News e costo marginale zero: il rilancio dell’editoria passa da mobile, video e social
L’industria editoriale è nel pieno di un cambiamento strutturale che ne sta rivoluzionando completamente i modelli di business. Il driver di questo cambiamento è l’incredibile spinta che l’innovazione tecnologica sta portando nel settore dei media, rendendo disponibili nuovi prodotti, servizi e applicazioni ad un ritmo sempre più veloce e provocando delle radicali modifiche alle abitudini di lettura.
Il mercato dell’informazione è una delle vittime di quello che Jeremy Rifkin: nel suo ultimo libro ha definito il “fenomeno del costo marginale zero” ovvero l’azzeramento dei costi di produzione e di distribuzione di alcuni beni e servizi dovuto alla rivoluzione tecnologica che ha spinto i costi marginali vicino allo zero e sottratto all’economia di mercato un gran numero di beni e servizi resi abbondanti e virtualmente gratuiti. Un fenomeno che ha interessato in modo dirompente il mondo della musica già all’inizio degli anni duemila con i consumatori che si sono trasformati in produttori e distributori con un meccanismo che ha favorito la realizzazione, la riproduzione e la condivisione di musica e video attraverso servizi di file sharing o piattaforme di condivisione, mettendo in crisi l’industria discografica così come ora sta mettendo in crisi il mondo dell’informazione.
L’editoria è uno dei comparti più in ritardo nello sfruttamento dei processi di digitalizzazione in corso per la sua sostanziale incapacità di cogliere le opportunità offerte dallo sviluppo tecnologico in un settore dove impattano sia gli effetti negativi della crisi strutturale legata al declino del ciclo di vita del prodotto cartaceo per quanto riguarda le diffusioni che la congiuntura macro economica per quanto riguarda i ricavi da pubblicità.
Solo lo scorso anno l’editoria italiana, quotidiana e periodica, ha perso nel suo complesso quasi 700 milioni di euro di ricavi e sebbene la carta stampata sia ancora oggi la principale fonte di ricavi delle aziende editoriali, sia in termini di vendite che di pubblicità (il 90% del fatturato di quotidiani e periodici nel 2013 deriva da prodotto cartaceo ), i ricavi sono in calo anno dopo anno. Rimandare la soluzione del problema come, in larga parte, è stato fatto fino ad oggi, si è dimostrata una scelta miope perché altri – mi riferisco agli operatori web puri – hanno saputo approfittare di questo incredibile errore strategico di valutazione sottraendo audience, risorse e fatturato agli editori tradizionali.
Occorre quindi ripensare i modelli di business editoriale, ma per farlo occorre capire come agire. E’ necessario prima di tutto risolvere il crescente squilibrio tra costi e ricavi, affrontando il tema della distribuzione, del costo del lavoro e della produttività che va rilanciata con investimenti in innovazione, nuove tecnologie e con l’aggiornamento delle competenze professionali all’interno dell’ecosistema redazionale.
Ma occorre intervenire subito, focalizzando le proprie strategie di marketing su quelli che sono i trend che non possono essere ignorati e sui quali occorre concentrare l’attenzione:
- Mobile, perché già da oggi la maggior parte del tempo di connessione avviene in mobilità, così come la ricerca di news e informazioni.
- Social, perché le piattaforme social continueranno a crescere e ad essere al centro dell’utilizzo da parte dei navigatori (sopratutto da quelli connessi in mobilità) unitamente al superamento della distinzione tra produzione e fruizione dei contenuti, favorendo ulteriormente il fenomeno dello user generated content e della sua condivisione in Rete.
- Video, perché la convergenza verso il digitale dei mezzi di comunicazione, la disponibilità di piattaforme unitamente allo sviluppo della banda larga e dell’accesso ad Internet da mobile faranno crescere sempre di più il consumo di video e il contenuto visto sarà sempre più preferito rispetto al contenuto letto.
Via Tech Economy
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