strategiche delle aziende di settore.

La spesa digitale degli italiani
La spesa digitale degli italiani in turismo vale più di 7 miliardi di euro nel 2014, in crescita del 10% rispetto al 2013. Il peso della componente digitale sul totale mercato (31,5 miliardi) aumenta rispetto al 2013, passando dal 20% al 22%.
Sui canali digitali, la spesa degli italiani è così suddivisa: per il 57% destinata a viaggi in Italia (in crescita in valore assoluto dell’11% rispetto al 2013) e per il 43% all’estero (+9% rispetto allo scorso anno).
Cresce sul canale digitale il transato di tutti i settori merceologici: quello raccolto dalle strutture ricettive aumenta del 6% rispetto al 2013, il settore dei trasporti cresce dell’11%, quello dei pacchetti viaggio cresce del 13%. Rispetto allo scorso anno non cambia la com­posizione a livello di prodotti acquistati: il settore dei trasporti pesa per il 77% della spesa digitale nel Turismo, il 12% è destinato a pacchetti viaggio e l’11% direttamente alle strutture ricettive.
Continua a crescere l’incidenza del Mobile Commerce sulla spesa digitale degli italiani in ambito Turismo: vale circa 340 milioni nel 2014, in crescita del 40% rispetto ad un anno fa. Rispetto al totale della spesa turistica digitale, il Mobile Commerce pesa per il 5% del mer­cato. La compente PC cresce anch’essa, seppur ad un ritmo inferiore (+9%). Gli attori del settore dovranno perciò adattarsi rapidamente anche a questa evoluzione, effettuando un doppio salto tecnologico: oltre alla digitalizzazione della propria offerta, sarà necessario essere già presenti su quei canali, come il Mobile, che sempre più influenzeranno e veicoleranno le vendite nei prossimi anni.

Le Agenzie di Viaggio
Per comprendere al meglio l’impatto del digitale sulla filiera del Turismo, L’Osservatorio ha ana­lizzato l’approccio delle Agenzie di Viaggio italiane all’utilizzo degli strumenti digitali.
Tra gli agenti che hanno partecipato all’indagine (oltre 500, con punte di oltre 700 sulla singola domanda), il 49% dei rispondenti stima per l’anno 2014 una stabilità del proprio fatturato (ossia un valore compreso tra -5% e +5% rispetto all’anno 2013), il 24% una decre­scita maggiore a -5% e, inaspettatamente, il 27% una crescita superiore al 5%. In particolare, è interessante notare come ben il 64% abbia dichiarato di prevedere a breve una crescita positiva per il proprio fatturato, segnale importante per un settore che negli ultimi anni ha conosciuto periodi di forte decrescita.

Incrociando l’andamento del fatturato atteso per il 2014 e la dimensione del fatturato dell’agenzia stessa, emerge che più la dimensione è piccola e più le prospettive sono positive: ad esempio, il 32% delle agenzie con un fatturato inferiore a 250 mila euro prevede infatti di crescere oltre il +5%, il 42% di rimanere stabile, il 26% di decrescere. Al contrario, sono le agenzie più grandi ad avere una visione più pessimista: infatti il 31% delle agenzie con un fatturato superiore ai 5 milioni di euro prevede di decrescere, il 62% di restare stabile e solo il 7% di crescere.

Se ci si sofferma sull’utilizzo degli strumenti digitali, ne emerge un uso diffuso in tutte le fasi di relazione con il cliente, ad esempio:
il 74% li utilizza nella fase di scelta per comparare le alternative da offrire,  il 70% li utilizza per comunicare con il cliente durante il viaggio; l’82% li utilizza per raccogliere le impressioni dei viaggiatori dopo il viaggio e il 77% li utilizza per raccogliere dati digitali per inviare altre nuove comunicazioni al cliente.

Se entriamo nella fase di promozione dell’offerta, le Agenzie di Viaggio utilizzano sia cana­li a pagamento sia canali gratuiti per sponsorizzare i propri servizi. Tra i canali a pagamento, i più utilizzati sono le pubblicità sui social network (29%) e le pubblicità sui motori di ricerca (26%). Più di un terzo dei rispondenti non utilizza strumenti digitali a pagamento (34%). Tra i canali gratuiti, quasi la totalità dei rispondenti ha attivato un sito web dell’agenzia (82%), mentre il 70% invia e-mail pubblicitarie al proprio database contatti e il 60% utilizza fan page e profili all’interno di social network. Solo il 4% non utilizza strumenti digitali gratuiti.
Strutture Ricettive e i loro clienti
L’indagine sulle Strutture Ricettive, che ha coinvolto oltre 1700 esercizi, evidenzia un ele­vato utilizzo degli strumenti digitali in tutte le fasi di relazione con i clienti.
Innanzitutto, emerge che la quasi totalità (98%) dei rispondenti ha costruito un proprio sito internet. L’86% delle strutture ha anche un proprio profilo su almeno un social network e un ulteriore 5% vorrebbe crearlo nei prossimi 12 mesi. Tra i social network, il più diffuso è Facebook (scelto da oltre il 98% di coloro che hanno almeno un profilo su un social network), seguito a distanza da Google Plus e Twitter (entrambi attorno al 50%). Meno comuni invece le strutture che hanno sviluppato addirittura una propria applicazione per Smartphone e/o Tablet (il 39% dei rispondenti).

Dall’analisi dei canali di provenienza delle prenotazioni emerge che mediamente il 25% del fatturato di una Struttura Ricettiva deriva da prenotazioni intermediate dalle OTA; il 20% proviene da Tour Operator, Agenzie di Viaggio tradizionali e grossisti. Ben il 44% del tran­sato delle strutture rispondenti è legato a prenotazioni provenienti direttamente dal cliente finale, senza quindi alcuna intermediazione. Fatto 100 questo transato proveniente diretta­mente dal cliente finale, il 47% è generato da prenotazioni provenienti via email e il 21% da prenotazioni provenienti direttamente dal sito internet della struttura stessa.

Tra i canali di promozione digitali a pagamento, utilizzati da oltre il 70% di chi fa promo­zione, un ruolo di primo piano è svolto dalla pubblicità a pagamento sui motori di ricerca (43% circa dell’intero campione). Vi è poi la pubblicità sui social network (37%), quella su siti web in qualche modo legati al territorio e alla destinazione (25%) e quella su blog di viaggio e community online in cui si discute di temi correlati (15%).

 “Dalle indagini su Agenzie di Viaggio e Strutture Ricettive emerge chiaramente la già diffusa presenza degli strumenti digitali a supporto delle fasi di relazione con il cliente. A questa pre­senza tuttavia non segue una reale conoscenza e un utilizzo strutturato e strategico di questi strumenti -spiega Alessandro Perego, Responsabile scientifico dell’Osservatorio Innovazione Digitale nel Turismo- Occorre quindi, per il futuro, che le Agenzie di Viaggio dedichino non solo tempo alla fase pre-viaggio ma sfruttino appieno le opportunità digitali che permettono un continuo contatto con il turista anche nelle fasi successive dell’esperienza di viaggio. Tale contatto e i servizi di assistenza connessi potrebbero essere fondamentali nell’indurre il cliente a ripresentarsi nuovamente in agenzia. Dall’altra parte, è necessario che le Strutture Ricettive effettuino un vero processo di ottimizzazione dei diversi canali digitali per evitare sovrapposizioni e arrivare al cliente finale, sfruttando appieno anche la raccolta dei dati e dei riscontri dai clienti.”

Via Tech Economy

Articolo (p)Link   Storico Storico  Stampa Stampa
 
Di Altri Autori (del 10/10/2014 @ 07:19:09, in Strategie, linkato 1771 volte)

L’evoluzione delle tecnologie digitali sta rapidamente rivoluzionando l’editoria e il mondo dell’informazione si sta sempre più spostando verso il mobile. In questo nuovo scenario gli editori sono chiamati a ripensare non solo alle modalità con le quali i contenuti vengono distribuiti ma anche agli strumenti da adottare per sviluppare una relazione con i propri lettori che consenta di creare fidelizzazione, sviluppare engagement e accrescere la propria readership.
Da questo punto di vista il pensiero va immediatamente – e non potrebbe essere diversamente visto il ruolo che hanno ormai assunto nella nostra dieta digitale – ai social, che abbiamo identificato come una delle strategie da adottare nelle azioni di marketing editoriale assieme a mobile e video.

Ma cosa vuol dire oggi per una testata avere una strategia social? Se in prima battuta viene infatti in mente lo sviluppo di una presenza sui social network più diffusi, il tema – una volta che lo si affronta lato editore – è in realtà molto più complesso di quanto non si possa immaginare.

Per inquadrare nel modo corretto l’argomento occorre anzitutto capire quale sia il ruolo dei social network nel consumo di news. Secondo i dati che emergono dal’edizione 2014 del Digital News Report realizzata dal Reuters Institute for the Study of Journalism, in Italia nella ricerca di news è il search al primo posto, seguito dall’accesso diretto ai siti web dei brand editoriali e poi dai social network.

Sono dati che fanno riflettere sull’effettiva portata dell’accesso alle testate editoriali tramite social network e che, tra tutti, spostano l’attenzione principalmente su Facebook. Secondo quanto emerso dall’indagine infatti su cento persone che dichiarano di accedere ogni settimana a siti di news e informazione, 20 provengono da post condivisi su Facebook, 8 da YouTube, 4 da Google+ e 3 da Twitter.

Il problema è che il consumo di news attraverso Facebook è quasi sempre incidentale. Gli iscritti entrano in contatto con le notizie per caso. Il motivo principale per cui ci si collega è diverso: attiene molto di più alla sfera personale e dei rapporti con il proprio network di conoscenze, piuttosto che alla ricerca di informazioni. E’ una distinzione di grande importanza per capire cosa vuol dire effettivamente adottare una social media strategy per un gruppo editoriale.

Secondo uno studio del Pew Research Center sul livello di engagement e di fidelizzazione dei lettori online, chi arriva direttamente su un sito di informazione infatti spende più tempo, legge più pagine e visita più spesso il sito di quanto non faccia chi ci arriva da un referral social o search.

Sono dati confermati anche da analoghe indagini realizzate da diversi gruppi editoriali. Trasformare una di queste due ultime tipologie di visitatori (chi arriva da un motore di ricerca o chi arriva da un social network) in un lettore fedele è un’impresa molto complessa. Senza contare che Facebook, come ormai noto (vedasi anche un interessante studio di Ogilvy@Social sul tema), per privilegiare le inserzioni a pagamento e quindi la “paid reach”, ha ridotto in modo drastico la portata della cosidetta “reach organica” ai post, scesa da una media del 16% nel 2012 a circa il 6% nel 2014, mettendo in discussione anche l’italica passione per i fan la cui importanza andrebbe completamente ripensata.

Da questo punto di vista quindi la strategia social per una testata vuol dire molto di più che la semplice distribuzione di contenuti su Facebook e Twitter perché sono canali che rischiano di diventare sempre meno efficaci e sempre più costosi.

La strada corretta passa piuttosto per la capacità delle singole testate di diventare abilitatori di conversazioni digitali e investire nello sviluppo di tecnologie e applicazioni che consentano la partecipazione dei cittadini-lettori e il loro coinvolgimento attivo con il giornale all’interno dell’ecosistema digitale della testata. Perché non dobbiamo dimenticarci che una testata è di per se una community, con i suoi lettori, che ne condividono la linea, l’impostazione e il taglio editoriale.

Lo sviluppo delle tecnologie in ambito digitale ci consente di fare un passo in più che è quello appunto di mettere in relazione questa community con ognuno dei suoi singoli componenti, i singoli lettori con i redattori, giornalismo professionale e giornalismo partecipativo: è il vero significato del social media applicato all’editoria.

Via Tech Economy

Articolo (p)Link   Storico Storico  Stampa Stampa
 
Di Altri Autori (del 09/10/2014 @ 07:11:36, in Mobile, linkato 1548 volte)

Il 9 settembre 2014 TIM Cook ha annunciato il lancio di Apple Pay, il sistema di pagamento messo a punto da Apple, che sfrutta la tecnologia NFC ed il Secure Element dei nuovi iPhone e che sarà disponibile in Europa nel 2015.

Apple finalmente sdogana la tecnologia NFC per i mobile payment, spinta dagli operatori mobili e da  alcune banche, tecnologia già adottata da alcuni big (vedi Google e i principali circuiti come Visa, Mastercard e American Express) e messa in dubbio da altri (vedi PayPal).

L’ingresso in campo di Apple, oltre a confermare le scelte fatte dagli operatori mobili e dalle banche, accende i riflettori sulle nuove relazioni che si verranno a stabilire nel mondo dei pagamenti.

Fino a pochi anni fa il business dei pagamenti elettronici era chiuso tra banche, circuiti e loro fornitori; con i mobile payment nuove figure entrano nella filiera, come gli operatori mobili, i fornitori di smartphone e SIM ed i tanto temuti operatori “Over The Top”, primi tra tutti Google ed Apple. Come questi sposteranno il business si capirà in un futuro prossimo.

I nuovi operatori hanno interessi diversi tra loro e, fatta eccezione di PayPal che opera direttamente sui pagamenti e da essi trae i propri ricavi, in molti casi i mobile payment saranno uno strumento a supporto del core business delle aziende coinvolte (es. raccolta dati e pubblicità per Google, vendita di terminali e rafforzamento della propria piattaforma per Apple, consolidamento della customer base e dell’ARPU per gli operatori mobili) oppure come trampolino di lancio per nuovi servizi. Sicuramente l’ingresso in campo dei nuovi operatori darà nuova spinta al settore, incrementando l’uso dei pagamenti elettronici. Questa ipotesi è supportata dall’attenzione mostrata loro dai circuiti di pagamento, con cui hanno stretto accordi strategici.

In paesi come l’Italia, dove il contante è ancora il principale strumento di pagamento e dove il telefonino è così diffuso e apprezzato, la disponibilità dei mobile payment potrebbe finalmente spostare i pagamenti dal contante alla moneta elettronica, con tutti i vantaggi che ne deriverebbero sul fronte della lotta all’evasione e su quello della sicurezza. Proprio la sicurezza è una delle principali preoccupazioni degli utenti quando pensano di utilizzare la carta di credito, a maggior ragione se la pensano “smaterializzata” nello smartphone. Ma un pagamento con carta di credito è molto più sicuro di uno in contanti, la perdita di un portafogli pieno di contanti è sicuramente più rischiosa della perdita di un telefonino abilitato ai mobile payment.

La sicurezza è infatti il driver principale nella definizione delle caratteristiche di un sistema di mobile payment; nei diversi modelli che si stanno affermando, elemento comune è la presenza di un Secure Element, uno spazio sicuro in cui conservare i dati che non devono finire in mani sbagliate. Gli operatori mobili hanno scelto la SIM come Secure Element, che oltre alla sicurezza permette di portare le informazioni da uno smartphone all’altro, Apple ha scelto un chip sul telefono, Google ha scelto la rete.

Risolto il dubbio della sicurezza, usare il telefonino per pagare porta con sé solo vantaggi: è sempre con me, è comodo, quando pago posso controllare lo stato del conto in tempo reale.

Telecom Italia si occupa di mobile payment da parecchi anni, lavorando attivamente in GSMA con altri operatori mobili e con i fornitori di smartphone e SIM per definire ed adottare degli standard comuni con il settore dei pagamenti elettronici (EMV e Global Platform sono solo alcuni dei riferimenti). Gli standard sono stati la base per costruire un’infrastruttura che è a disposizione delle banche.  Esse ora possono virtualizzare le carte di pagamento sulle nuove SIM di TIM, permettendo ai clienti in possesso di uno smartphone NFC Android e presto Windows Mobile di pagare con il proprio telefonino presso gli oltre 200.000 POS NFC abilitati in Italia e milioni nel resto del mondo.

Le nuove SIM “NFC” sono disponibili per i clienti TIM da giugno 2014, insieme all’applicazione TIM Wallet che guida alla scelta, installazione e utilizzo della carta di pagamento sullo smartphone. A partire da ottobre 2014 TIM Wallet darà la possibilità ai clienti TIM di attivare la TIM SmartPAY, la carta prepagata sviluppata con Visa ed Intesa Sanpaolo che permetterà anche a chi non ha una carta di pagamento o un conto in banca di pagare con il proprio telefonino.

I mobile payment sono solo uno dei nuovi servizi che potremo attivare nei prossimi mesi con i nostri smartphone. La tecnologia NFC, le nuove SIM e applicazioni come TIM Wallet ci permetteranno presto di lasciare a casa il portafogli, mettendo tutto nel telefonino, dalla tessera trasporti alle carte fedeltà, il badge aziendale, le chiavi di casa, la chiavetta per i distributori automatici.

Il sogno si è finalmente avverato: il telefonino fa anche il caffè!

Via Agenda Digitale

Articolo (p)Link   Storico Storico  Stampa Stampa
 
Di Altri Autori (del 08/10/2014 @ 07:26:58, in eCommerce, linkato 1391 volte)

I consumatori sono sempre meno guidati dai giudizi social network nei loro acquisti. E' questa la conclusione di un report globale realizzato da Capgemini realizzato intervistando oltre 18.000 acquirenti digitali di 18 Paesi per capire i cambiamenti intervenuti nelle abitudini degli acquisti online. Internet si conferma in assoluto il canale preferito (anche più dei negozi fisici) a livello mondiale per perfezionare le decisioni di shopping (75% dei consumatori lo considera importante o molto importante) mentre rispetto a due anni fa i consumatori danno meno retta ai social (come Twitter e Facebook) per scoprire nuovi prodotti sui blog e partecipare alle community online riservate ai clienti dei retailer. Secondo lo studio insomma le promesse dei social media nel settore retail e dei beni di consumo non si sono materializzate .

Delusione social
Le risposte ottenute a livello globale - si legge ne report - indicano non solo un declino rispetto all'edizione dello studio di due anni fa, ma dimostrano anche come i social media siano meno importanti nel percorso di acquisto rispetto ai negozi tradizionali, al Web, agli smartphone, alla posta elettronica o all'uso delle tecnologie in-store. «Nonostante la crescita del fatturato pubblicitario di Facebook e le innovazioni di marketing come il pulsante 'Buy' di Twitter - afferma Alberto Filippone, Digital Proposition Lead, Digital Customer Experience MRD di Capgemini Italia - esiste un punto interrogativo per capire dove e come i social si inseriscano nel percorso di acquisto». Il social media sarebbero in questo senso più importanti nelle fasi di 'consapevolezza' e 'scelta' (soprattutto nel caso della moda), ma molto meno nelle fasi di 'transazione, consegna e post-vendita'. Come dire si va sui social per farsi una idea ma poi l'acquisto vero e proprio avviene attraverso canali online più "tradizionali".

La rivincita del negozio fisico.
La bottega vince ma solo nei mercati maturi. Almeno per ora . Nelle transazioni retail, il 72% degli acquirenti considera il negozio importante o molto importante rispetto al 67% di Internet. Solo il 14% considera meno importante il negozio fisico. Tuttavia, la maggioranza degli acquirenti (51%) indica la volontà di spendere di più in futuro sull'online che nei negozi. Completamente diverso lo scenario su mercati emergenti. Per esempio, quando si tratta di ricercare informazioni sui prodotti, confrontare i prezzi e acquistare, Brasile, Messico, India e Cina attribuiscono molta più importanza a smartphone, social media e tecnologia in-store rispetto a tutti i mercati maturi analizzati. I mercati ad alta crescita sono anche significativamente più interessati a offerte e segnalazioni personalizzate, con India (46%), Messico (40%) e Brasile (38%) che lo ritengono 'estremamente importante', in netto contrasto con i dati relativi a Regno Unito (13%), Francia (15%) e Germania (24%).

Preoccupa la gestione della privacy.
A livello globale oltre un terzo dei consumatori ritiene di non disporre di informazioni chiare circa il modo in cui i rispettivi dati personali vengono utilizzati dai retailer. Le attese personali in merito sono basse: un consumatore su quattro non si aspetta che i propri retailer preferiti attingano allo storico dei rapporti al fine di fornire un servizio migliore, specialmente in Canada, Finlandia, Paesi Bassi e Svezia.

Via IlSole24Ore.com

Articolo (p)Link   Storico Storico  Stampa Stampa
 
Di Altri Autori (del 06/10/2014 @ 07:22:59, in Aziende, linkato 1388 volte)

Facebook si prepara ad investire nel settore dell’healthcare. Dopo amici e interessi, pare che il colosso di Zuckerberg potrebbe conoscere anche lo stato della nostra salute. Sulla scia di altre aziende tecnologiche della Silicon Valley, come Apple e Google, Facebook starebbe progettando i suoi primi passi nel promettente campo della sanità. Secondo alcune fonti anonime vicine all’azienda riportate da Reuter, la società starebbe valutando la creazione di comunità online di “supporto” per determinate patologie. Un secondo team starebbe anche considerando un ulteriore campo di sviluppo per questo tipo di applicazioni, quello della prevenzione, con l’obiettivo di aiutare le persone a migliorare il loro stile di vita.

Negli ultimi mesi il gigante dei social networking ha tenuto riunioni e meeting con esperti e imprenditori del settore medico mentre è stata creata, sul fronte interno, un’unità tecnica dedicata alla ricerca e allo sviluppo di applicazioni utili in campo sanitario. Il lavoro è ancora “in progress” ma sono già state create le basi operative, forti di un interesse non inedito in questo campo.

Già nel 2012 Facebook aveva lanciato delle operazioni sul tema della salute ma con risultati discontinui. Il successo più rilevante è stata la campagna che ha consentito agli utenti negli Usa di segnalarsi come donatori: in un solo giorno 13.054 persone si sono registrate online come donatori di organi, contribuendo ad un aumento di 21 volte superiore rispetto alla media giornaliera di 616 iscrizioni, secondo uno studio pubblicato nel mese di giugno 2013 sull’American Journal of Transplantation.

Gli esperti di Facebook hanno notato che le persone con malattie croniche, come il diabete, spesso cercano aiuto e informazioni on line sui siti di social networking: per un consiglio, per avere supporto, per parlare apertamente della propria patologia. Inoltre, l’aumento delle reti create dai pazienti, come PatientsLikeMe, dimostrano che le persone si trovano a proprio agio a condividere le proprie esperienze online. Di fronte a questo scenario anche l’interesse personale dell’amministratore delegato Mark Zuckerberg contribuisce ad un maggiore coinvolgimento della compagnia nel campo della sanità.

Il problema più complesso, però, rimane quello della privacy, soprattutto per un’azienda che negli ultimi tempi ha dovuto affrontare notevoli critiche su questo terreno spinoso. Ma in questo senso Facebook è in ottima compagnia visto che anche le altre big hanno problemi simili. Quel che è certo è che un tema così complesso ha bisogno di norme certe per proteggere l’anonimato dei propri utenti e per evitare che i dati e le osservazioni condivise non siano a disposizione di inserzionisti o aziende farmaceutiche, ha dichiarato Frank Williams, a capo della Evolent Health, compagnia che fornisce software e servizi ai medici statunitensi.

Via Tech Economy

Articolo (p)Link   Storico Storico  Stampa Stampa
 
Di Altri Autori (del 03/10/2014 @ 07:13:37, in Prodotti, linkato 1664 volte)

Nuovo prodotto, nuova piattaforma di vendita. Per la prima volta nella sua storia Pepsi lancia sul mercato una nuova bibita, la Pepsi True, esclusivamente su un canale di vendita online. Il sito di e-commerce scelto dalla multinazionale è stato Amazon che, a partire dalla metà di ottobre, venderà la bevanda nuova di zecca, che contiene il 30% di zuccheri in meno grazie al mix di stevia e zucchero naturale. Gli insider del settore, come riporta Reuters, ritengono che la mossa sia esemplificativa del sempre maggior interesse da parte dell’industria del food&beverage nei confronti dei canali di vendita non tradizionali, e-commerce su tutti. La bibita, infatti, inizialmente non sarà distribuita negli store, ma sarà disponibile solo sul web, anche se l’azienda statunitense ha comunicato che è nei piani una distribuzione ‘reale’ del prodotto. “Le vendite online sono un fatto relativamente nuovo”, ha detto Simon Lowden, chief marketing officer di Pepsi Beverages North America. “E ci si può aspettare a buon diritto che diventeranno una parte sempre più importante del nostro business da qui in avanti”.

Pepsi True La nuova Pepsi si beve solo su Amazon - {focus_keyword}
PEPSI TRUE
Altre incursioni nella distribuzione online sono state fatte di recente da altri colossi del food, fa notare l’agenzia di stampa, che evidenzia come sempre più spesso i canali e-commerce siano utilizzati per testare i nuovi prodotti: per esempio, Coca-Cola ha fatto sapere che riporterà in auge Surge, una soda che ha smesso di commercializzare più di una decina di anni fa, e che invece godrà di nuova vita proprio grazie ad Amazon.

Via PambiancoNews

Articolo (p)Link   Storico Storico  Stampa Stampa
 
Di Altri Autori (del 02/10/2014 @ 07:16:28, in Internet, linkato 1545 volte)

Boom dei nuovi social. Tra i tredicenni imperversa WhatsApp, a usarlo sono 8 su 10. Inoltre il 93% degli adolescenti si collega a internet dallo smartphone. Sempre più tempo speso a chattare nelle ore notturne. E’ in estrema sintesi quanto emerge dall’indagine nazionale della Società italiana di Pediatria, condotta su un campione nazionale rappresentativo di 2107 studenti di terza media. L’indagine registra, ininterrottamente da sei anni, un incremento esponenziale dell’uso di internet tra gli adolescenti: nel 2008 solo il 42% del campione utilizzava internet tutti i giorni contro l’attuale 81%. Due sono le novità che emergono quest’anno. La prima è che si è conclusa la migrazione dal computer allo smartphone: la percentuale di adolescenti che si collega a internet dal telefonino è passata dal 65% del 2012 al 93% nel 2014. La quasi totalità degli adolescenti, dunque, ha internet sempre a portata di mano, in qualunque momento della giornata. E internet vuol dire essenzialmente social network. 

La seconda novità è rappresentata dal boom di nuovi social, attraverso i quali gli adolescenti esercitano le loro sperimentazioni. Il 75% del campione ha un profilo su Facebook, ma ormai ben l’81% degli adolescenti è sbarcato su WhatsApp, che non è solo uno strumento di messaggistica; il 42% su Instagram, il 30% dei maschi e il 37% delle femmine  su Ask.me, dove la possibilità di comunicare sotto anonimato lo ha reso teatro di casi di cyberbullismo; infine solo il 23% è su Twitter, social meno gettonato tra i giovanissimi. Il 15% degli intervistati ha dichiarato di aver postato un proprio selfie provocante, percentuale certamente sottostimata se si considera che il 48% dello stesso campione afferma contemporaneamente di avere amici e compagni che postano selfie provocanti. Tra gli altri comportamenti a rischio il 19% ha dato online il telefono, il 16,8% ha inviato una foto, il 24,7% ha rivelato la scuola che frequenta, l’11,6% si è incontrata con lui, il 5,2% ha accettato proposte di sesso online. E se all’87,6% piace internet perché si può stare in contatto con gli amici, per il 60,2% internet è addirittura irrinunciabile.

Per il presidente della Sip Giovanni Corsello “i social network non vanno demonizzati, il problema come sempre è l’abuso. La migrazione degli adolescenti dal computer al telefonino rende difficilissimo per i genitori rendersi conto del tempo effettivamente speso dai figli sui social. E’ inoltre difficile dettare regole di comportamento dal momento che la stragrande maggioranza degli adulti non ha idea di come si sviluppa la socialità sui nuovi network in rete, di come si strutturano le relazioni, non conosce il linguaggio utilizzato. Le nostre risorse per prevenire comportamenti a rischio sono il dialogo, l’ascolto, l’etica comportamentale che noi adulti di riferimento abbiamo insegnato ai figli. I quali prima di essere adolescenti sono stati bambini”. 

Il 56,6% % chatta la sera dopo cena e circa il 40% continua a farlo fino a tardi, prima di addormentarsi in una fascia oraria che interferisce con il sonno, con conseguenze non trascurabili sulla salute. Spiega ancora Corsello: “Alcuni problemi clinici e comportamentali descritti con frequenza maggiore negli adolescenti in questi ultimi anni come cefalea, insonnia, scarso rendimento scolastico, possono trovare motivazione dalla riduzione delle ore di sonno o dal condizionamento indotto da un abuso di internet e da stili di vita non appropriati”. E internet è il “primo pensiero” della giornata: non va trascurato il significativo incremento di adolescenti che iniziano le loro escursioni in rete già la mattina appena svegli. Dal 2013 al 2014 la percentuale di chi lo fa spesso è passata dal 2,6 al 12,5%.

C’è poi un altro pericolo. Teoricamente vietato ai minori, ma nella pratica di facile accesso per teenager e giovani adulti che navigano sul web. Si tratta del gambling, il gioco d'azzardo online che, secondo gli esperti, sta diventando una pericolosa tentazione alla quale riesce sempre più difficile resistere anche tra le fasce di età più basse. E che potrebbe costare cara. Secondo l’indagine il 13% degli adolescenti intervistati ha dichiarato di aver giocato, e puntato denaro, su siti di gioco online. Il tutto nonostante una legge che vieta ai minori l’azzardo. E la percentuale di adolescenti intervistati che ammette di aver frequentato questi siti e di aver giocato "a soldi", una o più volte, sfiora il 17% se si considerano solo i maschi. Tra i baby-giocatori, il 45% ha sostenuto di aver vinto, solo il 13% ha ammesso la sconfitta con conseguente perdita in denaro, mentre il 36% non ha ricordato l'esito economico delle esperienze. Ma, che si sia vinto o perso, il 32% del campione si è comunque dichiarato orientato a ripetere l'esperienza.

Via Quo Media

Articolo (p)Link   Storico Storico  Stampa Stampa
 
Pagine: 1 2 3
Ci sono 1062 persone collegate

< dicembre 2024 >
L
M
M
G
V
S
D
      
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
11
12
13
14
15
16
17
18
19
20
21
22
23
24
25
26
27
28
29
30
31
         

Cerca per parola chiave
 

Titolo
Advertising (109)
AI (2)
Aziende (142)
Blog (11)
Brand (39)
Comarketing (2)
Comunicazione (9)
dBlog (1)
Digitale (36)
eCommerce (45)
Grande Distribuzione (7)
Internet (550)
Marketing (305)
Marketing Ambientale (3)
Marketing non convenzionale (62)
Media (102)
Mercati (84)
Mobile (210)
Permission Marketing (1)
Prodotti (95)
Pubblicità (32)
Pubblicità (88)
Retail (12)
Segnalazioni (45)
Social Networks (379)
Startup (1)
Strategie (59)
Tecnologie (77)
Trade Marketing (1)
Viral Marketing (40)
Web 3.0 (5)

Catalogati per mese:
Novembre 2005
Dicembre 2005
Gennaio 2006
Febbraio 2006
Marzo 2006
Aprile 2006
Maggio 2006
Giugno 2006
Luglio 2006
Agosto 2006
Settembre 2006
Ottobre 2006
Novembre 2006
Dicembre 2006
Gennaio 2007
Febbraio 2007
Marzo 2007
Aprile 2007
Maggio 2007
Giugno 2007
Luglio 2007
Agosto 2007
Settembre 2007
Ottobre 2007
Novembre 2007
Dicembre 2007
Gennaio 2008
Febbraio 2008
Marzo 2008
Aprile 2008
Maggio 2008
Giugno 2008
Luglio 2008
Agosto 2008
Settembre 2008
Ottobre 2008
Novembre 2008
Dicembre 2008
Gennaio 2009
Febbraio 2009
Marzo 2009
Aprile 2009
Maggio 2009
Giugno 2009
Luglio 2009
Agosto 2009
Settembre 2009
Ottobre 2009
Novembre 2009
Dicembre 2009
Gennaio 2010
Febbraio 2010
Marzo 2010
Aprile 2010
Maggio 2010
Giugno 2010
Luglio 2010
Agosto 2010
Settembre 2010
Ottobre 2010
Novembre 2010
Dicembre 2010
Gennaio 2011
Febbraio 2011
Marzo 2011
Aprile 2011
Maggio 2011
Giugno 2011
Luglio 2011
Agosto 2011
Settembre 2011
Ottobre 2011
Novembre 2011
Dicembre 2011
Gennaio 2012
Febbraio 2012
Marzo 2012
Aprile 2012
Maggio 2012
Giugno 2012
Luglio 2012
Agosto 2012
Settembre 2012
Ottobre 2012
Novembre 2012
Dicembre 2012
Gennaio 2013
Febbraio 2013
Marzo 2013
Aprile 2013
Maggio 2013
Giugno 2013
Luglio 2013
Agosto 2013
Settembre 2013
Ottobre 2013
Novembre 2013
Dicembre 2013
Gennaio 2014
Febbraio 2014
Marzo 2014
Aprile 2014
Maggio 2014
Giugno 2014
Luglio 2014
Agosto 2014
Settembre 2014
Ottobre 2014
Novembre 2014
Dicembre 2014
Gennaio 2015
Febbraio 2015
Marzo 2015
Aprile 2015
Maggio 2015
Giugno 2015
Luglio 2015
Agosto 2015
Settembre 2015
Ottobre 2015
Novembre 2015
Dicembre 2015
Gennaio 2016
Febbraio 2016
Marzo 2016
Aprile 2016
Maggio 2016
Giugno 2016
Luglio 2016
Agosto 2016
Settembre 2016
Ottobre 2016
Novembre 2016
Dicembre 2016
Gennaio 2017
Febbraio 2017
Marzo 2017
Aprile 2017
Maggio 2017
Giugno 2017
Luglio 2017
Agosto 2017
Settembre 2017
Ottobre 2017
Novembre 2017
Dicembre 2017
Gennaio 2018
Febbraio 2018
Marzo 2018
Aprile 2018
Maggio 2018
Giugno 2018
Luglio 2018
Agosto 2018
Settembre 2018
Ottobre 2018
Novembre 2018
Dicembre 2018
Gennaio 2019
Febbraio 2019
Marzo 2019
Aprile 2019
Maggio 2019
Giugno 2019
Luglio 2019
Agosto 2019
Settembre 2019
Ottobre 2019
Novembre 2019
Dicembre 2019
Gennaio 2020
Febbraio 2020
Marzo 2020
Aprile 2020
Maggio 2020
Giugno 2020
Luglio 2020
Agosto 2020
Settembre 2020
Ottobre 2020
Novembre 2020
Dicembre 2020
Gennaio 2021
Febbraio 2021
Marzo 2021
Aprile 2021
Maggio 2021
Giugno 2021
Luglio 2021
Agosto 2021
Settembre 2021
Ottobre 2021
Novembre 2021
Dicembre 2021
Gennaio 2022
Febbraio 2022
Marzo 2022
Aprile 2022
Maggio 2022
Giugno 2022
Luglio 2022
Agosto 2022
Settembre 2022
Ottobre 2022
Novembre 2022
Dicembre 2022
Gennaio 2023
Febbraio 2023
Marzo 2023
Aprile 2023
Maggio 2023
Giugno 2023
Luglio 2023
Agosto 2023
Settembre 2023
Ottobre 2023
Novembre 2023
Dicembre 2023
Gennaio 2024
Febbraio 2024
Marzo 2024
Aprile 2024
Maggio 2024
Giugno 2024
Luglio 2024
Agosto 2024
Settembre 2024
Ottobre 2024
Novembre 2024
Dicembre 2024

Gli interventi più cliccati

Titolo
Automobili (2)
Bianco e nero (1)
Comarketing (1)
Home (4)
Internet (4)
Prodotti (5)
Pubblicità (5)

Le fotografie più cliccate


Titolo

< /p>


Subscribe to my feed


Google
Reader or Homepage

Add to netvibes



Creative Commons License




03/12/2024 @ 18:28:59
script eseguito in 160 ms