Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Servono già per comunicare, scaricare la musica, navigare su internet, effettuare piccoli pagamenti. Ora, la nuova frontiera dei telefonini sembra quella della pubblicità : un'opportunità di profitto già ben sviluppata in Asia che sembra cominciare a sedurre anche l'Europa.
Se infatti, in un primo momento gli operatori del Vecchio Continente si dimostravano scettici nei confronti della trasformazione del cellulare in nuovo privilegiato strumento di marketing, le cose sembrano pian piano cambiare e gli advertiser e compagnie telefoniche stanno cominciando a valutare le opportunità del business.
Anche gli utenti sembrano più propensi a ricevere sms pubblicitari sul telefonino, a patto che si tratti di spot mirati e – soprattutto – che consentano di usufruire dei servizi in maniera gratuita o quanto meno scontata.
Molte aziende di successo, tra cui Coca Cola, Reebok, Jaguar, Peugeot e Air France hanno già utilizzato il telefonino come veicolo pubblicitario , trasmettendo pubblicità sotto forma di sms, banner per la versione mobile dei loro siti, o di contenuti speciali da scaricare. Forme di promozione che tuttavia hanno riscosso successo soprattutto sui mercati asiatici.
Anche gli operatori occidentali, tuttavia, hanno finito per credere alle opportunità del marketing mobile: in Francia, ad esempio, Orange offre agli advertiser un pacchetto pubblicitario ‘ triple play ' che abbina ai canali tradizionali – internet e tv – anche il telefonino.
Il telefonino, del resto, è uno dei mezzi di comunicazione dai quali più difficilmente l'utente si separa e rappresenta dunque un canale tra i più privilegiati per gli advertiser.
Si tratta inoltre di uno strumento estremamente ‘ flessibile ' che apre diverse opportunità e permette di diversificare l'offerta nei modi più disparati. Un sito di viaggi, ad esempio, può comunicare ai potenziali clienti informazioni sponsorizzate sul meteo.
Prima che il mobile advertising possa affermarsi come medium pratico, dicono gli analisti, bisogna risolvere alcuni aspetti fondamentali , tra cui i modelli di business, la condivisione dei profitti, oltre a questioni prettamente tecniche come la misura dello schermo dei cellulari, disponibilità di banda, interoperabilità delle reti e ancora il tipo, la lunghezza e la frequenza degli spot e via dicendo.
Se tutto andrà per il verso giusto, comunque, il settore dovrebbe decollare per generare quest'anno introiti per circa 1,5 miliardi di dollari , più o meno il doppio dello scorso anno.
Dopo aver invaso le strade, la televisione, internet e ogni mezzo di comunicazione disponibile – ivi comprese diverse parti del corpo di irriducibili della reclame – gli spot pubblicitari diventeranno dunque onnipresenti anche sui telefonini?
Alessandra Talarico
Principi di funzionamento, caratteristiche e vantaggi della nuova modalità per fruire dei contenuti digitali
Come spesso avviene nel campo della microinformatica per il mercato di massa, il continuo progresso tecnico “quantitativo” (nella fattispecie: aumento della velocità, della capacità della memoria di massa, dell’autonomia della batteria e riduzione delle dimensioni, del peso e del prezzo), superata una certa soglia, permette anche un vero e proprio salto “qualitativo” nel tipo di applicazioni e di dispositivi che è possibile realizzare e lanciare sul mercato.
Nel caso dei dispositivi portatili con capacità multimediali come palmari, console portatili per videogiochi, lettori MP3 e lettori multimediali audio/video, la memoria di massa è cresciuta al punto che sono sempre più numerosi i dispositivi di costo abbordabile che risultano in grado di memorizzare centinaia di ore di musica o migliaia di brani, riproducibili con ottima qualità audio.
Quasi sempre è presente un display chiaro e ben visibile, con un pratico sistema di controllo che consente di selezionare velocemente il brano da ascoltare, liberando l’utente dalla quasi necessità di ascoltare i brani in ordine sequenziale o casuale; in alcuni tipi di dispositivi è perfino presente una qualche capacità di accesso wireless alla rete, via Wi-Fi o GPRS. La leggerezza, le minime dimensioni, la lunga autonomia di funzionamento a batteria consentono, poi, un comodo utilizzo in mobilità anche per lunghi periodi.
Questi “ingredienti”, contemporaneamente presenti in un unico dispositivo, aprono la possibilità di scaricare sul proprio lettore non soltanto un vasto repertorio di canzoni, ma anche registrazioni audio di altro genere, come notiziari, letture di libri (audiobook), trailer di film o semplicemente brani digitalizzati di programmi radiofonici o anche televisivi.
Dal Walkman all’iPod
Il fatto che il prodotto più rappresentativo e desiderato, stilisticamente molto curato e tecnicamente aggiornato, ormai vero e proprio emblema di questa categoria di dispositivi digitali, sia il riuscitissimo Apple iPod, ha reso quasi spontanea l’identificazione dei player multimediali con il termine pod. È immediato il parallelo con il mitico Walkman, un riuscitissimo prodotto Sony diventato poi un suo marchio commerciale ultraprotetto, anche se il termine era ormai entrato nel linguaggio comune per identificare un riproduttore portatile stereo di audiocassette con cuffia, indipendentemente dalla marca.
Rispetto all’antenato Walkman, la novità dell’iPod e di tutti i dispositivi che gli assomigliano (sebbene cerchino di differenziarsi nel tentativo di conquistare una propria identità) è, in fondo, la facilità e la velocità con cui enormi quantità di contenuti multimediali, non solo audio, possono esservi riversati per un ascolto in diretta (nel caso sia possibile una connessione in rete e quindi lo streaming) o in differita, attingendo alla memoria di massa del lettore.
Se ora grazie ai pod è possibile questa nuova forma di fruizione differita o in mobilità di programmi radiofonici, la cui diffusione via etere è detta broadcast, ecco che la lingua inglese ha partorito nel 2004 l’ennesimo neologismo tanto intraducibile quanto efficace: podcast. Alcuni sostengono, invece, che POD non sia altro che un acronimo di Personal On Demand; ai posteri l’ardua sentenza…
Il termine è talmente calzante ed entrato nell’uso comune da essere stato inserito già nel 2005 nel New Oxford American Dictionary, che ne dà la seguente definizione ufficiale: “Una registrazione digitale di un programma radio o simile, reso disponibile via Internet per il download su un riproduttore audio personale”.
Vantaggi del podcasting
Uno dei principali vantaggi del podcasting come modalità di fruizione di contenuti multimediali è sicuramente quello di poter differire con estrema facilità il momento dell’ascolto rispetto al momento della pubblicazione o trasmissione del materiale: una sorta di funzione timeshifting senza limitazioni, resa possibile dalla grande capacità di memorizzazione dei player multimediali, che immagazzinano i contenuti da riprodurre in seguito.
Appositi feed RSS vengono usati dagli autori o da chi diffonde i contenuti per annunciare nuove puntate di una serie, nuovi capitoli di un audiobook, nuovi argomenti di una discussione, nuove notizie di un canale informativo. “Sintonizzandosi” con questi feed è quindi possibile essere messi al corrente sulla disponibilità di nuovi contenuti interessanti e scaricarli sul proprio lettore.
Meglio ancora, si può fare in modo che l’operazione di individuazione di nuovi contenuti e il loro scaricamento sul lettore portatile avvengano in modo completamente automatico.
Esistono innumerevoli canali podcast sui più svariati argomenti, dai classici canali all-news alle comic strip quotidiane, dagli audiobook ai trailers di film. Sempre più numerose, poi, sono le radio che accanto al classico canale “hertziano” stanno adottando la forma podcast per diffondere la propria programmazione. Il bello è che gran parte dei materiali, spesso di ottima qualità, è disponibile gratuitamente.
RSS e Atom
Elemento fondamentale del sistema podcast è il formalismo con cui i siti intenzionati a pubblicare contenuti scaricabili possono esporne su Internet la lista in una rappresentazione che consenta a un programma automatico (detto aggregator) di individuare l’eventuale comparsa di nuovi contenuti. Il formato RSS, oggi giunto alla versione 2.0 considerata “definitiva”, ha avuto una storia piuttosto lunga e tormentata.
I precursori dell’RSS vero e proprio possono essere considerati il CDF (Channel Definition Format), introdotto nel 1997 da Microsoft per supportare gli ActiveChannel di Internet Explorer 4, e l’RDF (Resource Description Framework), un formalismo progettato per identificare e descrivere risorse in rete, standardizzato dal W3C nel 1999. L’RDF venne impiegato nel quadro di uno schema più ampio, l’RDF Site Summary (RSS), per descrivere l’intero contenuto scaricabile di un sito. Lo standard risultante, proposto nel 1999 da Netscape dopo una fase iniziale di sviluppo condotta in Apple, si chiamava RSS 0.9.
Successivamente, nonostante lo standard e le sue applicazioni stessero conoscendo una crescente diffusione, Netscape perse interesse nel guidare lo standard, che venne così preso in carico da un apposito gruppo, RSS-DEV, che nel 2000 emise lo standard RSS 1.0 proprio mentre, in parallelo, altri sviluppatori indipendenti proponevano versioni evolute dell’RSS 0.9. Nel 2002 si arrivò a un punto di unificazione con il rilascio della versione RSS 2.0, in cui all’acronimo veniva ufficialmente assegnato il significato di Really Simple Syndication, e la proprietà e manutenzione dello standard venivano assegnate ufficialmente alla Harvard University.
Con questa storia così poco lineare, non stupirà sapere che l’RSS non risulta essere uno standard progettato in modo particolarmente robusto e “pulito”. I suoi limiti consistono principalmente in un imperfetto recepimento di alcuni importanti standard del mondo XML e Internet, come il formato di rappresentazione di date, attributi e titoli, o come il processo di registrazione del MIME type usato per etichettare il tipo di flusso RSS.
Altro difetto dello standard RSS 2.0 è il fatto che la sua gestione non sia stata affidata a un ente normativo riconosciuto a livello internazionale ma a un soggetto privato, seppure autorevole (la Harvard University). Queste ragioni hanno portato alla comparsa, nel 2003, di uno standard alternativo, Atom, questa volta ratificato dall’IETF dopo la classica fase iniziale di brainstorming.
La comparsa di Atom come formalismo alternativo, unito alla dichiarata intenzione dei manutentori di RSS 2.0 di congelarne l’evoluzione a tempo indeterminato, fa presumere che in futuro il mondo del podcasting possa progressivamente migrare da RSS ad Atom, specialmente se in RSS dovessero emergere problemi o limiti incompatibili con eventuali nuovi tipi di contenuto o nuove forme d’utilizzo. Per questo, cominciano a vedersi degli aggregator che supportano sia RSS che Atom, ed è lecito aspettarsi che il trend continui nei prossimi anni.
Che cosa occorre
Qualunque lettore multimediale portatile collegabile al PC può essere usato per la fruizione di contenuti in podcast. Tutto quello che si deve fare è installare sul PC un apposito programma aggregator (per feed RSS), o più specificamente podcatcher (in particolare per feed RSS che annunciano contenuti destinati al podcasting) e lasciarlo attivo in background sul proprio PC.
Periodicamente, il podcatcher si collega con i feed RSS sui quali ci siamo registrati e verifica se sono comparsi nuovi contenuti. In caso affermativo, li segnala all’utente che può comandare manualmente il download oppure, se espressamente configurato per farlo, li scarica automaticamente sull’hard disk del PC in una apposita cartella.
In seguito, quando l’utente collega il lettore multimediale al PC, il podcatcher potrà trasferire automaticamente i contenuti sul dispositivo, oppure l’operazione potrà essere effettuata con un semplice drag and drop. Va da sé che l’operazione di trasferimento automatico è preferibile, in quanto garantisce che i contenuti presenti nei due file system siano perfettamente allineati, anche in caso di file omonimi recentemente modificati. In questo caso si parla di sincronizzazione, una funzione purtroppo non presente in tutti i sistemi.
Uno dei migliori esempi di integrazione fra podcatcher e lettore multimediale è, naturalmente, l’accoppiata iTunes+iPod proposta da Apple. Il software iTunes è un ottimo aiuto per l’organizzazione della propria libreria multimediale e per il download di nuovi contenuti gratuiti o a pagamento, ma soprattutto integra una funzione per la gestione dei podcast che si occupa sia di facilitare al massimo l’accesso a elenchi ragionati di podcast per categorie, sia di scaricare automaticamente i nuovi contenuti dei podcast quando compaiono, sia (ciliegina sulla torta) di sincronizzare automaticamente i contenuti dell’iPod con gli ultimi materiali quando il player viene parcheggiato nella sua sede, o comunque collegato al PC. L’utente non deve effettuare alcuna operazione e tutto avviene in modo automatico.
iTunes è probabilmente la soluzione di podcatching più completa e diffusa, ma è fortemente rivolto all’impiego con iPod: chi dispone di player multimediali di altro tipo non può sfruttare la sua comodissima funzione di sincronizzazione automatica dei contenuti. Vero è che rimane sempre l’opzione drag and drop per popolare manualmente il lettore, ma esistono alternative.
Per esempio, programmi di podcatching promettenti ma ancora in fase di maturazione sono l’open source Juice, il recente Doppler e l’interessante FireAnt (in grado di supportare anche target inusuali con capacità video come la Sony PSP e di scaricare contenuti via BitTorrent e in streaming ).
Il sito specializzato PodcatcherMatrix.org ha censito, ad oggi, ben 20 diversi programmi per il podcatching che differiscono, oltre che per il prezzo (molti, fortunatamente, sono gratuiti) per i sistemi operativi supportati, le funzioni accessorie come la gestione delle playlist, i download a orari programmati o a più riprese, la sincronizzazione più o meno automatica con iPod, PSP e Media Player, la capacità di riprodurre direttamente contenuti prima di trasferirli su un lettore, il supporto ai protocolli RSS o Atom per la descrizione dei feed e ai protocolli HTTP, BitTorrent e altri per il trasferimento dei contenuti. Scegliere il proprio podcatcher diventa allora quasi una questione di gusti: noi vi consigliamo di provarne diversi prima di decidere.
Una interessante alternativa ai podcatcher classici da installare sul proprio PC è quella dei servizi on line. In pratica, il podcatcher risiede su un server Internet e su quel server grava, quindi, il carico di lavoro per il controllo periodico dei feed e per il download e immagazzinamento dei contenuti via via pubblicati. L’accesso al servizio potrà avvenire da qualsiasi postazione Internet, liberando l’utente dalla necessità di portare con sé il PC e di riempirne il disco con contenuti spesso ingombranti solo per riscaricarli subito dopo sul lettore portatile. Per i gestori del sito, invece, il vantaggio è la riduzione del consumo di banda, visto che in caso di feed a cui sono registrati più utenti questo sistema permette di effettuare una sola scansione e un solo download per tutti.
Marco Mussini