Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Per il 73% dei consumatori che acquistano online è importante, se non addirittura fondamentale, il costo delle spese di spedizione. Da uno studio americano emerge che, per il 70% degli utenti, risulta molto significativa per la scelta finale dell’acquisto da operare anche la gratuità della spedizione, seguite dalle promozioni speciali (62%) e dalla presenza di buoni sconto (56%). Un omaggio oppure le formule 3x2 sono invece considerate meno attrattive per gli acquisti.
Via Quo Media
C'è un'Italia che snobba gli odiosi rallenty della politica e tira dritto sulla strada dell'innovazione. E' il Paese dell'economia digitale e in particolare dell'ecommerce, un business sempre più solido che, secondo l'Osservatorio della School of Management del Politecnico di Milano (in collaborazione con Netcomm), nel 2011 varrà 8,141 miliardi di euro, +20% sull'anno precedente, quando la crescita 2010 sul 2009 era stata già di un buon 17 per cento (scarica qui report sull'ecommerce).
Numeri sui quali gli esperti non sono sempre d'accordo, ma comunque un boom sostenuto dalla “moltiplicazione” degli internauti, che nella fascia 18-64 anni hanno superato i 25 milioni, con il 35% di questi che ha fatto un acquisto online negli ultimi tre mesi. Parlando di settori, crescono bene tutti i comparti merceologici, con l'abbigliamento in pole position (+38%) grazie all'ottima performance di piattaforme come yoox.com. Seguono editoria, musica e audiovisivi (+35%), trainati da big come Amazon ma anche da merchant nostrani come Bol, Ibs.it e Feltrinelli. Per avere un'idea più precisa dei settori, degli 8 miliardi e cento la metà è fatta dagli acquisti online di viaggi (49%), il 10% dall'elettronica, il 10% dall'abbigliamento, il 9% dalle assicurazioni, il 3% dall'editoria e dalla musica, l'1% dai generi alimentari (grocery), mentre il rimanente 18%, classificato come “altro”, include servizi come le ricariche telefoniche, il couponing e i biglietti online.
Tutto molto bello, se non fosse che siamo ancora “piccoli”: il commercio elettronico italiano vale un sesto di quello inglese (51 miliardi di euro, +10% nel 2011), un quarto di quello tedesco (34 miliardi, +10%) e meno della metà di quello francese (20 miliardi, +12%).
di Daniele Lepido su IlSole24ORE.com
I social network hanno diffusione ormai capillare, ma a dominare la scena è comunque Facebook, capace di coinvolgere un’utenza molto differenziata per età e gusti. Secondo una recente indagine di Forrester sul web statunitense, il 96% degli internauti che usano i social network è iscritto a Facebook.
Una percentuale stabile tra le diverse generazioni (anche per quanto riguarda gli utenti sopra i 65 anni d’età). Alle spalle di Mark Zuckerberg & Co., il vuoto o quasi. Il secondo sito più seguito è LinkedIn, che coinvolge il 28% dell’utenza 2.0 e riscuote successo soprattutto tra i professionisti adulti (30-50 anni, target designato). In terza posizione c’è Twitter, che catalizza l’attenzione dei più giovani, teenager e universitari.
Via Quo Media
Ho avuto la fortuna di partecipare nel giro di una settimana al 4th Iads-Igds IT Executive Meeting (Mestre) e al Forum Italiano Gartner Executive Partners (Napoli), incontrando CIO e analisti tecnologici provenienti dalle maggiori aziende italiane e da tutto il mondo.
Ho dunque avuto modo di sentire moltissime opinioni ed esperienze da cui trarrò senz’altro nuovi post, c’è però un primo tema comune a entrambi gli incontri e che mi piace evidenziare, ossia il mutamento organizzativo che sta interessando le persone che si occupano di tecnologia in aziende per cui quest’ultima non è il core business.
Da un lato infatti il cliente finale ha in mano sempre più tecnologia (smartphone, tablet etc) che lo abilita a interagire con l’azienda e con i propri amici, e questo tipo di device è poco padroneggiato dalle tradizionali strutture IT.
Dall’altro lato internamente alle imprese molte attività innovative sui social network, sul mobile e altri fronti come l’e-commerce sono portati avanti spesso dal marketing o da altri dipartimenti, che non coinvolgono in questo il mondo IT.
Alla fine però il cerchio si chiude perché tutti questi strumenti richiedono, presto o tardi, un’integrazione con i sistemi gestionali dell’azienda (che frequentemente non sono adeguati alle nuove necessità), coinvolgendo solo a quel punto il personale che in precedenza non aveva partecipato.
Mi ritrovo molto in questa constatazione, anche perché il mio ruolo in azienda mi porta quotidianamente a portare avanti l’innovazione coordinando le persone di marketing e del business in genere con chi gestisce i sistemi informativi.
Inoltre ciò conferma la mia visione sui nuovi media, che richiedono ormai una professionalità in grado di disegnare la strategia, con il know how complessivo di più aspetti e la capacità di dialogare con tutte le aree aziendali.
A medio termine dunque sarà sempre più necessario affrontare le nuove sfide, come ad esempio the big data (ossia l’analisi coordinata delle quantità enormi di dati che vengono da social, customer care etc.), con nuovi professionisti e un diverso modo di organizzare le risorse in azienda.
Secondo voi siamo pronti? Che esperienze avete in merito?
Gianluigi Zarantonello via Internetmanagerblog.com
Si è aperta a Londra la Conferenza internazionale sul cyberspace che vede la partecipazione dei rappresentanti di 60 Paesi del mondo, oltre ai maggiori operatori del mercato internet.
Vantaggi socio-economici, sicurezza e affidabilità dell'accesso, cyber-crimine e sicurezza internazionale, sono gli argomenti oggetto della due giorni di conferenze fortemente voluta dal ministro degli esteri britannico, William Hague. Alla due giorni londinese partecipano rappresentanti provenienti da Stati Uniti, Russia, India e Cina, personalità della rete come Jimmy Wales di Wikipedia o Joanna Shields di Facebook.
Via Quo Media
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