I numeri dei social media sono sempre impressionanti, ogni volta che li si legge oppure li si vede in un video, come quello qui sotto.
È naturale e corretto dunque che le aziende che vogliono fare marketing digitale guardino con grande attenzione a questi fenomeni, anche se spesso lo fanno senza quella prospettiva strategica di cui tante volte ho parlato.
Tuttavia questo intesse si scontra con un problema di fondo di cui pochi si rendono conto, ossia la scarsa preparazione delle imprese, almeno per quanto riguarda l’Italia, sul web e i nuovi media in genere.
Per il mio ruolo professionale infatti mi confronto ogni giorno con i marketing di grandi e piccole aziende per attività di comunicazione digitale e mi rendo conto che spesso mancano le più elementari nozioni circa i concetti di link, domini internet, newsletter, formati dei file e chi più ne ha più ne metta.
Quasi tutti però sono pronti a fare qualcosa assieme sulle rispettive pagine di Facebook.
il digital marketing - immagine tratta www.boldendeavours.com
Allargando ancora lo sguardo e navigando su moltissimi siti aziendali emergono altri aspetti rilevanti, dalla totale assenza delle più elementari componenti SEO/SEM (e qui la colpa è anche di chi fa i siti) fino alla sezioni news aggiornate a 2 anni prima e passando per usi smodati del flash o di altre tecnologie che ogni iniziano a creare problemi con i dispositivi mobile.
Questi problemi naturalmente si applicano a chi abbia un sito proprio, perché molte sono le imprese che stanno trasformando la loro presenza sul web in una pagina Facebook, che è l’esempio aziendale della democratizzazione degli strumenti digitali: facile da gestire (finché non bisogna rispondere ai fan), gratuita, simile al proprio profilo personale.
Tuttavia se il digitale ormai è un ecosistema questo quadro descritto sopra risulta davvero devastante.
Il primo problema è che senza le fondamenta non si può costruire una casa, e in questo caso le basi sono un sito strutturato in modo corretto, con tutti i suoi elementi di base e una regolare politica di marketing che vada dalle newsletter all’advertising passando per i motori di ricerca.
Se poi non ci limitiamo solo al web ci sarebbe da discutere di digital asset management, di gestione delle informazioni, multicanalità, clima organizzativo e di molto altro.
Il secondo tema è relativo al dilemma dei social media e al corretto rapporto fra earned media e owned media: spostare tutta la propria presenza web sui social vuol dire esporsi al rischio di perdere i propri clienti in qualsiasi momento, di essere dipendenti da terzi su cui non abbiamo il controllo (se Facebook domani chiudesse la vostra fan page? Lo può fare) e di non avere nessun dato analitico sofisticato da poter leggere.
L’ultimo elemento mi porta poi nel terzo tema, gli analytics: il web e i nuovi media in genere sono quanto di più misurabile ci possa essere, ma pochi sfruttano questa opportunità, per ignoranza e per analogia con altri media in cui la scarsa misurabilità è rassicurante perché mimetizza meglio i risultati decrescenti che essi portano in termini di ROI.
Il mondo però va avanti, e i paesi più evoluti hanno già superato l’e-commerce a favore delle vendite multicanale e le semplici statistiche a favore del big data: è la logica dell’ecosistema dove tutto concorre ad un’unica strategia.
immagine tratta da http://www.tech2date.com
Un ultimo flash infine sulle competenze delle persone: è vero che in altri paesi chi si occupa di digitale è pagato molto meglio e gode di grande status aziendale ma c’è da dire che la maggior parte di coloro che da noi fanno questo tipo di mestiere in quei contesti forse potrebbero essere presi come stagisti.
Non si legga quest’ultima frase come arroganza e mancanza di rispetto: semplicemente lo standard interno alle aziende è davvero basso e dunque la crescita delle persone non è facile, e questo incide anche sullo status professionale di tutto il settore.
Tutto male dunque? Assolutamente no, le cose si stanno evolvendo anche da noi e molti giovani capaci iniziano ad apparire sul mercato del digitale, che a sua volta è in crescita per via della crisi visti i costi minori rispetto ad una parte del marketing più tradizionale.
Quello che ancora scarseggia è la visione di insieme e, forse, un po’ di ricambio generazionale e organizzativo se i marketer di maggiore esperienza non sapranno aprirsi ai nuovi mezzi per paura di perdere la loro posizione.
E voi che ne dite?
Gianluigi Zarantonello via Internetmanagerblog.com