Circa un anno fa, capitai per caso sui Navigli di Milano verso le 7 di sera. Era un giorno centrale della settimana, e per questo mi aspettavo, al contrario delle resse del weekend, un tranquillo viavai di persone alla ricerca di un locale dove fare aperitivo. Invece no. Una grossa folla intasava un Naviglio Grande sorprendentemente addobbato di rosso, e si concentrava in una arteria da dove proveniva una forte musica. Curioso, andai a controllare: un noto marchio di alcolici aveva brandizzato tutta la via, aveva organizzato un concerto la cui band suonava affacciata dai balconi del primo piano, e scontava pesantemente i drink che contenessero un ingrediente da lui prodotto. Di questa serata ne sentii parlare per un bel po’.
Le esperienze sono un grande stimolo per la memoria, ma non solo. Permettere a una persona di emozionarsi, divertirsi, o stupirsi attraverso un coinvolgimento vero, diretto, personale, e genera una profondità di contatto che è difficile instaurare attraverso uno schermo. Per questo motivo, molti brand stanno aumentando i loro sforzi sul campo del marketing delle esperienze. “È sempre più difficile avere successo attraverso l’advertising tradizionale. Nella confusione attraverso cui dobbiamo esprimerci, l’attention spam dell’utente è calato – ora è par a 6 secondi – e quindi come si fa a superare questi ostacoli e ispirare i consumatori?”, commenta il cmo di Mastercard, Raja Rajamannar.
Cosa si aspettano i brand
Nel mondo ideale, un brand offre un’esperienza per fare in modo che i partecipanti si divertano, parlino dell’evento sui social, lascino al marchio i propri contatti e abbiano una propensione d’acquisto più alta verso i propri prodotti. “Quello che l’advertising tradizionale fa in settimane, noi lo facciamo in un momento. L’experiential è un modo veloce ed efficace per generare brand awareness attraverso una connessione one-to-one con i consumatori. Coinvolge tutti e cinque i senso, stimolando emozioni che formano ricordi che rmangono, e che è stato dimostrato essere importanti per creare brand loyalty”, spiega Bryan Icenhower, president di IMG Live, agenzia esperienziale di WME | IMG. Stando a un report dello scorso maggio, condotto da Freeman e SSI, un cmo su tre allocherà tra il 21 e il 50% del suo budget su brand experience marketing nel periodo che va tra i prossimi 3 ai prossimi 5 anni.
“Molti marketer sono d’accordo nel dire che l’esperienza di brand generi loyalty. Abbiamo scoperto che circa il 60% dei cmo valuta la brand experience per la sua abilità di creare relazioni dirette con le audience chiave. Nove rispondenti su dieci sono convinti che la brand experience consegni una forte interazione face-to-face e un engagement più avvincente. Due terzi degli intervistati, poi, crede che questo mezzo sia molto efficace per raggiungere gli obiettivi di business”, commenta Chris Cavanaugh, cmo di Freeman.
Come misurano le campagne experiential
Ogni brand ha le sue metriche di riferimento. Mastercard e American Express, per esempio, hanno accesso a un gran numero di dati sui clienti, che gli permettono di essere più precisi nelle misurazioni. Ma la industry è generalmente d’accordo sul fatto che misurare le esperienze sia diventato molto più facile, e di conseguenza l’organizzazione di eventi sia più attraente. I brand dicono di essere passati, nel segmento di dati e misurazione, da un approccio passivo (sperando che un’esperienza sia così impressonante da postarla sui social) ad un approccio attivo (che include data points e tracking come una parte dell’esperienza, o l’integrazoine di sforzi social per fare in modo che le persone utilizzino hashtag e condividano la propria posizione), per garantirsi il possesso degli analitics che possano giustificare le spese sostenute per l’iniziativa.
Ma i marchi riescono a determinare con grande decisione anche le metriche che ritengono important, sebbene la misurazione dell’experiential rimanga una materia piuttosto nuova. “Non ci sono standard dettati dalla industry per questo tipo di marketing. Attualmente vediamo il gap di mercato come un’enorme opportunità e continueremo a investire in strategia, stetistiche e tecnologie per costruire modelli che possano adattarsi a clienti appartenenti a industry diverse. L’intera disciplina dell’experiencial funzionerebbe meglio se fosse regolata da una metodologia universalmente accettata, e speriamo di poter essere prima linea a richiederla”, dice Icenhower.
Metriche leggere o metriche pesanti?
Nonostante le discussioni sulle misurazioni, alcuni marketer sono convinti che per capire se un’evento abbia funzionato basti guardare la folla per farsi un’idea sull’effetto che l’esperienza ha creato, e quindi del riflesso di questo sul brand. “Il dato sta diventando un elemento centrale, e per il marketing esperienziale è molto bello avere sempre più informazioni. Ma un’esperienza ha anche un carattere emotivo, e questo è intangibile. A volte la miglior ricerca è guardare le persone in faccia e vedere come si stanno vivendo il momento. È un metodo corroborato per capire se sta funzionando”, dichiara Deb Curtis, vp of global partnerships and experiential marketing for American Express.
“È molto difficile avere una grande conversione alla vendita se non viene nessuno all’evento”, commenta Curmi, convinto che le metriche leggere (ovvero la risposta a domande come, cquanto sono contente le persone che partecipano? Vanno via con il sorriso? Ne parlano con i loro amici in modo positivo?) siano tanto importanti quanto le metriche pesanti (i veri e propri dati).
Rajamannar aggiunge: “Il marketing non è ancora una scienza esatta. Non è possibile quantificare tutto al 100%. Se si fa sorridere una persona è già qualcosa”.
Land Rover
Micheal Curmi, brand experience director di Jaguar Land Rover per il nord America, ha dichiarato che sia Land Rover sia Jaguar stanno lavorando sull’aumento degli sforzi experiential per quest’anno. “Parte di questa scelta è dovuta a dati migliori e alle migliori capacità di provare il valore delle esperienze rispetto al passato”. Nella fase organizzativa, va studiato un elemento social che renda tracciabile la reach dell’evento sulle piattaforme, che si va ad aggiungere al pubblico presente di persona, a quelli che hanno chiesto il contatto di un rivenditore o che hanno acquistato un veicolo. Una delle ultime iniziative di Jaguar ha sfruttato la VR per ricreare un inseguimento ad alta velocità in cui il protagonista è il consumatore. Questo tipo di interazioni rende gli utenti più propensi a condividere l’esperienza.
“L’experiential è l’unico modo per avere un’interazione fisica con il prodotto, offerta direttamente dalla compagnia, ed è anche uno dei pochi luoghi per avere un dialogo aperto con i consumatori. Quello che facciamo, è principalmente inviare messagg agli utenti e, durante gli eventi, parlare con loro, capire cosa ritengono più importante e avere conversazioni fatte di botta e risposta”, conclude Curmi.
M&M
Nello scorso maggio, M&M ha lanciato il suo nuovo prodotto al gusto caramello attraverso una campagna di experiential marketing, a Times Square (NY), che utilizzasse l’augmented reality. M&M’S ARcade, questo il nome dell’iniziativa, ha trasformato le decine di cartelloni presenti in zona in un’atmosfera da videogioco arcade, nel momento in cui le billboard venivano inquadrate dallo smartphone. L’hashtag a supporto, #UnsquareCaramel, è stato utilizzato più di 2200 volte su Twitter, totalizzando oltre 6 milioni di impression. In generale, l’iniziativa ha generato 466 milioni di impression fino a oggi.
“La condivisibilità attorno al marketing esperienziali è cambiata. I social hanno cambiato tutto perchè per avere successo è necessario creare contenuti con cui la gente interagisca. Senza alcun social ad amplificarne la portata, l’experiential avrebbe poco senso per noi”, spiega Andy Pharoah, vp degli affari corporate e delle iniziative strategiche di Mars, company parente di M&M.
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360com