Lo scorso ottobre Matteo aveva postato un articolo dove si parlava dell’acquisizione di MySpace da parte della News Corp di Rupert Murdoch.
Nato da un’idea di un chitarrista di nome Tom Anderson, il portale era in breve tempo diventato la più importante community on-line di teenagers, con oltre 38 milioni di iscritti, ognuno dei quali ha a disposizione uno spazio virtuale attraverso il quale socializzare, condividere contenuti e segnalare novità interessanti. Con i suoi sette miliardi e mezzo di pagine viste al mese, è ancora oggi il quinto sito più visitato al mondo e un punto di riferimento fisso nell’universo dei teen-ager americani.
Murdoch, che ha pagato il sito ben 629 milioni di dollari, nelle intenzioni originarie dichiarava di voler utilizzare MySpace come epicentro delle attività della propria Internet Corporation, integrando progressivamente i contenuti di Scout Media (un network di informazione sportiva) e Ign.com (un portale dedicato ai videogiochi) già di sua proprietà.
L’ampia community di utenti teenager di MySpace sembrava infatti il target ideale per promuovere i due siti e i loro servizi, oltre a costituire un interessante pubblico in termini di advertising. L’acquisto già all’epoca aveva suscitato dubbi e perplessità da parte di molti esponenti della community, timorosi di una svolta eccessivamente commerciale o addirittura del passaggio ai servizi a pagamento.
In questi giorni sono però nate le vere polemiche, alimentate da rivelazioni di presunte censure del team di Murodch, che a detta di molto utenti avrebbe censurato alcuni post e segnalazioni dove si parlava del sito rivale YouTube. Sembra che molti interventi siano stati cancellati e che i link pubblicati venissero inevitabilmente indirizzati a schermate vuote.
La protesta è cresciuta tanto che 600 utenti hanno minacciato di abbandonare la comunità e di iscriversi a siti che offrono un servizio simile - come Friendster, Linkedin e Facebook. Questo è bastato perché News Corp ripubblicasse il materiale censurato e si giustificasse in nome di un non meglio identificato “fraintendimento”.
Anche se il problema contingente è stato in qualche modo risolto, l’episodio ha generato molta insoddisfazione, minando la base di fiducia fondamentale per la vita di un portale con queste caratteristiche.
Se da un lato è comprensibile il timore che molti utenti possano migrare su siti rivali, censurare i messaggi che trattano l’argomento non sembra lo strumento più efficace per valorizzare il proprio investimento. La fidelizzazione dei partecipanti può essere sostenuta piuttosto offrendo nuovi servizi e/o migliorando quelli esistenti.
Del resto si sa che nel mondo di internet la concorrenza è alla distanza di un click e il prezzo pagato per l’acquisizione di MySpace si giustifica solo per l’elevato numero di utenti affezionati che giornalmente utilizzano il servizio e che costituisce un interessante patrimonio in termini di advertising mirato, mentre il contenitore, cioè il sito svuotato dei propri iscritti, probabilmente vale poche centinaia di dollari.