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Oculus al Sundance Festival e Amazon al cinema?
Di Altri Autori (del 04/02/2015 @ 07:17:17, in Media, linkato 2282 volte)

Non c’è bisogno di scomodare grandi teorie economiche per capire che se distribuisco un prodotto guadagno qualcosa ma se lo produco pure l’introito sarà maggiore. Questo vale ancor più per la Rete, dove la distribuzione di contenuti multimediali è a basso costo e conquistare il cliente è più facile. Spesso è l’utente stesso ad aderire volontariamente alla mia piattaforma, a diventare un cliente, ed ecco che tre superpotenze come Netflix, Amazon e Facebook da meri veicoli diventano fabbricanti di contenuti.

Il mercato a cui puntano è il cinema e lo scopo dichiarato è battere le major offrendo prodotti freschi, ben fatti, che non si trovano in televisione ma soprattutto fare cassa con tutti quegli utenti che girano sulle loro piattaforme. E a quanto pare funziona. Amazon lo ha dimostrato con “Transparent”, serie TV offerta in streming sul suo Prime Video che ha vinto due Golden Globes come miglior commedia e miglior protagonista. Ben curata e irriverente, vede una famiglia losangelina alle prese con un padre che, giunto alla terza età, scopre una nuova sessualità e diventa un transgender. Galvanizzata da questo successo, l’azienda di Bezos al Sundance Film Festival ha annunciato di avere massicci piani di espansione. Prima di tutto c’è un accordo con Woody Allen per girare la sua prima webserie e poi presentato ai sottoscrittori di Prime Video gli episodi pilota di altre sette serie, tra cui “The Man in the High Castle”, adattamento de “La svastica sul sole” di Philip K. Dick a opera di Frank Spotnitz (“X-Files”) e Ridley Scott (Si può vedere qui  tramite VPN o su YouTube). A quanto dice l’azienda l’analisi del traffico generato dagli episodi zero decreterà la vita o la morte delle serie ma non tutto il potere è in mano agli utenti. I metodi analitici adottati per il calcolo così come l’indice di gradimento non saranno svelati e il motivo è presto detto: “Transparent” era stato il numero zero meno gradito dagli utenti eppure si è rivelato un capolavoro. Va bene il crowdsourcing, quindi, ma la casa di produzione puoi fa quello che vuole. Ci dà l’impressione di avere il controllo su ciò che vediamo ma poi il nostro pollice verso può anche andare a farsi benedire.

Dopo le serie ecco il cinema con la C maiuscola. Amazon produrrà 12 film l’anno, indipendenti, solo di medio budget (Tra i 5 e i 25 milioni di dollari) e con una nuova formula di distribuzione: anteprima nelle sale e uscita in streaming da quattro a otto settimane dopo contro le solite 40-52. I primi frutti della strategia dovrebbero vedersi nel corso del 2015 per entrare poi a pieno regime nel 2016. Più aggressivo l’approccio di Netflix, la celebrata piattaforma di streaming da 57 milioni di utenti tutt’ora latitante in Italia. Qui la punta di diamante è “House Of Cards”, una ridda di intrighi a sfondo politico tratta dall’omonimo romanzo del consigliere di Margaret Thatcher, Michael Dobbs. Dietro alla macchina da presa nei primi due episodi c’è David Fincher (“The Social Network”, “Fight Club”, “Seven”), davanti troviamo Kevin Spacey e al momento è la webserie ad aver ricevuto il maggior numero di nomination agli Emmy, ben nove, oltre al Golden Globe incassato da Spacey. Cento milioni di dollari di investimento ben spesi, insomma. Visto che a differenza di Amazon non vende DVD o Blu-Ray, la sua politica per il cinema è più aggressiva. Si prevedono una decina di nuovi titoli l’anno che usciranno in contemporanea nelle sale e online. Si parte dal 28 agosto con il seguito de “La tigre e il dragone”, diverse catene cinematografiche come AMC, Regal e Cinemark lo hanno già boicottato e affermato che non lo proietteranno ma staremo a vedere se la loro politica risulterà vincente. Passando dalle piattaforme ai dispositivi ecco Facebook e la sua Oculus VR, l’artefice dei visori Oculus Rift.

A quanto pare Zuckerberg si è reso conto che senza contenuti i suoi occhialoni sono solo un simpatico ma inutile accessorio e così, sempre al Sundance, ha presentato “Lost”, la prima fatica del neonato Oculus Story Studio. Realizzato da un ex Pixar e diversi game designer, il corto offre un’esperienza interattiva in cui lo spettatore è al centro di una foresta e gli elementi si muovono solo quando li guarda. Cambia così il modo di intendere il film, come lo si scrive e lo si realizza, andando sempre più vicino al videogioco. Visuale a 360 gradi e interazione daranno del filo da torcere a sceneggiatori e designer ma gli offrono anche nuove opportunità espressive. Non si sa se sarà un successo ma intanto ci si prova visto che ci sono 1,4 miliardi di utenti a cui fare pubblicità gratuita. Dal punto di vista artistico invece la prima rottura di rilievo al predominio delle telecamere è “Tangerine”, pellicola girata interamente con l’iPhone, per la precisione tre 5S. Grazie a una steadycam per evitare tremolii, lenti anamorfiche da 20 dollari e ai controlli manuali dell’app Filmic Pro, lo sceneggiatore e regista Sean Baker riesce a raccontarci di una prostituta transgender (vedi “Transparent”) ricevendo anche il plauso per la fotografia. Non sappiamo come verrà distribuito ma i colossi hanno già gli occhi puntati.

Via IlSole24Ore.com

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