Nel mese di febbraio, secondo i dati Audiweb, in rete si sono avvicendati 25,4 milioni di italiani. L'incremento rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente è del 10,7%. Sono aumentati anche gli utenti attivi nel giorno medio: da 11,8 milioni di febbraio 2010 a 12,8 milioni a febbraio 2011, un incremento dell'8,6%. La media delle pagine viste ha visto un rialzo dell'11%.
Consistente la percentuale di crescita, +32,4%, della presenza degli utenti over 74: sono 67mila quelli attivi nel giorno medio. Gli uomini online in rete sono stati a febbraio 7,2 milioni, le donne 5,6 milioni. La distribuzione dell'uso del mezzo nelle diverse fasce orarie presenta un andamento pressoché consolidato, con una particolare attività online a partire dalla fascia oraria tra le ore 9:00 e le 12:00 (5,6 milioni di utenti attivi) e una presenza più consistente nelle ore pomeridiane, raggiungendo il picco dei 7 milioni di utenti attivi tra le 18 e le 21.
Di Altri Autori (del 30/03/2011 @ 07:22:44, in Media, linkato 2380 volte)
Chi la dava per morta, umiliata dal levarsi di tutti i giovin astri della tecnologia - internet in testa - si sbagliava di grosso. Perché la regina del salotto è sempre lei, nostra signora la televisione. Sia che i contenuti arrivino dal "sottosuolo" del digitale terrestre, sia che piombino dall'alto del satellite o dalla quarta dimensione del cyberspazio.
E se è vero che Youtube sta diventando uno dei più grandi broadcaster del pianeta, con 2 miliardi di visualizzazioni al giorno e 24 ore di video caricati ogni minuto (sì, ogni minuto), a parlar chiaro ci sono i dati dell'Auditel rielaborati dallo Studio Frasi, passati al setaccio dal Sole 24 Ore: negli ultimi dieci anni gli ascolti televisivi sono cresciuti nel complesso dell'11%, da 8,848 milioni di persone del 2000 a 9,825 milioni del 2010.
Oggi in Italia sei italiani su dieci (il 61,4%) guardano il piccolo schermo sulla piattaforma che, per legge, è diventata dominante: il digitale terrestre. La torta complessiva dei telespettatori è di 11,6 milioni di persone, che è l'audience media sulle 24 ore. Poco più del 16%, invece, è sul satellite, che significa soprattutto Sky e in minima parte Freesat. Rimangono poco più di due milioni e mezzo di utenti ancora legati al segnale analogico in quelle dieci regioni non ancora in odore di switch off, il passaggio al digitale, che dovrebbe essere completato entro l'anno prossimo nonostante il pressing dell'Agcom, l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (le regioni ancora analogiche Liguria, Marche, Toscana, Umbria, Abruzzo, Molise, Puglia, Basilicata, Calabria e Sicilia).
Ma chi vince tra i canali? Partiamo dalla "decadente" tv generalista, che mostra in verità alcune sorprese. Mettendo a confronto il trimestre (1° gennaio-23 marzo 2011) con lo stesso periodo dell'anno 2000, si vede come Rai 1 abbia perso solo l'1% degli ascolti, rimanendo comunque l'emittente più vista seguita da Canale 5, che invece ha lasciato sul terreno il 9% di share. Sempre rispetto a dieci anni fa, la sorpresa è il grande balzo di Rai 3 (+15%) con 985mila telespettatori, che all'inizio di questa primavera ha battuto definitivamente Italia 1, scesa in un decennio del 14% a 919mila utenti.
Passando invece alle piattaforme digitali e ai nuovi canali, la solfa cambia poco. La Rai con i suoi canali tematici – da Gulp a Rai 4 – rimane al top con un'audience nel trimestre di quasi 488mila persone e uno share del 4,27 per cento. Al secondo posto il Biscione di Cologno Monzese con 482mila telespettatori con canali come Mediaset Premium, Iris e La5 (share complessivo del 4,22%). Al terzo posto il satellite di Sky, con ascolti di 408mila utenti e uno share del 3,58 per cento. Curioso notare, tuttavia, che se a questi si aggiungesse Fox, la quarta emittente della classifica sempre di Murdoch, Sky arriverebbe a battere sia Viale Mazzini e sia Mediaset, con un'audince di oltre 583mila spettatori e uno share del 5,12 per cento.
Eppure al di là di questi numeri, l'altro tema fondamentale è quello del motore economico delle televisioni, la pubblicità. Se è vero che, in termini di presenze e ascolti Sky è monopolista sul satellite (al netto di Tivùsat), Mediaset è il dominus incontrastato dell'advertising. Secondo i dati Nielsen nel mese di gennaio il totale degli spot televisivi valeva oltre 340,5 milioni di euro, in crescita dell'1,6% sul 2010 (e su un totale di tutti i media, dalla stampa alla radio a internet, di 563 milioni, pari a 8,62 miliardi sull'intero anno). Ebbene, il paradosso è questo: nonostante nell'ultimo anno lo share di Mediaset si sia abbassato di una quota tripla rispetto alla Rai (pubblico a -6% per Cologno contro il -2% di Viale Mazzini), le reti della famiglia Berlusconi hanno visto crescere la propria quota pubblicitaria dal 63,8% al 65,2%, mentre la raccolta della Rai è scesa dal 25,7% del 2010 a poco più del 24% del gennaio 2011.
Per riassumere: con oltre il 41% degli ascolti totali la Rai controlla "solo" il 24% del mercato pubblicitario, invece Mediaset con il 37% degli ascolti si porta a casa oltre il 65% degli spot. E per i 60 canali a marchio Sky e Fox? Secondo Nielsen, share in crescita del 2,5% a gennaio 2011 su gennaio 2010, ma la quota della torta degli spot è scesa dal 5,9 al 5,1 per cento.
Avrete sentito parlare piuttosto spesso di HTML 5, ossia la nuova release del linguaggio con cui il web è nato e che tuttora sta sotto all’intelaiatura dei siti che consultiamo ogni giorno.
La caratteristica principale promessa da questa nuova versione di HTML sarà la possibilità di gestire, con un unico linguaggio, una molteplicità di elementi, come i video o le animazioni (provate questo gioco), senza bisogno di componenti plugin aggiuntivi.
Dopo svariate discussioni all’interno delle organizzazioni che si occupano degli standard web (vedi su questo anche l’articolo a pagina 117 di Wired di marzo 2011) sembra ora che la nuova versione di HTML stia procedendo verso una reale adozioneda parte dei diversi attori del mondo Internet.
Come sempre la tecnologia non è un fine ma è un fattore abilitante e, al di là delle guerre tra i big del settore (vedi ad es. Adobe vs. Apple su Flash), in questa evoluzione dell’HTML c’è un’importante elemento, ossia il ritorno ad un linguaggio comune, trasversale e aperto, come agli inizi del web, che dovrebbe limitare sempre più l’utilizzo di plugin software aggiuntivi e le incompatibilità.
Questo mondo infatti oggi è chiuso e ogni famiglia di telefoni e tablet lavora con tecnologie proprietarie, costringendo a continui lavori di porting le aziende che vogliono essere presenti su tutti questi canali. A dispetto del numero elevato di standard alternativi, già in questo momento, ci sono alcune funzionalità delle applicazioni lavorano con le webapp, veri e propri piccoli siti che non hanno il problema della compatibilità con i diversi sistemi operativi e che però, per ora, non possono ancora sostituire in toto il linguaggio proprietario quanto a prestazioni.
Il nuovo standard HTML potrebbe invece andare oltre, portandoci verso lo scenario che ho auspicato qualche tempo fa, con un mercato delle applicazioni cross platform, altrettanto redditizio a tendere perché porterebbe più player e più utenti.
Anche sul web “tradizionale” poi la riduzione dei plugin limitanti potrebbe portare il focus sulla logica delle miniapplicazioni (addon), già presenti oggi sui vari browser e che evolverebbero verso l’utilizzo universale (Firefox ci sta già lavorando).
Questo approccio infine potrebbe essere applicato con successo anche a progetti nuovi come il market di Apple per i computer, che si collocano a mezza via fra il web puro e le applicazioni mobile.
Di sicuro gli interessi economici che stanno dietro l’attuale frammentazione sono forti ma la situazione sta diventando intricata anche per i grandi player, mentre il futuro indica un mondo con sempre più tipi di device che accedono alla rete e che non più possono essere definiti solo computer o solo telefoni. Pensare di moltiplicare all’infinito i giardini chiusi dei vari sistemi operativi, in un mercato più maturo di quello odierno, potrebbe portare dunque a un pesante rallentamento dello sviluppo del settore, fino alla paralisi.
Questo rischio, unito all’evoluzione della tecnologia, potrà dunque rappresentare una forte ragione di accelerazione verso un nuovo standard, comune e trasversale, in grado di funzionare con eguali prestazioni ovunque. Che si chiami HTML 5 o in altro modo è in fondo solo un dettaglio.
Ikea, Intesa Sanpaolo, Coca Cola, Mediaworld, Nokia, Dolce & Gabbana, Esselunga, Ducati: sono i nomi più noti (dei 12 selezionati per altrettante categorie merceologiche) fra i siti che hanno ricevuto il premio per la capacità di instaurare una relazione sul Web tra azienda e consumatore. La premiazione ha chiuso la presentazione, avvenuta due giorni fa a Milano, del Terzo Osservatorio Italiano sull'e-Business realizzato da eBit Innovation e Demoskopea, che ha fotografato la stato di adozione delle tecnologie web di nuova generazione da parte delle imprese e degli utenti della Rete . Sotto la lente di in gradimento sono finiti 1.000 consumatori con caratteristiche socio demografiche rappresentative dell'internauta italiano e oltre 420 top manager di aziende con un fatturato medio di circa 385 milioni di euro.
Al di là dei premi, l'Osservatorio riveste una certa importanza perché permette di capire meglio come stia cambiando il comportamento dei consumatori italiani nella scelta di un prodotto. Idem dicasi per l'atteggiamento delle imprese verso servizi e strumenti di e-business: nel 2010 il 69% degli intervistati aveva dichiarato una previsione di incremento di investimento dell'11%, quest'anno il 76% stima un incremento di budget di quasi il 24 per cento. Un salto in avanti notevole e dettato dal fatto che il management è mediamente più convinto degli impatti positivi sulla redditività aziendale riconducibili alle attività condotte in Rete. Per contro la carenza di interlocutori competenti, sia internamente che esternamente l'azienda, risulta oggi essere il principale ostacolo alla maggiore diffusione. Dal lato dell'utenza, le diverse tipologie di community on line, social network ovviamente compresi, sono sempre di più una fonte cui fare riferimento per maturare la decisione di acquisto (il cosiddetto info-commerce). Lo studio conferma in proposito come la quasi totalità (il 98%) degli utenti raccoglie informazioni sui prodotti o confronta i prezzi sul web e un terzo (il 32%) lo fa addirittura quotidianamente, il 67% effettua almeno un acquisto in Rete al mese mentre il 31% svolge attività quotidiane sui social network.
La riprova di una tendenza ormai consolidata arriva anche dai seguenti dati. Un'azienda su quattro di quelle oggetto di indagine sviluppa applicazioni per i dispositivi mobili e ben il 43% assicura di avere una propria pagina su Facebook, con il 27% di navigatori che conferma in tal senso di visitare mediamente una volta ogni tre giorni la pagina del tal marchio per cercare informazioni commerciali. E proprio in fatto di uso di strumenti 2.0 è stato anche assegnato un riconoscimento per la miglior pagina "Social", che ha visto primeggiare Nutella (Ferrero) davanti a Max Factor (Deborah Group) e Ikea. Le aziende, dice ancora l'Osservatorio, effettuano un completo restyling del sito ogni 3,5 anni, aggiornano i contenuti con una frequenza media settimanale e offrono spazi crescenti a informazioni su prezzi, sconti e promozioni, soddisfacendo i bisogni del consumatore. In seno a questi ultimi, in tal senso, cresce - ed è arrivata al 41% (dal 35% del 2010) - la percentuale di chi considera blog, forum e community come i canali più affidabili mentre i siti istituzionali sono ritenuti il mezzo più affidabile solo dal 30% degli utenti. Sui social media, le aziende allocano circa il 5% del budget di marketing mentre più della metà (il 58%) sviluppa azioni di fidelizzazione considerando anche la creazione di gruppi di discussione o la pubblicità su Facebook e simili.
La cura delle relazioni con i clienti trova riscontro anche in un altro dato, quello che vede l'utilizzo di sistemi di Crm nel 71% delle aziende interessate dallo studio. Identica percentuale riguarda la diffusione di servizi di web marketing mentre si registrano attività di social media marketing e su mobile rispettivamente nel 58% e nel 35% dei casi. Internet è quindi sempre più mezzo di comunicazione e interazione ma anche canale per gestire transazioni commerciali, prova ne siano il 46% di aziende che operano sul fronte dell'e-commerce (con un'incidenza dell'11% sul totale dei ricavi totali) e il 39% che gestisce on line acquisti di tipo b2b (business to business). In termini pubblicitari, il display advertising, con il 74% di penetrazione, è ancora la scelta prioritaria seguita dai servizi di Google per l'ottimizzazione del sito per i motori di ricerca (al 70%) e l'acquisto di parole chiave (al 72%) e molto gettonati sono anche i video caricati su Youtube (fenomeno che interessa il 63% del campione aziendale). Infine il mobile. A collegarsi a Internet da smartphone e altri device, con una maggiore propensione ad acquistare on line rispetto agli utenti che si collegano da postazioni fisse, è il 41% del campione consumer mentre è del 27% la percentuale di aziende che ha già sviluppato un'applicazione mobile. Apple, manco a dirsi, è l'ambiente più curato, seguito da Windows, Android e Symbian.
Google UK ha lanciato il primo numero di un nuovo magazine chiamato Think Quarterly. Si tratta di una pubblicazione di 64 pagine visibile online a questo indirizzo (lo sfoglio, in Flash, di pagina in pagina, o in versione web, è intuitivo). Il tema del primo numero è "Think Data" e tra gli articoli c'è un'intervista al ceo inglese di Vodafone, Guy Laurence, e un altra a Hans Rosling.
Il capo di Google UK, Matt Brittin, scrive in una sorta di editoriale: «In un mondo di cambiamenti molto veloci, abbiamo bisogno di tempo per riflettere. Think Quarterly è uno spazio di respiro in un mondo indaffarato. Uno spazio per riflettere su quello che sta succedendo».
La rivista è dunque dedicata al business ed è stata anche distribuita, oltre che online, in forma cartacea ai partner inglesi del colosso di Mountain View. Si tratta di un'iniziativa di marketing - almeno così viene presentata - per comunicare con i clienti.
Non so se vi ricordate, sotto Natale vi avevo proposto questo spot ("The Entrance") di Heineken: grandiosa produzione, bella idea, un sacco di lavoro, gran bel risultato. Se non ve lo ricordate ve lo rimetto qui ma poi continuate a leggere.
Nella tradizione della banalità uno spot del genere sarebbe poi stato "declinato" su Facebook con qualche giochino, qualche test basato sulla personalità dei personaggi del film etc.
Però, quando si ha dell'eccellente materiale girato, perché andare a fare robette che possono solo sminuire il progetto? Perchè non usare FB come se fosse YouTube, adottando il concetto di canale di YT all'interno di FB?
Di qui la cosa semplice (se si hanno ore di girato) fatta da Heineken, semplice ma secondo me efficace. Perché c'è un'idea, c'è una storia dietro, E io ci ho perso un sacco di tempo a guardarmi tutti i filmati.
Il che dimostra che l'advertising TV non è ancora morto, per niente. Solo che andrà distribuito diversamente. Magari non in TV.
L’inizio del 2011 ha portato un nuovo rallentamento del mercato pubblicitario. A subire maggiormente il colpo è la carta stampata. In gennaio, secondo i dati Nielsen, i quotidiani hanno perso su base annua il 4,2% degli investimenti pubblicitari, mentre i periodici hanno chiuso in negativo del 5,4%. Tonfo della free press (-59,1%), che paga soprattutto le difficoltà delle testate principali.
Il nuovo momento di stagnazione è riscontrabile anche nella crescita quasi nulla del mercato pubblicitario televisivo (+1,6%) e radiofonico (+0,3%), tra i più in salute nel 2010. Si salva internet, che incrementa gli introiti da spot e banner dell’13,9%, mantenendo il tasso di crescita registrato lo scorso anno. Bene anche la pubblicità via e-mail (+11,6%).
Ho parlato frequentemente di multicanalità, anche la settimana scorsa, evidenziando le grandi opportunità che i nuovi strumenti tecnologici offrono al marketing e alla comunicazione.
Supponiamo di esserci dotati per tempo degli strumenti tecnologici e di essere convinti di procedere ad una strategia multicanale, ci basta? No.
Prima di tutto dobbiamo applicare un corretto approccio POST, valutando se le persone cui ci rivolgiamo usano realmente le tecnologie che stiamo selezionando.
Una volta analizzati gli obiettivi, la strategia e anche la tecnologia manca un punto chiave: quali contenuti mettiamo all’interno di ogni strumento?
La domanda non è oziosa, il successo o l’insuccesso di molti ecosistemi tecnologici infatti è stato decretato in passato dal fatto che ci fossero contenuti con un reale valore aggiunto per i clienti: si pensi al primo wap (fallimentare) contro l’i-mode.
Per costruire un contenuto o un servizio adeguato è dunque necessario conoscere approfonditamente gli strumenti con cui andiamo a lavorare e il loro ecosistema, cosa che non sempre avviene sia per responsabilità aziendali sia per colpe riconducibili agli esperti (reali o presunti di settore).
Infine una nota importante, i contenuti di qualità hanno ovviamente un costo, così come il tempo delle persone dedicate a seguire i nuovi canali, e per questo va superata la percezione di gratuità e di amatorialità di questo mondo.
Se poi confrontate questo valore con i soldi che spendete già oggi per un solo media, magari poco misurabile come la tv, vedrete che il saldo conviene eccome…
Warner Bros. è la prima major cinematografica a sbarcare su Facebook con un servizio di film a noleggio. Per 3 dollari a visione, la casa di produzione permetterà agli utenti di guardare i titoli del proprio catalogo in streaming all’interno del social network.
Per il momento il servizio è attivo solamente negli Stati Uniti, ma Warner prova a sfruttare la capillare diffusione di Facebook per supplire al sempre più asfittico mercato dei dvd a noleggio. Il social network rimpiazza Blockbuster, a suo modo: gli utenti potranno disporre del film scelto sul proprio account per due giorni, interrompendo e riprendendo la visione a ogni accesso.
Non mancherà la possibilità di commentare le pellicole attraverso post e status, coinvolgendo amici di bacheca.
L’analisi dell’andamento della rete in Italia nell’ultimo anno evidenzia, accanto al consolidamento dei social media (social network come Facebook e siti di video online come YouTube), l’emergere di un nuovo fenomeno: quello dei gruppi d’acquisto, siti come Groupon e Groupalia dove è possibile acquistare beni e servizi a prezzi scontati.
In termini di audience complessiva di internet, il 2010 si chiude con un traguardo importante per il web italiano: il superamento della soglia dei 25 milioni di navigatori attivi a dicembre, il 12.5% in più rispetto allo stesso mese del 2009.
Il ranking delle categorie di siti più visitati vede confermate le prime posizioni: i motori di ricerca con 23 milioni di utenti e una crescita in linea con quella della rete, i portali con 21,8 milioni di visitatori e i social media, che crescono del 16% e superano i 21 milioni. I siti di video e cinema, in quarta posizione, continuano a registrare i più alti tassi di crescita, almeno tra le prime posizioni: +18% nell’anno, che porta ad un bacino di 17,5 milioni di utenti. Seguono web mail, strumenti e servizi per internet, produttori di software, news online, tool di ricerca (come Wikipedia) e in decima posizione i siti dei rivenditori, che nel mese dello shopping natalizio vengono visitati da 14,2 milioni di utenti, il 15% in più rispetto al dicembre 2009.
Tra le altre categorie, quelle che registrano gli incrementi più consistenti nell'anno sono: mappe e informazioni di viaggio (+19%), broadcast media (+23%), sport (+21%), moda e bellezza (+41%), meteo (+27%), musica (+29%), cibo e cucina (+25%) e soprattutto la categoria Coupons/Rewards, che include proprio i gruppi di acquisto, più che raddoppiata nell'ultimo anno (dai 4,3 milioni del dicembre 2009 agli 8,7 attuali).
Quello dei gruppi d’acquisto è un sistema di offerta di coupon relativi a servizi legati soprattutto alla ristorazione, al benessere, allo sport, all’intrattenimento e al turismo che in Italia, come in moltissimi altri Paesi, sta riscuotendo molto successo. Groupon è la prima società ad aver sviluppato questo business e detiene la leadership del mercato, seguita da altre realtà come Groupalia, Glamoo, Letsbonus, Kgb Deals e PoinX.
Il trend nel 2010 evidenzia che il fenomeno in Italia ha avvio nel mese di luglio, quando si registra il primo dato significativo di visitatori sui due principali siti di questa categoria: Groupon rileva 770 mila utenti unici e Groupalia segue con 535 mila utenti. E’ però ad agosto che Groupon guadagna terreno su Groupalia, triplicando la propria utenza e raggiungendo quasi 2 milioni di utenti, contro gli 800 mila di Groupalia. Inizia così un trend di crescita a ritmo serrato che in soli sei mesi porta circa 5 milioni di utenti unici su Groupon e un milione e mezzo su Groupalia.
Per avere un quadro più completo del fenomeno, ai siti web dedicati ai gruppi d’acquisto va aggiunto anche OfferBox, un servizio opt-in che seleziona coupon e offerte speciali e che, grazie ad un’applicazione scaricabile sul proprio pc, li invia direttamente sul desktop. L’applicazione OfferBox registra a dicembre 2,7 milioni di utenti, che portano a 10 milioni di utenti il totale della categoria Coupons/Rewards se si includono le applicazioni internet.
La conferma di essere di fronte ad un nuovo fenomeno arriva anche dall’analisi del passaparola digitale, effettuata con il servizio BuzzMetrics di Nielsen: negli ultimi 6 mesi del 2010 il word of mouth in rete su Groupon ha generato oltre 2 mila messaggi, con dei picchi nel mese di agosto (oltre 320 messaggi), in concomitanza con il boom di visitatori, e in quello di dicembre (oltre 420 messaggi).