Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Insinuatisi nell'impercettibile fessura di mercato tra netbook e smartphone, i tablet sono destinati a spopolare fra i consumatori. Artefice di questo successo, sottolineato da Gartner, è stato l'iPad della Apple, apripista di un settore che ha trovato in Android un altro valido rappresentante. Schermo touch-screen, accesso immediato alla rete e riproduzione di contenuti audio e video in alta qualità si stanno trasformando in accessori indispensabili nel quotidiano degli utenti e, secondo Gartner, trascineranno le vendite delle tavolette a quota 19,5 milioni di unità a fine anno.
Nei prossimi quattro anni il dato potrebbe raggiungere quota 208 milioni, passando dai 55 milioni del 2011 e dai 154 milioni del 2013. Vittime di cotanta approvazione saranno i dispositivi che offrono singolarmente i servizi che i tablet garantiscono in toto: e-reader, console portatili e player multimediali di varia natura. Stesso destino, secondo Carolina Milanesi vice presidente di Gartner, per i netbook: "Soffriranno non appena i tablet avranno prezzi di vendita inferiori a 300 euro".
Via Quo Media
Un influente gruppo di madri su internet ha creato un proprio bollino di riconoscimento per certificare prodotti “mother-friendly”. Una grande opportunità per il marketing, non senza qualche rischio
Twittermoms.com è un network di madri connesse su Twitter. E sono tante, oltre 27.000 – la maggior parte delle quali si può vantare di avere centinaia di follower...
Parlo di questo nel mio articolo settimanale su Apogeo, che potete leggere qui.
Già questa estate aveva fatto scalpore su Wired Usa un articolo di Chris Anderson che dichiarava morto il web, inteso come strumento libero, anarchico e totalmente free.
Ora l’articolo è stato riproposto anche dall’edizione italiana e mi dà lo spunto per qualche ragionamento.
Alla base del famoso (e provocatorio) editoriale c’è il fatto che ormai la fruizione di Internet da browser sta diventando minoritaria e che dunque siamo a caccia di device e ancora più di apps, anche a pagamento, che consentano di ridurre la complessità del web in piccoli mondi chiusi. Ne nasce perciò un mondo frammentato e proprietario, con alte revenues prima ignote ai gestori di siti/strumenti online e focalizzato sul concetto di freemium già caro a Anderson.
L’esito dunque è quello di una razionalità economica dove pochi monopolisti riescono a gestire meglio un’economia monetaria, mentre l’ambiente aperto meglio si presta alla logica (non monetaria) del peer-to-peer.
Raramente quando si parla di web, e di web 2.0 in primis, si percepisce questa visione d’insieme, ma invece è bene farlo fin d’ora, perché questo offre possibilità ancora più grandi alla nostra strategiadi business.
Infatti le aziende devono imparare ad usare in modo sapiente i mezzi che la rete mette loro a disposizione, dosando il ricorso a risorse interne e esterne ecavalcando i fenomeni piuttosto che subirli, tanto più che credo vi siano ancora più strumenti gratuiti che valgano la pena di essere utilizzati.
Se dunque la tendenza è quella di mediare la fruizione del web tramite apps, strumenti ipertestuali e grandi piattaforme come Facebook è necessario capire dove vale la pena di essere presenti e poi cercare di allearsi con chi ci può portare valore, enfatizzando ciò che è nostro ma al contempo non concorrendo nel mercato (scarso) della visibilità con chi ne ha più di noi.
Perché fare un apps propria di scarso interesse quando ce ne sono migliaia già funzionanti con cui trovare un’intesa? Perché spendere per creare cose che possono nascere dalla collaborazione con gli utenti? E anche perché, sul versante opposto, rinunciare ad un sito proprio per delegare tutto a Facebook?
Quello che voglio dire in conclusione è semplice, il web in realtà è più vivo che mai e sta solo cambiando, questo però chiede ancora più competenza di prima mentre nel nostro paese scarseggia ancora anche quella di base relativa agli strumenti di 10 anni fa.
Ci vogliono invece preparazione unita alla voglia di osare, non importa tanto il valore economico delle operazioni quanto la loro comprensione di un mondo che cambia.
Secondo voi siamo pronti a gestire queste nuove sfide?
Gianluigi Zarantonello via Internet Manager Blog
La spesa per il mobile advertising negli Stati Uniti crescerà del 50% nei prossimi dodici mesi, raggiungendo quota 1 miliardo di dollari nel 2011.
A dirlo è uno studio di eMarketer, che ha incrementato le previsioni di sviluppo in seguito all’acquisizione di AdMob da parte di Google e dell’introduzione di iAd da parte di Apple. La pubblicità su dispositivi mobili, dunque, cresce più in fretta di quella sui social media (prevista al +20,3% a 1,68 miliardi di dollari).
All’interno del mercato mobile, eMarketer prevede l’esplosione degli spot video, mentre il marketing via sms perderà presto l’attuale ruolo di forma promozionale privilegiata.
Via Quo Media
Venti milioni di sterline per la progettazione e lo sviluppo, un milione della stessa valuta per la promozione pubblicitaria, cento dipendenti al lavoro da mesi. Eppure, News Corporation ha deciso di rinviare il lancio di Alesia, aggregatore di notizie online che avrebbe dovuto comporre un quotidiano digitale su misura per gli utenti dei giornali web a pagamento del gruppo.
Dopo l’avvento del paywall per i siti di The Times, The Sunday Times, The Sun e News of the World, Rupert Murdoch aveva pensato di offrire ai lettori la possibilità di avere un prodotto specifico e differenziato che comprendesse articoli dalle testate succitate e da giornali di altri editori, previ accordi con il magnate australiano. Il colosso britannico ha però deciso di rimandare la sfida a Google News, senza specificare quando il progetto verrà presentato al mercato. Secondo le indiscrezioni, a fermare Alesia sarebbero stati gli elevati costi di gestione, tanto che Murdoch starebbe pensando di vendere la piattaforma a terzi.
Via Quo Media
“Chi di noi vive fuori dal campo distorto di Apple sa che i tablet da 7 pollici saranno una grande fetta del mercato. Sappiamo inoltre che il supporto a Flash è importante per i consumatori che vogliono una vera esperienza web. Mentre il tentativo di Apple di controllare l'ecosistema e mantenere una piattaforma chiusa potrebbe essere giusto per lei, gli sviluppatori vogliono più opzioni e i consumatori vogliono accedere completamente alla stragrande maggioranza dei siti che usano Flash”. Con queste parole Rim, che ha da poco presentato il tablet Palybook, ha risposto alle accuse di incompetenza mosse ieri da Steve Jobs, patron di Apple.
Secondo Research in motion, Apple non solo ha torto, ma racconta fandonie e presto i consumatori si accorgeranno delle falsità messe in circolo da Jobs e compagni. “Crediamo che molti consumatori si stiano stancando di sentirsi dire che cosa pensare da Apple. Rim ha raggiunto il record di vendite in cinque trimestri consecutivi e ha recentemente stimato 13,8 / 14,4 milioni di smartphone Blackberry venduti per l'attuale trimestre. Apple preferisce confrontare il proprio trimestre concluso a settembre con il trimestre di Rim che si è concluso ad agosto”.
Lo scontro tra i due più importanti marchi dell’area smartphone è dunque aperto. Ma anche gli ultimi arrivati, ovvero gli sviluppatori di Android, non hanno perso occasione per rispondere alle accuse di inappetenza mosse dalla casa di Cupertino, con alcuni post su Twitter dei propri ingegneri. A favore del sistema open source di Google si schierano anche gli sviluppatori di applicazioni, soddisfatti del software e per nulla toccati dalla ipotetica frammentazione delle diverse versioni Android: “Abbiamo mai detto che era un incubo sviluppare su Android? No, non l'abbiamo fatto. Non è così”.
Via Quo Media
Non c'è dubbio che (almeno fra gli addetti ai lavori) le applicazioni di Geolocalizzazione - prima fra tutte Foursquare, siano l'argomento caldo del periodo.
Tra i vari problemi di questo settore - specificamente in relazione con l'uso di queste app per fare retail marketing - c'è il problemino dei checkin farlocchi.
In sintesi: fa abbastanza differenza, per una marca e per un punto vendita se il checkin avviene fuori dal negozio (o addirittura a qualche centinaio di metri di distanza) o se il checkin avviene *dentro* il negozio. Ovvio, no?
Al momento Foursquare & Co non risolvono il problema; c'è però in arrivo (a quanto pare) un nuovo sistema, basato su tecnologie proprietarie e segnali che, non passando oltre i muri dei negozi rendono necessario essere proprio dentro il punto vendita per loggarsi.
Interessante seguire cosa sta combinando shopkick.com, che ha inoltre messo a punto un meccanismo promozionale, con punti e quant'altro, che premia chi entra in negozio senza che si debba fare un checkin, dato che questo avviene in modo automatico...
Da seguire.
Per approfondimenti:
http://techcrunch.com/2010/08/03/shopkick-best-buy/
http://techcrunch.com/2010/08/03/shopkick/
Uno studio Nielsen colma il silenzio reiterato di News Corporation sul numero di lettori dell’edizione online di The Times da quando il portale Times.co.uk è a pagamento.
Secondo l’istituto di ricerca sono 362mila gli abbonati mensili del quotidiano britannico in versione digitale. Nei tre mesi estivi, periodo d’esordio per il celeberrimo paywall, Times Online ha registrato 3,1 milioni di visitatori unici ogni trenta giorni, con un declino del traffico del 43% per quanto riguarda l’homepage.
Più consistente la riduzione degli accessi alle notizie vere e proprie, che hanno perso l’88% dei lettori. I dati considerano anche i 150mila internauti che hanno effettuato la sottoscrizione al portale prima che divenisse a pagamento, beneficiando così di un periodo gratuito di prova.
Via Quo Media
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