In queste pagine qualche tempo fa abbiamo parlato della campagna di Toscani per Ra-re. La ditta di abbigliamento maschile aveva commissionato a Toscani una campagna pubblicitaria, che sin dalla sua prima uscita ha creato non poco scalpore alimentando un articolato dibattito sia tra gli addetti ai lavori che tra il pubblico. In seguito alle numerose proteste da parte dei cittadini è intervenuto il Comitato di controllo dell'Istituto dell'autodisciplina pubblicitaria (Iap) ha bloccato l’affissione di nuovi manifesti, scatenando le ire di Oliviero Toscani. I cartelloni già esposti ai primi di settembre possono quindi restare, ma la Ra-re non ne potrà esporre di nuovi. “L'ostentazione volgare e provocatoria di situazioni legate all'intimità sessuale – è stato scritto - porta la comunicazione a scadere in una inaccettabile lesione della sensibilità del pubblico”. (…) “Lungi dal volere stimolare un serio e corretto approccio al tema della parità i messaggi mirano unicamente a colpire l'attenzione del pubblico ad ogni costo, turbandone la sensibilità attraverso rappresentazioni volgari tout court”. In un’intervista rilasciata al Corriere Toscani esprime il suo punto di vista sulla faccenda: “Sa perché ce l'hanno con me? I clienti delle agenzie di pubblicità si lamentano: come mai Toscani fa una foto e ne parlano tutti e voi ci fate spendere miliardi? E poi le agenzie si vendicano con me”.
Non mi ritengo un amante della censura, e anzi sostengo la libertà di manifestazione artistica, purché non risulti offensiva o lesiva per gli altri. D’altro canto non apprezzo nemmeno la provocazione fine a se stessa o come “scorciatoia” per ottenere clamore e attenzione senza doversi spremere troppo le meningi nell’inventare qualcosa che colpisca per l’originalità o la fantasia. In questi giorni oltre alla pubblicità Ra-re anche quella della Playstation ha fatto moto discutere. Ambedue a mio modo di vedere erano finalizzate, attraverso sentieri diversi, a dare “un pugno” nello stomaco a chi le vedeva, facendo leva una sul pudore e l’altra sul sentimento religioso. Ma conviene a un’azienda committente sollevare clamore con questi mezzi? Sicuramente si ottiene un grande (e fugace) riscontro in termini di visibilità, ma con quale percezione? L’immagine ne guadagna? Secondo me no.