Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Gli internauti non amano la pubblicità sui social network.
Tre quarti del campione della ricerca svolta da eCircle (European Social Media and Email Monitor) in collaborazione con Mediacom, non apprezzano spot e affini sui propri profili web, anche se il 60% degli intervistati ritiene che informazioni su aziende e brand veicolate via Twitter o Facebook possano rivelarsi utili.
La metà degli utenti considera interessanti le pagine ‘fan’ dei marchi, mentre il 40% le trova addirittura divertenti.
Via Quo Media
Un paio di belle cose.
Primo: se una assicurazione si chiama "Farmer's Insurance Group", non può non essere nel farming world (virtuale) per eccellenza. Ovvero, Farmville.
Come esserci? Inserendo un oggetto, un dirigibile che sorvola campi e giardini. Ma, lo sappiamo, la comunicazione strategicamente corretta non fa solo awareness, lega la comunicazione ai benefit / caratteristiche etc.
E così il dirigibile serve anche a proteggere i campi, impedendo che i preziosi raccolti appassiscano per incuria (chi gioca a Farmville sa cosa intendo).
Insomma, si lega cosa fa la marca nel reale (proteggere) con una applicazione sul virtuale e tutte queste altre belle pippe da digital planner (visto su http://brand-e.biz/).
C'è da sapere però anche una cosa: la Farmers, nel mondo reale, ha davvero un dirigibile che sorvola campi e città. Anzi, il più grande dirigibile del mondo (così affermano). Uno Zeppelin Eureka che è protagonista di operazioni promozionali anche, ad esempio, su Facebook - dove si può vincere un bel giretto sull'aeronave.
Secondo: McDonald's si è fatta la propria fattoria su Farmville. Interagendo con la quale si ottengono oggetti virtuali per la propria fattoria, rari ed esclusivi etc etc. compresa una mongolfiera molto decorativa. Maggiori dettagli qui.
Il mercato pubblicitario italiano ha chiuso l’estate con investimenti praticamente stabili. I 700 milioni di euro raccolti a settembre hanno fermato la crescita allo 0,8% su base annua.
Dopo una primavera fortemente positiva, dunque, l’advertising nazionale ha rallentato nuovamente. Secondo gli analisti Nielsen, il 2010 dovrebbe comunque chiudersi in saldo positivo, con il settore al +3% rispetto all’anno precedente.
La televisione, considerando sia i canali generalisti che quelli satellitari (Sky e Fox), chiude i primi nove mesi dell’anno con una crescita del +6,9% e una raccolta pubblicitaria vicina ai 3,3 miliardi di euro. Continua invece il calo la stampa: i periodici restano il ramo maggiormente penalizzato e stazionano al -7,3%, mentre i quotidiani hanno saldo praticamente nullo (quelli nazionali guadagnano il 2,5% degli investimenti, i locali perdono il 2,6%). Positivi i numeri di internet (+17,6% degli introiti) e cinema (+7,1%). Buon riscontro anche per le direct mail (+6,7%).
Via Quo Media
Ho avuto l’occasione di parlare più volte del concetto di ipertestualità diffusa e di contaminazione e interazione fra mondo fisico e oggetti digitali.
Trovo infatti che ormai molti elementi rendano obsoleta e riduttiva la distinzione fra ciò che accade, ad esempio, in un negozio di mattoni e ciò che ruota intorno alla sua versione digitale.
Sempre più applicazioni per i device mobili evoluti oggi permettono di consultare informazioni su web a partire dal luogo fisico dove ci si trova, mentre QR code e realtà aumentata arricchiscono l’esperienza di un oggetto che teniamo tra le mani.
mobile payment
Nonostante questo ho l’impressione che manchi ancora un anello di congiunzione che renda davvero fluido e democratico tale passaggio, senza frapporre barriere economiche, cognitive e, naturalmente, tecnologiche all’uso di massa.
Provo ad individuarne alcune:
a) molte tecnologie non sono presenti di default sugli strumenti più comuni, come i cellulari: dai semplici lettori di QR fino ai chip NSC o RFID le risorse oggi esistenti non sono (per ora) montate di serie sui device. Dove questo è accaduto (come per i QR in Giappone) l’adozione è stata altissima, negli altri casi invece gli strumenti non sono mai decollati.
b) mancanza di standard condivisi: gli ecosistemi chiusi su modello degli application store sono molto profittevoli ma limitano la creazione di software realmente universali, senza contare limiti dettati da contrasti come quello Apple-Adobe su Flash.
c) poca conoscenza da parte delle aziende: è vero che certi strumenti oggi hanno poco mercato per i motivi di cui sopra ma è difficile per gli utenti apprezzare questo genere di servizi…fino a quando nessuno li offre! La riprova? Prima dell’iPad non credo che nessuno vedesse così profittevole il mercato dei tablet…
d) infrastrutture poco adeguate: questo tema vale sia per le aziende, che spesso hanno architetture IT rigide e non adatte ai nuovi modelli cloud orientend, sia per il mondo delle reti, visto che in Italia il wi-fi scarseggia e con lui anche solo la banda larga.
e) validi motivi per l’utilizzo: fatto salvo il punto c) perché una tecnologia sia davvero utilizzata deve dare vantaggi reali, tangibili e unici, e finora molti esperimenti non hanno portato all’utente reale valore aggiunto.
Sicuramente ci sono altre ragioni che non ho elencato (scrivetele pure nei commenti) e si potrebbero fare molti distinguo (io mi sono molto focalizzato sui cellulari e gli smartphone, perché sono lo strumento che quasi tutti hanno in mano), però la sensazione è questa: manca un anello di congiunzione per legare fra loro le enormi possibilità del digitale.
Un esempio illuminante in questo senso sono i social network geolocalizzati, che come sapete ho già utilizzato:sono frubili da tutti i telefoni (certo, rendono meglio con gli smartphone), non chiedono installazioni né lato azienda né lato utente, possono offrire piccoli o grandi vantaggi esclusivi agli utenti.
Naturalmente si tratta di un tipo di applicazioni molto circoscritte, ma è un esempio utile a spiegare ciò che voglio dire, ossia che vale davvero la pena di investire in questi settori, tanto più che la vera killer application che faccia da anello di congiunzione in realtà ancora manca!
Voi che ne dite?
Gianluigi Zarantonello
L’advertising mobile in Europa è sempre più una questione di sms. Nei cinque paesi guida dell’Unione (Regno Unito, Francia, Germania, Spagna e Italia), il mercato specifico ha raggiunto ormai un target di 100 milioni di utenti. Questo il numero di iscritti ai diversi servizi di marketing via messaggio nel Vecchio Continente.
Secondo i dati comScore/Mobilens, il 44% delle sottoscrizioni a servizi pubblicitari mobili riguarda dunque gli sms.
Via Quo Media
Vi allego il video del "best of" del Rich Media Award 2010, prestigioso premio dedicato al digitale etc etc. Una presentazione video dei progetti arrivati in nomination e di quelli premiati.
Mark Zuckerberg, il fondatore di Facebook, il più famoso e diffuso social network, sarà in visita in Cina a dicembre. La notizia è stata confermata dall’agenzia di stampa Nuova Cina. Una visita, la sua, che suscita curiosità circa i possibili esiti. Zuckerberg infatti è ben consapevole che Facebook non è accessibile in Cina (così come Youtube e Twitter) e che le autorità cinesi, almeno per il momento, non sembrano disposte ad aperture sull’argomento e dunque non sembra aspettarsi molto, anche se appare assai probabile che gli esperti alle pubbliche relazioni del suo team stiano negoziando già da tempo colloqui ad alto livello con i leader cinesi per garantirgli prima o poi l’accesso a un paese da oltre un miliardo di persone.
In Cina Zuckerberg, come viene comunemente chiamato, incontrerà anche la famiglia di origine di Priscilla Chan, la sua fidanzata cino-americana, conosciuta ad Harward.
In una recente intervista il fondatore di Facebook ha detto che “i paesi hanno differenti valori e il suo social network rispetta questo”. Zuckerberg ha aggiunto di sapere che la Cina è “estremamente complessa e che il suo viaggio ha lo scopo solo di ascoltare e imparare”. Ha poi detto di essere consapevole che la Cina non ha bisogno di Facebook, ma ha ammesso di avere lui bisogno della Cina. “Come puoi dire di essere connesso con il mondo - ha detto in una recente intervista - se ti manca oltre un miliardo di persone?”.
Via Quo Media
La domanda è volutamente provocatoria ma non per questo infondata, almeno per quanto mi riguarda.
Non è nemmeno un dubbio che mi nasce ora, ma me lo sono riproposto nuovamente dopo lo IAB Forum, partecipando alla fiera e leggendo tutti i contributi che ne sono seguiti.
Vista da dentro una giornata come il forum l’Italia è brillante e digitale: tanti gruppi importanti che stanno facendo un ottimo lavoro, innovazione, voglia di proporre soluzioni e tanta, tanta gente.
Anche i numeri sono sicuramente lusinghieri, con l’adv online che non conosce crisi ed ha sempre il segno più quando si parla di trend.
Eppure non è tutto così ovvio.
Basta ad esempio leggere il numero di Wired distribuito quello stesso giorni per realizzare il nostro ritardo nella banda larga, colmabile tra l’altro eliminando 5 anni di auto blu.
Oppure basta chiedere alle persone che non siano del settore quali altri social network conoscono ed usano al di fuori di Facebook per scoprire che la penetrazione del social web non è così alta.
Basta infine approcciare un certo numero di uffici marketing per capire che una cosa è l’adv (che alla fine si faceva anche prima) e un’altra è tutto il mondo del web marketing, del mobile e dell’internet delle cose.
Insomma l’impressione è quella di un paese a due facce, quella entusiasmante delle aziende all’avanguardia e dei professionisti di settore opposta a quella incerta delle imprese tradizionali.
Gli incontri cui ho partecipato in tutta Italia evidenziano questo divario in quanto spesso sono fatti dagli esperti per gli esperti, mentre chi dovrebbe davvero presenziare (dirigenti, imprenditori) sono assenti, allargando la forbice di conoscenza ma anche di capacità di reciproco adattamento nei confronti dei professionisti del digitale (che a loro volta non sono privi di colpe).
Questo scollamento produce poi la persistenza di infrastrutture tecnologiche inadatte ad affrontare le nuove sfide e di policy organizzative non applicano gli insegnamenti del social web.
Tutto da rifare dunque? Non proprio, nonostante la tendenza a correre dietro ai picchi di hype causati dalla stampa le aziende italiane guardano con attenzione al web e alle nuove tecnologie, anche se manca loro il coraggio e il supporto per affrontarli.
Dal canto loro poi molti professional sarebbero pronti ad aiutarle se solo riuscissero a maturare una capacità di spiegare le nuove opportunità con l’occhio dell’impresa, portando (se competenti) prove reali del loro valore aggiunto.
Insomma, mi sembra che oggi manchi forse l’incontro tra una timida domanda e una confusa offerta, mentre i potenziali clienti finali (digital divide permettendo) stanno velocemente maturando.
Direi che ho detto abbastanza, forse troppo, voi che ne dite? Quale è la vostra percezione?
Gianluigi Zarantonello via internetmanagerblog.com
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