Noi italiani siamo un popolo che vive per sua fortuna da sempre immerso nel bello, grazie al nostro straordinario patrimonio artistico e al gusto e alla capacità di lavorare sull’estetica di eccellenza che il mondo ci riconosce.
Inoltre i millennials, nel mondo intero, sono sempre più stimolati dall’elemento visivo a discapito in parte del testo e di contenuti meno velocemente fruibili (passatemi la generalizzazione, perché non è sempre vero, e non per tutti).
Naturale quindi che la cura dell’estetica di una presenza aziendale in un ecosistema digitale e fisico sia cruciale e che dunque, come ho scritto nel titolo, l’immagine sia tutto. A patto che ci sia già il resto.
Mi spiego subito, e su più fronti.
L’estetica oggi è anche ergonomia
Prendete tutto il mondo Apple, e in particolare iOS, dove una cura maniacale del dettaglio ha dato vita però non solo a qualcosa di bello ma anche ad una rivoluzione in cui il touch è diventato lo standard dell’uso dei cellulari.
Questo perché è bello ma anche perché è facile, i bambini prendono in mano questi strumenti e ci giocano senza dover capire nulla.
Quindi, non è bello ciò che bello ma è bello ciò che funziona, e bene.
Senza nemmeno spingermi nel mondo della multicanalità e dei servizi avanzati, quanti siti grafici, spettacolari e…inutilizzabili vi ricordate di avere incontrato? Io tanti.
L’idea è ciò che rende una tecnologia e un’iniziativa vincente
Un nuovo strumento può essere bello, accattivante, seducente ma poi deve risolvere (o creare) un bisogno, un problema, un’opportunità.
Non è così immediato come sembra da capire, perché la tentazione di seguire la moda è forte, ma non conosco nessun progetto vincente dove una superba esecuzione (fondamentale) sopperisca al vuoto di un concetto vincente.
E attenzione che la delusione, se la promessa è portata ad alto livello con una perfetta estetica, è ancora più forte se poi non siamo all’altezza.
Non è bello ciò che è bello ma è bello ciò che si può misurare
Il concetto stesso di bello porta con sé un grado più o meno alto di soggettività, che ovviamente fa sì che non tutti si trovino d’accordo con quanto proposto in termini di estetica.
Se è vero che non si può piacere a tutti è dunque altrettanto giusto ricordare che oggi il successo si può misurare, e in dettaglio: ecco che quindi a “bello” si deve affiancare “che funziona”.
È un eterno gioco di compromesso, inutile dirlo, ma pensare di non porsi il problema di capire davvero come un’iniziativa vada e di non correggere almeno in parte il tiro se fosse necessario mi sembra un suicidio.
Suicidio che non credo sia davvero così raro incontrare.
E allora come la mettiamo?
Ri-sgombro subito il campo: la qualità visiva ed estetica in generale di un’iniziativa oggi è un fattore cruciale, e i nostri nuovi consumatori nativi digitali fanno fatica a concepire che qualcosa che gli venga dato in tempi veloci non sia anche perfetto.
Tuttavia in questa perfezione attesa c’è come parte integrante la facilità di uso, la rilevanza dei contenuti, la gratificazione dell’esperienza e non può bastare per questo solo una bella facciata.
Paradossalmente, ciò che è solo estaticamente bello è quindi più facile da realizzare senza la restante parte del valore che ci si aspetta ed è anche a più alto tasso di insuccesso, che spesso però non viene realmente misurato e quindi percepito.
Se parliamo di marketing (ma non solo) il protagonista del futuro è come quello di questa immagine: per metà un tecnologo e per metà un artista.
Sir Martin Sorrell dice che “The marketing future belongs to just two groups: technicians and magicians“.
Ve la sentite di smentirlo?
Gianluigi Zarantonello via Internetmanagerblog.com