Tre miliardi e mezzo di euro. Tanto vale la sharing economy in Italia secondo la ricerca commissionata da PHD Italia all’Università degli Studi di Pavia (Dipartimento di Scienze economiche e aziendali, docenti Luciano Canova e Stefania Migliavacca). Si tratta della prima ricerca che quantifica l’impatto economico complessivo dell’economia collaborativa nel nostro Paese.
Quanto vale in termini di PIL la sharing economy in Italia attualmente? E quanto varrà nei prossimi dieci anni?
In termini di PIL la sharing economy vale lo 0,2%. La cifra equivale al 10% circa delle risorse stanziate dalla legge di stabilità 2016. A colpire, però, sono soprattutto le previsioni di crescita per i prossimi cinque e dieci anni che, a seconda degli scenari ipotizzati, arrivano a toccare cifre che variano dagli 8,8 ai 10,5 miliardi di euro (per il 2020) e dai 14,1 fino ai 25,2 miliardi di euro (per il 2025).
Premesso che sulla definizione stessa di sharing economy e su cosa debba comprendere il dibattito è ancora molto acceso, la ricerca segue l’approccio della Commissione Europea che considera frutto dell’economia collaborativa le transazioni prodotte attraverso le piattaforme digitali con un modello di business basato sul noleggio o la condivisione di beni e servizi, allo scopo di ridurre il sotto-utilizzo e l’uso inefficiente degli stessi.
Per effettuare la ricerca è stato creato un modello economico ad hoc, battezzato Shaker (Sharing Key Economic Resources) attraverso la metodologia della System Dynamics, un approccio cognitivo che permette di interpretare e modellare qualunque fenomeno, economico così come fisico, sociale, psicologico, costruendo scenari.
SCENARIO BASE In base allo scenario attuale, considerato lo scenario base della ricerca (6,4 milioni di utenti “forti” della sharing economy nel nostro paese) nel 2020 l’economia collaborativa supererà il doppio del suo valore attuale raggiungendo gli 8,8 miliardi di euro, equivalenti allo 0,5% del Pil (9,7 milioni di utenti) e nel 2025 crescerà di oltre il quadruplo rispetto ad oggi, toccando i 14,1 miliardi, cioè lo 0,7% del Pil (12 milioni di utenti).
SCENARIO 1: SHARING BOOST Un primo scenario è basato sull’ipotesi che a decollare sia la popolazione di utenti della sharing economy (dagli attuali 6,4 milioni a 11,5 milioni nel 2020 e 16,5 milioni nel 2025). In termini di valore aggiunto per l’economia, nel 2020 il valore della sharing economy è previsto in 10,2 miliardi di euro (+16% rispetto allo scenario base) e, nel 2025, in 19,4 miliardi (+37% vs. scenario base).
SCENARIO 2: DIGITAL DISRUPTION Lo scenario digital disruption è quello più ottimista, perché ipotizza non solo l’incremento degli utenti della sharing economy (11,6 milioni nel 2020 e 21,4 milioni nel 2025), ma anche un allargamento della popolazione di internauti in assoluto all’interno di tutte le fasce, frutto degli investimenti sulle infrastrutture digitali che andranno probabilmente aumentando. In questo secondo scenario l’impatto economico dell’economia collaborativa risulterebbe pari a 10,5 miliardi nel 2020 (0,6% sul PIL) e a 25,2 miliardi di euro nel 2025 (1,38% sul PIL).
SCENARIO 3: BOLLA E se si trattasse di una bolla? La ricerca prova a rispondere anche a questa domanda e ipotizza, per il 2025, un valore di soli 4 miliardi di euro, dopo aver raggiunto un picco di 14 miliardi di euro nel 2019.
“Quello della sharing economy – commenta Luciano Canova, docente di Economia Comportamentale all’Università di Pavia – è sicuramente un tema caldo del dibattito scientifico, per l’importanza che riveste come trend dell’innovazione sociale e come possibile nuovo paradigma dei rapporti tra economia e società. Mancano ancora modelli di valutazione di impatto economico, per cui abbiamo provato a quantificare il peso economico dei settori coinvolti dall’economia collaborativa e a modellare l’evoluzione da qui a 10 anni del PIL, tenendo conto di alcune leve comportamentali e alcuni dati che riguardano appunto gli utenti dei servizi di sharing. E’ il primo tentativo di stimare il valore economico dell’economia collaborativa in Italia e crediamo che la metodologia della dinamica dei sistemi sia uno strumento utilissimo per presentare scenari e prospettive da qui al 2025”.
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