Negli scorsi giorni Facebook ha chiaramente dimostrato, semmai ce ne fosse stato bisogno, come l’advertising, soprattutto se mobile, sia oggi una delle principali fonti di entrate per chi opera in rete. Eppure, di pari passo con la crescente importanza della pubblicità online, cresce anche l’apprezzamento degli utenti per sistemi e app che ne bloccano l’invasività: secondo un report di PageFair e Adobe sono 198 milioni gli utenti attivi nel mondo che usano software che bloccano le pubblicità online il che si traduce in un costo stimato di 22 miliardi persi, quest’anno, per gli editori.
Un campanello di allarme significativo per gli advertiser che hanno puntato molto sul web in questi anni di magra su altri media: solo in Italia, sostiene Nielsen, Internet è cresciuto del +4,6% nel singolo mese di settembre (+4,6%), con la pubblicità digitale che cresce del 9,1% nel periodo gennaio – settembre di quest’anno. A livello globale Statista prevede che il digital advertising rappresenterà il 33% di tutta la spesa pubblicitaria nel 2018 mentre in Ue il mercato della pubblicità online è raddoppiato in cinque anni+11,6% rispetto allo scorso anno raggiungendo un valore di 30.7 miliardi di euro.
Un mercato potenzialmente vasto che sta però facendo i conti con sistemi sempre più sofisticati di blocco di pubblicità digitale che vanno ad intercettare atteggiamenti diversi da utenti diversi: di recente Apple ha rilasciato una nuova versione del suo sistema operativo iOs 9 che permette di installare applicazioni che bloccano le pubblicità e altri contenuti sulla versione mobile di Safari tanto che, in poche ore, si è assistito a un boom di download di tali app. Di fatto quello che già permettono di fare altri browser da tempo nel corso della navigazione web. La mossa di Apple ha seriamente preoccupato gli inserzionisti già allarmati da un fenomeno dilagante che il colosso di Cupertino, per la portata di utenza che arruola, potrebbe acuire ancora di più.
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Potrebbe sembrare una domanda retorica ma non lo è del tutto. Sempre secondo PageFair, che ha intervistato un campione di 400 persone in Usa, tra i motivi che spingono, o spingerebbero, i consumatori a usare tali metodi vi è principalmente il timore che i loro dati possano essere usati per personalizzare la pubblicità mentre per altri gli utenti sarebbero semplicemente infastiditi dalla pubblicità, relegando il fattore privacy ad uno dei motivi primari ma non il principale.
L’invasività delle forme pubblicitarie display è chiamata in causa da TechCrunch, e da diversi operatori di settore, come uno dei perchè che spingono gli utenti a non voler visualizzare i contenuti pubblicitari: Scott Scott Cunningham, della Interactive Advertising Bureau spiega che: “abbiamo assistito a un aumento di pubblicità invasiva” e si, gli operatori capiscono perchè le persone sono scontente su come loro ottengono dati sui target delle loro pubblicità. Harry Kargman, fondatore e CEO delll’azienda di pubblicità mobile Kargo, a TechCrunch spiega che in molti casi la pubblicità online ha creato effettivamente “una cattiva consumer experience da tutti i punti di vista: di privacy, di usabilità e di fastidio.” Allo stesso tempo, spiega, bisognerebbe spiegare alle persone, mentre gli operatori elaborano nuove strategie, che bloccare la pubblicità è quasi come rubare: “Non c’è dufferenza dallo scaricare video pirata.”
Eppure non tutti gli utenti sono così ostili all’adversting online: nel report “What’s my worth 2015”, realizzato da Opinium Research e commissionato da Millennial Media, sul comportamento di 4000 utenti mobili in 4 Paesi: Francia, Germania, Regno Unito e USA, emerge come ci sia consapevolezza che con laa pubblicità è possibile fruire di App gratuite. Il 79% del campione è consapevole del meccanismo per cui la pubblicità permette di mantenere gratuiti contenuti e applicazioni. Solo il 3% accetta di pagare per non far apparire messaggi pubblicitari sul proprio device, mentre il 72% preferisce pubblicità e servizi gratis.
Insomma, lo scenario appare delicato con valide motivazioni pro e contro sistemi di adblocking, a dimostrazione di come l’ecosistema sia ancora alla ricerca di un giusto bilanciamento tra quelle che sono le esigenze di sopravvivenza di attività online gratuite per l’utenza e quelle della stessa utenza, che rivendica la possibilità di aggirare i vincoli, e i fastidi della pubblciità. Infondo cambiano strumenti e canali, ma il dilemma è il medesimo della tv e del telecomando.
Via Tech Economy