In uno scenario in cui sempre più si parla di digitalizzazione della Pubblica Amministrazione, che da una parte si trova ad affrontare le nuove esigenze del cittadino e dall’altra le nuove direttive a cui deve adeguarsi, come questa può sfruttare al meglio i social network? E in che modo e con quali strumenti si può migliorare il rapporto con i cittadini e il livello dei servizi offerti?
L’investimento in attività social da parte della PA è in crescita sì, ma lentamente. Ad esempio la presenza social dei comuni italiani secondo l’Anci (Associazione Comuni Italiani) è ancora molto bassa: solamente il 6% circa degli oltre 8mila Comuni italiani possiede un account sui principali social network. Se guardiamo, invece, alle Regioni – secondo i risultati un progetto di ricerca presentato dalla giurista Morena Ragone nel corso del convegno su social network e sentiment analisys che si è tenuto nei giorni scorsi a ForumPA – emerge che la maggioranza di queste possiede sia un account Twitter che Facebook.
I motivi che portano la PA ad investire sui social media sono principalmente due: il primo, invariato rispetto al passato, per avvicinarsi e raggiungere il cittadino che è diventato sempre più esigente ma al contempo anche più aperto alla collaborazione ed al dialogo; il secondo, invece, riguarda le tendenze crescenti in merito all’uso e al tempo mediamente speso dagli utenti sui social, come dimostrato dal rapporto We are social “Digital in 2016”.
Le PA sempre più adottano una strategia Citizen-Centric, mediante la quale si impegnano a favorire maggiore trasparenza e facile accesso ai servizi pubblici secondo le esigenze del cittadino, malgrado questo richieda un maggiore sforzo in termini economici e organizzativi che nel lungo periodo si traducono in benefici per la collettività. I 4 temi fondamentali di tale strategia sono:
Comunicazione
Gli account istituzionali sui social network spesso assumono il ruolo di un vero e proprio “sportello di informazione”, una sorta di prolungamento dell’ufficio URP: secondo l’indagine condotta da Anci il social network maggiormente impiegato è Twitter, attraverso il quale i Comuni svolgono attività informativa, come la promozione della cultura del turismo e news del territorio, ma non si aprono molto al confronto con i cittadini. Un vero peccato, se si considera la possibilità di dar vita, proprio attraverso i social, a nuove community pronte ad accogliere discussioni democratiche sulle tematiche riguardanti il territorio.
Ascolto
La PA interessata all’ascolto del cittadino può investire nella sentiment analysis di quanto discusso online, uno strumento utile a studiare la soddisfazione del cittadino e valutare la qualità della comunicazione online. Nello studio presentato da Morena Ragone, ad esempio, si sono evidenziate, tramite strumenti di sentiment analysis applicati a Twitter, le “polarità” delle discussioni classificandole come con accezione negativa, positiva oppure neutra. Dai risultati emerge che nella quasi totalità dei casi la polarità dei tweet pubblicati dalle Regioni è relativamente neutra e questo è probabilmente dovuto alla difficoltà comunicativa e semantica legata ai restrittivi 140 caratteri che Twitter permette di pubblicare e che dovrebbe far riflettere sulla necessità di adottare nuovi linguaggi che meglio si adattino alle caratteristiche del canale di comunicazione adottato.
Social Media Policy
La Social Media Policy è quel documento in cui vengono definite le norme di comportamento e i regolamenti in merito all’uso dei social media, rivolte sia ai dipendenti di un’organizzazione che ai suoi utenti con cui questa entra in contatto attraverso i canali di comunicazione istituzionale online. Dai dati presentati durante il convegno di ForumPA emerge che non tutte le PA dispongono di una social media policy: delle 13 Regioni che hanno risposto all’intervista effettuata solo 3 posseggono policy interne. Questo fenomeno comporta un generale disorientamento e disorganizzazione dei dipendenti non istruiti all’uso delle utenze istituzionali social.
“La social media policy – afferma Marco Laudonio, che cura la strategia digitale del MEF ed è componente del gruppo di supporto al Responsabile Anticorruzione e Trasparenza dello stesso Ministero – è la carta di identità della pubblica amministrazione. Nel lavoro che abbiamo realizzato per il MEF, ad esempio, abbiamo aggiunto anche una sezione su cosa non postiamo proprio come forma di autodisciplina oltre che di assoluta trasparenza”.
Servizi
Attraverso i social network site si può dar vita a nuovi canali di erogazione dei servizi pubblici al cittadino, come ha affermato durante il convegno Giacomo Angeloni, Consigliere del Comune di Bergamo che ha sottolineato come sia possibile, attraverso i social, creare nuove occasioni di fruizione dei servizi offerti.
La PA infatti grazie ai social network può offrire servizi di assistenza al cittadino attraverso la messaggistica in real time, la divulgazione di informazioni di pubblica utilità e la promozione di eventi sul territorio e di nuovi servizi erogati online come quello dei pagamenti elettronici, che in molti casi riducono le lunghe tempistiche amministrative migliorandone l’efficienza. Infine in un’ottica di autodisciplina la PA può diffondere questionari volti a raccogliere le opinioni e le valutazioni dei cittadini in merito ai servizi offerti, sia online che presso i diversi sportelli fisici dislocati sul territorio. Tutto ciò con l’obiettivo di cimentare un rapporto di collaborazione e fiducia reciproca tra cittadino e pubblica amministrazione.
Case history interessante quella del Comune di Modena, che ha usato i social per “ascoltare”, ovvero diffondere questionari e sondaggi, ma soprattutto per creare community di cittadini modenesi che potessero supportare i processi decisionali dell’Amministrazione. Questo è stato possibile grazie allo sviluppo di una piattaforma di ascolto dal nome “Che ne pensi?”, che si propone di raccogliere le opinioni riguardo le grandi scelte strategiche della Pubblica amministrazione.
Quale il freno al cogliere le Social Opportunità da parte della PA?
Il limite vero sembra legato ad una scarsa consapevolezza di cittadini e dipendenti delle pubbliche amministrazioni rispetto agli strumenti digitali che riconduce tutto quindi a una questione culturale. Ma come si può dar vita a un nuovo fenomeno culturale volto all’innovazione? La risposta a questa domanda forse dovrebbe essere aggiunta nell’aggiornamento del Vademecum Pubblica Amministrazione e social media, purtroppo fermo al 2011, ma che potrebbe costituire un valido strumento di supporto per le PA.
“I social media – afferma Stefano Epifani, direttore di Tech Economy – sono strumenti di contatto fondamentali tra PA e cittadini. Non solo perché rappresentano ormai un canale largamente utilizzato dalle persone, ma soprattutto perchè determinano un nuovo modello di interazione, più orizzontale e partecipativo, che la PA non può non prendere in considerazione. Certo è che il cambiamento è forte, e per portarlo avanti serve prima di tutto una vera e propria rivoluzione culturale. Molto è cambiato da quanto – anni fa – scrivemmo le linee guida per i social media nella PA, ma ancora oggi la necessità di comprendere come l’ecosistema della comunicazione sia cambiato è prioritaria, se la PA vuole davvero avvicinarsi ai cittadini”.
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Tech Economy